Art Déco
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Re: Art Déco
Aleksandra Aleksandrovna Ekster
Aleksandra Aleksandrovna Ekster, anche nota come Aleksandra Exter (in russo: Александра Александровна Экстер?; Białystok, 6 gennaio 1882 – Fontenay-aux-Roses, 17 marzo 1949), è stata una pittrice, scenografa e costumista russa, appartenente al movimento dell'Avanguardia russa.
Biografia
Aleksandra Grigorovič nacque nel 1882 a Białystok, in Polonia, allora provincia russa, da una colta famiglia dell'alta borghesia. Suo padre era un ricco uomo d'affari ed ella ricevette un'educazione conforme al suo ceto e al suo ambiente sociale: apprendimento del francese e del tedesco, lezioni private di disegno e di musica, ecc. Seguì anche, come uditrice, dei corsi alla Scuola d'Arte di Kiev.
Aleksandra sposò un avvocato di successo, Nikolaj Evgen'evič Ekster, e tenne con lui un salotto letterario e artistico sino al 1906. L'anno seguente trascorse qualche tempo a Parigi all'Académie de la Grande Chaumière a Montparnasse. Nel 1908 organizzò assieme a David Burliuk la mostra Le Maillon a Kiev. In seguito viaggiò molto, conducendo una vita realmente cosmopolita. Soggiornò infatti a Kiev, San Pietroburgo, Odessa, Parigi, Roma e Mosca.
A Parigi il conte e pittore russo Sergej Jastrebzov la introdusse nel giro di amicizie della baronessa Hélène Oettingen; ebbe così l'opportunità di conoscere personaggi importanti dell'arte e della cultura del suo tempo, come Guillaume Apollinaire, Georges Braque, Fernand Léger e Pablo Picasso.
I suoi lavori, all'inizio, furono influenzati dal geometrismo di Cézanne, poi dal cubismo-futurismo russo-ukraino. Partecipò a tutte le mostre d'arte della sinistra russa, fra cui quella di Valet de Carreau ed espose ugualmente in Francia e in Italia, contribuendo così alla diffusione in Russia delle innovazioni dell'avanguardia mondiale. Nel 1915 decorò il teatro Kamerny di Aleksandr Tairov a Mosca, ricoprendo con i suoi dipinti i muri, le scale, il vestibolo e il sipario.
Influenzata dal suprematismo di Kazimir Malevič, ma in conflitto con lui e per Vladimir Tatlin suo rivale, a partire dal 1916 Aleksandra dipinse dei quadri astratti. Non mostrò però tali opere sino all'anno seguente, il 1917, quando allestì presso il Valet de Carreau una retrospettiva dei suoi lavori degli ultimi dieci anni.
Soggiornò poi, per un certo tempo, a Kiev, sino al 1920, anno in cui ritornò a Mosca avendo assimilato le idee del costruttivismo russo. Nel 1921 espose i suoi lavori sotto il titolo di "Costruzioni di piani, costruzioni di forze", basandosi su una sua personale concezione del colore che era in aperta contraddizione con le teorie dello stesso costruttivismo. Nello stesso anno partecipò alla mostra "5x5=25", in compagnia di Aleksandr Rodčenko.
Nel 1922 inventò i costumi di scena per la Salomè di Oscar Wilde. Nel biennio 1923-1924 elaborò degli abiti moderni e disegnò dei padiglioni per le esposizioni agricole e industriali russe. Fece anche degli schizzi per i costumi di Aelita, un film di fantascienza di Jakov Protazanov. Nel 1924 collaborò all'organizzazione del padiglione sovietico per l'Esposizione Internazionale delle Arti di Venezia, esponendovi anche alcune sue opere.
Alla fine dello stesso anno Aleksandra emigrò finalmente in Francia con suo marito, ma continuò a presentare i suoi lavori nei padiglioni sovietici. Eseguì bozzetti di costumi e arredi, creò sculture luminose per l'appartamento berlinese della ballerina russa Elsa Krüger, fabbricò marionette, tenne corsi di scenografia e, dopo il 1936, illustrò libri per l'editore Flammarion.
Dal 1926 al 1930 fu insegnante nell'Accademia d'arte contemporanea di Fernand Léger e, dopo il 1933, realizzò a tempera delle miniature. Questa attività costituisce una fase molto particolare ed importante del periodo finale della sua carriera: il manoscritto "Callimaco" (traduzione francese del testo greco), da lei miniato, è considerato infatti uno dei suoi capolavori.
Nel 1936 partecipò all'allestimento della "Mostra del cubismo e dell'astrattismo" che fu aperta a New York. In seguito allestì solo delle mostre personali a Parigi e a Praga.
Aleksandra Ekster morì in un paesino alle porte di Parigi nel 1949, all'età di 67 anni.
Fonte: Wikipedia
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Re: Art Déco
Eileen Gray
Eileen Gray, nome completo Kathleen Eileen Moray Gray (Enniscorthy, 9 agosto 1878 – Parigi, 31 ottobre 1976), è stata una designer di mobili e un architetto irlandese, considerata una pioniera dell’estetica dell’International Style.
