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    Messaggio Da APUMA Lun Gen 26, 2015 3:26 pm

    "Trionfo nel Nome di Gesù" di Giovan Battista Gaulli
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    Messaggio Da APUMA Mar Gen 27, 2015 10:26 am

    Il Baldacchino di San Pietro
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    Il Baldacchino di San Pietro è un monumentale impianto architettonico barocco all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano, ideato nel XVII secolo per segnare il luogo del sepolcro del santo, inserendosi sullo spazio semicircolare della confessione.

    Storia
    Fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini tra il luglio 1624 e il 1633. L'incarico di realizzarlo fu la prima grande commissione pubblica che l'artista ottenne in seguito all'elezione di papa Urbano VIII nel 1623; l'opera venne inaugurata il 28 giugno 1633 dallo stesso papa.
    - Quella del Baldacchino è la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza monumentale, molto più grande del solito, e che sostituisse il consueto ciborio inserendosi nello spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca.
    - Quest'impresa è il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide coinvolti Francesco Borromini, suo assistente per la parte architettonica, il quale partecipò alla progettazione, e altri artisti celebri come gli scultori Stefano Maderno, Francois Duquesnoy, Andrea Bolgi, Giuliano Finelli, Luigi Bernini (fratello di Gian Lorenzo) e una schiera di fonditori e scalpellini.
    - Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle massicce travature del pronao. La scellerata decisione ispirò la celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini ("ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini") con la quale si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del pontefice che, pur di autocelebrarsi con monumenti spettacolari, spendeva cifre enormi e neppure si fermava di fronte al danneggiamento di uno dei monumenti più importanti dell'antica Roma. L'autore della celebre "pasquinata" è stato identificato dal critico d'arte de L'Osservatore Romano, Sandro Barbagallo, in monsignor Carlo Castelli, ambasciatore del Duca di Mantova. A certificare l'identificazione di Sandro Barbagallo è il diario dello stesso Urbano VIII, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana con il nome di Codice Urbinate 1647. A pagina 576v è così scritto: Dalle lingue malediche e detrattori di fama contaminata fu decantato lo spoglio d' un ornamento antico, benché ciò sia stato vero di haver levato quel Metallo, ma estimato ancor bene e posto, per essere stata ornata la Chiesa de' SS. Apostoli, e si è visto a tempi nostri sopra di questi Critici la maledizione di Dio, perché l'Agente del Duca di Mantova che fu Detrattore di aver affissi i Cartelli di quell' infame Pasquinata da famiglia Barbera ad Barberina, egli morse d'infermità e nel letto chiese perdono a Papa Urbano Ottavo.

    Descrizione
    « Sorgono scintillando per l'ombra le quattro colonne
    che nel pagano bronzo torse il Bernini a spire
    »
    (Gabriele D'Annunzio, In San Pietro, da Elegie romane)

    Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre rocchi ciascuna, a cui si aggiungono i capitelli e i basamenti su cui sono raffigurate le fasi di un parto tramite le espressioni di un volto femminile;le colonne sono congiunte alla trabeazione attraverso quattro dadi che conferiscono al monumentale baldacchino un aspetto più slanciato ispirando un senso di grande leggerezza;le colonne sono tortili ad imitazione del Tempio di Salomone e della pergula della vecchia basilica e attraversate da elementi naturalistici bronzei come tralci di lauro (che alludono alla passione di papa Urbano VIII per la poesia), lucertole (simboli di rinascita e di ricerca di Dio) e api, che fanno parte dello stemma della famiglia papale (quella dei Barberini) e che si trovano anche nei basamenti marmorei. Questi quattro pilastri sono collegati da una trabeazione concava tipica del Barocco.L'elica scultorea formata dalle colonne tortili suggerisce un movimento ascendente che va dal basso verso l'alto in direzione della cupola di Michelangelo.
    - Per la parte superiore fu adottata la struttura a dorso di delfino, al fine di alleggerirne l'aspetto, e si aggiunsero statue (che furono disegnate da Francesco Borromini) di angeli e putti che reggono i festoni, mentre i drappi sotto la trabeazione sono in movimento come mossi dal vento; a sottolineare la commissione di un papa afferente alla famiglia Barberini, Bernini pose su uno dei lati del baldacchino un putto che alza al cielo un enorme corpo d'ape rovesciato; in cima fu collocato il globo con la croce; le statue sono animate in senso barocco e sono impreziosite cromaticamente, come il resto dell'opera, dall'uso della doratura.
    - È possibile ammirare delle copie del Baldacchino (simili e di dimensioni minori) presso la Cattedrale di San Feliciano di Foligno e presso la Cattedrale di San Vigilio di Trento.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mar Gen 27, 2015 10:27 am

    "Il Baldacchino di San Pietro" di Gian Lorenzo Bernini
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    Messaggio Da APUMA Mar Gen 27, 2015 3:19 pm

    Giovan Battista Gaulli
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    Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio o il Baciccia (Genova, 8 maggio 1639 – Roma, 2 aprile 1709) è stato un pittore italiano.

    Biografia
    Formatosi in patria sotto la guida di Luciano Borzone (dove conobbe l'arte di Rubens e Anton van Dyck e dei quali assimilò la pennellata pastosa e libera e la vasta gamma di colori) e stabilitosi a Roma fin dal 1657, dopo aver perso la famiglia a causa della pestilenza scoppiata a Genova, Gaulli entrò presto nell'entourage di Gian Lorenzo Bernini, di cui divenne uno dei più dotati collaboratori, grazie anche ad una buona affinità temperamentale e di gusti.[1] Fu infatti Bernini a raccomandarlo per decorare i pennacchi della cupola di Sant'Agnese in Agone (dal cui cantiere Borromini era appena stato estromesso; 1668 - 1669) e ad introdurlo presso i Gesuiti, facendo sì che ottenesse il compito di decorare la Chiesa del Gesù (1674 - 1679), affrescandone la volta, il presbiterio e la cappella di Sant'Ignazio (che proprio in quegli anni veniva rifatta da Andrea Pozzo e ornata di statue da Pierre Legros).

