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Il Barocco
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Re: Il Barocco
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Re: Il Barocco
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Re: Il Barocco
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Re: Il Barocco
Cecco del Caravaggio
Francesco Boneri, meglio conosciuto con il soprannome di Cecco del Caravaggio (... – ...), è stato un pittore italiano di origini lombarde.
Il suo soprannome deriva dal fatto che fu allievo, modello e secondo molti anche amante del Caravaggio.
Conobbe molto probabilmente il suo maestro a Roma, diventando per lui una sorta di factotum, dopo che il pittore ebbe lasciato la residenza del cardinale Francesco Maria Del Monte. Peter Robb, nel suo "M. L'enigma Caravaggio", edito in Italia da Mondadori, suggerisce che sia stato il modello per il Davide e Golia, e soprattutto per il celebre Amor Vincit Omnia del museo di Berlino la cui posa licenziosa e invitante confermerebbe ulteriormente dell'omosessualità di Caravaggio, sulla scorta del Bellori, che riporta che Cecco era il nome del modello. Per quanto suggestiva, è un'ipotesi che non può essere provata.
Dal suo maestro apprese, oltre che le tecniche pittoriche, anche l'uso delle armi, come molti episodi (denunce e ferimenti vari) confermerebbero: era anch'egli un grande frequentatore di taverne, ed aveva il "pugnale facile".
Fu un pittore di buon livello. Nessuna delle sue opere però è firmata e rimane quindi difficile una valutazione complessiva. I quadri che gli sono attribuiti, come la Cacciata dei mercanti dal tempio (1610 - 1615), conservata nella Genialdegalerie di Berlino, mostrano uno stile molto facilmente riconoscibile che, pur rimanendo molto legato ai modi del maestro, rappresenta una delle voci più originali nell'ambito del caravaggismo europeo.
Fonte: WIKIPEDIA
Francesco Boneri, meglio conosciuto con il soprannome di Cecco del Caravaggio (... – ...), è stato un pittore italiano di origini lombarde.
Il suo soprannome deriva dal fatto che fu allievo, modello e secondo molti anche amante del Caravaggio.
Conobbe molto probabilmente il suo maestro a Roma, diventando per lui una sorta di factotum, dopo che il pittore ebbe lasciato la residenza del cardinale Francesco Maria Del Monte. Peter Robb, nel suo "M. L'enigma Caravaggio", edito in Italia da Mondadori, suggerisce che sia stato il modello per il Davide e Golia, e soprattutto per il celebre Amor Vincit Omnia del museo di Berlino la cui posa licenziosa e invitante confermerebbe ulteriormente dell'omosessualità di Caravaggio, sulla scorta del Bellori, che riporta che Cecco era il nome del modello. Per quanto suggestiva, è un'ipotesi che non può essere provata.
Dal suo maestro apprese, oltre che le tecniche pittoriche, anche l'uso delle armi, come molti episodi (denunce e ferimenti vari) confermerebbero: era anch'egli un grande frequentatore di taverne, ed aveva il "pugnale facile".
Fu un pittore di buon livello. Nessuna delle sue opere però è firmata e rimane quindi difficile una valutazione complessiva. I quadri che gli sono attribuiti, come la Cacciata dei mercanti dal tempio (1610 - 1615), conservata nella Genialdegalerie di Berlino, mostrano uno stile molto facilmente riconoscibile che, pur rimanendo molto legato ai modi del maestro, rappresenta una delle voci più originali nell'ambito del caravaggismo europeo.
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Re: Il Barocco
Pieter Paul Rubens
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Pieter Paul Rubens (Siegen, Vestfalia 1577 - Anversa 1640) fu un artista dal genio grandissimo, aperto e coerente, per la qualità stessa della sua pittura trionfale.