Origini e studi
Nata da una famiglia ricca e aristocratica nel sud est dell'Irlanda, Eileen Gray era la più giovane di cinque figli. I suoi genitori, Eveleen Pounden Gray e James McLaren Gray, erano di origini scozzesi. Il padre, James, era un pittore dilettante e incoraggiò la figlia a dedicarsi alla pittura, portandola con sé in Italia e in Svizzera a dipingere dal vivo, cosa che non mancò di far maturare lo stile della ragazzina. Eileen Gray passò gran parte dell'infanzia nelle abitazioni di famiglia, in Irlanda o a South Kensington a Londra. Grazie a suo padre, a vent'anni, nel 1898 poté frequentare la Slade School of Fine Art, dove studiò pittura. Fu una delle prime studentesse ammesse a studiare nell'istituzione e, nel corso degli studi, conobbe Jessie Gavin e Kathleen Bruce. Nel 1900, anno della morte del padre, Eileen Gray si recò per la prima volta a Parigi insieme alla madre, qui poté visitare l'Esposizione Universale, rimanendo influenzata dal nuovo stile Art Nouveau. Gray ammirò soprattutto i lavori di Charles Rennie Mackintosh che vide esibiti all'Esposizione Universale per la prima volta. La Gray decise di trasferirsi a Parigi a studiare all'Académie Julian e all'Académie Colarossi e passò i successivi cinque anni fra Parigi, Londra e l'Irlanda.
Dalle arti figurative alle arti applicate
Nel 1905 ritornò a vivere a Londra a causa di una malattia della madre e durante il suo soggiorno inglese riprese gli studi alla Slade, rendendosi però conto che la pittura e il disegno la rendevano sempre meno soddisfatta. In questo periodo, frequentando un negozio di Soho, cominciò a interessarsi di mobili laccati, cercando di impadronirsi delle tecniche della laccatura. Nel 1906 tornò in Francia e conobbe il giapponese Seizo Sugawara, un maestro dei lavori in lacca che proveniva da un'area del Giappone famosa per questo tipo di artigianato. Dopo alcuni anni di apprendistato esibì i suoi lavori con la lacca, ottenendo però solo un moderato successo.
Primi successi
Durante la prima guerra mondiale Eileen si ritrasferì a Londra, continuando senza successo a lavorare con le lacche. Ritornata a Parigi, nel primo dopoguerra, fu incaricata di decorare un lussuoso appartamento in rue de Lota. Disegnò personalmente i tappeti e le lampade per la casa, facendo costruire mobili e decorando le pareti con pannelli laccati di sua mano. Questa volta le arrise maggior successo, molti critici d'arte lodarono il suo design come innovativo e moderno. Eileen Gray aprì una piccola galleria a Parigi in Rue du Faubourg Saint-Honoré per esporre i suoi lavori. Eileen Gray era apertamente bisessuale e negli anni Venti frequentò assiduamente i circoli lesbici dell'avanguardia parigina insieme a Romaine Brooks, Gabrielle Bloch, alla cantante Damia e a Natalie Barney. Per diverso tempo, fino al 1932, la Gray ebbe una relazione intermittente con Jean Badovici, architetto e scrittore rumeno. Nel 1923 disegnò una stanza da letto-boudoir esponendola al Salon des Artistes Décorateurs, le recensioni furono terribili, ma il lavoro fu apprezzato dagli olandesi di De Stijl. Inviò dei suoi contributi al Salon d'Automne che vennero unanimemente lodati dagli architetti Gropius, Le Corbusier e Robert Mallet-Stevens. Fu in questo periodo che decise di specializzarsi in architettura d'interni e design, divenendo lentamente un'apprezzata rappresentante delle tendenze moderniste nell'arredamento.
Le Corbusier dipinse sui muri bianchi della casa progettata da Eileen facendo infuriare la Gray, la cosa però avvenne dopo la separazione dei coniugi, e il signor Badovici fu ben felice di tenersi i murales del maestro.
La casa E-1027
Persuasa da Le Corbusier e da Jean Badovici, iniziò ad interessarsi di architettura. Nel 1924 la Gray e Badovici cominciarono a lavorare insieme a una casa sul mare a Roquebrune-Cap-Martin, vicino Monaco, battezzandola E-1027. Il nome scelto è un codice che nasconde le iniziali dei due (E = Eileen, 10 = Jean, 2 = Badovici, 7 = Gray). La casa ha la forma di una L, il tetto piatto e finestroni che si aprono dal pavimento al soffitto con scale a chiocciola che conducono alle stanze degli ospiti. E-1027 è al tempo stesso una struttura aperta e compatta. Eileen Gray disegnò il mobilio con criteri d'avanguardia, collaborando anche con Badovici nell'elaborazione delle strutture dell'edificio. Il suo tavolo circolare in vetro E-1027 e la tondeggiante poltrona Bibendum furono ispirati dai coevi esperimenti Bauhaus di Marcel Breuer con le strutture d'acciaio tubolari. Le Corbusier fu tanto impressionato dalla casa che costruì a sua volta una casa estiva dietro la E-1027. I muri della casa di Le Corbusier erano coperti da coloratissimi murales, cosa che non mancò di disturbare la Gray che mirava a uno stile minimalista, basato sulle pareti bianche. Quando le Corbusier morì nel 1965 stava nuotando proprio nei pressi della E-1027. Attualmente la casa è in pessimo stato di conservazione, anche se lo stato francese ha annunciato di avere dei progetti di restauro dopo averla ufficialmente proclamata Monumento Nazionale. Alla fine degli anni Venti e all'inizio dei Trenta, la Gray entrò nell’Union des Artistes Modernes, ma al tempo stesso cominciò a ritirarsi dalla vita pubblica e ad essere sempre meno attiva socialmente. Progettò e costruì per sé una casa, Tempe à Pailla, dopo aver studiato architettura per quattro anni, rimanendo reclusa lì a lavorare per la maggior parte del tempo. Nel 1937 accettò di assistere Le Corbusier nell'allestimento del suo padiglione all'Esposizione di Parigi.
