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    TEUTOBURGO di Valerio Massimo Manfredi

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    Messaggio Da APUMA Mer 21 Set 2016 - 16:20

    Teutoburgo

    TEUTOBURGO di Valerio Massimo Manfredi Teutob10

    È un giorno di sole quando Armin chiama suo fratello Wulf, per mostrargli un prodigio: la costruzione della "strada che non si ferma mai". Una meraviglia che li lascia senza fiato, il miracolo tecnico dei nemici romani, capaci di creare dal nulla una strada che attraversa foreste, fiumi, paludi e non devia nemmeno davanti alle montagne. Improvvisamente i due sentono dei rumori: è una pattuglia romana. Armin e Wulf sono catturati dai soldati. Nel loro destino però non c'è la morte, né la schiavitù. Perché Armin e Wulf sono figli di re. Sigmer, il loro padre, è un guerriero terribile e fiero, principe germanico rispettato e amato dalla sua tribù. La sua sola debolezza era l'amicizia segreta con Druso, il grande nemico, il generale romano precocemente scomparso che Sigmer, di nascosto, ha imparato a conoscere e ad ammirare. I due giovani devono abbandonare la terra natale e il padre per essere condotti a Roma. Sono principi, per quanto barbari. Saranno educati secondo i costumi dell'Impero fino a diventare comandanti degli ausiliari germanici delle legioni di Augusto. Sotto gli occhi dell'inflessibile centurione Tauro, impareranno una nuova lingua, adotteranno nuove abitudini, un modo diverso di pensare. E come possono Armin e Wulf, cresciuti nei boschi, non farsi incantare dai prodigi di Roma? I due ragazzi diverranno Arminius e Flavus, cittadini romani. Ma il richiamo del sangue è davvero spento in loro? La fedeltà agli avi può portare alla decisione di tradire la terra che li ha adottati?
    Fonte: IBS


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    Messaggio Da APUMA Mer 5 Ott 2016 - 16:11

    Arminio
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    Arminio (latino Gaius Iulius Arminius; tedesco: Hermann o Armin; Weser, 18 a.C. – Germania Magna, 19) fu un principe e condottiero della popolazione dei Germani Cherusci, ex prefetto di una coorte cherusca dell'esercito romano.

    Arminio è noto per aver sconfitto l'esercito romano nella battaglia della foresta di Teutoburgo, quando a capo di una coalizione di tribù germaniche annientò, con l'inganno e il tradimento, tre intere legioni comandate da Publio Quintilio Varo, difendendo così la libertà dei Germani, minacciata da Roma all'apice della sua potenza.

    Il nome di Arminio è una variante latinizzata di quello germanico Irmin, "grande" (confronta Herminones). Il nome Hermann (cioè "uomo dell'esercito" o "guerriero") fu utilizzato nel mondo germanico come equivalente di Arminio al tempo della Riforma protestante di Martin Lutero, che voleva farne un simbolo della lotta dei popoli germanici contro Roma.

    Biografia
    Negli eserciti imperiali (5-7)
    Arminio, nato nel 18 a.C., era figlio del capo cherusco, Segimero: viene descritto come un combattente valoroso, rapido nel decidere ed ingegnoso, ma anche perfido e profondamente anti romano.
    Sposò Thusnelda, principessa germanica figlia di Segeste, con cui ebbe un figlio, Tumelico. Ebbe come fratello Flavus, che militò fedelmente sotto le insegne romane.

    Servì nell'esercito romano, prima probabilmente sotto Tiberio in Germania durante la campagna del 5, più tardi, secondo le fonti storiografiche latine, trasferito in Pannonia, come luogotenente di reparti di cavalleria, collaborò alle operazioni militari dei Romani, durante i primi due anni della rivolta dalmato pannonica, guidando un contingente di truppe ausiliarie cherusce.

    Arminio e Publio Quintilio Varo (7-9)
    Ottenuta anche la cittadinanza romana, attorno al 7/8[senza fonte], Arminio tornò nella Germania settentrionale, dove i Romani avevano conquistato i territori compresi tra il fiume Reno ed Elba, posti sotto l'allora governatore provinciale romano, Publio Quintilio Varo.