Il soggiorno in Italia
La lunga permanenza in Italia (1600-08) con soggiorni a Venezia, Mantova, Roma e Genova, costituì una tappa fondamentale della sua vicenda artistica per l'esperienza diretta dell'antichità classica, e del classicismo rinascimentale e per la varietà delle esperienze culturali che essa offrì all'artista. Il grande maestro barocco si rivela infatti l'ultimo artista "rinascimentale", nel senso della condivisione di interessi con il Rinascimento e per un'impostazione "umanistica": lo confermano i suoi interessi di collezionista di marmi antichi, il suo costante ispirarsi alla grande pittura cinquecentesca da Raffaello a Michelangelo a Correggio. Fu attratto anche dal cromatismo di Tiziano, Tintoretto e Veronese e dal luminismo di Caravaggio, che seppe fondere mirabilmente e trasfigurare in un linguaggio pittorico pervaso da una calda e intensa sensualità e acceso di un colore luminoso e brillante, nel quale il disegno robusto delimita le forme inquadrandole entro composizioni ormai barocche, ma ancora sorrette da un equilibrio classico e grandioso. Opere fondamentali in tal senso furono il Trittico per i Gesuiti di Mantova (1605, Musei di Mantova, Anversa e Nancy); Ritratto equestre del duca di Lerma ( 1604, Madrid, collezione de Savia); Battesimo di Cristo (1604-06, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); Circoncisione (1606, Genova, S. Ambrogio); Adorazione dei pastori (1608, Fermo, Pinacoteca civica)
Le opere della maturità
Al suo ritorno in patria (1609) fu nominato pittore di corte dei reggenti dei Paesi Bassi e avviò una fiorente bottega ad Anversa. Agli esercizi di lumi notturni (Adorazione dei Magi, Madrid, Prado) e di definizione delle forme per mezzo di accentuato chiaroscuro (Erezione della Croce, 1610, Cattedrale di Anversa), si affiancano brani di ricercata armonia cromatica (Deposizione dalla Croce, 1611-14, Cattedrale di Anversa). Eseguì temi mitologici (ca 1613-18: Sileno ebbro; Battaglia delle Amazzoni, Monaco, Alte Pinakothek), pittura sacra (ca 1616-19: Madonna degli Innocenti, Parigi, Louvre; Ultima Cena, Milano, Brera), ritratti e grandi cicli decorativi, quali gli affreschi per la chiesa dei Gesuiti ad Anversa (1620), i cartoni per arazzi commissionati da Luigi XIII di Francia (Vita di Costantino, 1622-23).
Da Anversa Rubens si spostò per frequenti viaggi in Spagna, in Francia, Inghilterra e Olanda, durante i quali dipinse importanti opere: Adorazione dei Magi (1624 ca, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); La pace e la guerra (Londra, National Gallery); Elena Fourment col figlio (1635, Monaco, Alte Pinakothek); tele per la Whitehall a Londra (1634); decorazione per la Torre de la Parada presso Madrid (1638).
I paesaggi, ai quali Rubens si dedicò nella fase conclusiva della sua attività (Paesaggio con arcobaleno, 1636, Monaco, Alte Pinakothek; Ritorno di contadini dai campi, 1637, Firenze, Palazzo Pitti), confermano la sua concezione della natura, suggestiva, lirica e quasi romantica, che traspare per altri versi anche dalla carnosità dei suoi nudi (Le tre Grazie, Madrid, Prado; La pelliccia, Vienna, Kunsthistorisches Museum).
Fonte: Sapere.it
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Pieter Paul Rubens (Siegen, Vestfalia 1577 - Anversa 1640) fu un artista dal genio grandissimo, aperto e coerente, per la qualità stessa della sua pittura trionfale.
Il soggiorno in Italia
La lunga permanenza in Italia (1600-08) con soggiorni a Venezia, Mantova, Roma e Genova, costituì una tappa fondamentale della sua vicenda artistica per l'esperienza diretta dell'antichità classica, e del classicismo rinascimentale e per la varietà delle esperienze culturali che essa offrì all'artista. Il grande maestro barocco si rivela infatti l'ultimo artista "rinascimentale", nel senso della condivisione di interessi con il Rinascimento e per un'impostazione "umanistica": lo confermano i suoi interessi di collezionista di marmi antichi, il suo costante ispirarsi alla grande pittura cinquecentesca da Raffaello a Michelangelo a Correggio. Fu attratto anche dal cromatismo di Tiziano, Tintoretto e Veronese e dal luminismo di Caravaggio, che seppe fondere mirabilmente e trasfigurare in un linguaggio pittorico pervaso da una calda e intensa sensualità e acceso di un colore luminoso e brillante, nel quale il disegno robusto delimita le forme inquadrandole entro composizioni ormai barocche, ma ancora sorrette da un equilibrio classico e grandioso. Opere fondamentali in tal senso furono il Trittico per i Gesuiti di Mantova (1605, Musei di Mantova, Anversa e Nancy); Ritratto equestre del duca di Lerma ( 1604, Madrid, collezione de Savia); Battesimo di Cristo (1604-06, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); Circoncisione (1606, Genova, S. Ambrogio); Adorazione dei pastori (1608, Fermo, Pinacoteca civica)
Le opere della maturità
Al suo ritorno in patria (1609) fu nominato pittore di corte dei reggenti dei Paesi Bassi e avviò una fiorente bottega ad Anversa. Agli esercizi di lumi notturni (Adorazione dei Magi, Madrid, Prado) e di definizione delle forme per mezzo di accentuato chiaroscuro (Erezione della Croce, 1610, Cattedrale di Anversa), si affiancano brani di ricercata armonia cromatica (Deposizione dalla Croce, 1611-14, Cattedrale di Anversa). Eseguì temi mitologici (ca 1613-18: Sileno ebbro; Battaglia delle Amazzoni, Monaco, Alte Pinakothek), pittura sacra (ca 1616-19: Madonna degli Innocenti, Parigi, Louvre; Ultima Cena, Milano, Brera), ritratti e grandi cicli decorativi, quali gli affreschi per la chiesa dei Gesuiti ad Anversa (1620), i cartoni per arazzi commissionati da Luigi XIII di Francia (Vita di Costantino, 1622-23).
