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Spartacus
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
Legato
Legatus è un termine latino attribuito a membri dell'ordine senatorio che designava ruoli di comando in ambito del governo e dell'esercito romano.
Etimologia
L'accezione originaria del termine legatus, participio perfetto del verbo legare, è quella di "delegato, incaricato da un superiore a rappresentarlo".
Ruoli
In età repubblicana il legatus era il comandante in seconda dopo il console, i legati furono posti a comando delle legioni in sostituzione dei consoli con Giulio Cesare. Gli uomini che potevano attendere alla carica di legato appartenevano alla classe senatoria. Vi erano sostanzialmente tre legati:
L'imperatore Gallieno smise il reclutamento dei "legati" dalla classe senatoria e furono creati nuovi funzionari come i correctores, duces, comites e altri con compiti analoghi ai vari livelli cui potevano accedere i vecchi legati.
- In un'altra accezione, il termine legatus designava l'ambasciatore, messaggero privo di poteri militari ma latore di messaggi, risposte o proposte di trattativa tra eserciti o governanti, e in quanto tale dotato della stessa inviolabilità che contraddistingueva ad esempio il tribunus plebis.
Fonte: WIKIPEDIA
Legatus è un termine latino attribuito a membri dell'ordine senatorio che designava ruoli di comando in ambito del governo e dell'esercito romano.
Etimologia
L'accezione originaria del termine legatus, participio perfetto del verbo legare, è quella di "delegato, incaricato da un superiore a rappresentarlo".
Ruoli
In età repubblicana il legatus era il comandante in seconda dopo il console, i legati furono posti a comando delle legioni in sostituzione dei consoli con Giulio Cesare. Gli uomini che potevano attendere alla carica di legato appartenevano alla classe senatoria. Vi erano sostanzialmente tre legati:
- Legatus pro praetore che faceva le veci del console romano in absentia e a cui spettava il comando di una o due legioni in epoca repubblicana (a partire dal 67 a.C.).
- Legatus legionis un ex pretore comandante di una legione, in province imperiale con più di una legione (tranne l'Egitto e la Mesopotamia).
- Legatus Augusti pro praetore un ex console o un ex pretore cui era dato il governo di una provincia romana.
Anche durante l'impero il legatus Augusti pro praetore era il governatore di provincia imperiale presidiata da almeno una legione (da 1 a 3).
L'imperatore Gallieno smise il reclutamento dei "legati" dalla classe senatoria e furono creati nuovi funzionari come i correctores, duces, comites e altri con compiti analoghi ai vari livelli cui potevano accedere i vecchi legati.
- In un'altra accezione, il termine legatus designava l'ambasciatore, messaggero privo di poteri militari ma latore di messaggi, risposte o proposte di trattativa tra eserciti o governanti, e in quanto tale dotato della stessa inviolabilità che contraddistingueva ad esempio il tribunus plebis.
Fonte: WIKIPEDIA
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Re: Spartacus
Capua (città antica)
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Capua (in osco KAPU.svg, in latino Capŭa, in greco Καπύη), oggi indicata con Capua antica o Capua arcaica per evitare ambiguità, è stata una città sorta nel IX secolo a.C. sul luogo dell'attuale comune campano di Santa Maria Capua Vetere.
- La città era considerata una delle più grandi città dell'Italia antica, dopo Roma. Fondata, secondo Strabone, dagli Etruschi nel primo quarto del V secolo a.C., si trovava sulla via Appia ed era la più importante città della zona.
- Con una storia di oltre ventotto secoli è stata città osca, etrusca, sannita e romana, divenendo, nel periodo di massimo splendore, una delle città più grandi del mondo.
- Dopo la distruzione e il saccheggio da parte dei Saraceni nel IX secolo, la popolazione si è trasferita a Casilinum fondando la Capua moderna.
Fondazione ed epoca etrusco-osca
Mentre i reperti archeologici testimoniano popolazioni stanziate sul territorio della Capua antica già a partire dal IX secolo a.C., l'anno preciso della sua fondazione e il nome del suo fondatore sono stati nel corso dei secoli materia di discussione e ancora oggi la questione non vede d'accordo tutti gli storici.
- Tra gli autori più antichi, Catone nelle Origines vuole Capua fondata 260 anni prima della sua conquista da parte dei romani mentre Velleio Patercolo la vuole fondata nell'800 a.C.
- Per giustificare tale differenza tra le date, alcuni storici, come Karl Julius Beloch prima e Hermann Peter e Martin Schanz dopo, suggeriscono che Catone non si riferisse alla presa di Capua durante la seconda guerra punica ma invece all'occupazione del 338 a.C. in seguito alla ribellione dei Latini o a quella del 314 a.C. durante la seconda guerra sannitica. Di conseguenza sia il Beloch che Jacques Heurgon hanno suggerito date intermedie alle due fornite (600 a.C. il primo, 525 a.C. il secondo).
- Una spiegazione più verosimile e comunemente accettata comunque è che Catone si riferisse non alla fondazione di Capua ex nihilo, ma ad una sua rifondazione, cioè ad una ristrutturazione tale da cambiarla radicalmente. Una tale spiegazione rende valido quanto riportato da Catone e non contrasta con la data fornita da Velleio Patercolo, che risulta inoltre avvalorata dalle testimonianze archeologiche.
- Quindi Capua esisteva già da secoli e subì, nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. Nel corso del V sec. a.C. le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all’elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'anno Diodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani).
- Con il declino etrusco però (alla fine del IV secolo a.C.), le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425 e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana.
Conquista romana
Nel IV secolo a.C., quando era probabilmente la più grande città d'Italia, divenne oggetto delle mire dei Sanniti che la posero sotto assedio, e contestualmente venne coinvolta nel processo di espansione di Roma: Capua infatti inviò un'ambasceria ai romani chiedendone la protezione, ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere tale proposta.
- Gli ambasciatori della città campana, mossi dalla disperazione, decisero allora di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni loro cosa, nelle mani di Roma (deditio), in modo da costringerla ad impegnarsi moralmente nella sua difesa dall'aggressore sannita. In questo modo la città diventava romana ed obbligava Roma ad accettare di intervenire in sua difesa, dando inizio alla prima guerra sannita. Sconfitta nel conflitto iniziato nel 343 a.C., nel 338 a.C. decide di allearsi con Roma ottenendo il rango di civitas sine suffragio.
- Nel corso del III sec. a.C. la città faceva capo alla tribù Falerna, rimanendo fedele a Roma, alla quale dal 312 a.C. fu messa in collegamento diretto tramite la via Appia. A lungo riluttante al dominio romano, poté tuttavia conservare le proprie istituzioni, la propria lingua e i propri costumi ma sempre sotto la soggezione capitolina, cosicché in seguito alla sconfitta di Canne la fazione popolare inclinò verso Annibale offrendo rifugio e rifornimenti alle sue truppe nel 213-211 a.C.
Seconda guerra punica
Durante la seconda guerra punica, divenne uno degli avamposti privilegiati di Annibale: l'esercito cartaginese occupò la città e la fece diventare centro militare e politico da cui lanciare "scorrerie" nell'Italia meridionale, alla ricerca anche di alleati contro Roma (nella speranza di una successiva conquista della capitale). Durante quest'epoca (dal 216 al 211 a.C.) Capua batté autonomamente moneta, dando luogo a una propria particolare monetazione.
- Capua, assieme a città come Atella, Calatia ed altre, passò così dalla parte dei Cartaginesi. Durante la presenza di Annibale, furono coniate una serie di monete di bronzo. Annibale ed il suo esercito vi passarono l'inverno e il condottiero ne approfittò per portare avanti la parte politica della sua azione: furono i cosiddetti ozi di Capua che, secondo molti storici, indebolirono i soldati e sarebbero stati una delle cause della futura sconfitta cartaginese, in quanto avrebbero impedito di marciare subito direttamente su Roma. Classe dirigente e popolazione capuana appoggiarono la campagna di Annibale, poiché Capua era città troppo fiera per sottostare a Roma; la storia però volle che a vincere fossero i Romani.
- Nel 212 e nel 211 a.C. Capua subì due lunghi assedi da parte dei Romani, dopodiché Annibale fu costretto, nel tentativo di alleggerire la pressione romana, a spingersi spinse con il proprio esercito fino a sotto le mura di Roma, nella zona di porta Collina, senza però riuscire ad espugnarla.
- Dopo la partenza di Annibale, nel 211 a.C., la città fu definitivamente conquistata dai Romani e molti senatori Campani, inclusi quelli capuani, si tolsero la vita con il veleno piuttosto che cadere prigionieri nelle mani del nemico. Altri, nonostante il parere contrario del Senato romano, furono fatti uccidere da Gneo Fulvio a Cales e a Teanum.
- La città venne umiliata da Roma, che la ridusse a semplice prefettura privandola delle cariche magistratuali, del proprio senato e in definitiva dell'autonomia, divenendo un grosso deposito merci, da cui la definizione affibbiatale di "granaio di Roma". Il suo territorio fu espropriato e divenne parte dell'ager publicus, venendo venduto a cittadini romani. Di lì a poco tuttavia i terreni vennero recuperati dai maggiorenti capuani.
I tentativi di ridistribuzione dell'ager
Già nel 173 a.C. gran parte della terra era tornata ai privati e per far fronte a questo il Senato inviò il console Lucio Postumio Albino per ridefinire i confini pubblici, e otto anni dopo il pretore Publio Cornelio Lentulo comprò i terreni privati, dividendo quelli pubblici in poderi. Nel 130 a.C. infine una specifica commissione formata dai tresviri agris dandis iudicandis adsignandis Caio Gracco, Appio Claudio e Licinio Crasso provvide all’identificazione e alla determinazione del territorio in centurie. Caio Gracco tentò senza successo anche di restituire i diritti civili alla città.
La ripresa
Nonostante tutto Capua visse un periodo di ripresa e poi di floridezza, diventando un importante città manifatturiera nel campo dei beni di lusso (profumi, bronzi, ceramiche, unguenti); i suoi mercanti spaziavano in tutto il mediterraneo e si insediarono nell'importante centro di Delo. La situazione economica favorevole si rispecchiava anche nell'espansione urbanistica, con la costruzione di un teatro su terrapieno, di un collegium mercatorum, di porticati e del più antico anfiteatro (precedente a quello imperiale), oltre al tempio di Giove Tifatino individuato nel 1996. La città, così come l'intera Campania, fu tra le prime ad essere interessate da un forte processo di ellenizzazione già nel II secolo a.C., tanto che Cicerone dirà che presentava l'aspetto di un moderno centro ellenistico.
- Sopravvisse a una prima rivolta servile del 104 e alla guerra sociale dell’89 a.C., sostanzialmente indenne. Caio Mario e Lucio Cornelio Cinna operarono la deduzione di una colonia e nell'83 a.C. durante la guerra civile Silla vi sostò presso il santuario di Diana Tifatina, in attesa dello scontro con Gaio Norbano. Il suo anfiteatro fu il punto di partenza della rivolta guidata da Spartaco nel 73 a.C. Nel 59 a.C. fu ribattezzata Colonia Iulia Felix, quando Cesare ne distribuì l'agro a 20.000 coloni. Nel I secolo a.C. Cicerone durante la sua orazione De lege agraria (Contra Rullum), la definì altera Roma, ovvero "la seconda Roma", e arrivò a paragonarla a Cartagine e Corinto. Infatti anche sotto il dominio romano, la città aveva una notevole importanza e fama anche al di fuori dell'Italia. Ausonio la elencò ottava fra le prime dieci città dell'Impero.
Età imperiale
Durante l’intera età imperiale Capua dovette perdere di centralità, e ciò sembra essere testimoniato dal silenzio delle fonti, anche se Augusto e poi Nerone vi operano la deduzione di nuove colonie. Con la guerra civile del 68-69, Vespasiano la punì per aver parteggiato a favore di Vitellio, espropriandola del territorio delle Leboriae, dopodiché conobbe un momento di nuovo splendore a principio del II sec. d.C. quando Adriano la abbellì, dotandola di nuove statue, colonne e ornamenti di marmo a completamento dell’anfiteatro, che per dimensioni continuò a rimanere secondo solo al Colosseo, nonché di un arco trionfale.