Ultimi anni e successo postumo
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Eileen Gray fu costretta a evacuare dal sud della Francia. Il suo appartamento a Saint-Tropez, dove aveva preziose collezioni di beni, fu fatto saltare in aria durante la guerra, mentre Tempe à Pailla fu saccheggiata. Nel secondo dopoguerra Eileen Gray tornò a Parigi inaugurando uno stile di vita ancora più reclusivo di prima, tagliando i contatti con tutti, eccetto che con un piccolo gruppo di amiche che conosceva da prima della guerra. Si occupò ancora di piccoli lavori, ma fu sostanzialmente dimenticata dall'industria del design. Intorno ai settant'anni cominciò a perdere la vista e l'udito eppure ebbe ancora la forza di trasformare un vecchio granaio in un atelier e si trasferì in campagna per continuare a lavorare. Nel 1968, grazie a un articolo del critico Joseph Rykwert sulla rivista Domus, la poltrona Bibendum e il tavolo E-1027 recuperarono un vasto successo di pubblico, tornando in produzione e divenendo pezzi classici di design. Poco prima della sua morte, nel 1970, i suoi lavori furono esposti in una mostra a Londra, il che permise al pubblico di riscoprirne la genialità. Eilen Gray morì all'età di novantotto anni nel suo appartamento di rue Bonaparte a Parigi e fu sepolta al cimitero Père Lachaise. Il National Museum of Ireland nel 2002 ha acquistato l'intero archivio di Eileen Gray e ha allestito un'esposizione permanente delle sue opere a Dublino. I mobili originali di Eileen Gray continuano attualmente ad essere venduti come pezzi da collezione, raggiungendo spesso quotazioni molto alte.
Fonte: Wikipedia
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Re: Art Déco
René Lalique
René Jules Lalique (Ay, 6 aprile 1860 – Parigi, 1º maggio 1945) è stato un orafo francese.
Le sue creazioni, raffiguranti soprattutto elementi naturali, animali e nudi femminili, si distinsero dapprima nell'ambito dell'Art Nouveau e in seguito in quello dell'Art Déco. Orafo, vetraio e disegnatore, lavorò per Cartier, ideò gioielli per Sarah Bernhardt e riscosse grande successo in occasione dell'esposizione universale di Parigi del 1900.
Affidandosi più all'originalità del disegno e alla qualità della lavorazione che al valore del materiale utilizzato, Lalique ricorse ad esempio all'avorio, al corno e allo smalto per realizzare molti pezzi unici. Dai primi anni del Novecento applicò la propria creatività soprattutto al vetro, dapprima nell'ambito dell'arte orafa e poi sempre più spesso a fini commerciali, dedicandosi alla produzione degli articoli più diversi e applicando una grande varietà di tecniche. La sua attività si interruppe durante la seconda guerra mondiale, ma venne ripresa dal figlio Marc nel 1946. Nel 2000, l'imprenditore svizzero Silvio Denz ha acquisito la proprietà della cristalleria Lalique a Wingen-sur-Moder e ha esteso il marchio Lalique ad altre categorie merceologiche, tra cui profumi, gioielli, oggetti d'arredo ed oggetti d'arte realizzati con artisti quali Jean-Michel Jarre e Zaha Hadid.
Fonte: Wikipedia
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Charles Loupot
Charles Loupot (Nizza, 20 luglio 1892 – Les Arcs-sur-Argens, 18 ottobre 1962) è stato un pubblicitario francese.
Assieme a Cassandre, Paul Colin e Jean Carlu (soprannominati "I moschettieri") è stato uno dei più importanti cartellonisti pubblicitari francesi del primo dopoguerra. Il suo stile è stato influenzato dalle avanguardie degli inizi del Novecento, soprattutto Cubismo, Futurismo e Purismo, ed è riconducibile all'Art Decò.
Biografia
Loupot studia all'École des Beaux-Arts di Lione. Durante la Prima guerra mondiale rimane ferito e viene congedato. Raggiunge quindi i propri parenti in Svizzera, a Losanna. Qui trova un impiego presso la tipografia Wolfensberger di Zurigo, dove apprende l'arte della litografia. I suoi primi manifesti, circa un centinaio, risentono molto dello stile del caposcuola italiano e francese Cappiello e della grafica tedesca dell'epoca.
Nel 1923 è di ritorno in Francia per lavorare presso la tipografia Devambez. Disegna alcune illustrazioni di moda per le riviste femminili Fémina e La Gazette du bon ton, ma soprattutto realizza la serie di manifesti per le automobili Voisin, opera questa che segna l'inizio della stagione più fortunata della sua carriera.