Da Anversa Rubens si spostò per frequenti viaggi in Spagna, in Francia, Inghilterra e Olanda, durante i quali dipinse importanti opere: Adorazione dei Magi (1624 ca, Anversa, Musée Royal des Beaux-Arts); La pace e la guerra (Londra, National Gallery); Elena Fourment col figlio (1635, Monaco, Alte Pinakothek); tele per la Whitehall a Londra (1634); decorazione per la Torre de la Parada presso Madrid (1638).
I paesaggi, ai quali Rubens si dedicò nella fase conclusiva della sua attività (Paesaggio con arcobaleno, 1636, Monaco, Alte Pinakothek; Ritorno di contadini dai campi, 1637, Firenze, Palazzo Pitti), confermano la sua concezione della natura, suggestiva, lirica e quasi romantica, che traspare per altri versi anche dalla carnosità dei suoi nudi (Le tre Grazie, Madrid, Prado; La pelliccia, Vienna, Kunsthistorisches Museum).
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Re: Il Barocco
Il Guercino
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Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino - Pittore (Cento 1591 - Bologna 1666). Ritenuto uno degli artisti più rappresentativi della fase matura del barocco, la sua abilità tecnica e l'originalità del tocco ebbero notevole influsso sull'evoluzione delle decorazioni nel 17° secolo. La produzione del G. del tutto scevra dalle pesantezze e opacità che intralciano alcuni artisti coevi, è caratterizzata da forti contrasti di luce e da ombreggiature ariose che, pur non divenendo mezzo per ottenere valori costruttivi come nel Caravaggio, creano una freschezza e una trasparenza caratteristiche. Tra le sue opere più significative si ricordano il S. Guglielmo d'Aquitania (1620, pinac. di Bologna) e il Cristo che appare alla Maddalena (1630, pinac. di Cento).
VITA E OPERE
Studiò con B. Bertozzi e poi con B. Gennari il Vecchio; più tardi, attraverso G. B. Cremonini, entrò in contatto con l'ambiente artistico dei Carracci, e fu specialmente attratto dal pittoricismo di Ludovico. A Ferrara nel 1616 attraverso lo Scarsellino ebbe un primo contatto con i modi pittorici veneziani, che ebbe poi occasione di sviluppare durante il suo soggiorno a Venezia (1618), con lo studio dei grandi maestri veneziani del 16º sec. Opere. Le opere del primo periodo (1615-20), ma specialmente quelle posteriori al soggiorno veneziano (Susanna: museo del Prado; il summenzionato S. Guglielmo d'Aquitania) hanno un colorito caldo e intenso, effetti di luce e ombra, e rappresentano indubbiamente la miglior parte della sua opera. Chiamato a Roma da Gregorio XV (1621), vi dipinse, tra l'altro, la Maria Maddalena della Pinac. Vaticana, la Sepoltura di s. Petronilla della Gall. Capitolina, la mirabile decorazione, con l'Aurora, nel Casino Ludovisi. Questa, con la libertà della composizione e l'efficacia cromatica e luministica, in netto contrasto con la serrata quadratura del Tassi, si pone come un fatto totalmente nuovo nell'ambiente romano e più precisamente in netta contrapposizione con la classica realizzazione dello stesso soggetto di Guido Reni al Palazzo Rospigliosi. Tornò a Cento nel 1623 e vi rimase, lavorando intensamente fino al 1642, quando si stabilì a Bologna. Del 1626 è la decorazione della cupola del duomo di Piacenza; del 1630 il già citato Cristo che appare alla Maddalena, opera celebratissima, ma che già tradisce la prossima crisi dell'artista. L'influenza di G. Reni si fa sempre più netta e, con essa, l'arte del G. si volge a modi accademici, sia nella composizione, sia nel colorito, sia nella fattura, sia infine nei temi e nei motivi. Inesistente o almeno assai debole fu l'influenza del Caravaggio sul primo stile del Guercino. La trasformazione subita dalla pittura del G. è la prova più patente della crisi della cultura artistica che avvenne verso il 1630 e che portò al trionfo del cosiddetto "classicismo barocco".
Fonte: Treccani
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Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino - Pittore (Cento 1591 - Bologna 1666). Ritenuto uno degli artisti più rappresentativi della fase matura del barocco, la sua abilità tecnica e l'originalità del tocco ebbero notevole influsso sull'evoluzione delle decorazioni nel 17° secolo. La produzione del G. del tutto scevra dalle pesantezze e opacità che intralciano alcuni artisti coevi, è caratterizzata da forti contrasti di luce e da ombreggiature ariose che, pur non divenendo mezzo per ottenere valori costruttivi come nel Caravaggio, creano una freschezza e una trasparenza caratteristiche. Tra le sue opere più significative si ricordano il S. Guglielmo d'Aquitania (1620, pinac. di Bologna) e il Cristo che appare alla Maddalena (1630, pinac. di Cento).