    Il ciclo del Gesù, impensabile senza il completamento a stucco del ticinese Ercole Antonio Raggi (ma ultimamente è stata ipotizzata la regia di Bernini per l'intero impianto) è unanimemente considerato il capolavoro del Baciccio, per il vorticoso e vertiginoso moto dei personaggi che traboccano illusionisticamente dalla cornice, creando un unicum tra pittura, scultura, e architettura tipicamente barocco. Il Trionfo del nome di Gesù (questo il tema della decorazione della volta) può essere considerato il vero parallelo pittorico del berniniano Altare della Cattedra, fondale prospettico della Basilica di San Pietro. Alla Galleria Spada esiste un bozzetto (m. 1,81x1,12) dell'affresco.

    Fu sempre Bernini a richiederne l'operato per pale d'altare a Sant'Andrea al Quirinale e a San Francesco a Ripa (dietro alla celebre statua della Beata Ludovica Albertoni). Molti sono infatti i motivi stilistici ripresi direttamente dal grande scultore, in primo luogo il vorticoso movimento barocco che anima vistosamente figure e panneggi, ma anche il trasporto patetico dei personaggi raffigurati. Tra le sue fonti stilistiche non va dimenticato il grande Correggio.

    Dopo un breve ritorno in patria, per decorare il palazzo della Repubblica (ma la commissione non ebbe buon esito), il Baciccio rientrò trionfalmente a Roma, dove affrescò la volta della Basilica dei Santi Apostoli con il Trionfo dell'ordine francescano (1707) e diede inizio ad una serie di cartoni per i mosaici della cappella battesimale della Basilica di San Pietro (dopo la morte fu sostituito da Francesco Trevisani).

    Gaulli fu anche ritrattista di ottima qualità: fra i suoi effigiati ci sono Clemente IX, Clemente X, il cardinale Alfonso Litta, l'abate Giuseppe Renato Imperiali, Gian Lorenzo Bernini. Altre opere sue sono presenti a San Rocco in Augusteo (Madonna con Bambino e i santi Rocco e Antonio abate, del 1660 circa) a Santa Marta, Santa Maria in Campitelli, Santa Maria Maddalena, Palazzo Chigi, a Genova e ad Ascoli Piceno (Conversione di san Paolo, Morte di san Francesco Saverio).

    Contraltare della vorticosa e berniniana pittura di Gaulli fu quella, più eclettica e composta, di Carlo Maratta, che alla fine risultò la linea dominante di tutta l'arte romana del XVIII secolo.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mar Gen 27, 2015 3:37 pm

    "La Morte di S. Francesco Saverio" di Giovan Battista Gaulli
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    Messaggio Da APUMA Mar Gen 27, 2015 3:40 pm

    "Basilica di Santa Croce"
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    Messaggio Da APUMA Mer Gen 28, 2015 10:04 am

    Alessandro Tiarini
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    Alessandro Tiarini (Bologna, 20 marzo 1577 – 8 febbraio 1668) è stato un pittore italiano.

    La sua formazione si svolse presso Prospero Fontana, influenzato successivamente dall'opera di Bartolomeo Cesi, nel 1599 fu a Firenze, dove realizzò gli affreschi con Storie di san Marco, per l'omonimo convento, con colori freddi e chiari.
    Tornato a Bologna si avvicinò alla scuola dei Carracci, accogliendone le nuove istanze naturalistiche, avvicinandosi specialmente all'opera di Ludovico Carracci.

    Su sollecitazione di Ludovico Carracci per la Basilica di San Petronio eseguì il Martirio di santa Barbara.
    Nel 1611 realizzò l'Assunta per Budrio.
    Tra il 1613 e il 1614 dipinse per la Chiesa di San Giovanni Battista a Crevalcore Cristo pone sul capo di Santa Caterina da Siena la corona di Spine (olio su tela, cm 245 x 149).
    Del 1614 sono gli affreschi nella chiesa di San Michele in Bosco.
    Tra il 1614 e il 1618 realizzò per la chiesa di San Domenico il quadro con San Domenico che risuscita un bambino, con numerose figure di enormi dimensioni, di impostazione e illuminazione drammatica.

    Durante gli anni seguenti intensificò questa tendenza inserendo le sue figure in composizioni scure e di impressionante gravità, come nella Deposizione di Cristo nel sepolcro , opera realizzata per la chiesa di Sant'Antonio del Collegio Montalto e ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna e nel San Martino che fa risuscitare il figlio della vedova nella chiesa di Santo Stefano.

    A contatto con gli ambienti pittorici di Parma, Venezia e Ferrara e soprattutto con la rilettura dell'opera del Correggio, schiarisce la tavolozza mentre le figure acquistano monumentalità e maggiore naturalezza; ne sono esempi le Nozze mistiche di santa Caterina della Galleria Estense, gli affreschi in Palazzo del Giardino e in Sant'Alessandro a Parma e Rinaldo e Armida del Musée des beaux-arts di Lilla.

    Successivamente fu attivo a Reggio Emilia, eseguendo affreschi nella Basilica della Ghiara dei Servi di Maria, oltre a quadri per diverse chiese. È degna di nota la pala La SS. Trinità supplicata dalla Vergine, inizialmente posta nell'oratorio della Trinità, poi, in seguito alla distruzione dell'Oratorio, collocata nella Chiesa di San Pietro. La pala è caratterizzata da un'originale idea compositiva: accanto al Padre (riccamente vestito) in colloquio col Figlio (seminudo, coi segni della Passione), sui quali aleggia la colomba dello Spirito, vi è la figura della Vergine Maria, lievemente sfiorata dalla mano del Figlio, a significare forse il riconoscimento della maternità. L'opera è del 1633. Tiarini in questo periodo lavorò anche per chiese di Modena e di Pavia.