Nel 1924, grazie ai fratelli Damour, pubblicitari, può aprire una "propria" agenzia (Les Belles Affiches). Durante la seconda metà degli anni venti crea con essa alcuni di quelli che resteranno tra i suoi cartelloni più celebri. Ha fra i committenti la Peugeot, la Twinings, la Fiera di Francoforte, e altre importanti aziende di quel tempo. Ritmi di lavoro serrati e dissapori con la direzione lo portano tuttavia ad abbandonare Les Belles Affiches nel 1930.
Sempre a partire dall'anno 1930 partecipa con Cassandre all'effimero progetto di Marcel Moyrand, mercante d'arte: l'Alliance Graphique (il progetto consisteva in linea di massima nel far lavorare i due artisti su un medesimo soggetto, sebbene la maggior parte di tali lavori rimase allo stadio di bozzetto). Il progetto si dissolve all'indomani dell'improvvisa morte di Moyrant, avvenuta nel 1934. In questo periodo Loupot aderisce anche all'Union des Artistes Modernes.
È da precisare, tuttavia, che la fine del sodalizio coi Damour e l'inizio di quello con Moyrant non segnò un'interruzione nell'attività di pubblicitario di Loupot. Infatti, durante il periodo dell'Alleanza, egli ha tra i suoi clienti l'Oréal e Valentine. E a partire dal 1936 realizza una nuova serie di manifesti, tra i suoi più noti: quelli per la ditta di liquori Saint-Raphaël.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale si vede costretto a interrompere ogni attività. Riprenderà il proprio lavoro subito dopo, rinnovando la propria collaborazione con la Saint-Raphaël e riuscendo a realizzare ancora alcuni dei suoi cartelloni pubblicitari più importanti.
Charles Loupot muore nel 1962, all'età di 70 anni.
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Jacques-Émile Ruhlmann
Jacques-Émile Ruhlmann (Parigi, 28 agosto 1879 – Parigi, 1933) è stato un designer francese.
Biografia
Il designer, arredatore e mobiliere parigino di origine alsaziana acquistò larga notorietà in Europa intorno agli anni venti del Novecento, grazie alla pregevole produzione della ditta di interior design costituita nel 1919 a Parigi in società con Pierre Laurent, specializzata principalmente in opere di ebanisteria. L'atelier Ruhlmann e Laurent si servì di laboratori artigiani esterni fino al 1923, quando venne creato un proprio laboratorio, ampliato nel 1927.
Notevole pubblicità ricevette la ditta dalla partecipazione nel 1925 all'Esposizione Internazionale di Arti Decorative tenutasi a Parigi. All'interno della curiosa architettura Déco a gradoni del padiglione du Collectionneur, progettata dall'architetto Pierre Patout sotto la direzione di Ruhlmann, la finezza della partitura architettonica, dei parati e dei tappeti, degli arredi fissi e dei mobili, specie nel salotto ottagono, arieggiava il pacato linearismo, la giusta misura e la chiarità di certi ambienti domestici del secondo Settecento francese.
I mobili di Ruhlmann e Laurent erano particolarmente ricercati e lussuosi. Rinnovavano in elegante chiave moderna i fasti dell'ebanisteria parigina dei tempi di Luigi XV, di Luigi XVI e dell'Impero, riecheggiandone alcune caratteristiche formali, oltre all'analogo impiego di tecniche e materiali pregiati.
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Re: Art Déco
Severo Pozzati
Severo Pozzati, noto anche con lo pseudonimo di Sepo (Comacchio, 16 marzo 1895 – Bologna, 30 settembre 1983), è stato un pubblicitario, pittore e scultore italiano.
Attivo sia in Francia sia in Italia, è stato uno dei più importanti cartellonisti pubblicitari della prima metà del Novecento. In particolare è stato uno degli artisti che ha determinato il passaggio dalla funzione tendenzialmente decorativa del manifesto, tipica del caposcuola Cappiello, a quella più attenta alla comunicazione.
Ha contribuito a fissare i moduli caratteristici del cartellone pubblicitario Art Decò.
Biografia
Il periodo bolognese
Severo Pozzati nasce a Comacchio nel 1895. Due anni più tardi la famiglia si trasferisce a Bologna. Quarto di sette tra fratelli e sorelle, Severo studia scultura all'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove il fratello maggiore Mario frequentava già il corso di pittura. Qui stringe amicizia con Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani e Giorgio Morandi. Si diploma nel 1913 e vince il "Premio di Scultura del Ministero della Pubblica Istruzione" che gli permette di visitare varie città d'arte italiane. In questi viaggi rimane impressionato dall'opera di Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca e Masaccio.
Nel 1914 espone un paio di sculture all'Hotel Baglioni di Bologna insieme a opere di Giorgio Morandi, Osvaldo Licini, Giacomo Vespignani e Riccardo Bacchelli. Presiedono all'inaugurazione Marinetti, Carrà e Boccioni. Per quanto la mostra sia piuttosto effimera (durerà un solo giorno), riesce ad ottenere una certa risonanza sulla stampa locale, soprattutto grazie alla presenza dei futuristi. La critica paragona Pozzati a Medardo Rosso. Egli prosegue quindi con discreto successo l'attività di scultore, realizzando varie opere. Nel 1915 è di ritorno a Comacchio per restaurare una cappella privata.
