Variante virus inglese, l'Ecdc: «La mutazione circola da novembre». Johnson riunisce il comitato Cobra
La variante identificata in Gran Bretagna del virus SarsCoV2 continua a far discutere. Se per quanto riguarda il vaccino, al momento, sembrerebbero non esserci complicazioni, preoccupa invece la velocità con cui la variante inglese sarebbe in grado di propagarsi, anche nei più giovani. L'Italia e l'Europa hanno già chiuso i collegamenti con la Gran Bretagna, mentre coloro che sono arrivati di recente vengono sottoposti a tampone. La variante inglese del coronavirus circola già da un mese. Tre sequenze di campioni raccolti in Danimarca e uno in Australia, prelevati a novembre, sono infatti risultate essere collegate al focolaio inglese causato da questa mutazione. Il che indica che si è già «verificata una sua diffusione internazionale, anche se non se ne conosce l'estensione». Lo spiega il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), in un rapporto pubblicato sul suo sito.
Tre ipotesi sulla variante inglese
L'insolito alto numero di mutazioni della proteina spike e altre proprietà genomiche della variante suggeriscono, secondo l'Ecdc, che questa mutazione «non sia emersa attraverso il graduale accumulo di mutazioni in Gran Bretagna». L'Ecdc avanza tre ipotesi sulla comparsa di questa variante. La prima è che una prolungata infezione da SarsCov2 in un singolo paziente, forse con ridotta capacità immunitaria, possa aver portato ad un alto tasso di accumulo di mutazioni che riescono a eludere il sistema immunitario. Un'altra possibile spiegazione potrebbe essere un processo di adattamento del virus, presente in specie animali e poi ritrasmesso all'uomo dall'animale, come accaduto con la mutazione rilevata negli allevamenti di visioni in Danimarca e Olanda. Ma il Regno Unito ha segnalato all'Ecdc e all'Organizzazione mondiale della sanità che «non c'è un chiaro collegamento epidemiologico con gli animali per questa variante». Infine è anche possibile che la variante sia emersa attraverso la circolazione in paesi con poca o inesistente copertura di sequenziamento genetico. Ma questa ipotesi è la meno plausibile, secondo l'Ecdc, perché le mutazioni casuali acquisite dalla circolazione del virus non spiegherebbero il numero insolitamente alto di mutazioni nella proteina spike e una circolazione sottotraccia per un tempo sufficientemente lungo per l'accumulo di così tante mutazioni (si stimano circa 10 mesi) non è molto probabile per via dei flussi di viaggi globali. global travel patterns. Il Sud Africa ha segnalato al database mondiale GISAID EpiCoV un aumento rapido simile, da ottobre, di una variante con mutazione della proteina spike, che non ha una stretta relazione evolutiva con la variante inglese, ma dimostra che la comparsa di varianti del genere non è un evento raro.
«Variante potrebbe sfuggire a sistema immunitario»
Una delle mutazioni alla base della variante comparsa in Gran Bretagna, aiuterebbe il virus SarsCoV2 a sfuggire al sistema immunitario. Lo indica l'indagine di consorzio COVID-19 Genomics Uk, Imperial College di Londra, Wellcome Trust Sanger Institute e università di Oxford, Cambridge, Edimburgo, Birmingham, Glasgow e Cardiff. «Va potenziata in tutto il mondo la sorveglianza della nuova variante», si legge nella ricerca, online sul sito Virology.org, che ospita articoli non ancora sottoposti a revisione. La mutazione è fra le le 3 principali della variante, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell'Università Milano Bicocca.
Questo «inaspettato grande numero dei cambiamenti genetici» del nuovo ceppo del SarsCoV2, indicato con la sigla B.1.1.7 richiede «una sorveglianza genomica potenziata in tutto il mondo», si legge nella ricerca, considerando le possibili conseguenze delle mutazioni, gli effetti sconosciuti di una loro eventuale combinazione e l'elevato tasso di crescita osservato in Gran Bretagna. Secondo la ricerca sono tre le principali mutazioni da considerare con attenzione: la prima è indicata con la sigla N501Y: «è una mutazione presente sulla proteina Spike», osserva Broccolo. Riguarda cioè la proteina che il virus utilizza come una chiave molecolare per aprire la serratura che gli permette di entrare nella cellula, ossia il recettore ACE2.
La seconda mutazione, chiamata 69-70del, è una delezione, ossia nasce dal silenziamento di un gene. «Era già stata descritta in precedenza - rileva Broccolo - e consentirebbe al virus di sfuggire al sistema immunitario». La terza mutazione, P681H, è avvenuta in una posizione strategica per il virus, ossia è adiacente al sito nel quale viene controllata l'azione della furina, l'enzima che scinde la proteina Spike, permettendo al virus di entrare nella cellula. «Una mutazione del genere faciliterebbe quindi il contagio», osserva Broccolo. Va considerato inoltre, aggiunge il virologo, che «queste tre mutazioni si sono venute a trovare in un'unica variante, che dà forza al virus».
«Il vaccino non è in discussione»
«Ci sono già state delle varianti nel recente passato e ce ne potranno anche essere altre. Allo stato questo non vuol dire un aggravamento della malattia o della letalità e, soprattutto, il vaccino non è messo in discussione». Così il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, intervistato dal Tg2.
«Variante leggermente più infettiva per i bambini»
La variante identificata in Gran Bretagna del virus del Covid-19 potrebbe avere un impatto sui bambini «leggermente» superiore rispetto al ceppo diffusosi in precedenza, considerato finora a basso rischio statistico per i più piccoli. Lo ha detto oggi a Bbc Radio 4 Neil Ferguson, professore di infettivologia e di biologia matematica all'Imperial College di Londra e consulente di spicco del governo britannico, considerato uno degli strateghi del primo lockdown di primavera.
Interpellato sulla possibilità che questa mutazione possa suggerire una maggior cautela anche sui calendari di riapertura delle scuole nel Regno Unito, al momento chiuse per la pausa di Natale, Ferguson ha risposto: «Indubbiamente la maggiore trasmissibilità limita i nostri margini di manovra (sulle riaperture scolastiche) poiché dai primi dati vi è un indizio che questa variante possa essere leggermente più infettiva sui bambini rispetto alle varianti precedenti» del Covid. L'accademico ha peraltro aggiunto che «è ancora troppo presto» per stabilire un quadro esatto di questo ceppo e della sua evoluzione nelle prossime settimane, visto che abbiamo di fronte «un virus imprevedibile» e che pure «il comportamento della gente è imprevedibile».
Ecdc: «Aggiornare sequenze tamponi e test rapidi»
I laboratori europei dovranno ricontrollare e aggiornare i nucleotidi usati nei vari metodi diagnostici del SarsCov2, quali i tamponi molecolari e i test antigenici rapidi. A indicarlo è l'Ecdc, in un documento pubblicato sul suo sito. Secondo l'Ecdc nei test non ci si può basare solo sulla rilevazione delle varianti sul gene-S e raccomanda di avere una conferma usando il sequenziamento. Per questo va aumentata la capacità di caratterizzare il virus geneticamente e antigenicamente, o di condividere con i laboratori di riferimento le sequenze isolate.
Fonte: IlMessaggero.It