Dal tardo-impero all'alto medioevo
Resa da Costantino sede del Consularis Campaniae, nel 390 vi si svolse un sinodo presieduto da Ambrogio, vescovo di Milano. La presenza cristiana fu molto precoce (la tradizione vuole che il cristianesimo vi giunse con l'apostolo Pietro), tanto che divenne importante sede vescovile già nei primi secoli. I vescovi capuani parteciparono ai primissimi concili per dirimere controversie religiose, tra cui si segnala quello di Arles (314) convocato da Costantino, cui prese parte il titolare Proterio.
- Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Capua fu devastata in parte, come altri centri dell'Italia, dalle invasioni visigote e vandaliche. Andò incontro a una tenue ripresa sotto la presenza ostrogota, durante il cui dominio il consolare Lampadio fece restaurare l’anfiteatro. Con la guerra greco-gotica viene riconquistata dai romani orientali dopo il 553, per poi divenire infine una contea del Ducato di Benevento sotto la presenza longobarda.
La distruzione della città e la Nuova Capua
Nel 841, nel corso di una lotta di successione nel ducato beneventano, Radelchi I assoldò una banda di saraceni nord-africani, comandata dal berbero Kalfun (divenuto poi primo emiro di Bari), contro Landone I, saccheggiando e distruggendo la città e costringendo la popolazione alla fuga.
- Dopo la distruzione, la popolazione (che da allora costituisce la prolungazione storica della Civitas Capuana) fuoriusciva dalla città in rovina e si rifugiava dapprima a Sicopoli, per poi collocarsi, dopo pochi anni (nell'856), su un'ansa del fiume Volturno, sul luogo dove aveva sede il porto fluviale romano di Casilinum. Veniva così costituita la "Nuova Capua" corrispondente oggi al comune della provincia di Caserta, denominato appunto Capua.
La rinascita della Capua Vecchia
Dopo l'abbandono della popolazione del IX secolo, sul vecchio territorio di Capua non rimasero che degli insediamenti indipendenti.
- Solo verso la fine del XVIII secolo questi si fusero insieme nel borgo di Santa Maria Maggiore, frazione della nuova Capua, che divenne nel 1861 comune autonomo e poco dopo cambiando nome divenne l'odierna Santa Maria Capua Vetere.
Fonte: WIKIPEDIA
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Capua (in osco KAPU.svg, in latino Capŭa, in greco Καπύη), oggi indicata con Capua antica o Capua arcaica per evitare ambiguità, è stata una città sorta nel IX secolo a.C. sul luogo dell'attuale comune campano di Santa Maria Capua Vetere.
- La città era considerata una delle più grandi città dell'Italia antica, dopo Roma. Fondata, secondo Strabone, dagli Etruschi nel primo quarto del V secolo a.C., si trovava sulla via Appia ed era la più importante città della zona.
- Con una storia di oltre ventotto secoli è stata città osca, etrusca, sannita e romana, divenendo, nel periodo di massimo splendore, una delle città più grandi del mondo.
- Dopo la distruzione e il saccheggio da parte dei Saraceni nel IX secolo, la popolazione si è trasferita a Casilinum fondando la Capua moderna.
Fondazione ed epoca etrusco-osca
Mentre i reperti archeologici testimoniano popolazioni stanziate sul territorio della Capua antica già a partire dal IX secolo a.C., l'anno preciso della sua fondazione e il nome del suo fondatore sono stati nel corso dei secoli materia di discussione e ancora oggi la questione non vede d'accordo tutti gli storici.
- Tra gli autori più antichi, Catone nelle Origines vuole Capua fondata 260 anni prima della sua conquista da parte dei romani mentre Velleio Patercolo la vuole fondata nell'800 a.C.
- Per giustificare tale differenza tra le date, alcuni storici, come Karl Julius Beloch prima e Hermann Peter e Martin Schanz dopo, suggeriscono che Catone non si riferisse alla presa di Capua durante la seconda guerra punica ma invece all'occupazione del 338 a.C. in seguito alla ribellione dei Latini o a quella del 314 a.C. durante la seconda guerra sannitica. Di conseguenza sia il Beloch che Jacques Heurgon hanno suggerito date intermedie alle due fornite (600 a.C. il primo, 525 a.C. il secondo).
- Una spiegazione più verosimile e comunemente accettata comunque è che Catone si riferisse non alla fondazione di Capua ex nihilo, ma ad una sua rifondazione, cioè ad una ristrutturazione tale da cambiarla radicalmente. Una tale spiegazione rende valido quanto riportato da Catone e non contrasta con la data fornita da Velleio Patercolo, che risulta inoltre avvalorata dalle testimonianze archeologiche.
- Quindi Capua esisteva già da secoli e subì, nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. Nel corso del V sec. a.C. le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all’elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'anno Diodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani).
- Con il declino etrusco però (alla fine del IV secolo a.C.), le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425 e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana.
Conquista romana
Nel IV secolo a.C., quando era probabilmente la più grande città d'Italia, divenne oggetto delle mire dei Sanniti che la posero sotto assedio, e contestualmente venne coinvolta nel processo di espansione di Roma: Capua infatti inviò un'ambasceria ai romani chiedendone la protezione, ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere tale proposta.
- Gli ambasciatori della città campana, mossi dalla disperazione, decisero allora di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni loro cosa, nelle mani di Roma (deditio), in modo da costringerla ad impegnarsi moralmente nella sua difesa dall'aggressore sannita. In questo modo la città diventava romana ed obbligava Roma ad accettare di intervenire in sua difesa, dando inizio alla prima guerra sannita. Sconfitta nel conflitto iniziato nel 343 a.C., nel 338 a.C. decide di allearsi con Roma ottenendo il rango di civitas sine suffragio.
- Nel corso del III sec. a.C. la città faceva capo alla tribù Falerna, rimanendo fedele a Roma, alla quale dal 312 a.C. fu messa in collegamento diretto tramite la via Appia. A lungo riluttante al dominio romano, poté tuttavia conservare le proprie istituzioni, la propria lingua e i propri costumi ma sempre sotto la soggezione capitolina, cosicché in seguito alla sconfitta di Canne la fazione popolare inclinò verso Annibale offrendo rifugio e rifornimenti alle sue truppe nel 213-211 a.C.
Seconda guerra punica
Durante la seconda guerra punica, divenne uno degli avamposti privilegiati di Annibale: l'esercito cartaginese occupò la città e la fece diventare centro militare e politico da cui lanciare "scorrerie" nell'Italia meridionale, alla ricerca anche di alleati contro Roma (nella speranza di una successiva conquista della capitale). Durante quest'epoca (dal 216 al 211 a.C.) Capua batté autonomamente moneta, dando luogo a una propria particolare monetazione.
- Capua, assieme a città come Atella, Calatia ed altre, passò così dalla parte dei Cartaginesi. Durante la presenza di Annibale, furono coniate una serie di monete di bronzo. Annibale ed il suo esercito vi passarono l'inverno e il condottiero ne approfittò per portare avanti la parte politica della sua azione: furono i cosiddetti ozi di Capua che, secondo molti storici, indebolirono i soldati e sarebbero stati una delle cause della futura sconfitta cartaginese, in quanto avrebbero impedito di marciare subito direttamente su Roma. Classe dirigente e popolazione capuana appoggiarono la campagna di Annibale, poiché Capua era città troppo fiera per sottostare a Roma; la storia però volle che a vincere fossero i Romani.
- Nel 212 e nel 211 a.C. Capua subì due lunghi assedi da parte dei Romani, dopodiché Annibale fu costretto, nel tentativo di alleggerire la pressione romana, a spingersi spinse con il proprio esercito fino a sotto le mura di Roma, nella zona di porta Collina, senza però riuscire ad espugnarla.
- Dopo la partenza di Annibale, nel 211 a.C., la città fu definitivamente conquistata dai Romani e molti senatori Campani, inclusi quelli capuani, si tolsero la vita con il veleno piuttosto che cadere prigionieri nelle mani del nemico. Altri, nonostante il parere contrario del Senato romano, furono fatti uccidere da Gneo Fulvio a Cales e a Teanum.
- La città venne umiliata da Roma, che la ridusse a semplice prefettura privandola delle cariche magistratuali, del proprio senato e in definitiva dell'autonomia, divenendo un grosso deposito merci, da cui la definizione affibbiatale di "granaio di Roma". Il suo territorio fu espropriato e divenne parte dell'ager publicus, venendo venduto a cittadini romani. Di lì a poco tuttavia i terreni vennero recuperati dai maggiorenti capuani.
I tentativi di ridistribuzione dell'ager
Già nel 173 a.C. gran parte della terra era tornata ai privati e per far fronte a questo il Senato inviò il console Lucio Postumio Albino per ridefinire i confini pubblici, e otto anni dopo il pretore Publio Cornelio Lentulo comprò i terreni privati, dividendo quelli pubblici in poderi. Nel 130 a.C. infine una specifica commissione formata dai tresviri agris dandis iudicandis adsignandis Caio Gracco, Appio Claudio e Licinio Crasso provvide all’identificazione e alla determinazione del territorio in centurie. Caio Gracco tentò senza successo anche di restituire i diritti civili alla città.
La ripresa
Nonostante tutto Capua visse un periodo di ripresa e poi di floridezza, diventando un importante città manifatturiera nel campo dei beni di lusso (profumi, bronzi, ceramiche, unguenti); i suoi mercanti spaziavano in tutto il mediterraneo e si insediarono nell'importante centro di Delo. La situazione economica favorevole si rispecchiava anche nell'espansione urbanistica, con la costruzione di un teatro su terrapieno, di un collegium mercatorum, di porticati e del più antico anfiteatro (precedente a quello imperiale), oltre al tempio di Giove Tifatino individuato nel 1996. La città, così come l'intera Campania, fu tra le prime ad essere interessate da un forte processo di ellenizzazione già nel II secolo a.C., tanto che Cicerone dirà che presentava l'aspetto di un moderno centro ellenistico.
- Sopravvisse a una prima rivolta servile del 104 e alla guerra sociale dell’89 a.C., sostanzialmente indenne. Caio Mario e Lucio Cornelio Cinna operarono la deduzione di una colonia e nell'83 a.C. durante la guerra civile Silla vi sostò presso il santuario di Diana Tifatina, in attesa dello scontro con Gaio Norbano. Il suo anfiteatro fu il punto di partenza della rivolta guidata da Spartaco nel 73 a.C. Nel 59 a.C. fu ribattezzata Colonia Iulia Felix, quando Cesare ne distribuì l'agro a 20.000 coloni. Nel I secolo a.C. Cicerone durante la sua orazione De lege agraria (Contra Rullum), la definì altera Roma, ovvero "la seconda Roma", e arrivò a paragonarla a Cartagine e Corinto. Infatti anche sotto il dominio romano, la città aveva una notevole importanza e fama anche al di fuori dell'Italia. Ausonio la elencò ottava fra le prime dieci città dell'Impero.
Età imperiale
Durante l’intera età imperiale Capua dovette perdere di centralità, e ciò sembra essere testimoniato dal silenzio delle fonti, anche se Augusto e poi Nerone vi operano la deduzione di nuove colonie. Con la guerra civile del 68-69, Vespasiano la punì per aver parteggiato a favore di Vitellio, espropriandola del territorio delle Leboriae, dopodiché conobbe un momento di nuovo splendore a principio del II sec. d.C. quando Adriano la abbellì, dotandola di nuove statue, colonne e ornamenti di marmo a completamento dell’anfiteatro, che per dimensioni continuò a rimanere secondo solo al Colosseo, nonché di un arco trionfale.
Dal tardo-impero all'alto medioevo
Resa da Costantino sede del Consularis Campaniae, nel 390 vi si svolse un sinodo presieduto da Ambrogio, vescovo di Milano. La presenza cristiana fu molto precoce (la tradizione vuole che il cristianesimo vi giunse con l'apostolo Pietro), tanto che divenne importante sede vescovile già nei primi secoli. I vescovi capuani parteciparono ai primissimi concili per dirimere controversie religiose, tra cui si segnala quello di Arles (314) convocato da Costantino, cui prese parte il titolare Proterio.
- Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Capua fu devastata in parte, come altri centri dell'Italia, dalle invasioni visigote e vandaliche. Andò incontro a una tenue ripresa sotto la presenza ostrogota, durante il cui dominio il consolare Lampadio fece restaurare l’anfiteatro. Con la guerra greco-gotica viene riconquistata dai romani orientali dopo il 553, per poi divenire infine una contea del Ducato di Benevento sotto la presenza longobarda.