    Arminio iniziò subito a complottare e a unire sotto la sua guida diverse tribù di Germani per impedire ai romani di realizzare i loro progetti. Mentre complottava Arminio mantenne il suo incarico di ufficiale della Legione e da cittadino romano mantenne la piena fiducia di Varo, che affidò completamente ai suggerimenti di Arminio la campagna militare che stava seguendo, ignorando le accuse di tradimento formulate nei suoi confronti dai romani e promuovendolo a suo consigliere militare.

    Nel 9, a capo di una coalizione formata da Cherusci, Marsi, Catti e Bructeri, il venticinquenne Arminio annientò l'esercito di Varo (circa 20.000 uomini) nella battaglia di Teutoburgo nei pressi della collina di Kalkriese, circa 20 chilometri a nord-est di Osnabrück. Praticamente Arminio condusse le tre legioni romane sotto la sua guida nella trappola che egli stesso aveva preparato. Si tratta di un caso unico nella storia militare dove il comando tattico della battaglia viene esercitato per i due schieramenti contrapposti dallo stesso comandante.[senza fonte]

    Ed infatti nella battaglia di Teutoburgo i legionari romani non furono neppure schierati in assetto di combattimento ma, contro tutte le regole romane, furono fatti proseguire dentro un territorio ostile in semplice assetto di marcia ed affardellati. La maggior parte fu uccisa senza potersi difendere, i germani si lasciarono andare ad atrocità, e le testimonianze dei pochi sopravvissuti parlano di torture e mutilazioni perpetrate sui legionari catturati. Varo si suicidò.

    Arminio e Germanico (14-16)
    Negli anni 14-16 le forze romane, guidate da Germanico, penetrarono profondamente in Germania, devastandone i territori ed infliggendo una pesante sconfitta ad Arminio e alle sue tribù alleate.

    Nel 16 Germanico, infatti, nel corso del suo ultimo anno di campagne, riuscì a battere pesantemente Arminio nel corso di due battaglie presso il fiume Weser: prima nella piana di Idistaviso e poco dopo, quasi fosse la continuazione naturale della prima, poco lontano di fronte al Vallo degli Angrivari.

    Il capo cherusco, ormai battuto pesantemente, probabilmente disperò sul futuro della sua Germania libera, ma Germanico era richiamato al termine di quest'anno dal padre adottivo, l'imperatore Tiberio, che ritenne opportuno rinunciare a nuovi piani di conquista dei territori dei Germani, fissando sul Reno il confine tra l'Impero e i barbari..

    Durante le operazioni di questi due anni di guerra, i romani recuperarono le insegne militari di due delle tre legioni che erano state massacrate a Teutoburgo.

    La terza insegna fu recuperata in seguito, al tempo dell'imperatore Claudio, fratello di Germanico.

    Arminio e Maroboduo (17-18)
    Una volta che i Romani si ritirarono, scoppiò la guerra tra Arminio e Maroboduo, l'altro potente capo germanico dell'epoca, re dei Marcomanni (che erano stanziati nell'odierna Boemia). Le due coalizioni si scontrarono in una battaglia campale, dove Arminio riuscì a battere le truppe alleate del re rivale marcomanno, il quale fu costretto a rifugiarsi a Ravenna, chiedendo asilo politico allo stesso imperatore romano Tiberio.

    Morte (19)
    L'anno successivo, nel 19, Arminio fu assassinato dai suoi sudditi, che temevano il suo crescente potere:

