Una teoria suggestiva getta nuova luce sul sorriso più enigmatico della storia: chisi nasconde, realmente, dietro la Monna Lisa?
Chi si cela dietro il celebre dipinto di Leonardo? La nobildonna Lisa Gherardini, come credono in molti? Oppure c'è un'altra verità? Domande a cui gli studiosi di storia dell'arte tentano di dare una risposta con sempre nuove ricerche più o meno approfondite. Studi che, spesso, portano a rivelazioni sconcertanti e alla formulazione di ipotesi mai azzardate prima. Teorie innovative che, a volte, rappresentano il punto di partenza per la concretizzazione di ricerche e indagini riconosciute dalla comunità e dagli studiosi più affermati.
Incroci necessari
Quella che vede Lisa Gherardini come la modella che Leonardo ha utilizzato per dipingere uno dei quadri più famosi di tutti i tempi, è senza dubbio tra le più accreditate. Tuttavia, un'altra ipotesi sembra farsi strada. Ed è quella che vede protagonista una delle donne più amate della storia della cristianità: Sant'Elisabetta del Portogallo.
Isabella di Aragona (nata a Saragozza il 4 gennaio 1271, morta a Estremoz il 4 luglio 1336) era la terzogenita di Pietro III il Grande re di Aragona e Costanza di Sicilia. Isabella è andata in sposa, il 2 febbraio del 1282, a re Dionigi del Portogallo, un ottimo sovrano, chiamato dal popolo il “re lavoratore”, seppure è noto che conducesse una vita sregolata e dissoluta, un'esistenza che la regina sostenne con difficoltà. Ha avuto due figli: la principessa Costanza e Alfonso.
Una vita esemplare, poi la canonizzazione
Celebre nell'esistenza della regina Elisabetta è “il miracolo delle rose”. Si narra che la sovrana fosse solita visitare gli anziani, gli indigenti e le famiglie più povere del regno, distribuendo loro denaro dell'erario per comprare cibo e indumenti. Pratiche, queste, che il re non riteneva degne di una regina. Così la fece pedinare. Colta in flagrante, nel momento di mostrare al sovrano le monete, queste si trasformarono in rose, lasciando Dionigi letteralmente senza parole...Morto il marito, nel 1325, Elisabetta ha donato la sua corona al Santuario di Compostela dove, nel corso di un pellegrinaggio, ha lasciato quasi tutti i suoi averi ai poveri e ai conventi.
Dopo essere diventata francescana del terz'ordine, è entrata nel monastero delle Clarisse, a Coimbra, da lei stessa fatto erigere. E' morta a Estremoz nel 1336 ed è stata tumulata a Coimbra. Il 25 maggio del 1625 è stata canonizzata a Roma dal pontefice Urbano VIII.
Data emblematica
Il 1625 è un primo tassello del puzzle. Per Santa Elisabetta, così come per Monna Lisa, quello, è stato un anno decisivo. Elisabetta è stata canonizzata e, quindi, riconosciuta a livello mondiale come santa della Chiesa cattolica. Per Monna Lisa, diverse fonti storiche affermano che Cassiano dal Pozzo, noto collezionista d'arte, consulente artistico e ministro di Papa Urbano VIII, proprio quell'anno abbia attribuito al capolavoro di Leonardo il nome Gioconda. Alla luce di questa coincidenza, e se si considera che il maestro Leonardo da Vinci fu sempre estremamente attento ai dettagli, è quasi logico supporre, anche se si osserva l'opera a livello iconografico, che il nome Gioconda possa essere letto come espressione della grande felicità di Santa Elisabetta per aver assunto un ruolo così importante all'interno della Chiesa.
Secondo indizio: l'accumulo di grasso
Anche l'osservazione attenta del dipinto svela particolari interessanti. Sulla parte destra dell'occhio sinistro, appare un accumulo di grasso. Questo si ritrova anche nella bozza su cartone della Monna Lisa, attribuita allo stesso Leonardo e conservata presso l'Hyde Collection, a Glens Falls (New York). Il medesimo accumulo di grasso siritrova anche in molte opere che ritraggono la Santa regina, sempre sul lato destro dell'occhio sinistro. E' ben visibile, ad esempio, nel quadro dedicato a Santa Elisabetta del Portogallo, conservato presso il Museo Colonial De San Francisco, a Santiago del Cile.