    Secondo Carlo Cesare Malvasia, si ritirò cedendo i propri pennelli ad Andrea Sirani, non riuscendo a tenere il passo di Guido Reni, allora tornato a Bologna da Roma.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mer Gen 28, 2015 10:08 am

    "San Giovanni battista che rimprovera Erode" di Alessandro Tiarini
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    Messaggio Da APUMA Mer Gen 28, 2015 3:22 pm

    REMBRANDT
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    Rembrandt Harmenszoon van Rijn /'rɛmbrɑnt 'hɑrmənsˌzo:n vɑn rɛɪ̯n/, noto solo come Rembrandt (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669) è stato un pittore e incisore olandese.

    Viene generalmente considerato uno dei più grandi pittori della storia dell'arte europea e il più importante di quella olandese. Il suo periodo di attività coincide con quello che gli storici definiscono l'età dell'oro olandese.

    Dopo aver ottenuto un grande successo fin da giovane come pittore ritrattista, i suoi ultimi anni furono segnati da tragedie personali e difficoltà economiche. I suoi disegni e dipinti furono popolari già durante la sua vita, la sua reputazione rimase alta e per vent'anni fu maestro di quasi tutti i più importanti pittori olandesi. I più grandi trionfi creativi di Rembrandt sono evidenti specialmente nei ritratti dei suoi contemporanei, nei suoi autoritratti e nelle illustrazioni di scene tratte dalla Bibbia. Sia nella pittura che nella stampa egli esibì una completa conoscenza dell'iconografia classica che modellò per adattarla alle proprie esigenze. Così, la rappresentazione di scene bibliche era costituita dalla sua conoscenza dei relativi testi, dall'influenza delle tematiche classiche e dall'osservazione della popolazione ebrea di Amsterdam. Per la sua comprensione della condizione umana, inoltre, fu definito "uno dei grandi profeti della civiltà".

    La vita
    Rembrandt Harmenszoon van Rijn nacque il 15 luglio 1606 a Leida nei Paesi Bassi. Era il quarto di sei figli sopravvissuti all'infanzia su dieci complessivi avuti dalla madre (il nono in ordine di nascita). La sua era una famiglia benestante nonostante il padre fosse un mugnaio e la madre la figlia di un fornaio (è dimostrato dai testamenti dei genitori deceduti rispettivamente nel 1630 e nel 1640). Da ragazzo frequentò la scuola di latino e si iscrisse quindi all'Università di Leida, anche se secondo un contemporaneo mostrava già un grande talento per la pittura: ben presto venne messo a bottega da uno dei pittori storici di Leida, Jacob van Swanenburgh. Dopo un breve ma importante periodo di apprendistato ad Amsterdam con il celebre pittore Pieter Lastman, Rembrandt aprì uno studio a Leida, che condivise con l'amico e collega Jan Lievens. Nel 1627 Rembrandt iniziò ad accettare a sua volta degli apprendisti, tra i quali Gerrit Dou.

    Nel 1629 Rembrandt fu scoperto dallo statista e poeta Constantijn Huygens, il padre di Christiaan Huygens (un celebre matematico e fisico olandese), che gli procurò importanti commissioni da parte della corte reale dell'Aja. Grazie a questo contatto, il principe Frederik Hendrik continuò ad acquistare dipinti di Rembrandt fino al 1646.

    Entro il 1631 Rembrandt si era creato una così buona reputazione da ricevere numerosi incarichi ad Amsterdam per la realizzazione di ritratti. Di conseguenza si trasferì in quella città andando ad abitare nella casa del mercante d'arte Hendrick van Uylenburgh. Questo trasferimento fu alla fine causa del suo matrimonio con la cugina di Hendrick, Saskia van Uylenburgh. Si trattò probabilmente di un matrimonio contratto sia per amore che per un avveduto calcolo economico: Saskia proveniva infatti da un'ottima famiglia e suo padre era stato avvocato e burgemeester (sindaco) di Leeuwarden. Quando Saskia, che era la sorella minore, era rimasta orfana era andata a vivere con la sorella maggiore a Het Bildt. Si sposarono nella chiesa locale, senza che i parenti fossero presenti.

    Nel 1639 Rembrandt e Saskia si trasferirono in una bella casa in Jodenbreestraat, nel quartiere ebraico, che è stata poi trasformata nel museo Rembrandthuis. Fu lì che Rembrandt spesso fece posare i suoi vicini ebrei per usarli come modelli per i quadri che rappresentavano scene dell'Antico Testamento. Anche se le cose andavano bene sotto il profilo economico, la coppia dovette affrontare diverse difficoltà personali: loro figlio Rumbartus morì nel 1635 solo due mesi dopo la nascita e nel 1638 morì invece a solo tre settimane la figlia Cornelia. Nel 1640 anche una seconda figlia, anch'essa chiamata Cornelia, morì a neppure un mese di vita. Solo il loro quarto figlio, Titus nato nel 1641, riuscì a sopravvivere ed a raggiungere l'età adulta. Saskia morì nel 1642 poco dopo la nascita di Titus, probabilmente di tubercolosi. I disegni dell'artista che la ritraggono malata sul letto di morte sono senz'altro tra le sue opere più commoventi.

    Durante la malattia di Saskia venne assunta una certa Geertje Dircx come balia di Titus ed infermiera, ed è possibile che sia diventata anche l'amante di Rembrandt. In seguito accusò il pittore di non aver mantenuto una promessa di matrimonio e Rembrandt la fece rinchiudere in un manicomio di Gouda dopo che la donna aveva tentato di vendere i gioielli appartenuti a Saskia che il pittore le aveva affidato.

    Verso la fine del decennio del 1640 Rembrandt iniziò una relazione con Hendrickje Stoffels, molto più giovane di lui, che all'inizio era stata la sua domestica. Nel 1654 ebbero una figlia, Cornelia, fatto che attirò sulla testa di Hendrickje un rimprovero ufficiale della Chiesa riformata olandese perché "viveva nel peccato". La coppia veniva considerata legalmente sposata dalla legge civile, ma in effetti Rembrandt non sposò Henrickje, per non perdere il controllo di un fondo istituito in favore di Titus per volontà della madre. Rembrandt, a differenza della compagna, non fu però convocato ad apparire davanti al consiglio della Chiesa riformata perché non ne faceva parte. Tuttavia Rembrandt era indebitato con alcuni degli anziani della chiesa e quindi ne subì comunque le indirette pressioni. Va ad onore di Henrickje che nonostante tutto si rifiutò di lasciare l'artista.