    « Apprendo dagli storici e dai senatori contemporanei agli eventi che in Senato fu letta una lettera di Adgandestrio, capo dei Catti, con la quale prometteva la morte di Arminio se gli fosse stato inviato un veleno adatto all'assassinio. Gli fu risposto che il popolo romano si vendicava dei suoi nemici non con la frode o con trame occulte, ma apertamente e con le armi […] del resto Arminio, aspirando al regno mentre i Romani si stavano ritirando a seguito della cacciata di Maroboduo, ebbe a suo sfavore l'amore per la libertà del suo popolo, e assalito con le armi mentre combatteva con esito incerto, cadde tradito dai suoi collaboratori. Indubbiamente fu il liberatore della Germania, uno che ingaggiò guerra non al popolo romano ai suoi inizi, come altri re e comandanti, ma ad un Impero nel suo massimo splendore. Ebbe fortuna alterna in battaglia, ma non fu vinto in guerra. Visse trentasette anni e per dodici fu potente. Anche ora è cantato nelle saghe dei barbari, ignorato nelle storie dei Greci che ammirano solo le proprie imprese, da noi Romani non è celebrato ancora come si dovrebbe, noi che mentre esaltiamo l'antichità non badiamo ai fatti recenti. »
    (Tacito, Annales II, 88)

    Arminio nella cultura popolare
    • Il femminile di Arminio, Arminia, ha dato il nome alla squadra tedesca dell'Arminia Bielefeld.
    • Il fratello di Arminio, Flavo, militava nell'esercito romano e rimase, anche successivamente alla battaglia di Teutoburgo, un leale e fedele ufficiale delle legioni.
    • La storia di Arminio e delle sue vittorie potrebbero aver fornito la base per la figura mitologica di Sigfrido dei Nibelunghi.
    • La figura di Arminio e le sue gesta furono riprese e celebrate dai movimenti nazionalisti tedeschi, Nazionalsocialismo compreso.
    • Nella zona dove si svolse la battaglia della foresta di Teutoburgo sorge oggi un monumento ad Arminio chiamato Hermannsdenkmal; questo monumento sorge puntato verso la Francia, avversaria in quegli anni dell'Impero tedesco.
    • Il nome maschile Hermann (equivalente di Arminio, appunto) risulta oggi molto diffuso in Germania.
    • Arminio è anche un libretto in tre atti di Antonio Salvi (1703). Fu musicato da Alessandro Scarlatti nel 1720 e da Georg Friedrich Händel nel 1736.
      Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Mer 5 Ott 2016 - 16:15

    Flavus

    Flavus (... – ...) fu fratello di Arminio, re dei Cherusci.

    Storia
    TEUTOBURGO di Valerio Massimo Manfredi Flavus10
    Parentela di Flavu

    Era figlio di un capo Cherusco chiamato Segimerus,fratello minore di Arminio.

    Il vero nome germanico è sconosciuto, e Flavus in latino significa biondo, nome che probabilmente si riferisce al colore dei suoi capelli. Come il suo fratello maggiore Flavus acquisì la cittadinanza romana avendo servito come ausiliario nell'esercito romano. Perse uno dei suoi occhi mentre combatteva la rivolta illirica durante l'assedio di Andetrium nel 9 d.C. .

    A differenza del fratello Arminio, che è stato il protagonista della rivolta contro i Romani in Germania, orchestrando la devastante sconfitta romana nella battaglia della foresta di Teutoburgo, Flavus rimase fedele a Roma, servendo sempre come un ufficiale dell'esercito romano.

    Flavus ebbe un figlio chiamato Italicus, che divenne uno dei leader dei Cherusci.
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Gio 6 Ott 2016 - 11:04

    Publio Quintilio Varo

    Publio Quintilio Varo (in latino: Publius Quintilius Varus; Cremona, 47 o 46 a.C. – Foresta di Teutoburgo, 9 d.C.) è stato un politico e generale romano.

    Nato da una gens patrizia decaduta, riuscì a intraprendere la carriera politica grazie alla vicinanza dell'imperatore Augusto: questi gli permise di salire i gradini del cursus honorum e lo accolse nella sua famiglia dandogli in sposa la figlia di suo genero, Marco Vipsanio Agrippa. Esercitato il consolato nel 13 a.C., Varo ricoprì ruoli di notevole prestigio, quale quello di proconsole in Africa e, più tardi, quello di legatus Augusti pro praetore in Siria.