In questi anni, dedicati primariamente alla scultura, va progressivamente accostando anche la pittura, dove ripropone in linea di massima lo stile delle proprie opere plastiche: volumi fortemente definiti, paesaggi essenziali, pochi colori. Il rimando è alla tradizione pittorica italiana trecentesca e quattrocentesca, in particolare Giotto. Ma sono ravvisabili anche influenze di artisti più moderni quali Cézanne e il Picasso pre-cubista.
Sempre in questi anni inizia a frequentare gli artisti e gli intellettuali della Bologna d'inizio secolo che si ritrovano nei caffè del centro. Stringe amicizia con Giuseppe Raimondi, Filippo De Pisis, Mario Tozzi, Dino Campana, Bino Binazzi e Corrado Govoni. Fa inoltre la conoscenza di Giovanni Papini, Alfredo Oriani, Mario Missiroli, Ardengo Soffici, Vincenzo Cardarelli e molti altri.
Allo scoppio della prima guerra mondiale viene riformato dal servizio militare per via di un incidente accadutogli mentre trasportava una scultura. Può proseguire quindi col proprio lavoro. Le condizioni economiche dovute al conflitto, però, lo costringono di lì a poco a cercare un mestiere più redditizio che non quello dello scultore o del pittore. Nel 1917 decide di iniziare l'attività di grafico a fianco del fratello Mario che lavorava per l'agenzia pubblicitaria Maga, una delle più importanti dell'epoca. Al contempo diventa anche insegnante di "comportamento espressivo" presso la scuola per attori cinematografici di Sebastiano Sani, critico d'arte de L'Avvenire d'Italia e "mecenate" di Pozzati fin dai tempi dell'esordio all'albergo Baglioni. Nel 1919 è regista e scenografo del film d'avanguardia Fantasia bianca, con musiche composte da Vittorio Gui.
Il periodo parigino
Nel gennaio 1920 decide di trasferirsi a Parigi, pur non avendo nessun contatto nella capitale francese. Nella primavera dello stesso anno lo raggiunge l'amico e pittore Alessandro Cervellati e insieme si arrangiano con piccoli lavoretti di artigianato che gli permettono a stento di affittare uno studio a Montmartre. Col trascorrere dei mesi Pozzati inizia a frequentare gli "italiani di Parigi", in particolare Mario Tozzi che diverrà un suo amico stretto. Riceve dalla Galleria Bernheim-Jeune, interessata alle sue opere di pittura e scultura, una proposta di contratto che però non accetta (l'impegno prevedeva una collaborazione di quindici anni, in assoluta esclusiva, e con una retribuzione minima).
Pozzati si rende conto ben presto di non riuscire a vivere della propria arte, e già nell'estate del 1920 si vede costretto a ritornare nel mondo della pubblicità. Riprende quindi la collaborazione con l'agenzia Maga, che proprio quell'anno aveva aperto anche a Parigi.
L'attività di pubblicitario diventa così progressivamente più rilevante rispetto a quella di scultore e pittore. In ogni caso Pozzati tenterà ciclicamente di cogliere le occasioni che gli si presentano: nel 1922 partecipa con l'architetto Aldo Pini ad un concorso per la realizzazione di un monumento ai caduti della Grande Guerra, ma non vince. Nell'ottobre dello stesso anno ottiene invece, dall'Italia, una commissione: realizzare un busto commemorativo per Antonio Bonora, industriale agricolo di Galliera. Sarà l'ultima opera plastica dell'artista, salvo rare eccezioni e salvo tornare alla scultura negli ultimissimi anni della propria vita.
Pur essendo nel campo della grafica pubblicitaria dal 1917, e sempre con la stessa agenzia, è solo nel 1923 che riesce a firmare il suo primo manifesto (tutti i precedenti erano anonimi, come spesso accadeva). Per il suo Le clos de postillon, affiche per una ditta di vini, Severo Pozzati adotta lo pseudonimo di Sepo (acronimo del proprio nome) che i francesi pronunceranno «Sepó» e che egli conserverà per il resto della propria carriera. Carriera che a partire da questo momento si evolverà brillantemente e lo porterà a divenire nel ventennio successivo uno dei più quotati cartellonisti pubblicitari di Francia e Italia.
I primi manifesti risentono palesemente dell'influenza di Leonetto Cappiello, che all'epoca era il punto di riferimento per molti cartellonisti: colori piatti, grafica essenziale, punto prospettico dal basso verso l'alto. Tuttavia è sempre in questi anni che lo stesso Cappiello, per tenere il passo coi tempi, inizia a lasciarsi influenzare dalle nuove avanguardie nel campo della grafica e più in generale dell'arte. E tra i primi in ambito pubblicitario a proporre le innovazioni delle più recenti correnti artistiche, in particolare il cubismo, c'è proprio Sepo, assieme al grafico Cassandre.