La distruzione della città e la Nuova Capua
Nel 841, nel corso di una lotta di successione nel ducato beneventano, Radelchi I assoldò una banda di saraceni nord-africani, comandata dal berbero Kalfun (divenuto poi primo emiro di Bari), contro Landone I, saccheggiando e distruggendo la città e costringendo la popolazione alla fuga.
- Dopo la distruzione, la popolazione (che da allora costituisce la prolungazione storica della Civitas Capuana) fuoriusciva dalla città in rovina e si rifugiava dapprima a Sicopoli, per poi collocarsi, dopo pochi anni (nell'856), su un'ansa del fiume Volturno, sul luogo dove aveva sede il porto fluviale romano di Casilinum. Veniva così costituita la "Nuova Capua" corrispondente oggi al comune della provincia di Caserta, denominato appunto Capua.
La rinascita della Capua Vecchia
Dopo l'abbandono della popolazione del IX secolo, sul vecchio territorio di Capua non rimasero che degli insediamenti indipendenti.
- Solo verso la fine del XVIII secolo questi si fusero insieme nel borgo di Santa Maria Maggiore, frazione della nuova Capua, che divenne nel 1861 comune autonomo e poco dopo cambiando nome divenne l'odierna Santa Maria Capua Vetere.
Fonte: WIKIPEDIA
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
La Gallia
La Gallia (o Gallia transalpina o Gallia comata) era, secondo la nomenclatura geografica dell'età antica, la terra dei Galli, termine che identificava, nel lessico latino, un ampio insieme di popolazioni celtiche continentali. Corrispondeva a un'ampia regione dell'Europa centro-occidentale compresa tra La Manica, il fiume Reno, le Alpi Occidentali, il Mar Mediterraneo, i Pirenei e l'Oceano Atlantico. "Gallia" (Gallia cisalpina o "togata") venne poi definita dai Romani per un certo periodo in età repubblicana anche parte dell'Italia settentrionale.
- Il termine "Gallia" rimase in uso fino all'età tardoantica e altomedievale, quando la stabilizzazione del Regno dei Franchi portò all'affermazione dell'espressione "Francia" (anche se il nome "Gallia" resisterà per tutto il Medioevo negli scritti in latino).
Territorio della Gallia transalpina o comata
I Romani attribuivano il nome di "Gallia" a diversi territori dell'Europa occidentale abitati da popolazioni di stirpe celtica, chiamati collettivamente "Galli". Con Gallia, tradizionalmente, si fa riferimento alla "Gallia transalpina", o "Gallia comata" ("Gallia capelluta" che, contrapposta alla Gallia togata, la Gallia cisalpina ormai romanizzata, era caratterizzata dalle lunghe chiome degli abitanti, non ancora assuefatti agli usi romani), un'ampia regione dell'Europa centro-occidentale, delimitata a nord dalla Manica, a sud dal Mar Mediterraneo, a ovest dall'Oceano Atlantico e a est dal fiume Reno e dalle Alpi occidentali e che corrispondeva quindi grossomodo all'area degli odierni Belgio, Lussemburgo, Germania occidentale, Francia e Svizzera.
- Ecco come Cesare, il primo conquistatore nel celebre incipit del De bello Gallico, descrive la Gallia:
« La Gallia nel suo insieme è divisa in tre parti: una è abitata dai Belgi, un'altra dagli Aquitani, la terza da quelli che nella loro lingua si chiamano Celti e nella nostra Galli. Tutti questi popoli divergono tra di loro nella lingua, nelle istituzioni e nelle leggi. I Galli sono divisi dagli Aquitani dal fiume Garonna, dai Belgi dai fiumi Marna e Senna. Tra tutti, i Belgi sono i più valorosi, perché i più lontani dalla raffinatezza e dalla civiltà della provincia, perché molto di rado i mercanti si recano da loro con quei prodotti che rendono molli gli animi e perché sono i più vicini ai Germani che vivono al di là del Reno, con i quali sono sempre in guerra. Questo è lo stesso motivo per cui anche gli Elvezi sono più valorosi dei Galli, cioè perché combattono quasi ogni giorno contro i Germani, o per difesa o per offesa. La parte abitata dai Galli inizia dal fiume Rodano, è delimitata dal fiume Garonna, dall'Oceano e dal paese dei Belgi; dalla parte dei Sequani e degli Elvezi tocca il Reno e si estende verso nord. Il paese dei Belgi inizia dalla parte estrema della Gallia, tocca il Reno inferiore e si estende a nord-est. L'Aquitania si estende dalla Garonna fino ai Pirenei e a quella parte dell'Oceano che va verso la Spagna; si estende tra occidente e settentrione »
(Cesare, De bello Gallico, I, 1.)
- Accanto alla transalpina, i Romani individuavano anche una "Gallia cisalpina", che si divideva a sua volta in "Gallia cispadana" (a sud del Po) e "Gallia transpadana" (a nord). Era il territorio dove, accanto a popoli di diversa filiazione, si erano insediate diverse tribù galliche. La Gallia cisalpina dal 49 a.C. in seguito alla concessione della cittadinanza romana a tutta l'area, divenne giuridicamente parte dell'Italia romana e in età augustea venne divisa, come il resto d'Italia, in regioni (VIII, IX, X e XI nello specifico).
- Il termine "Gallia", anche al plurale "Gallie", fu anche il nome con i quali i Romani, sin dalla Repubblica, designavano collettivamente una più vasta porzione dell'Europa situata a occidente del Reno e che comprendeva le province della Gallia, della Belgica, della Germania e della Britannia (Gallia cisalpina, Gallia narbonense, Gallia Belgica, Aquitania, Gallia lugdunense, Germania Inferiore e superiore, Britannia) abitate da genti celtiche. Basandosi sulla convinzione di un'omogeneità di questa macro-regione, nacquero nel tardo Impero la Diocesi di Gallia (esclusa la Britannia), poi Prefettura del pretorio delle Gallie, una delle grandi divisioni amministrative dell'Impero il cui territorio comprendeva anche la Penisola iberica e il Nordafrica occidentale.
- In Gallia (transalpina) Cesare individuava tre regioni principali: la Gallia Belgica, l'Aquitania e la Gallia vera e propria o Gallia Celtica, ovvero l'area in seguito costituita nella provincia della Gallia Lugdunense. A queste regioni va poi aggiunta la Gallia Narbonense, che includeva la costa mediterranea e il medio e basso corso del Rodano e che, al tempo di Cesare, era già provincia romana.
Oppida celtici
Numerosi furono i centri urbani-fortificati celtici (oppidum), come Alesia, Avaricum, Bibracte, oppidum di Entremont, Gergovia, Gorgobina e Uxelloduno.
Città romano-celtiche
In seguito alla conquista romana alcuni furono abbandonati e sostituiti da "vicine" municipii e/o colonieae romane, altri continuarono a sopravvivere come insediamenti gallo-romani: Narbo Martius (Narbona, capitale della Gallia Narbonense), Lugdunum (Lione, capitale della Gallia Lugdunensis), Cenabum (Orléans), Samarobriva (Amiens), Augustoritum (Limoges), Limonum (Poitiers), Condate (Rennes), Divodurum (Metz), Durocortorum (Reims) e naturalmente la Lutetia Parisiorum (Parigi).
Popolazioni
b]Preistoria[/b]
Prima dell'insediamento dei Celti, è possibile che antichi elementi indoeuropei fossero già penetrati nel territorio della futura Gallia, almeno nelle frange orientali, anche a partire dal IV millennio a.C.; di queste ipotetiche popolazioni, tuttavia, non esistono testimonianze certe. Nelle aree sudoccidentali (l'odierna Aquitania), invece, erano di certo già stanziate popolazioni antenate degli odierni baschi, fin dal IX millennio a.C.
- Lungo le coste mediterranee della Gallia erano stanziati i Liguri, i cui insediamenti proseguivano, senza interruzione, anche in Gallia cisalpina. Nelle regioni orientali della Gallia (Gallia Belgica, corso del Reno, Elvezia) erano presenti popolazioni germaniche, variamente mescolate alle celtiche.
I Galli
Per i Celti stanziati nelle Gallie invalse, secondo l'uso latino, la denominazione di Galli; questi, a loro volta, erano ripartiti in numerose tribù. Cesare, nel De bello Gallico, distingue tre gruppi principali: i Belgi, stanziati a oriente dei fiumi Marna e Senna e mescolati a popolazioni germaniche; gli Aquitani, stanziati a sud della Garonna e ibridati con elementi iberici (i Vasconi paleo-baschi); e i Galli propriamente detti. Tra questi, Cesare distacca gli Elvezi, stanziati in un'area corrispondente grossomodo alle attuali Svizzera e Germania meridionale e particolarmente valorosi militarmente per via dei continui conflitti con i vicini Germani,[10] e attesta che al momento delle sue campagne tra i Galli si distinguevano due fazioni, capeggiate rispettivamente dagli Edui e dai Sequani, presto scalzati dai Remi.
Durante la dominazione romana
A partire dall'istituzione delle provincia della Gallia narbonense, nel 121 a.C., le Gallie furono sottoposte a un intenso processo di latinizzazione, attraverso la fondazione di colonie (quali Narbona) e altre forme di insediamenti, per esempio quelli militari. Identico processo ebbe in seguito luogo nelle province di Aquitania, Gallia Lugdunense e Gallia Belgica, conquistate da Cesare tra il 58 e il 50 a.C.
- L'Impero romano diede un forte impulso al processo di assimilazione culturale nei confronti dei Celti autoctoni; a questo processo contribuirono sia la spontanea adesione allo stile di vita e alla lingua del nuovo ceto dominante, sia la pressione coercitiva esercitata dagli organi detentori del potere. Ne è un efficace esempio l'operato dell'imperatore Claudio, che da un lato proibì la pratica del druidismo, e dall'altro cooptò nel Senato romano esponenti delle classi dirigenti galliche. Il processo di fusione dell'elemento celtico con quello latino ebbe luogo già durante l'epoca imperiale romana, come attesta la rarefazione delle testimonianze in lingua gallica: già a partire dal I secolo l'uso scritto di tali lingue appare in netto regresso.
- A partire dal III secolo si fece sempre più decisa la pressione germanica sulla regione, a partire dai suoi confini orientali (Gallia Belgica e fiume Reno), generando processi di fusione analoghi a quelli già da tempo in atto con i latini. Anche in questo caso, tuttavia, e nonostante la superiore organizzazione sociale e culturale dei Galli, fu il più numeroso e dinamico elemento germanico a prevalere.
Dopo il ritiro di Roma
Dagli inizi del V secolo la Gallia fu investita dalle invasioni di numerosi popoli germanici: nel 406 i Burgundi e i Vandali (che includevano numerosi elementi suebi e alani), nel 412 i Visigoti, nel 451 gli Unni (che però erano di lingua mongola). I Franchi erano invece già da tempo stanziati lungo il basso corso del Reno, e anzi si opposero militarmente alla grande ondata migratoria del 406; in seguito, estesero ampiamente la propria influenza.
Storia
L'insediamento nelle Gallie
I Celti, probabilmente formatosi come popolo indoeuropeo a sé stante in un'area dell'Europa centrale compresa tra le attuali Germania meridionale e la Francia orientale, si espansero fino alle coste atlantiche dell'odierna Francia e lungo il corso del Reno tra i secoli VIII e V a.C., nel corso dell'Età del Ferro (culture di Hallstatt e di La Tène). Più tardi, a partire dal 400 a.C. circa, penetrarono nell'odierna Italia settentrionale.
L'espansione verso sud
Nei secoli successivi i Celti furono la popolazione dominante di un'ampia area dell'Europa centro-occidentale, incluse le Gallie, che devono il loro nome proprio al termine impiegato dagli autori latini per indicare i Celti: Galli. Essi erano già noti ai Greci e ai Fenici che, navigando, erano giunti ad avere contatti commerciali con loro (soprattutto lungo le coste del Golfo del Leone). Tra il V e il II secolo a.C. i Galli rimasero frazionati in numerose tribù, spesso in lotta fra loro; questa endemica conflittualità, tuttavia, non pregiudicò la loro indipendenza, almeno durante quel primo periodo.