    Nel 7 d.C. fu inviato come governatore in Germania; qui, tuttavia, fu ingannato e attaccato dalle forze comandate dal principe dei Cherusci, Arminio. Questi, agendo da traditore dei Romani, inflisse a Varo, tra il 9 e l'11 settembre del 9 d.C., una durissima sconfitta nella foresta di Teutoburgo, dove furono completamente annientate tre legioni e numerose coorti ausiliarie dell'esercito romano. Lo stesso Varo, vistosi sconfitto, si tolse la vita.

    Biografia
    Le origini familiari e la carriera politica
    Publio Quintilio Varo nacque nel 47 o nel 46 a.C. da un esponente della gens Quintilia; non si conosce la data della sua nascita, ma è tuttavia possibile determinarla, seppure con una certa approssimazione, in base al cursus honorum che Varo percorse. Della sua infanzia e delle sue origini familiari non si hanno molte notizie certe. Sembra che la gens Quintilia fosse appartenuta al rango patrizio fino al periodo in cui nacque probabilmente lo stesso Varo, quando la stirpe perse questo privilegio per ragioni a noi ignote. Egli era figlio del senatore Sesto Quintilio Varo, a sua volta figlio di un altro senatore omonimo, allineatosi durante la guerra civile tra Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno con il partito pompeiano, che radunava gli esponenti dell'aristocrazia romana. Dopo la sconfitta di Pompeo e l'affermazione del partito cesariano, si mantenne lontano da Roma ed estraneo alla congiura che sfociò nel cesaricidio alle Idi di marzo del 44 a.C. o comunque non vi prese parte, ma più tardi combatté a fianco di Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino nella battaglia di Filippi del 42 a.C. Piuttosto che assistere alla totale affermazione dei triumviri, preferì dunque morire suicida.

    Non si hanno notizie su Varo fino al momento in cui questi, in età adulta, intraprese una brillante carriera politica grazie alla vicinanza dell'imperatore Augusto, cui seppe avvicinarsi a differenza del padre, che era rimasto fino alla morte un fermo oppositore di Cesare e dei suoi eredi politici; Augusto, infatti, gli permise di compiere lo stesso percorso che si apriva per coloro che appartenevano all'élite aristocratica di Roma. Nel 22 a.C. Varo, che aveva forse combattuto al fianco dello stesso Augusto ad Azio, contro Marco Antonio nel 31 a.C., fu questore nella provincia di Acaia, dove divenne patronus della città di Tinos, e, tra il 22 e il 19 a.C., accompagnò lo stesso Augusto nel corso del suo viaggio in Oriente.

    Varo sposò, infatti, nel 14 a.C. Vipsania Marcella, la figlia di Marco Vipsanio Agrippa, intimo amico e collaboratore dello stesso Augusto, e di Claudia Marcella Maggiore; dopo aver ricoperto, in data ignota, l'edilità e la pretura, Varo fu propretore in una provincia minore o svolse ruoli di secondaria importanza al comando di una legione. Nel 13 a.C., dunque, riuscì a raggiungere, come collega di Tiberio Claudio Nerone, che più tardi fu adottato dallo stesso imperatore e ne divenne l'erede, il consolato: la magistratura suprema di età repubblicana, che pure aveva perso grande parte della sua importanza, rimaneva una carica di particolare prestigio, e coloro che dovevano essere designati consoli venivano, seppur ufficiosamente, indicati dallo stesso Augusto, che quindi permetteva soltanto a coloro che riteneva effettivamente degni dell'incarico di accedervi. Tiberio e Varo promulgarono assieme delle leggi che miravano ad accrescere i poteri di Agrippa, che veniva così riconosciuto come coreggente di Augusto.

    Approfittando della carica di console, Varo organizzò, nel 13 a.C., delle fastose celebrazioni in onore di Giove per festeggiare solennemente il ritorno di Augusto da una spedizione pacificatrice in Gallia e nella Penisola iberica. In questo modo, riuscì ad attirare su di sé tanto l'attenzione dell'imperatore, che lo aveva già accolto tra i suoi favoriti, quanto quella della plebe romana, che poteva influenzare le decisioni politiche dell'Urbe. Nella stessa occasione, per celebrare il ritorno dell'imperatore e la pacificazione dei territori sotto il dominio di Roma, il senato decretò la costruzione dell'Ara Pacis. Nell'anno successivo al consolato, il 12 a.C., Agrippa venne a morte all'età di 51 anni, e a Varo, suo genero, fu assegnato il compito di approntare una sua laudatio funebris da leggere in occasione del funerale.