Alla fine del 1924, anno della morte del padre, Pozzati lascia definitivamente Maga. Inizia a lavorare per alcune importanti agenzie parigine, come ad esempio Star, ma anche per la Publivox di Ginevra, per la Ricordi di Milano, per la Chappuis di Bologna e per altre ancora. Nel 1925 riceve la "Medaglia d'oro per la grafica pubblicitaria" alla "Mostra Universale delle Arti Decorative" di Parigi. Nel 1926 viene assunto in qualità di direttore artistico dalla Dorland. Tra i manifesti più celebri di questo periodo c'è quello per il colletto inamidato Noveltex (1928) che viene premiato all'"Esposizione Internazionale" di New York e selezionato tra quelli che dovranno rappresentare l'arte pubblicitaria francese all'"Esposizione Universale" di Monaco, oppure quello per le sardine Ameieux (1929). Sepo viene paragonato a Cappiello e ritenuto il secondo miglior cartellonista italiano in terra di Francia.
Nel 1928 espone alcuni suoi dipinti alla prima mostra de Les Italiens de Paris, aperta al Salon de l'Escalier, all'interno del Théatre Louis Juvet agli Champs-Élysées. Nell'autunno dello stesso anno espone invece alcuni suoi manifesti ad una mostra che si tiene in Italia, "La Settimana Ferrarese", al Palazzo di Sant'Anna a Ferrara.
Dopo neanche un decennio dal suo arrivo nella capitale francese in cerca di fortuna nel campo della pittura o della scultura, Pozzati si ritrova una celebrità nel campo della réclame. Frequenta i più importanti artisti e intellettuali che all'epoca risiedevano a Parigi: Pablo Picasso, Georges Braque, Suzanne Valadon, Jean Cocteau, e altri esponenti dell'avanguardia internazionale. Ma soprattutto mantiene stretti legami con Filippo de Pisis e il gruppo de Les Italiens de Paris.
Nel 1932, allo scadere del suo contratto con la Dorland, Pozzati decide di aprire un'agenzia pubblicitaria per conto proprio. Nasce così l'Idea, aperta al numero civico 63 di Boulevard Victor Hugo di Parigi, e che avrà sia committenti francesi sia italiani. Con la nuova agenzia crea alcuni di quelli che resteranno tra i manifesti più celebri della sua intera carriera, in particolare sono da citare il manifesto per le camicie da sera Noveltex (1933), per le confezioni Tortonese (1934), per il panettone Motta (1934) e per le sigarette Anic (1938).
A partire dal 1933 è attivo presso il Sindacato Italiano degli Artisti residenti all'estero - sezione di Parigi - fondato lo stesso anno da Antonio Maraini, segretario generale dei Sindacati Fascisti di Belle Arti e segretario della Biennale di Venezia. Grazie a tale sindacato avrà poi la possibilità di partecipare a varie mostre in qualità di pittore, in particolare è da menzionare la "Prima esposizione degli Artisti Italiani di Parigi" che si tiene nell'autunno del 1933, con la presidenza onoraria di Luigi Pirandello, e alla quale partecipano artisti come Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, Felice Casorati, Mario Tozzi, Umberto Brunelleschi, Renato Paresce, Gino Severini, Enrico Prampolini, Alberto Martini e altri. Per l'autunno del 1933, in occasione della commemorazione della Marcia su Roma, gli viene commissionata un'enorme tela di 120 metri quadrati raffigurante il dittatore italiano Benito Mussolini. Tale dipinto viene posizionato nella sala Wagram di Parigi, luogo dove si tiene la manifestazione in presenza delle autorità italiane giunte in Francia per l'evento. Nella primavera del 1936 partecipa alla "Prima Mostra del Cartellone e della Grafica pubblicitaria" al Palazzo delle Esposizioni di Roma, la prima manifestazione di questo tipo mai tenutasi in Italia. Nel 1937 riceve il "Gran Premio d'Onore" all'"Esposizione Universale delle Arti e delle Tecniche" di Parigi. Nell'autunno del 1938 gli viene commissionato l'allestimento del padiglione della moda alla mostra "Torino e l'Autarchia" che si tiene nel capoluogo piemontese.
L'anno successivo scoppia la seconda guerra mondiale. Tuttavia, almeno per i primi tempi, Pozzati riesce a vivere nella capitale francese in relativa tranquillità. I problemi veri e propri iniziano il 10 giugno del 1940, quando viene rotto il patto di non belligeranza tra Italia e Francia, e Mussolini entra in guerra a fianco di Hitler: a Parigi vengono arrestati e internati in campi di concentramento tutti quegli italiani che ricoprono cariche di rilievo. Pozzati, che non aveva mai rinunciato alla cittadinanza italiana e che era una figura di spicco del Sindacato Italiano degli Artisti residenti all'estero viene arrestato e deportato al Campo d'internamento di Le Vernet. Verrà rilasciato 40 giorni dopo. Ritorna quindi in Italia per passare l'estate, ma in autunno è di nuovo a Parigi. Nel 1941 sposa la francese Alphonsine Debruil, che diverrà sua collaboratrice.
Gli anni della guerra sono molto difficili, soprattutto perché sotto l'occupazione nazista Pozzati decide di non lavorare per committenze tedesche, nonostante le pressioni. Cerca quindi di trovare lavoro, di nascosto, presso i vecchi clienti e stampare clandestinamente i propri manifesti.
Gli anni dell'immediato dopoguerra contraddistinguono la vita di Pozzati con eventi in forte contrasto: in particolare il 1948 che, se da un lato vede la Biennale di Venezia dedicargli uno spazio, dall'altro è anche l'anno della prematura morte della moglie.