    Rembrandt viveva al di sopra dei propri mezzi, comprando opere d'arte (talvolta riacquistando ad un prezzo superiore i suoi stessi lavori), stampe (spesso usate nei suoi dipinti) ed oggetti rari, abitudine che probabilmente lo condusse alla bancarotta nel 1656. Il suo stato di insolvenza fece sì che la maggior parte dei suoi dipinti e dei suoi oggetti di antiquariato finirono per essere messi all'asta. Fu costretto anche a vendere la propria casa e il suo torchio da stampa, trasferendosi in un'abitazione più modesta nella zona di Rozengracht. Lì Hendrickje e Titus fondarono una società, dando a Rembrandt un impiego e proteggendolo dai creditori. Nel 1661 fu ingaggiato per completare le decorazioni del palazzo comunale di nuova costruzione, ma morì prima di completare il lavoro.

    Rembrandt sopravvisse sia a Hendrickje, morta probabilmente di peste nel 1663, che a Titus: questi si era sposato da un anno con Magdalena Van Loo, da cui aveva avuto una bambina, Titia; la stessa Magdalena morirà poco prima del pittore che morì un anno dopo il figlio, il 4 ottobre 1669 ad Amsterdam a 63 anni, e fu sepolto in una tomba anonima nella Westerkerk.

    Le opere
    In una lettera ad un committente, Rembrandt fornisce l'unica spiegazione giunta fino a noi di quale obiettivo si proponesse di raggiungere attraverso la sua arte: "Il movimento più grande e naturale", traduzione di "die meeste ende di naetuereelste beweechgelickheijt". La parola beweechgelickheijt potrebbe anche significare "emozione" o "causa prima". Se Rembrandt con questa affermazione si riferisse ad un obiettivo materiale o ad obiettivi altri e superiori è una questione ancora aperta alle interpretazioni. In ogni caso Rembrandt è riuscito a fondere gli aspetti terreni e quelli spirituali come nessun altro pittore nella cultura occidentale è riuscito a fare.

    Gli esperti dell'inizio del XX secolo sostennero che Rembrandt avesse realizzato più di 600 dipinti, quasi 400 incisioni e circa 2.000 disegni. Studiosi di epoca successiva, dagli anni sessanta ad oggi (guidati dal Rembrandt Research Project), non senza discussioni, hanno ridotto il numero delle opere sicuramente a lui attribuibili a 300 dipinti. È probabile che nel corso della sua vita abbia in effetti realizzato più di 2.000 disegni, ma quelli sopravvissuti sono meno di quanto un tempo si fosse ritenuto. Eseguì molti autoritratti, quasi un centinaio tra cui 20 incisioni. Esaminati nell'insieme ci forniscono una visione eccezionalmente chiara dell'artista, del suo aspetto fisico e - più importante - della sua evoluzione psicologica, come ci rivela il volto segnato dagli anni delle ultime opere.

    Tra le più importanti caratteristiche della sua arte ci sono l'uso del chiaroscuro e il sapiente e scenografico sfruttamento della luce e delle ombre derivato da Caravaggio, ma adattato per i suoi scopi personali, l'abilità di presentare i soggetti in modo teatrale e realistico senza il rigido formalismo spesso presente negli artisti suoi contemporanei ed un'evidente e profonda compassione per l'uomo, senza preoccuparsi della sua ricchezza o età.

    Inserì spesso i suoi parenti più stretti - la moglie Saskia, il figlio Titus e la seconda compagna Hendrickje - nei suoi dipinti, molti dei quali a soggetto mitologico, biblico o storico, dando le loro sembianze ai personaggi principali.

    Periodi, temi, e stili
    Durante il periodo che Rembrandt trascorse a Leida (1625-1631) l'influenza di Lastman su di lui fu molto evidente. I suoi dipinti sono di dimensioni piuttosto ridotte ma presentano una grande ricchezza di dettagli (ad esempio nella cura delle vesti e dei gioielli dei soggetti). Affronta principalmente temi religiosi ed allegorici. Nei suoi primi anni ad Amsterdam (1632-1636) iniziò a dipingere scene drammatiche tratte dalla Bibbia o dalla mitologia di grande formato e dai colori molto contrastati. Cominciò anche ad accettare di eseguire ritratti su commissione.

    Verso la fine del decennio 1630 eseguì alcuni quadri e diverse stampe di argomento paesaggistico. Questi paesaggi spesso accentuavano la forza drammatica della natura, rappresentando alberi sradicati e cieli tetri e minacciosi. Dal 1640 il suo stile diventò meno esuberante ed adottò toni più sobri, come riflesso delle tragedie personali che stava vivendo. Le scene bibliche furono più frequentemente tratte dal Nuovo Testamento piuttosto che dall'Antico come invece aveva fatto fino a quel momento. Un'eccezione è rappresentata dall'enorme La ronda di notte, la sua opera di maggiori dimensioni, nonché la più vigorosa e d'impatto. I paesaggi furono sempre più spesso realizzati a stampa anziché dipinti: le oscure forze della natura cedettero il posto a tranquille scene rurali tratte dalla campagna olandese.

    Nel decennio successivo lo stile di Rembrandt cambiò nuovamente: i suoi dipinti divennero di maggiori dimensioni, il colore si fece più ricco ed intenso ed i colpi di pennello più evidenti e pronunciati. Con questi cambiamenti Rembrandt prese le distanze dai suoi primi lavori e dalla moda del tempo che al contrario tendeva verso opere formalmente più curate e ricche di dettagli. Nel corso degli anni, pur continuando ad eseguire quadri ispirati a temi biblici, spostò la sua attenzione dalla scene di gruppo ad alta intensità drammatica a singole figure più delicate e simili a ritratti. Nei suoi ultimi anni Rembrandt dipinse i suoi autoritratti più riflessivi e introspettivi.