    Gli incarichi in Africa e in Siria
    A seguito del consolato, tra il 7 e il 6 a.C. Varo, grazie all'amicizia di Tiberio, fu proconsole nella provincia d'Africa, che Augusto aveva lasciato alla giurisdizione di un magistrato scelto dal senato, e che veniva assegnata a uomini di rango consolare. Della permanenza di Varo in Africa non si ha alcuna notizia; rimangono tuttavia, alcune monete su cui fu inciso il suo nome, e rappresentato un volto che tuttavia non è, probabilmente, quello del proconsole. Poiché non si dispone di altre raffigurazioni iconografiche di Varo, non è comunque possibile determinarne il reale aspetto fisico. In Africa, Varo si trovò a comandare la Legio X Gemina, unica legione a essere assegnata al governatore di una provincia senatoria; il proconsole si distinse probabilmente in alcune operazioni militari, di cui non ci è rimasta alcuna notizia, tanto da guadagnare la nomina di legatus Augusti pro praetore per la provincia di Siria.

    Guadagnata la fiducia di Augusto nell'esercizio delle sue funzioni in Africa, dove dové distinguersi particolarmente, Varo ottenne la nomina di governatore della provincia imperiale di Siria, dove fu inviato nel 6 a.C., al termine del suo mandato in Africa. L'incarico comportava grandi responsabilità: la provincia rivestiva una significativa importanza politica ed economica, e Varo avrebbe dovuto tenere sotto controllo i regni vassalli orientali, i cui sovrani tendevano spesso a sottrarsi all'autorità di Roma o a minacciarne i domini, e frenare le tendenze autonomistiche di alcune città delle zone interne. Era dunque necessario un uso accorto della diplomazia, cui talvolta doveva subentrare l'impiego delle forze militari: lungo i confini, infatti, erano frequenti le tensioni con l'impero partico. Varo aveva a disposizione un consistente esercito formato da due (soluzione più probabile, come sembra suggerire la monetazione del periodo, qui a lato) a quattro legioni: la III Gallica, la VI Ferrata, la X Fretensis e la XII Fulminata.

    Particolarmente intense furono le relazioni tra Varo e il regno di Giudea, retto dal re Erode il Grande. Verso la fine della sua vita, nel 4 a.C., questi, convinto di dover temere insidie anche da parte dei suoi parenti più stretti, desiderosi di impossessarsi del regno, accusò di alto tradimento il figlio Antipatro,[8] che aveva precedentemente designato come suo successore sul trono, e convocò lo stesso Varo come presidente della corte che avrebbe dovuto giudicare il reo. Antipatro tentò di dimostrare la propria innocenza, ma Erode rispose alle sue parole con pesanti accuse, chiedendo a Varo che, per mantenere la pace nel regno di Giudea, acconsentisse alla condanna a morte del figlio accusato. Varo garantì il corretto svolgimento del processo, permettendo ad Antipatro di difendersi dalle accuse che gli venivano mosse contro, ma, al termine del procedimento giudiziario, il giovane fu giustiziato.

    Nel corso del 4 a.C. venne però a morte anche lo stesso Erode; nel testamento lasciò scritto che il regno venisse diviso tra i suoi tre figli superstiti, Erode Archelao, Erode Antipa ed Erode Filippo II. Antipa, tuttavia, reclamava per sé solo il trono, sostenendo che il padre avesse modificato il testamento, includendovi i restanti due figli, solo quando era in fin di vita, e dunque privo di lucidità; Archelao fu dunque costretto a recarsi a Roma per richiedere ad Augusto il riconoscimento della propria sovranità, e i suoi territori ricaddero momentaneamente sotto la giurisdizione del procuratore romano Sabino. I Giudei, che mal sopportavano tanto Archelao quanto l'idea di essere governati direttamente da un magistrato romano, approfittarono dunque della sua assenza per attaccare le truppe di Sabino, che si trovarono in grande difficoltà, ma furono salvate dall'arrivo dei rinforzi guidati dallo stesso Varo. Questi, per pacificare il territorio in rivolta, dislocò abilmente le sue forze e marciò sulle principali città, e, giunto a Gerusalemme, mise in atto una dura politica di repressione, ordinando la crocifissione di circa 2000 Giudei che si erano ribellati alla sua autorità. Archelao, intanto, si vide riconoscere da Augusto la sovranità sui territori assegnatigli nel testamento dal padre, e fece ritorno in patria dopo che Varo aveva sedato le rivolte; lo stesso Varo, dunque, risolta la crisi, terminò il suo mandato e fece ritorno a Roma, probabilmente nel 3 a.C.