VITA E OPERE
Studiò con B. Bertozzi e poi con B. Gennari il Vecchio; più tardi, attraverso G. B. Cremonini, entrò in contatto con l'ambiente artistico dei Carracci, e fu specialmente attratto dal pittoricismo di Ludovico. A Ferrara nel 1616 attraverso lo Scarsellino ebbe un primo contatto con i modi pittorici veneziani, che ebbe poi occasione di sviluppare durante il suo soggiorno a Venezia (1618), con lo studio dei grandi maestri veneziani del 16º sec. Opere. Le opere del primo periodo (1615-20), ma specialmente quelle posteriori al soggiorno veneziano (Susanna: museo del Prado; il summenzionato S. Guglielmo d'Aquitania) hanno un colorito caldo e intenso, effetti di luce e ombra, e rappresentano indubbiamente la miglior parte della sua opera. Chiamato a Roma da Gregorio XV (1621), vi dipinse, tra l'altro, la Maria Maddalena della Pinac. Vaticana, la Sepoltura di s. Petronilla della Gall. Capitolina, la mirabile decorazione, con l'Aurora, nel Casino Ludovisi. Questa, con la libertà della composizione e l'efficacia cromatica e luministica, in netto contrasto con la serrata quadratura del Tassi, si pone come un fatto totalmente nuovo nell'ambiente romano e più precisamente in netta contrapposizione con la classica realizzazione dello stesso soggetto di Guido Reni al Palazzo Rospigliosi. Tornò a Cento nel 1623 e vi rimase, lavorando intensamente fino al 1642, quando si stabilì a Bologna. Del 1626 è la decorazione della cupola del duomo di Piacenza; del 1630 il già citato Cristo che appare alla Maddalena, opera celebratissima, ma che già tradisce la prossima crisi dell'artista. L'influenza di G. Reni si fa sempre più netta e, con essa, l'arte del G. si volge a modi accademici, sia nella composizione, sia nel colorito, sia nella fattura, sia infine nei temi e nei motivi. Inesistente o almeno assai debole fu l'influenza del Caravaggio sul primo stile del Guercino. La trasformazione subita dalla pittura del G. è la prova più patente della crisi della cultura artistica che avvenne verso il 1630 e che portò al trionfo del cosiddetto "classicismo barocco".
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Re: Il Barocco
Usa, tornano «italiani» un quadro del Tiepolo e una statua etrusca rubati
La «Santa Trinità» del Tiepolo, sottratta in un’abitazione privata a Torino nel 1982, e una statuetta etrusca, scomparsa nel 1964 da un museo di Pesaro. Scoperte dall’Fbi
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Un prezioso dipinto di Giambattista Tiepolo e una statuetta etrusca raffigurante Ercole, entrambi rubati in Italia vari decenni fa e ritrovati di recente negli Usa, sono stati oggi restituiti alle autorità italiane nel corso di una cerimonia nell’ufficio del procuratore federale a Manhattan. Il dipinto del Tiepolo, «La Santa Trinità che appare a San Clemente», era stato rubato in un’abitazione privata a Torino nel 1982, ed è ritornata alla luce quando è stata messa in vendita a un’asta di Christies a New York lo scorso anno.
La statuetta etrusca di Ercole, del sesto o quinto secolo avanti Cristo, venne sottratta - insieme a diversi altri oggetti di grande valore - al Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro nel 1964, ed individuata dalle autorità italiane quando comparve nel 2012 nel catalogo di un’asta sempre a New York. Le due opere erano finite in mano a dei commercianti d’arte - che non sono risulti coinvolti nel furto - che le hanno messe a disposizione delle autorità dopo aver appreso la provenienza. «Siamo qui per fare giustizia nel mondo dell’arte», ha detto il vice procuratore di Manhattan, Richard Zabel, nella conferenza stampa convocata per annunciare la restituzione delle opere d’arte.
corriere della sera
La «Santa Trinità» del Tiepolo, sottratta in un’abitazione privata a Torino nel 1982, e una statuetta etrusca, scomparsa nel 1964 da un museo di Pesaro. Scoperte dall’Fbi
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Un prezioso dipinto di Giambattista Tiepolo e una statuetta etrusca raffigurante Ercole, entrambi rubati in Italia vari decenni fa e ritrovati di recente negli Usa, sono stati oggi restituiti alle autorità italiane nel corso di una cerimonia nell’ufficio del procuratore federale a Manhattan. Il dipinto del Tiepolo, «La Santa Trinità che appare a San Clemente», era stato rubato in un’abitazione privata a Torino nel 1982, ed è ritornata alla luce quando è stata messa in vendita a un’asta di Christies a New York lo scorso anno.
