«Era un maestro di vita. Ricordo un set mistico e gli spaghetti di Storaro»
«Avevo meno di 24 anni quando ho incontrato Bernardo Bertolucci e mi ha dato il copione del Piccolo Buddha. Ricordo il suo sorriso mentre mi insegnava anche un modo di vivere. Aveva visto molti miei film, scherzava dicendo che da Belli e dannati di Gus Van Sant ero passato alla corte di Dracula. Accanto a lui si respirava in ogni momento la passione per il cinema», dice Keanu Reeves, che oggi ha 54 anni e una carriera di tutto rispetto non solo per Matrix. Lo precisa con orgoglio: «Ringrazio Bernardo, che seppe liberarmi da molte insicurezze».
Perché? Lei era già stato diretto da registi come Kathryn Bigelow, Lawrence Kasdan e Kenneth Branagh…
«Bernardo portava un senso di bellezza e serenità costruttive in tutto ciò che faceva e sapeva guardare nell’individualità delle persone. Dava energia, formava. Senza essere mai pedante».
Qual è il ricordo più vivo della lavorazione del «Piccolo Buddha»?
«Fu uno straordinario percorso. Ricordo le lunghe chiacchierate che Bernardo faceva con il direttore della fotografia Vittorio Storaro, che a volte cucinava spaghetti per la troupe e il cast».
Quanto era stimato Bertolucci negli Usa?
«Tutti noi attori volevamo lavorare con lui innamorati di Ultimo tango a Parigi, Il tè nel deserto e Novecento, che resta un film di culto. Amici e colleghi mi dissero in più occasioni: “Vado a questo festival perché così potrò vedere prima un film di Bertolucci”. Era molto amato per i cento riferimenti letterari e pittorici che offriva»
Perché, secondo lei, Bertolucci non si è mai trasferito a Hollywood?
«Perché Bernardo era sì cosmopolita, ma in primis legato all’Italia. Ed era contrario agli stereotipi cinematografici che spesso il cinema Usa impone. Lo dico in quanto attore spesso limitato proprio dall’immagine che gli altri hanno di te o per le presunte esigenze del box office. Bertolucci realizzava i “suoi” film. Scherzando, definiva Hollywood come un punto interrogativo. Ho sempre pensato che non intendesse affatto rispondere a quel punto interrogativo, ma andare, insieme a noi attori, per la strada che aveva scelto».
Che cosa le disse in particolare del suo personaggio, il Principe Siddhartha?
«Con quel film, lontano dalle mode new age e dei guru di pseudo religioni che vogliono offrirti soluzioni, Bertolucci ha insegnato a scrutare l’animo umano, le sue gioie, le sue sofferenze. Ho sempre pensato che Bernardo fosse un poeta delle immagini».
Oggi il cinema è pieno di eroi leggendari...
«Bernardo ci ha raccontato Siddhartha, un eroe ben diverso da chi compie acrobazie sui grattacieli. Esorto i giovani spettatori e vedere i suoi film».
Fonte: Corriere della Sera