    Il nome e la firma
    "Rembrandt" è una modifica fatta a posteriori del nome dell'artista che adottò a partire dal 1633. Le prime firme sui suoi lavori (1625 circa) consistevano nella sola iniziale "R", oppure nel monogramma "RH" (che stava per Rembrant Harmenszoon, ovvero "figlio di Harmen") e, a partire dal 1629, "RHL" (dove la "L" significava probabilmente Leida). Nel 1632 iniziò a firmare i quadri in questo modo, ma poi vi aggiunse il suo cognome ottenendo "RHL-van Rijn": sostituì però questo tipo di firma nello stesso anno ed iniziò ad usare il suo nome scritto nella forma originaria, "Rembrant". Nel 1633 aggiunse una "d", e da allora mantenne questa forma, dimostrando così che quel piccolo cambiamento aveva per lui un significato importante (di qualsiasi cosa si trattasse). Il cambiamento è di tipo puramente visivo; il modo in cui il nome viene pronunciato resta inalterato. Curiosamente, nonostante il gran numero di dipinti e stampe siglati con questa modifica, la maggior parte dei documenti che parlano di lui redatti nel corso della sua vita mantengono la forma originaria, "Rembrant".

    La teoria del difetto di vista
    In un articolo pubblicato il 16 settembre 2004 sul New England Journal of Medicine, Margaret S. Livingstone, docente di neurobiologia della facoltà di medicina dell'Università di Harvard, suggerisce che Rembrandt, i cui occhi sembrano avere avuto un difetto nell'allineamento della vista, soffrisse di "perdita di stereopsi", una condizione in cui risulta difficile o impossibile percepire correttamente la profondità. È giunta a questa conclusione dopo aver studiato 36 autoritratti dell'artista. Dato che non possedeva una normale visione binoculare, il suo cervello automaticamente sceglieva di utilizzare un solo occhio per l'osservazione. Questa particolare disabilità potrebbe avergli fatto percepire come fossero piatte molte delle immagini che vedeva, agevolandolo poi nel trasferirle sulle bidimensionali tele. Secondo la Livingstone questo potrebbe essere stato un vantaggio per un grande pittore come lui perché "Gli insegnanti d'arte spesso dicono agli studenti di chiudere un occhio per percepire come piatto ciò che osservano. Perciò, la "perdita di stereopsi" potrebbe non essere un handicap - ma anzi rivelarsi un vantaggio - per alcuni artisti."

    Questa teoria presenta però degli aspetti criticabili perché tra le più grandi qualità di Rembrandt c'è l'abilità di riprodurre l'illusione del volume, la percezione del quale richiede una normale capacità di visione.

    Victor Hugo, nella seconda parte de I Miserabili, nei capitoli dove mette in scena la battaglia di Waterloo, colloca Rembrandt tra i pittori che hanno nel pennello il caos aggiungendo con intenti esemplificativi che, per dipingere un battaglia, Rembrandt vale meglio di Adam Frans van der Meulen.

    Le discussione sull'attribuzione delle opere
    Nel 1968, grazie al sostegno dell'Organizzazione olandese per il progresso della ricerca scientifica (NWO), è stato fondato il Rembrandt Research Project (RRP). Storici dell'arte e esperti di altri campi sono stati riuniti per riaccertare l'autenticità delle opere attribuite a Rembrandt servendosi di tutti i metodi disponibili e per redigere un catalogo critico definitivo dei suoi dipinti. Sulla base delle loro scoperte, molti dipinti in precedenza attribuiti all'artista olandese sono stati ora rimossi dall'elenco. La maggior parte di questi ultimi sono ora considerati opera dei suoi allievi.

    Un esempio di questo tipo di lavoro è rappresentato dal caso de Il cavaliere polacco, che fa parte della Collezione Frick di New York. La sua autenticità è stata posta in dubbio da anni da vari studiosi, tra i quali Julius Held. Molti, tra cui il dottor Josua Bruyn della Fondazione Rembrandt Research Project, attribuivano il dipinto ad uno dei più talentuosi allievi di Rembrandt, Willem Drost, del quale però si sa molto poco. Il Museo Frick invece, nonostante tutto, non aveva mai accettato di cambiarne l'attribuzione, e la targhetta descrittiva continuava a recitare "Rembrandt" e non "attribuito a" o "della bottega di". Pareri più recenti hanno sostenuto le posizioni del museo, come quelli di Simon Schama nel libro Rembrandt's Eyes del 1999 e dell'esperto del Rembrandt Project Ernst van de Wetering (Conferenza di Melbourne, 1997), che sostengono entrambi l'attribuzione al grande maestro. Altri esperti ancora osservano che l'esecuzione del quadro presenta delle differenze, e preferiscono attribuire a diverse mani diverse parti del quadro.

    Un altro dipinto Pilato che si lava le mani è considerato di dubbia attribuzione. I pareri hanno preso vie considerevolmente diverse a partire dal 1905, quando Wilhelm von Bode lo descrisse come "un lavoro piuttosto anomalo" da parte di Rembrandt. La maggior parte degli studiosi a partire dagli anni quaranta lo hanno datato al decennio del 1660, attribuendolo ad un anonimo allievo. La composizione presenta dei tratti in comune con le opere della maturità di Rembrandt, ma l'effetto rembrandtesco resta superficiale e non riesce a trasmettere nulla che somigli alla capacità di dosare la luce e l'abilità nella composizione del maestro. A puro livello di ipotesi è stato proposto il nome del suo unico allievo conosciuto di quel periodo, Arent de Gelder.

    L'opera di attribuzione e ri-attribuzione è tuttora in corso. Nel 2005 quattro dipinti ad olio precedentemente attribuiti ai suoi allievi sono stati riclassificati come opera di Rembrandt stesso. Si tratta di: Studio di un vecchio di profilo e Studio di un vecchio con la barba appartenenti ad una collezione privata statunitense, e Studio di una donna che piange del Detroit Institute of Arts e Ritratto di un'anziana con la cuffia bianca, dipinto nel 1640.