La statuetta etrusca di Ercole, del sesto o quinto secolo avanti Cristo, venne sottratta - insieme a diversi altri oggetti di grande valore - al Museo Archeologico Oliveriano di Pesaro nel 1964, ed individuata dalle autorità italiane quando comparve nel 2012 nel catalogo di un’asta sempre a New York. Le due opere erano finite in mano a dei commercianti d’arte - che non sono risulti coinvolti nel furto - che le hanno messe a disposizione delle autorità dopo aver appreso la provenienza. «Siamo qui per fare giustizia nel mondo dell’arte», ha detto il vice procuratore di Manhattan, Richard Zabel, nella conferenza stampa convocata per annunciare la restituzione delle opere d’arte.
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Non curante, ma non indifferente
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Re: Il Barocco
Un presunto Caravaggio ritrovato in una soffitta francese
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E' la storia di un quadro ritrovato in una soffitta di Francia. Una storia tanto bella che pare tutta inventata. Ma se fosse tutto vero? Una versione del celebre dipinto di 'Giuditta e Oloferne' simile a quello conservato alla Galleria d'Arte Antica di Palazzo Barberini, nel cuore di Roma, è stata scoperta nel solaio di una vecchia casa di campagna nei dintorni di Tolosa. Per gli esperti che l'hanno svelata questa mattina a Parigi non ci sono dubbi: si tratta della mano di Caravaggio. L'opera è "autentica", ha esultato Eric Turquin, l'esperto alla guida dell'omonimo studio privato che ha realizzato una prima expertise dell'olio su tela di 144 x 173,5 cm scoperto nel 2014 e tenuto nascosto fino ad oggi.
"Quella luce particolare, quell'energia tipica di Caravaggio, senza correzioni, composta da una mano sicura, nonché la materia del dipinto, ci dicono che questo quadro è autentico", ha aggiunto. Ma l'attribuzione è ancora tutta da confermare e tra gli storici dell'arte non mancano le voci scettiche. Per Mina Gregori, grande specialista del maestro lombardo morto sulla spiaggia della Feniglia nel 1610, quella ritrovata a Tolosa non è un'opera originale di Michelangelo Merisi, anche se la "qualità è innegabile", spiega citata dal Quotidien de l'Art. Con lei storcono il naso anche altri esperti. Ma la Francia vuole crederci. A cominciare dal ministero della Cultura che ha decretato il divieto di uscita della tela dal territorio e l'ha inserita nella lista dei 'Tesori nazionali'.
"Quest'opera recentemente scoperta è di un grande valore artistico, potrebbe essere identificata come una composizione scomparsa di Caravaggio", recita il decreto governativo pubblicato a fine marzo in Gazzetta ufficiale. Dimenticato per almeno 150 anni in un sottotetto, il quadro è stato ritrovato assolutamente per caso, quando vittime di una perdita d'acqua i proprietari dell'edificio si sono visti costretti ad intervenire nel solaio per riparare le condutture. L'opera, che secondo Turquin arrivò a Tolosa a metà del XIX secolo, è stata ritrovata "in uno stato di conservazione eccezionale". "I proprietari - ha rivelato alla stampa - sono discendenti di un ufficiale dell'esercito napoleonico. E' forse grazie a lui che è stata aggiunta ai beni di famiglia".
A Parigi hanno anche spiegato che il quadro risale al 1604-1605, mentre quello del Museo Barberini sarebbe del 1599. L'autenticità troverebbe conferma anche dal testamento e da una copia del dipinto realizzata dal pittore fiammingo Louis Finson all'inizio del Seicento e conservata oggi al Palazzo Zevallos, a Napoli. La 'Giuditta e Oloferne' ritrovata verrà ora affidata al Louvre per un'approfondito studio che potrebbe durare anche trenta mesi e che dovrà determinare se si tratta davvero di un lavoro originale di Michelangelo Merisi o di un suo (comunque bravissimo) seguace. Nel sud della Francia, racconta una storica dell'arte, Mathilde Tastavy, sono stati numerosi i pittori che si sono ispirati al maestro milanese.
Nel 2012, tra Tolosa e Montpellier, venne anche organizzata una grande mostra dedicata ai seguaci di Caravaggio e intitolata "Corps et ombres, Caravage et le caravagisme européen'. Se l'attribuzione dovesse essere confermata, lo Stato francese dovrebbe sborsare oltre 100 milioni di euro per poterselo aggiudicare ed esporlo nelle sue già ricchissime collezioni. Da secoli unite da fittissimi legami storici, artistici e culturali, Italia e Francia già condividono un'altra opera di Michelangelo Merisi. Si tratta delle due versioni della Buona Ventura, rispettivamente conservate al Louvre e ai Musei Capitolini. Da lungo tempo i fortunati che hanno la possibilità di visitare entrambi i musei si divertono a confrontare i due dipinti di Caravaggio, scovando le differenze come in un divertente gioco della Settimana Enigmistica. E chissà che presto non si possa fare lo stesso anche con Giuditta e Oloferne. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Stato decreta divieto esportazione in attesa di expertise
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E' la storia di un quadro ritrovato in una soffitta di Francia. Una storia tanto bella che pare tutta inventata. Ma se fosse tutto vero? Una versione del celebre dipinto di 'Giuditta e Oloferne' simile a quello conservato alla Galleria d'Arte Antica di Palazzo Barberini, nel cuore di Roma, è stata scoperta nel solaio di una vecchia casa di campagna nei dintorni di Tolosa. Per gli esperti che l'hanno svelata questa mattina a Parigi non ci sono dubbi: si tratta della mano di Caravaggio. L'opera è "autentica", ha esultato Eric Turquin, l'esperto alla guida dell'omonimo studio privato che ha realizzato una prima expertise dell'olio su tela di 144 x 173,5 cm scoperto nel 2014 e tenuto nascosto fino ad oggi.