    Non si ha alcuna notizia di Varo per il periodo che intercorre tra il termine del mandato in Siria e l'inizio di quello in Germania nel 7 d.C.; non è dunque possibile determinare né dove né come Varo operò per circa un decennio.

    Il governatorato in Germania
    Nel 7 ricevette l'incarico di amministrare i territori della Germania occupata, ma la sua politica eccessivamente avida e persecutoria nei confronti delle popolazioni locali provocò una rivolta capeggiata da Arminio, ex ufficiale germanico dell'armata romana.
    In Germania nel 9 cadde in un'imboscata tesagli a tradimento da Arminio nella selva di Teutoburgo (vedi Battaglia della foresta di Teutoburgo), nella quale furono annientate tre legioni e lui stesso morì suicida.
    Svetonio riporta il lamento di Augusto appena seppe della disfatta:"Quintili Vare, legiones redde!" (Quintilio Varo, restituiscimi le legioni!)
    Fonte: WIKIPEDIA


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    Messaggio Da APUMA Lun 10 Ott 2016 - 16:07

    Thusnelda

    Thusnelda (10 a.C. circa – Roma?, 17 d.C.) è stata una principessa germanica, figlia del principe dei Cherusci Segestes.

    Biografia
    Il padre voleva darla in moglie ad un altro principe germanico, ma Arminio, che in seguito avrebbe guidato una coalizione di tribù germani alla vittoria contro Publio Quintilio Varo e le sue legioni nella Battaglia della foresta di Teutoburgo del 9 d.C., la rapiì per poterla sposare.

    La guerra tra Impero romano e popoli germanici settentrionali stava proseguendo, e nel maggio del 15 Thusnelda divenne prigioniera di Germanico, nipote dell'imperatore Tiberio, che aveva guidato l'invasione della Germania. In quel periodo era incinta e viveva col padre, un alleato dei romani che si oppose leggermente ad Arminio, e fu proprio il padre a consegnarla a Germanico, dopo che quest'ultimo lo salvò dalle forze di Arminio che lo avevano assediato. Il marito soffrì molto per la sua perdita, e non si risposò. Usò il rapimento come collante per unire varie tribù germaniche, col risultato di riuscire ad annientare le legioni romane nell'agosto e settembre dello stesso anno.

    Durante la prigionia Thusnelda diede alla luce l'unico figlio suo e di Arminio, Tumelico. Il 26 maggio 17 Thusnelda ed il figlio vennero esibiti da Germanico durante la parata trionfale a Roma, con il padre che osservava. L'anno seguente, poco prima della battaglia di Idistaviso, Arminio ebbe una feroce lite col fratello Flavus, affiliato all'esercito romano. Flavus disse ad Arminio che Thusnelda veniva trattata con riguardo.

    Tumelico venne istruito alla scuola gladiatoria di Ravenna, e si crede sia morto giovane durante un combattimento. Tacito dice di aver citato la morte di Tumelico nel punto cronologicamente esatto della sua opera. In realtà il suo scritto ebbe un intervallo tra il 30 ed il 31 d.C., per cui Tumelico sarebbe morto all'età di 15 o 16 anni.

    Arte
    Thusnelda è rappresentata in una scultura romana in marmo presente sotto la Loggia della Signoria, in piazza della Signoria a Firenze.
    Fonte: WIKIPEDIA


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