    Il metodo di lavoro che Rembrandt adottava nella propria bottega è uno dei fattori che maggiormente acuiscono le difficoltà nell'attribuzione dal momento che, come molti altri artisti prima di lui, incoraggiava i suoi studenti ad imitare i suoi dipinti , talvolta riservandosi la rifinitura o gli ultimi ritocchi, per poi venderli come originali o come copie autorizzate. Inoltre il suo stile si rivelò tutto sommato di facile imitazione per gli allievi più dotati. Altre complicazioni derivano dall'ineguale qualità di alcuni degli stessi lavori di Rembrandt e dalle sue frequenti evoluzioni stilistiche. È molto probabile che non si riuscirà mai a raggiungere un generale consenso su cosa sia e cosa non sia da considerarsi come genuina opera di Rembrandt.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mer Gen 28, 2015 3:26 pm

    "Ronda di Notte" di Rembrandt
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    Messaggio Da APUMA Gio Gen 29, 2015 10:25 am

    "Madonna col Bambino, San Giorgio e Sant'Antonio da Padova" di Alessandro Tiarini
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    Messaggio Da APUMA Sab Gen 31, 2015 3:36 pm

    Pietro da Cortona
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    Pietro da Cortona, nato come Pietro Berrettini (Cortona, 1º novembre 1596 – Roma, 16 maggio 1669), è stato un pittore, architetto e stuccatore italiano.

    Pietro fu un artista del primo Barocco; troviamo suoi lavori soprattutto nel campo dell'affresco decorativo e della pittura. Durante il papato di Urbano VIII (di cui fece un ritratto) fu uno dei principali architetti operanti a Roma, insieme a Bernini e a Borromini. Pietro Berettini progettò Castel Gandolfo per come lo conosciamo oggi. Nel 1634 divenne principe dell'Accademia di San Luca ed ebbe una parte attiva nella progettazione della chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano; l'impianto a croce greca della chiesa è una sua ideazione.

    Pittura
    Nel settore pittorico le opere giovanili furono una serie di affreschi per Palazzo Mattei raffiguranti le storie di Salomone, dal 1625-26 si occupa degli affreschi presso Santa Bibiana in cui è evidente il rifiuto della tradizione pittorica classica. Negli anni successivi la famiglia Sacchetti gli commissiona la decorazione per la Villa a Castel Fusano a tematica storica-mitologica e allegorica, oltre a una serie di tele tra cui Il ratto delle Sabine, in cui rende evidenti sia i suoi punti di forza (come la capacità narrativa e figurativa) sia i suoi punti deboli, come l'assenza di spessore psicologico nei personaggi rappresentati. Tra il 1637 e il 1647, realizza a più riprese per il granduca Ferdinando II de' Medici la vasta impresa decorativa di Palazzo Pitti a Firenze, con cicli di affreschi nella Sala della Stufa- raffiguranti l'Età dell'Oro, dell'Argento, del Bronzo e del Ferro (un tema tratto dalle Metamorfosi di Ovidio)- nelle Sale di Venere, di Giove, di Marte e di Apollo. Nel 1633-39 realizza gli affreschi per Palazzo Barberini che diventano la sua opera più rappresentativa e in cui le caratteristiche barocche sono evidenti. Celeberrimo è l'affresco Trionfo della Divina Provvidenza, con l'evidente prospettiva melozziana da sotto in su.

    Architettura
    La sua incidenza sugli sviluppi dell'architettura barocca fu notevole nonostante la relativa scarsità di opere e la tendenza che egli aveva a considerare quest'attività come secondaria rispetto a quelle pittorica. Per quanto riguarda le opere architettoniche, dal 1634 al 1650 si dedica alla realizzazione della chiesa dei Santi Luca e Martina, usa una pianta a croce greca in cui l'asse longitudinale è leggermente più lungo di quello trasversale, l'interno si presenta come un unicum omogeneo e totalmente bianco dando l'idea di grande neutralità e rigore riscontrabile anche nell'ordine inferiore di stampo classico. Le colonne dell'interno sono tutte ioniche, gli unici elementi decorativi sono presenti in corrispondenza delle absidi. La volta è realizzata sia con costoloni che cassettoni. Unisce la rigidezza classica e la fluidità delle decorazioni rendendo evidente il suo legame con il manierismo fiorentino.

    Dal 1656 al 1657 si dedica alla realizzazione della scenografica facciata di Santa Maria della Pace e negli anni successivi alla basilica di Santa Maria in Via Lata.

    Tavole anatomiche
    Prima ancora di diventare famoso come architetto, Pietro disegnò delle tavole anatomiche che tuttavia furono pubblicate solo nel 1741, un secolo dopo la sua morte. Le Tabulae anatomicae sono state prodotte sicuramente verso il 1618. Le pose drammatiche e precise dei soggetti sono in accordo con lo stile degli artisti del genere di età rinascimentale o barocca; ma quelle di Pietro da Cortona sono particolarmente espressive.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Sab Gen 31, 2015 3:40 pm

    "Trionfo della Divina Provvidenza" di Pietro da Cortona
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    Messaggio Da APUMA Sab Gen 31, 2015 3:45 pm

    "Altare Maggiore e Soffitto Affrescato - Chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso" di Pietro da Cortona
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    Messaggio Da APUMA Lun Feb 02, 2015 3:34 pm

    Alessandro Algardi
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    Alessandro Algardi (Bologna, 27 novembre 1598 – Roma, 10 giugno 1654) è stato uno scultore italiano.

    Biografia
    Formatosi presso l'Accademia di Ludovico Carracci a Bologna, fu scultore ed inizialmente orafo a Mantova, chiamatovi dal duca Ferdinando Gonzaga (1587-1626). Nella città gonzaghesca soggiornò e operò dal 1620 al 1624. Nel 1625 si trasferì a Roma e qui si occupò del restauro e della misurazione di statue antiche, su incarico del cardinale Ludovico Ludovisi. In questo modo poté approfondire la conoscenza del patrimonio classico, subendone gli influssi a livello figurativo. Nelle prime opere che realizzò durante questo periodo, come le statue di San Giovanni Evangelista e di Santa Maria Maddalena per la Cappella Bandini in San Silvestro al Quirinale (1628-1629), si riscontrano influssi berniniani che avvicinano l'Algardi alla corrente del classicismo, particolarmente diffusa nella Roma di quegli anni, ravvisabile nelle opere di Nicolas Poussin, Andrea Sacchi, Francois Duquesnoy e del Domenichino.