"Quella luce particolare, quell'energia tipica di Caravaggio, senza correzioni, composta da una mano sicura, nonché la materia del dipinto, ci dicono che questo quadro è autentico", ha aggiunto. Ma l'attribuzione è ancora tutta da confermare e tra gli storici dell'arte non mancano le voci scettiche. Per Mina Gregori, grande specialista del maestro lombardo morto sulla spiaggia della Feniglia nel 1610, quella ritrovata a Tolosa non è un'opera originale di Michelangelo Merisi, anche se la "qualità è innegabile", spiega citata dal Quotidien de l'Art. Con lei storcono il naso anche altri esperti. Ma la Francia vuole crederci. A cominciare dal ministero della Cultura che ha decretato il divieto di uscita della tela dal territorio e l'ha inserita nella lista dei 'Tesori nazionali'.
"Quest'opera recentemente scoperta è di un grande valore artistico, potrebbe essere identificata come una composizione scomparsa di Caravaggio", recita il decreto governativo pubblicato a fine marzo in Gazzetta ufficiale. Dimenticato per almeno 150 anni in un sottotetto, il quadro è stato ritrovato assolutamente per caso, quando vittime di una perdita d'acqua i proprietari dell'edificio si sono visti costretti ad intervenire nel solaio per riparare le condutture. L'opera, che secondo Turquin arrivò a Tolosa a metà del XIX secolo, è stata ritrovata "in uno stato di conservazione eccezionale". "I proprietari - ha rivelato alla stampa - sono discendenti di un ufficiale dell'esercito napoleonico. E' forse grazie a lui che è stata aggiunta ai beni di famiglia".
A Parigi hanno anche spiegato che il quadro risale al 1604-1605, mentre quello del Museo Barberini sarebbe del 1599. L'autenticità troverebbe conferma anche dal testamento e da una copia del dipinto realizzata dal pittore fiammingo Louis Finson all'inizio del Seicento e conservata oggi al Palazzo Zevallos, a Napoli. La 'Giuditta e Oloferne' ritrovata verrà ora affidata al Louvre per un'approfondito studio che potrebbe durare anche trenta mesi e che dovrà determinare se si tratta davvero di un lavoro originale di Michelangelo Merisi o di un suo (comunque bravissimo) seguace. Nel sud della Francia, racconta una storica dell'arte, Mathilde Tastavy, sono stati numerosi i pittori che si sono ispirati al maestro milanese.
Nel 2012, tra Tolosa e Montpellier, venne anche organizzata una grande mostra dedicata ai seguaci di Caravaggio e intitolata "Corps et ombres, Caravage et le caravagisme européen'. Se l'attribuzione dovesse essere confermata, lo Stato francese dovrebbe sborsare oltre 100 milioni di euro per poterselo aggiudicare ed esporlo nelle sue già ricchissime collezioni. Da secoli unite da fittissimi legami storici, artistici e culturali, Italia e Francia già condividono un'altra opera di Michelangelo Merisi. Si tratta delle due versioni della Buona Ventura, rispettivamente conservate al Louvre e ai Musei Capitolini. Da lungo tempo i fortunati che hanno la possibilità di visitare entrambi i musei si divertono a confrontare i due dipinti di Caravaggio, scovando le differenze come in un divertente gioco della Settimana Enigmistica. E chissà che presto non si possa fare lo stesso anche con Giuditta e Oloferne. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
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Re: Il Barocco
Charles Le Brun
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Charles Le Brun (Parigi, 24 febbraio 1619 – Parigi, 22 febbraio 1690) è stato un pittore e decoratore francese. Le Brun è famoso soprattutto per i suoi lavori di arredamento e decorazione alla reggia di Versailles, durante il XVII secolo.
Biografia
Nato da una famiglia di artisti nel 1619, fu prima allievo di suo padre Nicolas, scultore, poi di François Perrier e di Simon Vouet a Parigi; completò la sua formazione a Roma dove si recò, dal 1642 al 1646, con Poussin, la cui lezione ebbe grande parte nella formazione del suo stile: là studiò Raffaello, i pittori bolognesi e i monumenti antichi.