- Il primo evento storico ricordato che ha Galli come protagonisti è il sacco di Roma del 390 a.C., quando i Senoni guidati da Brenno attaccarono la città e la saccheggiarono. La storiografia latina, accanto alla leggenda delle oche capitoline che avrebbero scongiurato l'occupazione del Campidoglio, riporta la cocente umiliazione inferta ai Romani quando Brenno chiese oro in cambio della sua ritirata da Roma; i Romani non avrebbero mai più dimenticato questa lezione e fino all'arrivo di Alarico, Roma non sarebbe più stata saccheggiata.
Le Guerre puniche e l'istituzione delle prime province romane
Alla fine del III secolo a.C. i Galli aiutarono l'esercito di Annibale proveniente dalla Spagna ad attraversare le Alpi e in seguito a combattere nella Pianura Padana contro le truppe inviate contro di lui da Roma. La sconfitta di Annibale e la progressiva espansione della repubblica portò prima all'occupazione della Gallia cisalpina (eretta a provincia romana in data imprecisata, ma intorno al 95 a.C.), e poi al consolidamento di una testa di ponte oltralpe: la provincia Gallia narbonense, corrispondente grossomodo alle odierne regioni francesi di Linguadoca, Provenza e parte del Midi-Pirenei e comprendente la zona di Tolosa, tutta la fascia costiera mediterranea fino alle Alpi Marittime e all'alta valle del Rodano Quest'ultima provincia, istituita attorno al 121 a.C., avrebbe rappresentato il punto di partenza per le conquiste di Giulio Cesare ed era unita alla capitale mediante la via Aurelia. Nel 118, inoltre, fu fondata la sua capitale, Narbona, e, l'anno successivo (117), ultimata la via Domizia, che collegava l'Italia con la Spagna, passando per la Gallia meridionale.
Le campagne di Cesare e la conquista della Gallia "comata"
Fattosi nominare proconsole e governatore della Gallia narbonense, nel 58 a.C. Cesare partì alla conquista del territorio ancora non occupato spingendosi fin sulla Manica ed in Belgio. Narrò le proprie imprese nel De bello Gallico, cronaca in cui sono riportati anche i costumi e le usanze delle molteplici tribù galliche che via via incontrò e sconfisse.
- L'ultimo sussulto della resistenza gallica all'occupazione avvenne nel 52 a.C. quando i Galli si coalizzarono sotto la guida del carismatico capo Vercingetorige, che venne però sconfitto nell'assedio di Alesia, catturato e portato a Roma in catene per sfilare dietro al carro del vincitore ed essere giustiziato.
La Gallia romana (I secolo a.C.-III secolo d.C.)
A partire dal 50 a.C. i destini della Gallia e quelli dell'Impero romano furono comuni, di pari passo con la romanizzazione dei Galli e la costruzione di cittadine, strade e acquedotti. Ancora oggi si possono ammirare le opere romane ad Aix-en-Provence, Arles e Nîmes. Inoltre città come Lione e Parigi furono fondate su siti di preesistenti villaggi gallici. Il confine sul Reno fu il punto massimo di espansione romana stabile e duratura verso la Germania.
- Amministrativamente, la Gallia fu inizialmente ripartita in quattro province: alla già esistente Gallia narbonense si aggiunsero l'Aquitania, la Gallia lugdunense e la Gallia belgica. Nel 27 a.C. Augusto procedette a un riordino e istituì, nelle aree orientali lungo il corso del Reno, le nuove province di Germania superiore e Germania inferiore.
- Negli anni di Tiberio e Nerone, ci furono focolai di rivolta contro il dominio romano, tutti sedati con una certa rapidità. Per tutto il II secolo, fino alla dinastia dei Severi, la Gallia fu caratterizzata da un notevole sviluppo economico e sociale.
- Nel corso del III secolo i movimenti migratori delle popolazioni germaniche verso sud-ovest, fino a quel momento contenute, provocarono invasioni e devastazioni nel territorio gallico. Dalla metà del secolo, centro di rilievo del mondo gallico divenne Treviri, nella Gallia Belgica, che per circa un quindicennio fu anche capitale di un autonomo "Impero delle Gallie", che comprendeva le regioni più occidentali dell'impero, dalla Britannia alla Penisola Iberica.
- Dopo le prime rivolte dei Bagaudi, a partire dall'Armorica (odierna zona compresa tra Normandia e Bretagna) iniziò a manifestarsi un certo malessere che colpì i contadini, durato fino al V secolo. La riorganizzazione amministrativa di Diocleziano (fine III-inizi IV secolo) interessò anche la Gallia. Nel IV secolo, le quattro province che erano state create da Augusto divennero quattordici, e più tardi persino diciassette, raccolte poi in due diocesi: Gallie e Viennese, dipendenti dal prefetto del pretorio preposto alle Gallia, Britannia e Spagna. Nel corso di questo secolo, nonostante la pressione germanica, la situazione gallica rimase abbastanza stabile e la regione conobbe un periodo di sostanziale benessere.
Le Invasioni barbariche (IV-V secolo)
Nel III secolo l'impero romano entrò in un periodo di profonda crisi, che nelle province galliche si tradusse in una debolezza militare tale da consentire l'attaccato di nuove tribù di stirpe germanica, che attraversano sempre più spesso il confine. Queste tribù si stanziano nei territori che precedentemente appartenevano ai Galli; tra queste spiccò presto quella dei Franchi, stanziati inizialmente lungo il basso corso del Reno.
- Nel 406, probabilmente grazie a un inverno eccezionalmente rigido che consentì ai nomadi germani di attraversare a piedi il Reno ghiacciato, numerose nuove popolazioni irruppero in Gallia. Un ruolo di rilievo ebbero Visigoti e Burgundi, che nei decenni seguenti diedero vista a regni romano-barbarici in ampie aree della Gallia.
- Nel 451 la Gallia subì l'incursione degli Unni di Attila, sconfitto tuttavia dal generale Ezio. Con il V secolo, comunque, il dominio romano sulla Gallia fu di fatto cessato. Al suo interno si formarono diversi regni romano-barbarici; tra i principali e più duraturi, quello dei Franchi a nord, quello dei Visigoti a sud-ovest e quello dei Burgundi a est. Nei secoli successivi sarebbero prevalsi i Franchi, tanto che da loro la Gallia avrebbe preso il nuovo nome di "Francia"; da questo momento in poi finisce la storia della Gallia e inizia quella della Francia.
Fonte: WIKIPEDIA
La Gallia (o Gallia transalpina o Gallia comata) era, secondo la nomenclatura geografica dell'età antica, la terra dei Galli, termine che identificava, nel lessico latino, un ampio insieme di popolazioni celtiche continentali. Corrispondeva a un'ampia regione dell'Europa centro-occidentale compresa tra La Manica, il fiume Reno, le Alpi Occidentali, il Mar Mediterraneo, i Pirenei e l'Oceano Atlantico. "Gallia" (Gallia cisalpina o "togata") venne poi definita dai Romani per un certo periodo in età repubblicana anche parte dell'Italia settentrionale.
- Il termine "Gallia" rimase in uso fino all'età tardoantica e altomedievale, quando la stabilizzazione del Regno dei Franchi portò all'affermazione dell'espressione "Francia" (anche se il nome "Gallia" resisterà per tutto il Medioevo negli scritti in latino).
Territorio della Gallia transalpina o comata
I Romani attribuivano il nome di "Gallia" a diversi territori dell'Europa occidentale abitati da popolazioni di stirpe celtica, chiamati collettivamente "Galli". Con Gallia, tradizionalmente, si fa riferimento alla "Gallia transalpina", o "Gallia comata" ("Gallia capelluta" che, contrapposta alla Gallia togata, la Gallia cisalpina ormai romanizzata, era caratterizzata dalle lunghe chiome degli abitanti, non ancora assuefatti agli usi romani), un'ampia regione dell'Europa centro-occidentale, delimitata a nord dalla Manica, a sud dal Mar Mediterraneo, a ovest dall'Oceano Atlantico e a est dal fiume Reno e dalle Alpi occidentali e che corrispondeva quindi grossomodo all'area degli odierni Belgio, Lussemburgo, Germania occidentale, Francia e Svizzera.
- Ecco come Cesare, il primo conquistatore nel celebre incipit del De bello Gallico, descrive la Gallia:
« La Gallia nel suo insieme è divisa in tre parti: una è abitata dai Belgi, un'altra dagli Aquitani, la terza da quelli che nella loro lingua si chiamano Celti e nella nostra Galli. Tutti questi popoli divergono tra di loro nella lingua, nelle istituzioni e nelle leggi. I Galli sono divisi dagli Aquitani dal fiume Garonna, dai Belgi dai fiumi Marna e Senna. Tra tutti, i Belgi sono i più valorosi, perché i più lontani dalla raffinatezza e dalla civiltà della provincia, perché molto di rado i mercanti si recano da loro con quei prodotti che rendono molli gli animi e perché sono i più vicini ai Germani che vivono al di là del Reno, con i quali sono sempre in guerra. Questo è lo stesso motivo per cui anche gli Elvezi sono più valorosi dei Galli, cioè perché combattono quasi ogni giorno contro i Germani, o per difesa o per offesa. La parte abitata dai Galli inizia dal fiume Rodano, è delimitata dal fiume Garonna, dall'Oceano e dal paese dei Belgi; dalla parte dei Sequani e degli Elvezi tocca il Reno e si estende verso nord. Il paese dei Belgi inizia dalla parte estrema della Gallia, tocca il Reno inferiore e si estende a nord-est. L'Aquitania si estende dalla Garonna fino ai Pirenei e a quella parte dell'Oceano che va verso la Spagna; si estende tra occidente e settentrione »
(Cesare, De bello Gallico, I, 1.)
- Accanto alla transalpina, i Romani individuavano anche una "Gallia cisalpina", che si divideva a sua volta in "Gallia cispadana" (a sud del Po) e "Gallia transpadana" (a nord). Era il territorio dove, accanto a popoli di diversa filiazione, si erano insediate diverse tribù galliche. La Gallia cisalpina dal 49 a.C. in seguito alla concessione della cittadinanza romana a tutta l'area, divenne giuridicamente parte dell'Italia romana e in età augustea venne divisa, come il resto d'Italia, in regioni (VIII, IX, X e XI nello specifico).
- Il termine "Gallia", anche al plurale "Gallie", fu anche il nome con i quali i Romani, sin dalla Repubblica, designavano collettivamente una più vasta porzione dell'Europa situata a occidente del Reno e che comprendeva le province della Gallia, della Belgica, della Germania e della Britannia (Gallia cisalpina, Gallia narbonense, Gallia Belgica, Aquitania, Gallia lugdunense, Germania Inferiore e superiore, Britannia) abitate da genti celtiche. Basandosi sulla convinzione di un'omogeneità di questa macro-regione, nacquero nel tardo Impero la Diocesi di Gallia (esclusa la Britannia), poi Prefettura del pretorio delle Gallie, una delle grandi divisioni amministrative dell'Impero il cui territorio comprendeva anche la Penisola iberica e il Nordafrica occidentale.
- In Gallia (transalpina) Cesare individuava tre regioni principali: la Gallia Belgica, l'Aquitania e la Gallia vera e propria o Gallia Celtica, ovvero l'area in seguito costituita nella provincia della Gallia Lugdunense. A queste regioni va poi aggiunta la Gallia Narbonense, che includeva la costa mediterranea e il medio e basso corso del Rodano e che, al tempo di Cesare, era già provincia romana.
Oppida celtici
Numerosi furono i centri urbani-fortificati celtici (oppidum), come Alesia, Avaricum, Bibracte, oppidum di Entremont, Gergovia, Gorgobina e Uxelloduno.
Città romano-celtiche
In seguito alla conquista romana alcuni furono abbandonati e sostituiti da "vicine" municipii e/o colonieae romane, altri continuarono a sopravvivere come insediamenti gallo-romani: Narbo Martius (Narbona, capitale della Gallia Narbonense), Lugdunum (Lione, capitale della Gallia Lugdunensis), Cenabum (Orléans), Samarobriva (Amiens), Augustoritum (Limoges), Limonum (Poitiers), Condate (Rennes), Divodurum (Metz), Durocortorum (Reims) e naturalmente la Lutetia Parisiorum (Parigi).