Quello strano ponte
Sullo sfondo dell'opera di Leonardo, inoltre, si vede un ponte. Ha la caratteristica di essere a “schiena d'asino”. Nella città di Coimbra, dove Santa Elisabetta ha trascorso i suoi ultimi anni di vita, c'è il ponte di Santa Clara: è anch'esso a schiena d'asino di costruzione romana, come si evince da molti quadri dell'epoca. La storia, poi, ricorda che la città di Coimbra è stata assoggettata all'impero romano quando ancora si chiamava Aeminium.
Velo, abito scuro, assenza di gioielli
Guardando attentamente la celebre opera di Leonardo, inoltre, possiamo notare come la postura richiami quella di una nobildonna. Ma il vestito, il velo e soprattutto la non presenza di gioielli, quella di una signora pia, una donna a cui non interessa l'apparire, una suora. Leonardo gioca molto sulla doppia identità di Isabella d'Aragona. Da un lato è pur sempre la regina del Portogallo, dall'altro è una persona che, venuto a mancare il marito, abbandona la vita sfarzosa per entrare in convento. Se fosse stata una nobildonna, come sostengono in molti, sicuramente avrebbe avuto gioielli o, comunque, li avrebbe richiesti per farsi immortalare in quell'opera. La presenza del velo, poi, richiama ancora di più l'idea che dietro l'opera si nasconda un'autentica “serva di Dio”.
Monna Lisa, dunque, era una suora?
Un'ulteriore analisi deve essere fatta a livello etimologico sul nome Monna Lisa. Monna, in italiano antico significava Madonna. Lisa, Isabella o anche Elisabetta. Molti sostengono che, sulla terra le persone più vicine alla Madonna siano le suore. Monna Lisa, quindi, potrebbe significare Suor Elisabetta. Il nome Elisabetta, inoltre, deriva dall'antico aramaico Elisheba e significa “Colei che giura per Dio”.
Chi ha chiesto di dipingere la Gioconda?
Altra interessante considerazione si può fare sul committente del ritratto. Quando è stato commissionato? Da chi? Il dipinto è stato ordinato da Papa Leone X, su richiesta del cardinale Luigi d'Aragona, nel 1513, quando, secondo quanto sostiene Giorgio Vasari – noto pittore, architetto e storico dell'arte del 1500 – Leonardo si è recato a Roma per accompagnare Giuliano dei Medici alla proclamazione di Leone X. Vasari, come scritto nel libro Vita e pontificato di Leone X, da Guglielmo Roscoe e Luigi Bossi (Milano, 1817), ci informa che “al suo arrivo il Papa gli diede un argomento sul quale impiegar potesse il suo pennello”.
Anche lo storico Carlo Pedretti, nel libro A study in chronology and style (Johnson Reprint Corporation, 1982), sostiene che l'opera risalga agli “anni romani” di Leonardo. All'epoca il maestro stava lavorando alla Sant'Anna per il panneggio della Vergine, e quelle trasparenze dei veli sono le medesime che ha adottato per la Gioconda. Le forme del corpo, poi, appaiono ugualmente sapienti e accurate.
Il cardinale Luigi d'Aragona aveva avuto un ruolo molto importante durante il conclave dell'11 marzo 1513, nel quale Giovanni dei Medici divenne Papa con il nome Leone X. I due erano molto amici. Nel libro, Luigi d'Aragona – Un cardinale del Rinascimento in viaggio per l'Europa, André Chastel ci parla proprio del viaggio compiuto dal religioso. L'11 ottobre del 1517 incontra Leonardo nel castello di Blois: il cardinale era andato a riprendersi il dipinto commissionato qualche anno prima, ma purtroppo Leonardo non potè darglielo perché ormai acquistato dal suo mecenate Francesco I per 4mila ducati d'oro.
L'interesse del cardinale per l'opera era evidente perché anche lui apparteneva alla stessa famiglia d'Aragona, proprio come Santa Elisabetta.
Conclusione sorprendente Tutte le prove di cui si è argomentato dimostrano come dietro la Gioconda, il quadro più discusso e ammirato al mondo, si potrebbe davvero nascondere la figura della regina Isabella dìAragona. Una conclusione, questa, che se veificata sarebbe a dir poco rivoluzionaria, visto che la Santa è vissuta ben due secoli prima del maestro e che si tratterebbe dell'ennesima figura religiosa protagonista della pittura leonardesca.
Fonte: Voyager