Nel 1646 tornò a Parigi, dove nel 1648 fu cofondatore – con Jean-Baptiste Colbert e altri – e direttore dell'Accademia reale di pittura e scultura; eseguì quindi alcune pale sacre (Martirio di S. Andrea e Martirio di S. Stefano a Notre-Dame) e complessi decorativi per l'Hôtel Lambert (insieme a Eustache Le Sueur) e l'Hôtel de la Rivière (1652-1653), e infine per il Castello di Vaux-le-Vicomte, appartenente a Nicolas Fouquet, dove l'organizzazione dell'apparato decorativo rivela la polivalenza dei suoi interessi.
Nel 1660 dipinse per Luigi XIV La famiglia di Dario davanti ad Alessandro e dall'anno successivo entrò al servizio del re come primo pittore di corte, iniziando così una brillantissima carriera; nel 1663 fu nominato soprintendente della manifattura dei Gobelins, per la quale preparò numerosi cartoni (le Stagioni, le Battaglie di Alessandro, i Mesi) e disegni per mobili, argenterie, mosaici e arazzi, di cui diede grande impulso alla produzione; in tale incarico Le Brun sviluppò le sue doti di organizzatore, già manifestate nella direzione della manifattura di Maincy.
In questi anni conoscerà e stringerà una forte amicizia con l'incisore Gilles Rousselet, che inciderà più di novanta tavole tratte dai suoi quadri.
Quando nel 1676 divenne principe dell'Accademia di San Luca la unì con l'analoga Accademia da lui fondata a Parigi. In questo periodo, come primo pittore del re e “principe” dell'Accademia reale di pittura e scultura, ebbe influenza grandissima e svolse attività didattica sostenendo principi classici; in consonanza con gli intendimenti del monarca e di Colbert, curò le realizzazioni del Louvre (decorazione della Galleria d'Apollo), di Versailles (Galleria degli Specchi, 1678-1684; Saloni della Pace e della Guerra, Scalone degli Ambasciatori), dove lavorò dal 1674 al 1686, di Fontainebleau (tele con storie della vita di Alessandro Magno), di Saint-Germain, di Sceaux e di Marly; nelle parti da lui dipinte allegoria e storia trovano una veste formale solenne e moderata e insieme di estrema e barocca “evidenza”. Fra i suoi allievi vi fu il ritrattista Claude Lefèbvre.
L'ascesa di Louvois alla sovrintendenza alle costruzioni (1683) rappresentò il graduale allontanamento di Le Brun dalle grandi commissioni e il suo avvicinarsi alla pittura da cavalletto (Mosè difende le figlie di Jetro del 1686 e Mosè prende in moglie Sefora del 1687, Modena, Galleria Estense; ciclo de La Vita di Cristo, 1688-1689, Parigi, Louvre), che trattò con scrupolo ma con scarsa creatività.
Mediante l'accademia, dominò ogni campo dell'attività artistica francese, contribuendo a diffondere lo stile severo, dalle forme massicce e sostenute, in cui si identifica l'epoca di Luigi XIV: infatti l'Accademia, da cui dipendevano altre scuole e accademie, dirigeva l'insegnamento artistico secondo alcuni princìpi di carattere generale, consistenti essenzialmente nella correzione delle imperfezioni della natura secondo un canone di bellezza stabilito sui capolavori dell'antichità; questa dottrina, applicata da Le Brun, non gli impedì comunque di creare alcuni ammirevoli ritratti di personaggi della corte che sono la parte più valida della sua pittura. Nel 1698 fu pubblicata un'opera postuma, “Conference sur l'expression générale et particulière”, dove viene analizzata la fisionomia dei volti in relazione ai diversi stati d'animo.
Le Brun predilesse nelle sue opere i soggetti allegorici e mitologici, che dipingeva con uno stile classicheggiante, e il gusto dell'effetto drammatico e dell'ornato; partecipò inoltre con la sua opera alla definizione della fisionomia magniloquente e fastosa del barocco francese, creando un modello valido per tutte le corti europee. Incredibilmente precoce (a dodici anni eseguì il primo ritratto importante e a quindici due dipinti con storie per il Cardinale Richelieu), massimo esponente del classicismo accademico nel XVII secolo, solo qualche suo dipinto risulta di buona qualità: un esempio è il ritratto del cancelliere Pierre Séguier a cavallo (1661, Louvre), equilibrato nella composizione, ricco coloristicamente pur nella scelta di toni pacati; altre numerose tele sono conservate al Louvre, a Versailles e nei vari musei delle città di Angers, di Berlino, di Caen, di Chantilly, di Digione, di Dresda. Ebbe molti allievi e imitatori.
Fonte: WIKIPEDIA
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Charles Le Brun (Parigi, 24 febbraio 1619 – Parigi, 22 febbraio 1690) è stato un pittore e decoratore francese. Le Brun è famoso soprattutto per i suoi lavori di arredamento e decorazione alla reggia di Versailles, durante il XVII secolo.