Popolazioni
b]Preistoria[/b]
Prima dell'insediamento dei Celti, è possibile che antichi elementi indoeuropei fossero già penetrati nel territorio della futura Gallia, almeno nelle frange orientali, anche a partire dal IV millennio a.C.; di queste ipotetiche popolazioni, tuttavia, non esistono testimonianze certe. Nelle aree sudoccidentali (l'odierna Aquitania), invece, erano di certo già stanziate popolazioni antenate degli odierni baschi, fin dal IX millennio a.C.
- Lungo le coste mediterranee della Gallia erano stanziati i Liguri, i cui insediamenti proseguivano, senza interruzione, anche in Gallia cisalpina. Nelle regioni orientali della Gallia (Gallia Belgica, corso del Reno, Elvezia) erano presenti popolazioni germaniche, variamente mescolate alle celtiche.
I Galli
Per i Celti stanziati nelle Gallie invalse, secondo l'uso latino, la denominazione di Galli; questi, a loro volta, erano ripartiti in numerose tribù. Cesare, nel De bello Gallico, distingue tre gruppi principali: i Belgi, stanziati a oriente dei fiumi Marna e Senna e mescolati a popolazioni germaniche; gli Aquitani, stanziati a sud della Garonna e ibridati con elementi iberici (i Vasconi paleo-baschi); e i Galli propriamente detti. Tra questi, Cesare distacca gli Elvezi, stanziati in un'area corrispondente grossomodo alle attuali Svizzera e Germania meridionale e particolarmente valorosi militarmente per via dei continui conflitti con i vicini Germani,[10] e attesta che al momento delle sue campagne tra i Galli si distinguevano due fazioni, capeggiate rispettivamente dagli Edui e dai Sequani, presto scalzati dai Remi.
Durante la dominazione romana
A partire dall'istituzione delle provincia della Gallia narbonense, nel 121 a.C., le Gallie furono sottoposte a un intenso processo di latinizzazione, attraverso la fondazione di colonie (quali Narbona) e altre forme di insediamenti, per esempio quelli militari. Identico processo ebbe in seguito luogo nelle province di Aquitania, Gallia Lugdunense e Gallia Belgica, conquistate da Cesare tra il 58 e il 50 a.C.
- L'Impero romano diede un forte impulso al processo di assimilazione culturale nei confronti dei Celti autoctoni; a questo processo contribuirono sia la spontanea adesione allo stile di vita e alla lingua del nuovo ceto dominante, sia la pressione coercitiva esercitata dagli organi detentori del potere. Ne è un efficace esempio l'operato dell'imperatore Claudio, che da un lato proibì la pratica del druidismo, e dall'altro cooptò nel Senato romano esponenti delle classi dirigenti galliche. Il processo di fusione dell'elemento celtico con quello latino ebbe luogo già durante l'epoca imperiale romana, come attesta la rarefazione delle testimonianze in lingua gallica: già a partire dal I secolo l'uso scritto di tali lingue appare in netto regresso.
- A partire dal III secolo si fece sempre più decisa la pressione germanica sulla regione, a partire dai suoi confini orientali (Gallia Belgica e fiume Reno), generando processi di fusione analoghi a quelli già da tempo in atto con i latini. Anche in questo caso, tuttavia, e nonostante la superiore organizzazione sociale e culturale dei Galli, fu il più numeroso e dinamico elemento germanico a prevalere.
Dopo il ritiro di Roma
Dagli inizi del V secolo la Gallia fu investita dalle invasioni di numerosi popoli germanici: nel 406 i Burgundi e i Vandali (che includevano numerosi elementi suebi e alani), nel 412 i Visigoti, nel 451 gli Unni (che però erano di lingua mongola). I Franchi erano invece già da tempo stanziati lungo il basso corso del Reno, e anzi si opposero militarmente alla grande ondata migratoria del 406; in seguito, estesero ampiamente la propria influenza.
Storia
L'insediamento nelle Gallie
I Celti, probabilmente formatosi come popolo indoeuropeo a sé stante in un'area dell'Europa centrale compresa tra le attuali Germania meridionale e la Francia orientale, si espansero fino alle coste atlantiche dell'odierna Francia e lungo il corso del Reno tra i secoli VIII e V a.C., nel corso dell'Età del Ferro (culture di Hallstatt e di La Tène). Più tardi, a partire dal 400 a.C. circa, penetrarono nell'odierna Italia settentrionale.
L'espansione verso sud
Nei secoli successivi i Celti furono la popolazione dominante di un'ampia area dell'Europa centro-occidentale, incluse le Gallie, che devono il loro nome proprio al termine impiegato dagli autori latini per indicare i Celti: Galli. Essi erano già noti ai Greci e ai Fenici che, navigando, erano giunti ad avere contatti commerciali con loro (soprattutto lungo le coste del Golfo del Leone). Tra il V e il II secolo a.C. i Galli rimasero frazionati in numerose tribù, spesso in lotta fra loro; questa endemica conflittualità, tuttavia, non pregiudicò la loro indipendenza, almeno durante quel primo periodo.
- Il primo evento storico ricordato che ha Galli come protagonisti è il sacco di Roma del 390 a.C., quando i Senoni guidati da Brenno attaccarono la città e la saccheggiarono. La storiografia latina, accanto alla leggenda delle oche capitoline che avrebbero scongiurato l'occupazione del Campidoglio, riporta la cocente umiliazione inferta ai Romani quando Brenno chiese oro in cambio della sua ritirata da Roma; i Romani non avrebbero mai più dimenticato questa lezione e fino all'arrivo di Alarico, Roma non sarebbe più stata saccheggiata.
Le Guerre puniche e l'istituzione delle prime province romane
Alla fine del III secolo a.C. i Galli aiutarono l'esercito di Annibale proveniente dalla Spagna ad attraversare le Alpi e in seguito a combattere nella Pianura Padana contro le truppe inviate contro di lui da Roma. La sconfitta di Annibale e la progressiva espansione della repubblica portò prima all'occupazione della Gallia cisalpina (eretta a provincia romana in data imprecisata, ma intorno al 95 a.C.), e poi al consolidamento di una testa di ponte oltralpe: la provincia Gallia narbonense, corrispondente grossomodo alle odierne regioni francesi di Linguadoca, Provenza e parte del Midi-Pirenei e comprendente la zona di Tolosa, tutta la fascia costiera mediterranea fino alle Alpi Marittime e all'alta valle del Rodano Quest'ultima provincia, istituita attorno al 121 a.C., avrebbe rappresentato il punto di partenza per le conquiste di Giulio Cesare ed era unita alla capitale mediante la via Aurelia. Nel 118, inoltre, fu fondata la sua capitale, Narbona, e, l'anno successivo (117), ultimata la via Domizia, che collegava l'Italia con la Spagna, passando per la Gallia meridionale.
Le campagne di Cesare e la conquista della Gallia "comata"
Fattosi nominare proconsole e governatore della Gallia narbonense, nel 58 a.C. Cesare partì alla conquista del territorio ancora non occupato spingendosi fin sulla Manica ed in Belgio. Narrò le proprie imprese nel De bello Gallico, cronaca in cui sono riportati anche i costumi e le usanze delle molteplici tribù galliche che via via incontrò e sconfisse.
- L'ultimo sussulto della resistenza gallica all'occupazione avvenne nel 52 a.C. quando i Galli si coalizzarono sotto la guida del carismatico capo Vercingetorige, che venne però sconfitto nell'assedio di Alesia, catturato e portato a Roma in catene per sfilare dietro al carro del vincitore ed essere giustiziato.
La Gallia romana (I secolo a.C.-III secolo d.C.)
A partire dal 50 a.C. i destini della Gallia e quelli dell'Impero romano furono comuni, di pari passo con la romanizzazione dei Galli e la costruzione di cittadine, strade e acquedotti. Ancora oggi si possono ammirare le opere romane ad Aix-en-Provence, Arles e Nîmes. Inoltre città come Lione e Parigi furono fondate su siti di preesistenti villaggi gallici. Il confine sul Reno fu il punto massimo di espansione romana stabile e duratura verso la Germania.
- Amministrativamente, la Gallia fu inizialmente ripartita in quattro province: alla già esistente Gallia narbonense si aggiunsero l'Aquitania, la Gallia lugdunense e la Gallia belgica. Nel 27 a.C. Augusto procedette a un riordino e istituì, nelle aree orientali lungo il corso del Reno, le nuove province di Germania superiore e Germania inferiore.
- Negli anni di Tiberio e Nerone, ci furono focolai di rivolta contro il dominio romano, tutti sedati con una certa rapidità. Per tutto il II secolo, fino alla dinastia dei Severi, la Gallia fu caratterizzata da un notevole sviluppo economico e sociale.
- Nel corso del III secolo i movimenti migratori delle popolazioni germaniche verso sud-ovest, fino a quel momento contenute, provocarono invasioni e devastazioni nel territorio gallico. Dalla metà del secolo, centro di rilievo del mondo gallico divenne Treviri, nella Gallia Belgica, che per circa un quindicennio fu anche capitale di un autonomo "Impero delle Gallie", che comprendeva le regioni più occidentali dell'impero, dalla Britannia alla Penisola Iberica.
- Dopo le prime rivolte dei Bagaudi, a partire dall'Armorica (odierna zona compresa tra Normandia e Bretagna) iniziò a manifestarsi un certo malessere che colpì i contadini, durato fino al V secolo. La riorganizzazione amministrativa di Diocleziano (fine III-inizi IV secolo) interessò anche la Gallia. Nel IV secolo, le quattro province che erano state create da Augusto divennero quattordici, e più tardi persino diciassette, raccolte poi in due diocesi: Gallie e Viennese, dipendenti dal prefetto del pretorio preposto alle Gallia, Britannia e Spagna. Nel corso di questo secolo, nonostante la pressione germanica, la situazione gallica rimase abbastanza stabile e la regione conobbe un periodo di sostanziale benessere.
Le Invasioni barbariche (IV-V secolo)
Nel III secolo l'impero romano entrò in un periodo di profonda crisi, che nelle province galliche si tradusse in una debolezza militare tale da consentire l'attaccato di nuove tribù di stirpe germanica, che attraversano sempre più spesso il confine. Queste tribù si stanziano nei territori che precedentemente appartenevano ai Galli; tra queste spiccò presto quella dei Franchi, stanziati inizialmente lungo il basso corso del Reno.
- Nel 406, probabilmente grazie a un inverno eccezionalmente rigido che consentì ai nomadi germani di attraversare a piedi il Reno ghiacciato, numerose nuove popolazioni irruppero in Gallia. Un ruolo di rilievo ebbero Visigoti e Burgundi, che nei decenni seguenti diedero vista a regni romano-barbarici in ampie aree della Gallia.
- Nel 451 la Gallia subì l'incursione degli Unni di Attila, sconfitto tuttavia dal generale Ezio. Con il V secolo, comunque, il dominio romano sulla Gallia fu di fatto cessato. Al suo interno si formarono diversi regni romano-barbarici; tra i principali e più duraturi, quello dei Franchi a nord, quello dei Visigoti a sud-ovest e quello dei Burgundi a est. Nei secoli successivi sarebbero prevalsi i Franchi, tanto che da loro la Gallia avrebbe preso il nuovo nome di "Francia"; da questo momento in poi finisce la storia della Gallia e inizia quella della Francia.
Fonte: WIKIPEDIA
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
Rudis
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Rudis è il nome latino del testimone che si passano i corridori delle staffette atletiche olimpiche.
- In origine era un bastoncino di legno sagomato che testimoniava l'avvenuta liberazione di uno schiavo per diretto decreto imperiale. Veniva liberamente donato come testimonianza di libertà guadagnata in seguito ad atti giudicati di estremo valore o comunque incompatibili con lo stato servile di un proclamato eroe. In epoca tardoromana divenne l'emblema del comando tribunizio presso le legioni barbariche stanziate sui confini reno-danubiani.
- Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente entrò a far parte degli attributi del comando supremo di ogni generale avente il rango di aiutante di campo, ovvero feld-maresciallo, dei principali eserciti europei. Famosissimo il rudis con cui Erwin Rommel si fece ritrarre dopo la battaglia di Kasserine come il rudis di avorio bianco di Hermann Göring.
Fonte: WIKIPEDIA
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Rudis è il nome latino del testimone che si passano i corridori delle staffette atletiche olimpiche.