In generale, comunque, con la ripresa economica del dopoguerra anche la pubblicità riconquista il proprio mercato. Pozzati riesce a riprendere a pieno ritmo il proprio lavoro e alla fine degli anni quaranta realizza ancora alcuni di quelli che resteranno tra i suoi manifesti più celebri, in particolare quello per la mostarda Vert-Pré (1949) raffigurante un bue macellato. I cartelloni pubblicitari di questo periodo sono caratterizzati da un abbandono delle stilizzazioni rigide e dei fondi scuri, a favore del progressivo impiego di figure più fantasiose e colori primari accesi.
Il ritorno in Italia
Nel 1957 Pozzati decide di fare ritorno in Italia, a Bologna, dopo 38 anni passati in Francia. Nel 1959 viene incaricato di istituire una Scuola d'Arte Pubblicitaria, che egli riesce a dedicare alla memoria del fratello Mario, morto nel 1947. Tuttavia, da un lato a causa di una certa difficoltà nell'inserirsi in un ambiente da lui ritenuto estraneo, dall'altro per la volontà di ritornare ad occuparsi finalmente di pittura, Pozzati preferisce lasciare definitivamente il mondo della pubblicità, a tutti i livelli. È però tra i membri del comitato per le onoranze a Leonetto Cappiello, morto nel 1942. Tiene quindi numerose conferenze dedicate al grande maestro e nel 1961 presenzia all'inaugurazione del monumento a questi dedicato nell'omonimo piazzale di Livorno.
Nell'ultima fase della propria vita, a partire dal 1960, si dedica quindi alla pittura. Nei propri quadri Pozzati riproporrà sostanzialmente temi a lui cari (nature morte, paesaggi, elementi di vita contadina), ma con lo stile acquisito degli anni della grafica pubblicitaria (precisione del segno, ricerca costante dell'effetto prodotto dall'opera, costruttivismo, estrema razionalità).
Nel 1980, ormai ottantatreenne, si riavvicina anche alla scultura, realizzando lavori sia a partire da bozzetti disegnati in età giovanile, sia a partire da bozzetti nuovi.
Severo Pozzati muore a Bologna il 30 settembre del 1983, all'età di 86 anni.
Fonte: Wikipedia
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Thayaht
Ernesto Michahelles (Firenze, 21 agosto 1893 – Marina di Pietrasanta, 29 aprile 1959) è stato un artista italiano.
Conosciuto con il nome d'arte di Thayaht, Ernesto Michahelles fu scultore, pittore, fotografo, disegnatore, architetto, inventore ed orafo. Fu artista estremamente eclettico ed innovatore, un antesignano di nuove sensibilità: la sua opera si distingue per le linee e le forme sintetiche, che attraverso una precisa geometria esprimono una squisita eleganza. Fu Tommaso Marinetti ad arruolarlo nel Futurismo, insieme al fratello Ruggero Alfredo Michahelles, nome d'arte Ram. Operò anche nel campo della moda in seguito all'incontro, avvenuto a Parigi nel 1918, con Madeleine Vionnet per la quale disegnò capi con accostamenti cromatici e combinazioni geometriche innovativi per l'epoca. È l'inventore, nel 1919, con il fratello Ram, della Tuta.
Biografia
Nasce a Firenze il 21 agosto 1893 e trascorre l'infanzia e l'adolescenza nella villa di via Benedetto da Foiano, presso il Poggio Imperiale, già residenza e studio del suo bisnonno, lo scultore neoclassico americano Hiram Powers.
Nel 1915 si dedica alla ricerca artistica, ma una grave malattia lo costringe ad interrompere per tre anni ogni attività.
Nel 1918 parte per Parigi dove entra in contatto con la casa di moda di Madeleine Vionnet, in Rue de Rivoli, per la quale progetta il logo; rimarrà consulente e stilista dell'atelier fino al 1925, esercitando una notevole influenza sulle scelte stilistiche e condizionando la moda francese ed europea durante quegli anni.
Nel 1920, insieme al fratello RAM, progetta e lancia la "Tuta", abito universale, per tutti, attraverso il quotidiano "La Nazione". In questo anno conia anche il suo pseudonimo, il palindromo Tayat, subito dopo mutato in Thayaht.
Nel 1920, dopo il successo riscosso a seguito di una sua mostra personale, parte per gli Stati Uniti dove, dopo brevi soggiorni a Boston e Cambridge, si trattiene presso l'università di Harvard per seguire corsi sulla colorazione, la geometria dinamica e l'assoluto numerico. L'anno successivo conferma la sua collaborazione con l'atelier di Madame Vionnet la quale offre all'artista un contratto come disegnatore per assicurarsi l'esclusiva delle sue creazioni.
Nel 1923 partecipa alla prima Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza con una serie di mobili da lui progettati ed esposti insieme alle sculture di Antonio Maraini. Nel frattempo acquista una villetta in Versilia, a Marina di Pietrasanta, alla quale dà il nome di "Casa gialla".
Negli anni 1924-25 partecipa con il fratello RAM alla formazione della Prima Corporazione di Belle Arti di Firenze, per la quale crea un vivace e moderno stendardo e vince, sempre insieme al fratello, il Concorso Nazionale di Scenografia per il nuovo allestimento dell'"Aida".