Biografia
Nato da una famiglia di artisti nel 1619, fu prima allievo di suo padre Nicolas, scultore, poi di François Perrier e di Simon Vouet a Parigi; completò la sua formazione a Roma dove si recò, dal 1642 al 1646, con Poussin, la cui lezione ebbe grande parte nella formazione del suo stile: là studiò Raffaello, i pittori bolognesi e i monumenti antichi.
Nel 1646 tornò a Parigi, dove nel 1648 fu cofondatore – con Jean-Baptiste Colbert e altri – e direttore dell'Accademia reale di pittura e scultura; eseguì quindi alcune pale sacre (Martirio di S. Andrea e Martirio di S. Stefano a Notre-Dame) e complessi decorativi per l'Hôtel Lambert (insieme a Eustache Le Sueur) e l'Hôtel de la Rivière (1652-1653), e infine per il Castello di Vaux-le-Vicomte, appartenente a Nicolas Fouquet, dove l'organizzazione dell'apparato decorativo rivela la polivalenza dei suoi interessi.
Nel 1660 dipinse per Luigi XIV La famiglia di Dario davanti ad Alessandro e dall'anno successivo entrò al servizio del re come primo pittore di corte, iniziando così una brillantissima carriera; nel 1663 fu nominato soprintendente della manifattura dei Gobelins, per la quale preparò numerosi cartoni (le Stagioni, le Battaglie di Alessandro, i Mesi) e disegni per mobili, argenterie, mosaici e arazzi, di cui diede grande impulso alla produzione; in tale incarico Le Brun sviluppò le sue doti di organizzatore, già manifestate nella direzione della manifattura di Maincy.
In questi anni conoscerà e stringerà una forte amicizia con l'incisore Gilles Rousselet, che inciderà più di novanta tavole tratte dai suoi quadri.
Quando nel 1676 divenne principe dell'Accademia di San Luca la unì con l'analoga Accademia da lui fondata a Parigi. In questo periodo, come primo pittore del re e “principe” dell'Accademia reale di pittura e scultura, ebbe influenza grandissima e svolse attività didattica sostenendo principi classici; in consonanza con gli intendimenti del monarca e di Colbert, curò le realizzazioni del Louvre (decorazione della Galleria d'Apollo), di Versailles (Galleria degli Specchi, 1678-1684; Saloni della Pace e della Guerra, Scalone degli Ambasciatori), dove lavorò dal 1674 al 1686, di Fontainebleau (tele con storie della vita di Alessandro Magno), di Saint-Germain, di Sceaux e di Marly; nelle parti da lui dipinte allegoria e storia trovano una veste formale solenne e moderata e insieme di estrema e barocca “evidenza”. Fra i suoi allievi vi fu il ritrattista Claude Lefèbvre.
L'ascesa di Louvois alla sovrintendenza alle costruzioni (1683) rappresentò il graduale allontanamento di Le Brun dalle grandi commissioni e il suo avvicinarsi alla pittura da cavalletto (Mosè difende le figlie di Jetro del 1686 e Mosè prende in moglie Sefora del 1687, Modena, Galleria Estense; ciclo de La Vita di Cristo, 1688-1689, Parigi, Louvre), che trattò con scrupolo ma con scarsa creatività.
Mediante l'accademia, dominò ogni campo dell'attività artistica francese, contribuendo a diffondere lo stile severo, dalle forme massicce e sostenute, in cui si identifica l'epoca di Luigi XIV: infatti l'Accademia, da cui dipendevano altre scuole e accademie, dirigeva l'insegnamento artistico secondo alcuni princìpi di carattere generale, consistenti essenzialmente nella correzione delle imperfezioni della natura secondo un canone di bellezza stabilito sui capolavori dell'antichità; questa dottrina, applicata da Le Brun, non gli impedì comunque di creare alcuni ammirevoli ritratti di personaggi della corte che sono la parte più valida della sua pittura. Nel 1698 fu pubblicata un'opera postuma, “Conference sur l'expression générale et particulière”, dove viene analizzata la fisionomia dei volti in relazione ai diversi stati d'animo.
Le Brun predilesse nelle sue opere i soggetti allegorici e mitologici, che dipingeva con uno stile classicheggiante, e il gusto dell'effetto drammatico e dell'ornato; partecipò inoltre con la sua opera alla definizione della fisionomia magniloquente e fastosa del barocco francese, creando un modello valido per tutte le corti europee. Incredibilmente precoce (a dodici anni eseguì il primo ritratto importante e a quindici due dipinti con storie per il Cardinale Richelieu), massimo esponente del classicismo accademico nel XVII secolo, solo qualche suo dipinto risulta di buona qualità: un esempio è il ritratto del cancelliere Pierre Séguier a cavallo (1661, Louvre), equilibrato nella composizione, ricco coloristicamente pur nella scelta di toni pacati; altre numerose tele sono conservate al Louvre, a Versailles e nei vari musei delle città di Angers, di Berlino, di Caen, di Chantilly, di Digione, di Dresda. Ebbe molti allievi e imitatori.
Fonte: WIKIPEDIA
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