- In origine era un bastoncino di legno sagomato che testimoniava l'avvenuta liberazione di uno schiavo per diretto decreto imperiale. Veniva liberamente donato come testimonianza di libertà guadagnata in seguito ad atti giudicati di estremo valore o comunque incompatibili con lo stato servile di un proclamato eroe. In epoca tardoromana divenne l'emblema del comando tribunizio presso le legioni barbariche stanziate sui confini reno-danubiani.
- Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente entrò a far parte degli attributi del comando supremo di ogni generale avente il rango di aiutante di campo, ovvero feld-maresciallo, dei principali eserciti europei. Famosissimo il rudis con cui Erwin Rommel si fece ritrarre dopo la battaglia di Kasserine come il rudis di avorio bianco di Hermann Göring.
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Re: Spartacus
Germania Magna
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« Il Reno ed il Danubio dividono tutta la Germania dal paese dei Galli, da quello dei Reti, dai Pannoni, mentre il timore reciproco o le catene montuose [i Carpazi] la separano dai Sarmati e dai Daci. L'Oceano circonda le altre terre, abbracciando ampie penisole ed isole, dove da poco sono state conosciute nuove genti e popoli, scoperti tramite le guerre condotte [dai Romani]. [...] La Germania, terra di paesaggio desolato, dal clima rigido, piena di tristezza da vedersi ed abitarsi, a parte per coloro che vi sono nati. »
(Tacito, De Origine et situ Germanorum, 1-2.)
La Germania Magna era, secondo l'etnologia geografica dell'Antica Roma, una vasta area dell'Europa centrale non soggetta al domino romano (se non parzialmente e per brevi periodi), che si estendeva a oriente del Reno e nella quale era stanziata la maggior parte delle tribù germaniche. Al tempo di Augusto, i Romani ne intrapresero la conquista a partire dal 12 a.C. Nell'anno 6 d.C., tutta la Germania fino al fiume Elba era occupata e pacificata. Il consolidamento della conquista della Germania Magna non ebbe luogo a seguito della disfatta romana nella battaglia della foresta di Teutoburgo, avvenuta nel 9 d.C. Augusto intuì, così, già allora che i confini dell'Impero Romano dovessero essere stabiliti al Reno e al Danubio. Secondo questa politica di "smobilitazione" della frontiera di là del Reno, opereranno tutti gli imperatori successivi, da Tiberio (che mostrò indifferenza alla rivolta dei Frisi), a Claudio e a Nerone, che fermarono le iniziative di Corbulone in quei territori), fino a Domiziano quando fu creata una zona militarizzata (limes) tra Roma e la Germania.
Territorio
Se i confini settentrionali (geografici) e quelli occidentali e meridionali (politico-geografici) della Germania Magna erano definiti, quelli orientali rimasero sempre sfumati. A ovest la regione era limitata dal corso del fiume Reno; a sud, da quello del Danubio. Lungo i due fiumi correva il Limes, la lunga frontiera settentrionale dell'Impero romano che si estendeva dal Mare del Nord al Mar Nero. A nord, la Germania Magna era limitata da due mari, il Mar Baltico e lo stesso Mare del Nord. A est, invece, il suo territorio proseguiva indefinitamente, fino a dove erano presenti insediamenti di tribù germaniche.
- I Romani ebbero sempre una conoscenza approssimativa dell'esatta composizione etnica e della stessa conformazione fisica delle aree orientali delle terre dei Germani e la loro definizione geografica (Germania Magna, appunto), coincideva con quella etnica. Integrando lo schema romano con le moderne conoscenze storiche, i confini orientali della Germania Magna si possono pertanto precisare come grosso modo coincidenti con il corso del fiume Vistola, al di là del quale si estendevano le terre abitate in prevalenza da Balti e Slavi. Non esistette mai, comunque, una linea di confine netta tra i Germani e gli altri popoli; le varie tribù si intervallavano, si spostavano le une nelle terre delle altre, si scontravano e si fondevano continuamente, determinando il carattere costantemente fluido della regione, almeno dal punto di vista della composizione etnica.
- Allo stesso modo, anche il limite sudorientale della Germania Magna era indefinito; più che un confine, esisteva un'area di transizione verso le regioni abitate dai Sarmati e, più a sud, dai Pannoni: la Pannonia, a popolazione mista celtico-illirica (Pannoni).
Popolazioni
L'area che sarebbe stata identificata dai Romani con il nome di Germania Magna fu abitata in parte, fino al IV secolo a.C., da popolazioni celtiche, stanziate soprattutto nelle aree occidentali e meridionali. Già a partire dal V secolo, tuttavia, ebbe inizio un continuo processo espansivo dei Germani verso sud, a partire dalla loro patria originaria tra Scandinavia e coste del Mar Baltico. Verso il II-I secolo a.C., quando ebbero inizio i contatti con quei Romani che avrebbero definito "Germania Magna" la regione, la sua popolazione era ormai in gran parte germanica. In particolare, i Germani della Germania Magna appartenevano ai due sottinsiemi linguistici dei Germani occidentali (a loro volta ripartiti in Ingaevones, Istaevones e Herminones) e dei Germani orientali.
- La predominanza germanica nella regione è rimasta sostanzialmente costante fino ai nostri giorni, anche se nelle aree orientali già nell'antichità il contatto con Balti e Slavi si tradusse in alternanze, mescolanze e scontri tra i vari gruppi etnici.
Storia
Essendo Germania Magna un'espressione politico-geografica prettamente romana, la sua storia coincide con quella dei suoi rapporti con Roma e con quella dei suoi popoli nei secoli di contatto con la civiltà romana. Tale storia è caratterizzata in una prima fase dai continui scontri lungo il Limes tra le tribù germaniche e l'Impero romano (I secolo a.C.-III secolo d.C.); in una seconda fase (III-VI secolo) a essere predominanti sono le ondate migratorie che dalla Germania Magna mossero verso l'Impero, determinando continui rimescolamenti di popolazioni.
Fonte: WIKIPEDIA
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« Il Reno ed il Danubio dividono tutta la Germania dal paese dei Galli, da quello dei Reti, dai Pannoni, mentre il timore reciproco o le catene montuose [i Carpazi] la separano dai Sarmati e dai Daci. L'Oceano circonda le altre terre, abbracciando ampie penisole ed isole, dove da poco sono state conosciute nuove genti e popoli, scoperti tramite le guerre condotte [dai Romani]. [...] La Germania, terra di paesaggio desolato, dal clima rigido, piena di tristezza da vedersi ed abitarsi, a parte per coloro che vi sono nati. »
(Tacito, De Origine et situ Germanorum, 1-2.)
La Germania Magna era, secondo l'etnologia geografica dell'Antica Roma, una vasta area dell'Europa centrale non soggetta al domino romano (se non parzialmente e per brevi periodi), che si estendeva a oriente del Reno e nella quale era stanziata la maggior parte delle tribù germaniche. Al tempo di Augusto, i Romani ne intrapresero la conquista a partire dal 12 a.C. Nell'anno 6 d.C., tutta la Germania fino al fiume Elba era occupata e pacificata. Il consolidamento della conquista della Germania Magna non ebbe luogo a seguito della disfatta romana nella battaglia della foresta di Teutoburgo, avvenuta nel 9 d.C. Augusto intuì, così, già allora che i confini dell'Impero Romano dovessero essere stabiliti al Reno e al Danubio. Secondo questa politica di "smobilitazione" della frontiera di là del Reno, opereranno tutti gli imperatori successivi, da Tiberio (che mostrò indifferenza alla rivolta dei Frisi), a Claudio e a Nerone, che fermarono le iniziative di Corbulone in quei territori), fino a Domiziano quando fu creata una zona militarizzata (limes) tra Roma e la Germania.
Territorio
Se i confini settentrionali (geografici) e quelli occidentali e meridionali (politico-geografici) della Germania Magna erano definiti, quelli orientali rimasero sempre sfumati. A ovest la regione era limitata dal corso del fiume Reno; a sud, da quello del Danubio. Lungo i due fiumi correva il Limes, la lunga frontiera settentrionale dell'Impero romano che si estendeva dal Mare del Nord al Mar Nero. A nord, la Germania Magna era limitata da due mari, il Mar Baltico e lo stesso Mare del Nord. A est, invece, il suo territorio proseguiva indefinitamente, fino a dove erano presenti insediamenti di tribù germaniche.
- I Romani ebbero sempre una conoscenza approssimativa dell'esatta composizione etnica e della stessa conformazione fisica delle aree orientali delle terre dei Germani e la loro definizione geografica (Germania Magna, appunto), coincideva con quella etnica. Integrando lo schema romano con le moderne conoscenze storiche, i confini orientali della Germania Magna si possono pertanto precisare come grosso modo coincidenti con il corso del fiume Vistola, al di là del quale si estendevano le terre abitate in prevalenza da Balti e Slavi. Non esistette mai, comunque, una linea di confine netta tra i Germani e gli altri popoli; le varie tribù si intervallavano, si spostavano le une nelle terre delle altre, si scontravano e si fondevano continuamente, determinando il carattere costantemente fluido della regione, almeno dal punto di vista della composizione etnica.
- Allo stesso modo, anche il limite sudorientale della Germania Magna era indefinito; più che un confine, esisteva un'area di transizione verso le regioni abitate dai Sarmati e, più a sud, dai Pannoni: la Pannonia, a popolazione mista celtico-illirica (Pannoni).
Popolazioni
L'area che sarebbe stata identificata dai Romani con il nome di Germania Magna fu abitata in parte, fino al IV secolo a.C., da popolazioni celtiche, stanziate soprattutto nelle aree occidentali e meridionali. Già a partire dal V secolo, tuttavia, ebbe inizio un continuo processo espansivo dei Germani verso sud, a partire dalla loro patria originaria tra Scandinavia e coste del Mar Baltico. Verso il II-I secolo a.C., quando ebbero inizio i contatti con quei Romani che avrebbero definito "Germania Magna" la regione, la sua popolazione era ormai in gran parte germanica. In particolare, i Germani della Germania Magna appartenevano ai due sottinsiemi linguistici dei Germani occidentali (a loro volta ripartiti in Ingaevones, Istaevones e Herminones) e dei Germani orientali.
- La predominanza germanica nella regione è rimasta sostanzialmente costante fino ai nostri giorni, anche se nelle aree orientali già nell'antichità il contatto con Balti e Slavi si tradusse in alternanze, mescolanze e scontri tra i vari gruppi etnici.
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Re: Spartacus
Gladiatore
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« Ave Caesar, morituri te salutant. »
(Erroneamente considerato saluto dei gladiatori)
Il gladiatore era un particolare lottatore dell'antica Roma. Il nome deriva da gladio, una piccola spada corta usata molto spesso nei combattimenti. La pratica dei duelli tra gladiatori proviene dall'Etruria e, come molti altri aspetti della cultura etrusca, anche questo fu adottato dai Romani.
- La sua origine è da ricollegare all'istituzione del cosiddetto munus, un "dovere", un "obbligo" , una munificenza privata di fornire un servizio o un contributo alla sua comunità. Nell'antica Roma, i munera erano quindi le opere pubbliche realizzate per il bene del popolo romano da soggetti facoltosi e di alto rango.
- I munera si differenziavano invece dai Ludi, "giochi", competizioni sportive o spettacoli sponsorizzati dallo Stato.
- I munera gladiatoria, in particolare, erano dovuti all'abitudine dei personaggi più facoltosi di offrire al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, per esempio duelli all'ultimo sangue fra schiavi in occasione del funerale di qualche congiunto. I munera potevano essere ordinaria, previsti cioè in occasione di certe festività, o extraordinaria per celebrare particolari occasioni.
Le origini
L'origine etrusca dei giochi gladiatori
L'ipotesi che i giochi gladiatori siano nati in Etruria o che i Romani li abbiano mutuati dagli Etruschi sembrerebbe trovare fondamento su testimonianze archeologiche, in particolare pitture tombali, e su fonti letterarie.