    Fra le opere più interessanti dell'Algardi si possono indicare la statua in bronzo di Innocenzo X eseguita fra il 1649 e il 1650 (Palazzo dei Conservatori), la pala con L'incontro di papa Leone I e Attila (1646-53) e la Tomba di Leone XI (1634-44), entrambi in San Pietro. Algardi evitò l'uso di marmi policromi, adottando invece il marmo bianco di Carrara.

    Nella sua città natale, Bologna, rimane assai poco dell'Algardi, dal momento che egli l'abbandonò in età molto giovane. In pratica vi sono due statue in gesso (materiale meno nobile del marmo, di cui la città felsinea è priva), le prime che si conoscano di sua mano, nell'Oratorio di Santa Maria della Vita. Un'altra opera, di pregevolissima fattura, è invece il gruppo scultoreo del martirio di San Paolo nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Questo gruppo scultoreo ha una storia curiosa che merita di essere raccontata. Commissionata all'artista ormai maturo dalla famiglia Spada di Bologna, venne realizzata nella città pontificia (Algardi non tornò mai a Bologna dopo essersi trasferito a Roma) e spedita via mare. Dal litorale romano la nave scese in Sicilia, poi risalì l'Adriatico, diretta a Venezia, da dove sarebbe stata trasportata a Bologna attraverso canali navigabili. Se non che, nell'Adriatico, la nave venne razziata dai pirati, che pretesero un ingente riscatto per la sua restituzione. Non è chiaro chi abbia pagato il riscatto (forse la famiglia Spada?), ma di certo la statua venne restituita e, pur con un certo ritardo, giunse sana e salva sull'altare maggiore della chiesa di San Paolo Maggiore.

    Algardi fu inoltre un apprezzato ritrattista, capace di unire il fine realismo della scuola bolognese ad una nobile compostezza. A questo proposito si possono citare diversi ritratti, fra cui Garzia Mellini in Santa Maria del Popolo, il Busto del Cardinale Laudivio Zacchia (1626?) nel Museo di Berlino, Roberto Frangipane in San Marcello al Corso ed Olimpia Pamphili nella Galleria Doria Pamphilij.

    Camillo Mazza fu uno dei suoi allievi.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Lun Feb 02, 2015 3:38 pm

    "Tomba di Leone XI" di Alessandro Algardi
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    Messaggio Da APUMA Mar Feb 03, 2015 10:16 am

    "Busto di Luigi XIV" di Gian Lorenzo Bernini
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    Messaggio Da APUMA Mar Feb 03, 2015 10:21 am

    "Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale" di Gian Lorenzo Bernini
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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 05, 2015 9:58 am

    Cecco del Caravaggio

    Francesco Boneri, meglio conosciuto con il soprannome di Cecco del Caravaggio (... – ...), è stato un pittore italiano di origini lombarde.

    Il suo soprannome deriva dal fatto che fu allievo, modello e secondo molti anche amante del Caravaggio.

    Conobbe molto probabilmente il suo maestro a Roma, diventando per lui una sorta di factotum, dopo che il pittore ebbe lasciato la residenza del cardinale Francesco Maria Del Monte. Peter Robb, nel suo "M. L'enigma Caravaggio", edito in Italia da Mondadori, suggerisce che sia stato il modello per il Davide e Golia, e soprattutto per il celebre Amor Vincit Omnia del museo di Berlino la cui posa licenziosa e invitante confermerebbe ulteriormente dell'omosessualità di Caravaggio, sulla scorta del Bellori, che riporta che Cecco era il nome del modello. Per quanto suggestiva, è un'ipotesi che non può essere provata.

    Dal suo maestro apprese, oltre che le tecniche pittoriche, anche l'uso delle armi, come molti episodi (denunce e ferimenti vari) confermerebbero: era anch'egli un grande frequentatore di taverne, ed aveva il "pugnale facile".

    Fu un pittore di buon livello. Nessuna delle sue opere però è firmata e rimane quindi difficile una valutazione complessiva. I quadri che gli sono attribuiti, come la Cacciata dei mercanti dal tempio (1610 - 1615), conservata nella Genialdegalerie di Berlino, mostrano uno stile molto facilmente riconoscibile che, pur rimanendo molto legato ai modi del maestro, rappresenta una delle voci più originali nell'ambito del caravaggismo europeo.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 05, 2015 10:01 am

    "Cacciata dei Mercanti dal Tempio" di Cecco del Caravaggio
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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 05, 2015 10:08 am

    Pieter Paul Rubens
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    Pieter Paul Rubens (Siegen, Vestfalia 1577 - Anversa 1640) fu un artista dal genio grandissimo, aperto e coerente, per la qualità stessa della sua pittura trionfale.

    Il soggiorno in Italia
    La lunga permanenza in Italia (1600-08) con soggiorni a Venezia, Mantova, Roma e Genova, costituì una tappa fondamentale della sua vicenda artistica per l'esperienza diretta dell'antichità classica, e del classicismo rinascimentale e per la varietà delle esperienze culturali che essa offrì all'artista. Il grande maestro barocco si rivela infatti l'ultimo artista "rinascimentale", nel senso della condivisione di interessi con il Rinascimento e per un'impostazione "umanistica": lo confermano i suoi interessi di collezionista di marmi antichi, il suo costante ispirarsi alla grande pittura cinquecentesca da Raffaello a Michelangelo a Correggio. Fu attratto anche dal cromatismo di Tiziano, Tintoretto e Veronese e dal luminismo di Caravaggio, che seppe fondere mirabilmente e trasfigurare in un linguaggio pittorico pervaso da una calda e intensa sensualità e acceso di un colore luminoso e brillante, nel quale il disegno robusto delimita le forme inquadrandole entro composizioni ormai barocche, ma ancora sorrette da un equilibrio classico e grandioso. Opere fondamentali in tal senso furono il Trittico per i Gesuiti di Mantova (1605, Musei di Mantova, Anversa e Nancy); Ritratto equestre del duca di Lerma ( 1604, Madrid, collezione de Savia); Battesimo di Cristo (1604-06, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); Circoncisione (1606, Genova, S. Ambrogio); Adorazione dei pastori (1608, Fermo, Pinacoteca civica)