Nel 1927 partecipa alla III Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza con una piccola sala personale in cui espone mobili, tappeti, lampade ed oggetti d'arredamento e con al centro della sala la scultura in pietra serena "Il Violinista".
Nel 1928 Thayaht viene chiamato dal Gruppo Nazionale Fascista della Paglia a disegnare nuovi cappelli da uomo.
Dal 1929 pubblica i suoi disegni su "Moda", rivista ufficiale della Federazione Nazionale Fascista Industria dell'Abbigliamento e nello stesso anno, in maggio, viene presentato a Filippo Tommaso Marinetti da Primo Conti. È lo stesso Marinetti che, entusiasmato da alcuni dei suoi lavori tra cui l'effigie in ferro acciaioso del Duce, "Dux", lo presenta a Mussolini che lo riceve poco dopo. Nell'occasione Thayaht donerà al Duce la scultura. Nell'ottobre dello stesso anno si presenta alla mostra "Trentatré Futuristi", presso la Galleria Pesaro di Milano con tre sculture e quindici dipinti.
Nel 1930 partecipa all'Esposizione Internazionale di Barcellona, che gli vale la vittoria della medaglia d'oro per la creazione della "thayahttite", una lega d'alluminio da lui brevettata. Nel frattempo è invitato alla XII Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, dove espone nella sala futurista sei sculture. Partecipa, inoltre, alla mostra internazionale dell'Orafo, dove presenta una vetrina con gioielli in lega d'argento ed acciaio.
Nel 1931 viene invitato alla I Quadriennale d'arte Nazionale di Roma e nel febbraio organizza con l'amico pittore Antonio Marasco la mostra Futurista di pittura, scultura aeropittura ed arti decorative presso la Galleria d'Arte Firenze, introdotta in catalogo da Marinetti. Nello stesso anno con il fratello Ruggero cura la stesura di un documento di architettura funzionale " Brevetto per Casolaria - Le case in serie". Inoltre discute con Ezra Pound della scultura futurista indicando nella traiettiva una nuova formula per rappresentare in tre dimensioni i solidi in movimento.
Nel 1932 viene nuovamente invitato alla Biennale Internazionale d'Arte di Venezia. Elabora, inoltre, insieme al fratello, il Manifesto per la trasformazione dell'abito maschile.
Nel 1934 e nel 1936 partecipa ancora alla Biennale d'Arte di Venezia.
Dopo il 1945 si orienta nei suoi temi verso le figure tahitiane di Paul Gauguin, che riscopre come "grande colorista" e come pittore simbolico alla ricerca di una vita semplice alle origini del mondo realizzando trasformazioni thayahtiane delle sue opere, come "liberazione dalla miserabile civilizzazione".
Nel 1945 comincia ad approfondire gli studi scientifici ed astronomici e ad interessarsi di ufologia; nel 1954 fonderà il C.I.R.N.O.S., Centro Indipendente Ricerche Notizie Osservazioni Spaziali.
Dal 1956 al 1959 approfondisce in maniera più sistematica i suoi studi esoterici.
Muore a Marina di Pietrasanta (Lucca) il 29 aprile 1959. È sepolto a Firenze, al cimitero degli Allori.
Fonte: Wikipedia
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Giancarlo Maroni
Giancarlo Maroni (Arco, 5 agosto 1893 – Riva del Garda, 2 gennaio 1952) è stato un architetto italiano.
Biografia
Nato ad Arco, al tempo borgo della Contea di Tirolo, fu un architetto rivano noto principalmente come artefice del Vittoriale degli Italiani, residenza di Gabriele D'Annunzio a Gardone sul Lago di Garda, egli si formò professionalmente a Milano dove ebbe l'opportunità di frequentare la "Scuola Speciale di Architettura dell'Accademia di Belle Arti di Brera", conseguendo la laurea. Da quel momento fino al 1914 fece tirocinio presso gli studi di altri noti architetti.
Nel 1915 si arruolò negli alpini e partecipò alla Prima guerra mondiale, in cui venne gravemente ferito. Nel 1919 si trasferì a Riva del Garda, paese martoriato dal conflitto bellico che egli avrebbe in seguito architettonicamente ed urbanisticamente aiutato nella ricostruzione. Suo il progetto della centrale idroelettrica.
Successivamente entrò a stretto contatto con la giunta comunale della città collaborando alla stesura del piano regolatore generale.
Nel 1923 iniziò la sua amicizia con D'Annunzio, che si sarebbe protratta fino alla morte del poeta.
Nel 1935 Giancarlo Maroni, su commissione di Ettore Canali, noto ebanista bresciano che realizzò alcuni arredi del Vittoriale, progettò la ex "Villa Canali", oggi denominata "Piccolo Vittoriale", unico progetto di edificio privato mai realizzato dall'Architetto. La Villa, tutelata dalla Soprintendenza delle Belle Arti di Brescia, si trova in via Cantore, numero civico 8, a Brescia.
Nel secondo dopoguerra Maroni ridusse la sua attività professionale e dopo la sua scomparsa venne sepolto in una delle arche del Mausoleo del Vittoriale.
Nel 1993 fu dedicata al Maroni una mostra dal titolo "L'architetto del lago. Giancarlo Maroni e il Garda".
Fonte: Wikipedia
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