- Sulle pareti di due tombe di Tarquinia, rispettivamente la Tomba degli Auguri (seconda metà del VI secolo a.C.) e la Tomba delle Olimpiadi (ultimo venticinquennio del VI secolo a.C.), è raffigurato un gruppo composto da uno strano personaggio mascherato, denominato Phersu, che tiene al laccio un feroce cane che assale un uomo con la testa coperta da un sacco che si difende con una clava. In questa cruenta scena di combattimento Raymond Bloch ha ritenuto di vedere un'anticipazione dei giochi gladiatori romani che deriverebbero appunto dai giochi funebri dell'Etruria, nel corso dei quali venivano offerti al defunto selvaggi combattimenti tra avversari che cercavano disperatamente ciascuno di salvare la propria vita. Su urne e sarcofagi etruschi si ritrovano frequentemente rappresentazioni di combattimenti anche se l'interpretazione di tali scene non sempre porta a ritenere che si tratti effettivamente di gladiatori piuttosto che di scene mitologiche o di combattimenti tra guerrieri. Nicola di Damasco (in Ateneo, I Deipnosofisti, IV, 153 fr.), storico greco vissuto durante l'età di Augusto, ci riferisce che i giochi gladiatori sono stati importati a Roma dall'Etruria.
- Il nome lanista con il quale i Romani chiamavano l'imprenditore che faceva commercio di gladiatori deriverebbe dall'etrusco (in questo senso Isidoro di Siviglia, Origini X, 247).
- Da Tertulliano (Apologeticum 15, 5), vissuto nel II secolo d.C., apprendiamo che i gladiatori uccisi nei combattimenti nell'arena venivano trascinati via da incaricati mascherati da Caronte, armati di martello, attributo del demone etrusco Charun.
I giochi gladiatori a Roma
Nacquero queste figure a causa del sanguinario fanatismo del popolo romano e per questo erano considerati dei veri e propri eroi nazionali. I gladiatori non erano dei veri e propri legionari, ma erano all'inizio degli schiavi riportati dalle conquiste imperialistiche, poi entrarono criminali e infine uomini liberi che avevano qualche conto da saldare con la giustizia. Il primo spettacolo con gladiatori si svolse probabilmente nel 264 a.C. Nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici.
- Il numero degli spettacoli gladiatorii aumentò enormemente durante l'Impero. La dinastia Flavia, iniziata con l'imperatore Flavio Vespasiano, fece costruire il più grande e più famoso anfiteatro del mondo, l'anfiteatro Flavio, successivamente conosciuto con il nome di Colosseo. Nel IV secolo, l'imperatore Costantino I, dopo aver abbracciato la fede cristiana, li proibì. La loro grande popolarità fece in modo che questi giochi continuassero più o meno saltuariamente nonostante le reiterate proibizioni, in particolare nelle città lontane dall'Imperatore e dalla sua corte (come Roma) dove gli ultimi spettacoli gladiatori arrivano ad essere celebrati nei primi anni del medioevo.
- I combattenti potevano essere dei veri professionisti, nuovi gladiatori inesperti, condannati (criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, cristiani, e via dicendo), o degli uomini liberi, senza distinzioni di razza, né di sesso (i combattimenti di gladiatrici, estremamente rari, erano sempre quelli più richiesti).
- I galeotti e i prigionieri di guerra, particolarmente agguerriti per essere sopravvissuti ad anni di lotte e di sofferenze, erano molto ricercati. Molto spesso erano originari di terre lontane (per esempio Numidia, Tracia, Germania), e si proponevano volentieri, in modo da poter progredire in questa carriera. Era infatti inconcepibile per un Romano inserire in un combattimento di gladiatori qualcuno che non fosse volontario.
L'addestramento
L'addestramento dei gladiatori era ancora più approfondito di quello praticato nelle scuole militari romane. Praticavano la scherma con le spade specifiche, il maneggio di armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi allenamenti. Durante l'era cristiana, la gladiatura divenne uno sport di alto livello a Roma, e i centri di addestramento rivaleggiavano tra loro nel cercare di produrre i migliori combattenti. Le condizioni di vita per i gladiatori erano eccezionali, in quanto essi avevano le porte aperte a tutte le serate mondane organizzate a Roma e nei suoi dintorni. L'addestramento, avveniva nella cosiddetta "Palestra", collegata al Colosseo tramite un corridoio sotterraneo ed era la loro vera estrema costrizione e occorreva aver cura di questi autentici atleti, dei loro momenti di rilassamento e del prestigio della loro reputazione. I nuovi gladiatori non avevano il privilegio dell'accesso alle serate di feste ma questa notorietà faceva parte della vita che inseguivano tanti giovani gladiatori. La rivolta di Spartacus prese corpo nel 73 a.C., in una scuola di gladiatori di Capua ma, all'epoca, questo sport era ancora poco e male regolamentato.
Riferimenti storici della gladiatura
I combattimenti dei gladiatori vengono inseriti nei giochi pubblici romani da Gaio Mario.
- Questi combattimenti, certamente mortali, erano molto regolamentati e non somigliavano per niente alla caricatura presentata dai film di Hollywood.
- Tuttavia, gli stessi Romani si interrogarono molto presto sull'interesse e la legittimità di un tale sport spettacolo. Alla gladiatura necessitava, in effetti, il riconoscimento ai diritti legati alla cittadinanza romana; ma ciò era pressappoco un'eresia per i Romani. Per certuni, il gioco valeva la candela poiché la gloria e la fortuna raccolta nell'arena erano veramente considerevoli. Non bisogna però confondere i combattimenti di gladiatori con i veri spettacoli nei quali venivano impiegati animali selvatici o venivano proposte ricostruzioni di battaglie.
- Gli storici studiano ormai con una nuova ottica la gladiatura romana, in un profilo più "sportivo", rimarcando così, nettamente, una separazione con la storiografia classica, influenzata dalla fede cristiana, molto ostile a certe pratiche.
- I Greci adottavano ugualmente sport marziale, ma la gladiatura non era praticata in tutto l'Impero Romano; in Egitto e in Medio Oriente, in particolare, dove ci si contentava delle corse dei carri, lo sport principe dell'antichità.
- Approfittando della politica di austerità di Tiberio, alcuni opportunisti, mettevano su delle prove che non erano assolutamente coperte dalle migliori garanzie di sicurezza.
- Il crollo di un anfiteatro edificato in fretta e furia a Fidènes, qualche chilometro fuori Roma, segnò profondamente i Romani. Tacito che racconta la tragedia nei suoi Annales cita la cifra di 50.000 tra morti e feriti.
- In conseguenza di questa tragedia, la legislazione sull'organizzazione di spettacoli sportivi fu successivamente molto regolamentata in tutto l'Impero.
- In controtendenza al regno di Tiberio, l'imperatore romano Caligola, ( dal 37 al 41) moltiplicò il numero delle corse dei carri ed altre prove sportive a Roma.
Egli privilegiò ugualmente la gladiatura che, già di suo, faceva figura di grande sport romano, rispetto alla boxe ed alle corse dei carri.
- Sotto la pressione cristiana, chiusura delle scuole di gladiatori a Roma.
Questo spettacolo romano era disprezzato dai cristiani, i quali non giunsero tuttavia ad interdirne la pratica del tutto nemmeno a Roma.
- Ultimi combattimenti di gladiatori a Roma (più di un secolo dopo la prima interdizione da parte dell'imperatore Costantino).
I combattimenti
Secondo la cultura popolare, prima del combattimento i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell'Imperatore, quando egli era presente, e urlavano: “Ave Caesar, morituri te salutant.”, (“Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano.”). Pare invece che la storiografia recente abbia confermato l'infondatezza di questa "notizia". Si ritiene che la frase sia stata pronunciata da un gruppo di condannati a morte che, tentando di ingraziarselo, la scandirono prima di iniziare a combattere per l'imperatore Claudio. Per nulla intenerito, egli disse semplicemente "Continuate".
- I combattimenti opponevano sempre delle coppie di gladiatori differenti: Reziari, Secutores, Mirmilloni, Traci, Dimachaeri. Ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi. Ogni categoria di gladiatori aveva dei vantaggi e degli svantaggi.
Cercando di rendere pari le chances di ogni combattente, i Romani dosavano questi vantaggi e questi svantaggi. I combattimenti più classici mettevano di fronte:
- I Reziari contro i Secutores
- I Traci contro i Mirmilloni
Si gareggiava poi per trovare idee sempre nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o ricercando situazioni grottesche, come quella inscenata dell'imperatore Domiziano che, nel 90 fece combattere nani contro donne.
- È da smentire la credenza secondo cui, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse generalmente ucciso per giudizio della folla. È probabilmente vero che il pubblico esprimeva il suo gradimento, e forse anche la volontà di vita e di morte; ma era estremamente raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano estremamente costosi da addestrare e mantenere. Soltanto chi si comportava vilmente era "condannato a morte" dal pubblico, il che accadeva comunque raramente: i combattenti di carriera erano esperti nel dare spettacolo e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo.
- L'organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. I Romani erano molto appassionati di statistiche sportive e si conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori, dimostrando che essi erano stati sempre “graziati” o, vincitori. Di più, il gladiatore, se fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere i combattimenti.
- Quando comunque un gladiatore veniva ucciso dal suo avversario, gli si avvicinava uno schiavo con la maschera del dio Mercurio, che aveva il compito di accertarne la morte toccandolo con un ferro rovente.
Equivoco del pollice verso
Sul famoso gesto del pollice verso, le fonti sono scarse e discordanti. Un passo delle Satire di Giovenale («verso pollice vulgus cum iubet») sembra dare spazio alla circostanza, ma le fonti storiche propriamente dette non ne parlano. Prudenzio, in contra Symmachum 2.1096 usa il verbo convertere: «Et, quoties victor ferrum jugulo inserit, illa delicias ait esse suas, pectusque jacentis virgo modesta jubet converso pollice rumpi». Altre espressioni sono pollicem premere e pollex infestus. In realtà, in tutti i passi latini, il problema verte su quale sia il senso da dare all'espressione «verso pollice» o «converso pollice» o simili, se cioè pollice girato debba intendersi all'insù o all'ingiù. Appare certo, ad esempio, che il pollice rivolto in basso non significasse la morte per il gladiatore.
La lusio
Per moderare la virulenza dei cruenti spettacoli del circo che inorridava la parte più moderata dei Romani alcuni imperatori cercarono di temperare il munus rendendolo più umano ricorrendo alla lusio.
- Le hoplomachiae infatti potevano essere simulate, con armi adattate per non causare ferite, nel prologo al combattimento vero e proprio con la prolusio o con la lusio nei punti salienti dei munera. Questi duelli simultanei incruenti tra gladiatori disarmati servivano alla loro preparazione per il vero scontro con l'uccisione dell'avversario.
- Traiano, Marco Aurelio cercarono di ampliare nelle loro feste la parte dedicata al lusio diminuendo così quella del munus. Dopo i fasti di Ostia, Traiano, il 30 marzo 108 organizzò una lusio della durata di tredici giorni con 350 coppie di gladiatori. Marco Aurelio, il cui figlio Commodo aspirava alla fama di gladiatore, cercò di diminuire, in ottemperanza alla sua filosofia stoica, le spese di bilancio destinate ai munera fuori Roma e quando offrì alla plebe romana le lotte tra gladiatori le organizzò sempre come lusiones.
- I Romani continuarono però a preferire alle lusiones le hoplomachiae tanto che in Gallia e in Macedonia dal II secolo in poi furono modificati i teatri affinché potessero servire ai combattimenti tra gladiatori e alle venationes.
- A Roma si pensò bene di trasferire le rappresentazioni di tragedie a forti tinte al Colosseo dove in una versione del Laureolus di Catullo un famoso bandito che impersonava il personaggio venne veramente crocefisso, nel Mucius Scaevola il protagonista doveva bruciare un braccio in un braciere e nella Morte di Ercole il mitico eroe veniva bruciato sul rogo.
Fonte: WIKIPEDIA
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« Ave Caesar, morituri te salutant. »
(Erroneamente considerato saluto dei gladiatori)
Il gladiatore era un particolare lottatore dell'antica Roma. Il nome deriva da gladio, una piccola spada corta usata molto spesso nei combattimenti. La pratica dei duelli tra gladiatori proviene dall'Etruria e, come molti altri aspetti della cultura etrusca, anche questo fu adottato dai Romani.
- La sua origine è da ricollegare all'istituzione del cosiddetto munus, un "dovere", un "obbligo" , una munificenza privata di fornire un servizio o un contributo alla sua comunità. Nell'antica Roma, i munera erano quindi le opere pubbliche realizzate per il bene del popolo romano da soggetti facoltosi e di alto rango.
- I munera si differenziavano invece dai Ludi, "giochi", competizioni sportive o spettacoli sponsorizzati dallo Stato.