    Le opere della maturità
    Al suo ritorno in patria (1609) fu nominato pittore di corte dei reggenti dei Paesi Bassi e avviò una fiorente bottega ad Anversa. Agli esercizi di lumi notturni (Adorazione dei Magi, Madrid, Prado) e di definizione delle forme per mezzo di accentuato chiaroscuro (Erezione della Croce, 1610, Cattedrale di Anversa), si affiancano brani di ricercata armonia cromatica (Deposizione dalla Croce, 1611-14, Cattedrale di Anversa). Eseguì temi mitologici (ca 1613-18: Sileno ebbro; Battaglia delle Amazzoni, Monaco, Alte Pinakothek), pittura sacra (ca 1616-19: Madonna degli Innocenti, Parigi, Louvre; Ultima Cena, Milano, Brera), ritratti e grandi cicli decorativi, quali gli affreschi per la chiesa dei Gesuiti ad Anversa (1620), i cartoni per arazzi commissionati da Luigi XIII di Francia (Vita di Costantino, 1622-23).

    Da Anversa Rubens si spostò per frequenti viaggi in Spagna, in Francia, Inghilterra e Olanda, durante i quali dipinse importanti opere: Adorazione dei Magi (1624 ca, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); La pace e la guerra (Londra, National Gallery); Elena Fourment col figlio (1635, Monaco, Alte Pinakothek); tele per la Whitehall a Londra (1634); decorazione per la Torre de la Parada presso Madrid (1638).

    I paesaggi, ai quali Rubens si dedicò nella fase conclusiva della sua attività (Paesaggio con arcobaleno, 1636, Monaco, Alte Pinakothek; Ritorno di contadini dai campi, 1637, Firenze, Palazzo Pitti), confermano la sua concezione della natura, suggestiva, lirica e quasi romantica, che traspare per altri versi anche dalla carnosità dei suoi nudi (Le tre Grazie, Madrid, Prado; La pelliccia, Vienna, Kunsthistorisches Museum).
    Fonte: Sapere.it


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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 05, 2015 10:19 am

    "Sansone e Dalila" di Pieter Paul Rubens
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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 05, 2015 10:24 am

    "San Giorgio e il Drago" di Pieter Paul Rubens
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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 12, 2015 3:19 pm

    Il Guercino
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    Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino - Pittore (Cento 1591 - Bologna 1666). Ritenuto uno degli artisti più rappresentativi della fase matura del barocco, la sua abilità tecnica e l'originalità del tocco ebbero notevole influsso sull'evoluzione delle decorazioni nel 17° secolo. La produzione del G. del tutto scevra dalle pesantezze e opacità che intralciano alcuni artisti coevi, è caratterizzata da forti contrasti di luce e da ombreggiature ariose che, pur non divenendo mezzo per ottenere valori costruttivi come nel Caravaggio, creano una freschezza e una trasparenza caratteristiche. Tra le sue opere più significative si ricordano il S. Guglielmo d'Aquitania (1620, pinac. di Bologna) e il Cristo che appare alla Maddalena (1630, pinac. di Cento).

    VITA E OPERE
    Studiò con B. Bertozzi e poi con B. Gennari il Vecchio; più tardi, attraverso G. B. Cremonini, entrò in contatto con l'ambiente artistico dei Carracci, e fu specialmente attratto dal pittoricismo di Ludovico. A Ferrara nel 1616 attraverso lo Scarsellino ebbe un primo contatto con i modi pittorici veneziani, che ebbe poi occasione di sviluppare durante il suo soggiorno a Venezia (1618), con lo studio dei grandi maestri veneziani del 16º sec. Opere. Le opere del primo periodo (1615-20), ma specialmente quelle posteriori al soggiorno veneziano (Susanna: museo del Prado; il summenzionato S. Guglielmo d'Aquitania) hanno un colorito caldo e intenso, effetti di luce e ombra, e rappresentano indubbiamente la miglior parte della sua opera. Chiamato a Roma da Gregorio XV (1621), vi dipinse, tra l'altro, la Maria Maddalena della Pinac. Vaticana, la Sepoltura di s. Petronilla della Gall. Capitolina, la mirabile decorazione, con l'Aurora, nel Casino Ludovisi. Questa, con la libertà della composizione e l'efficacia cromatica e luministica, in netto contrasto con la serrata quadratura del Tassi, si pone come un fatto totalmente nuovo nell'ambiente romano e più precisamente in netta contrapposizione con la classica realizzazione dello stesso soggetto di Guido Reni al Palazzo Rospigliosi. Tornò a Cento nel 1623 e vi rimase, lavorando intensamente fino al 1642, quando si stabilì a Bologna. Del 1626 è la decorazione della cupola del duomo di Piacenza; del 1630 il già citato Cristo che appare alla Maddalena, opera celebratissima, ma che già tradisce la prossima crisi dell'artista. L'influenza di G. Reni si fa sempre più netta e, con essa, l'arte del G. si volge a modi accademici, sia nella composizione, sia nel colorito, sia nella fattura, sia infine nei temi e nei motivi. Inesistente o almeno assai debole fu l'influenza del Caravaggio sul primo stile del Guercino. La trasformazione subita dalla pittura del G. è la prova più patente della crisi della cultura artistica che avvenne verso il 1630 e che portò al trionfo del cosiddetto "classicismo barocco".
    Fonte: Treccani


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    Messaggio Da APUMA Gio Feb 12, 2015 3:23 pm

    "San Luca dipinge la Vergine" del Guercino
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    Messaggio Da APUMA Ven Feb 13, 2015 3:16 pm

    "Matrimonio mistico di Santa Caterina" del Guercino
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