- I munera gladiatoria, in particolare, erano dovuti all'abitudine dei personaggi più facoltosi di offrire al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, per esempio duelli all'ultimo sangue fra schiavi in occasione del funerale di qualche congiunto. I munera potevano essere ordinaria, previsti cioè in occasione di certe festività, o extraordinaria per celebrare particolari occasioni.
Le origini
L'origine etrusca dei giochi gladiatori
L'ipotesi che i giochi gladiatori siano nati in Etruria o che i Romani li abbiano mutuati dagli Etruschi sembrerebbe trovare fondamento su testimonianze archeologiche, in particolare pitture tombali, e su fonti letterarie.
- Sulle pareti di due tombe di Tarquinia, rispettivamente la Tomba degli Auguri (seconda metà del VI secolo a.C.) e la Tomba delle Olimpiadi (ultimo venticinquennio del VI secolo a.C.), è raffigurato un gruppo composto da uno strano personaggio mascherato, denominato Phersu, che tiene al laccio un feroce cane che assale un uomo con la testa coperta da un sacco che si difende con una clava. In questa cruenta scena di combattimento Raymond Bloch ha ritenuto di vedere un'anticipazione dei giochi gladiatori romani che deriverebbero appunto dai giochi funebri dell'Etruria, nel corso dei quali venivano offerti al defunto selvaggi combattimenti tra avversari che cercavano disperatamente ciascuno di salvare la propria vita. Su urne e sarcofagi etruschi si ritrovano frequentemente rappresentazioni di combattimenti anche se l'interpretazione di tali scene non sempre porta a ritenere che si tratti effettivamente di gladiatori piuttosto che di scene mitologiche o di combattimenti tra guerrieri. Nicola di Damasco (in Ateneo, I Deipnosofisti, IV, 153 fr.), storico greco vissuto durante l'età di Augusto, ci riferisce che i giochi gladiatori sono stati importati a Roma dall'Etruria.
- Il nome lanista con il quale i Romani chiamavano l'imprenditore che faceva commercio di gladiatori deriverebbe dall'etrusco (in questo senso Isidoro di Siviglia, Origini X, 247).
- Da Tertulliano (Apologeticum 15, 5), vissuto nel II secolo d.C., apprendiamo che i gladiatori uccisi nei combattimenti nell'arena venivano trascinati via da incaricati mascherati da Caronte, armati di martello, attributo del demone etrusco Charun.
I giochi gladiatori a Roma
Nacquero queste figure a causa del sanguinario fanatismo del popolo romano e per questo erano considerati dei veri e propri eroi nazionali. I gladiatori non erano dei veri e propri legionari, ma erano all'inizio degli schiavi riportati dalle conquiste imperialistiche, poi entrarono criminali e infine uomini liberi che avevano qualche conto da saldare con la giustizia. Il primo spettacolo con gladiatori si svolse probabilmente nel 264 a.C. Nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici.
- Il numero degli spettacoli gladiatorii aumentò enormemente durante l'Impero. La dinastia Flavia, iniziata con l'imperatore Flavio Vespasiano, fece costruire il più grande e più famoso anfiteatro del mondo, l'anfiteatro Flavio, successivamente conosciuto con il nome di Colosseo. Nel IV secolo, l'imperatore Costantino I, dopo aver abbracciato la fede cristiana, li proibì. La loro grande popolarità fece in modo che questi giochi continuassero più o meno saltuariamente nonostante le reiterate proibizioni, in particolare nelle città lontane dall'Imperatore e dalla sua corte (come Roma) dove gli ultimi spettacoli gladiatori arrivano ad essere celebrati nei primi anni del medioevo.
- I combattenti potevano essere dei veri professionisti, nuovi gladiatori inesperti, condannati (criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, cristiani, e via dicendo), o degli uomini liberi, senza distinzioni di razza, né di sesso (i combattimenti di gladiatrici, estremamente rari, erano sempre quelli più richiesti).
- I galeotti e i prigionieri di guerra, particolarmente agguerriti per essere sopravvissuti ad anni di lotte e di sofferenze, erano molto ricercati. Molto spesso erano originari di terre lontane (per esempio Numidia, Tracia, Germania), e si proponevano volentieri, in modo da poter progredire in questa carriera. Era infatti inconcepibile per un Romano inserire in un combattimento di gladiatori qualcuno che non fosse volontario.
L'addestramento
L'addestramento dei gladiatori era ancora più approfondito di quello praticato nelle scuole militari romane. Praticavano la scherma con le spade specifiche, il maneggio di armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi allenamenti. Durante l'era cristiana, la gladiatura divenne uno sport di alto livello a Roma, e i centri di addestramento rivaleggiavano tra loro nel cercare di produrre i migliori combattenti. Le condizioni di vita per i gladiatori erano eccezionali, in quanto essi avevano le porte aperte a tutte le serate mondane organizzate a Roma e nei suoi dintorni. L'addestramento, avveniva nella cosiddetta "Palestra", collegata al Colosseo tramite un corridoio sotterraneo ed era la loro vera estrema costrizione e occorreva aver cura di questi autentici atleti, dei loro momenti di rilassamento e del prestigio della loro reputazione. I nuovi gladiatori non avevano il privilegio dell'accesso alle serate di feste ma questa notorietà faceva parte della vita che inseguivano tanti giovani gladiatori. La rivolta di Spartacus prese corpo nel 73 a.C., in una scuola di gladiatori di Capua ma, all'epoca, questo sport era ancora poco e male regolamentato.
Riferimenti storici della gladiatura
I combattimenti dei gladiatori vengono inseriti nei giochi pubblici romani da Gaio Mario.
- Questi combattimenti, certamente mortali, erano molto regolamentati e non somigliavano per niente alla caricatura presentata dai film di Hollywood.
- Tuttavia, gli stessi Romani si interrogarono molto presto sull'interesse e la legittimità di un tale sport spettacolo. Alla gladiatura necessitava, in effetti, il riconoscimento ai diritti legati alla cittadinanza romana; ma ciò era pressappoco un'eresia per i Romani. Per certuni, il gioco valeva la candela poiché la gloria e la fortuna raccolta nell'arena erano veramente considerevoli. Non bisogna però confondere i combattimenti di gladiatori con i veri spettacoli nei quali venivano impiegati animali selvatici o venivano proposte ricostruzioni di battaglie.
- Gli storici studiano ormai con una nuova ottica la gladiatura romana, in un profilo più "sportivo", rimarcando così, nettamente, una separazione con la storiografia classica, influenzata dalla fede cristiana, molto ostile a certe pratiche.
- I Greci adottavano ugualmente sport marziale, ma la gladiatura non era praticata in tutto l'Impero Romano; in Egitto e in Medio Oriente, in particolare, dove ci si contentava delle corse dei carri, lo sport principe dell'antichità.
- Approfittando della politica di austerità di Tiberio, alcuni opportunisti, mettevano su delle prove che non erano assolutamente coperte dalle migliori garanzie di sicurezza.
- Il crollo di un anfiteatro edificato in fretta e furia a Fidènes, qualche chilometro fuori Roma, segnò profondamente i Romani. Tacito che racconta la tragedia nei suoi Annales cita la cifra di 50.000 tra morti e feriti.
- In conseguenza di questa tragedia, la legislazione sull'organizzazione di spettacoli sportivi fu successivamente molto regolamentata in tutto l'Impero.
- In controtendenza al regno di Tiberio, l'imperatore romano Caligola, ( dal 37 al 41) moltiplicò il numero delle corse dei carri ed altre prove sportive a Roma.
Egli privilegiò ugualmente la gladiatura che, già di suo, faceva figura di grande sport romano, rispetto alla boxe ed alle corse dei carri.
- Sotto la pressione cristiana, chiusura delle scuole di gladiatori a Roma.
Questo spettacolo romano era disprezzato dai cristiani, i quali non giunsero tuttavia ad interdirne la pratica del tutto nemmeno a Roma.
- Ultimi combattimenti di gladiatori a Roma (più di un secolo dopo la prima interdizione da parte dell'imperatore Costantino).
I combattimenti
Secondo la cultura popolare, prima del combattimento i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell'Imperatore, quando egli era presente, e urlavano: “Ave Caesar, morituri te salutant.”, (“Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano.”). Pare invece che la storiografia recente abbia confermato l'infondatezza di questa "notizia". Si ritiene che la frase sia stata pronunciata da un gruppo di condannati a morte che, tentando di ingraziarselo, la scandirono prima di iniziare a combattere per l'imperatore Claudio. Per nulla intenerito, egli disse semplicemente "Continuate".
- I combattimenti opponevano sempre delle coppie di gladiatori differenti: Reziari, Secutores, Mirmilloni, Traci, Dimachaeri. Ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi. Ogni categoria di gladiatori aveva dei vantaggi e degli svantaggi.
Cercando di rendere pari le chances di ogni combattente, i Romani dosavano questi vantaggi e questi svantaggi. I combattimenti più classici mettevano di fronte:
- I Reziari contro i Secutores
- I Traci contro i Mirmilloni
Si gareggiava poi per trovare idee sempre nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o ricercando situazioni grottesche, come quella inscenata dell'imperatore Domiziano che, nel 90 fece combattere nani contro donne.
- È da smentire la credenza secondo cui, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse generalmente ucciso per giudizio della folla. È probabilmente vero che il pubblico esprimeva il suo gradimento, e forse anche la volontà di vita e di morte; ma era estremamente raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano estremamente costosi da addestrare e mantenere. Soltanto chi si comportava vilmente era "condannato a morte" dal pubblico, il che accadeva comunque raramente: i combattenti di carriera erano esperti nel dare spettacolo e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo.
- L'organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. I Romani erano molto appassionati di statistiche sportive e si conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori, dimostrando che essi erano stati sempre “graziati” o, vincitori. Di più, il gladiatore, se fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere i combattimenti.
- Quando comunque un gladiatore veniva ucciso dal suo avversario, gli si avvicinava uno schiavo con la maschera del dio Mercurio, che aveva il compito di accertarne la morte toccandolo con un ferro rovente.
Equivoco del pollice verso
Sul famoso gesto del pollice verso, le fonti sono scarse e discordanti. Un passo delle Satire di Giovenale («verso pollice vulgus cum iubet») sembra dare spazio alla circostanza, ma le fonti storiche propriamente dette non ne parlano. Prudenzio, in contra Symmachum 2.1096 usa il verbo convertere: «Et, quoties victor ferrum jugulo inserit, illa delicias ait esse suas, pectusque jacentis virgo modesta jubet converso pollice rumpi». Altre espressioni sono pollicem premere e pollex infestus. In realtà, in tutti i passi latini, il problema verte su quale sia il senso da dare all'espressione «verso pollice» o «converso pollice» o simili, se cioè pollice girato debba intendersi all'insù o all'ingiù. Appare certo, ad esempio, che il pollice rivolto in basso non significasse la morte per il gladiatore.
La lusio
Per moderare la virulenza dei cruenti spettacoli del circo che inorridava la parte più moderata dei Romani alcuni imperatori cercarono di temperare il munus rendendolo più umano ricorrendo alla lusio.
- Le hoplomachiae infatti potevano essere simulate, con armi adattate per non causare ferite, nel prologo al combattimento vero e proprio con la prolusio o con la lusio nei punti salienti dei munera. Questi duelli simultanei incruenti tra gladiatori disarmati servivano alla loro preparazione per il vero scontro con l'uccisione dell'avversario.
- Traiano, Marco Aurelio cercarono di ampliare nelle loro feste la parte dedicata al lusio diminuendo così quella del munus. Dopo i fasti di Ostia, Traiano, il 30 marzo 108 organizzò una lusio della durata di tredici giorni con 350 coppie di gladiatori. Marco Aurelio, il cui figlio Commodo aspirava alla fama di gladiatore, cercò di diminuire, in ottemperanza alla sua filosofia stoica, le spese di bilancio destinate ai munera fuori Roma e quando offrì alla plebe romana le lotte tra gladiatori le organizzò sempre come lusiones.
- I Romani continuarono però a preferire alle lusiones le hoplomachiae tanto che in Gallia e in Macedonia dal II secolo in poi furono modificati i teatri affinché potessero servire ai combattimenti tra gladiatori e alle venationes.
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Fonte: WIKIPEDIA
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