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Spartacus
Kim Winchester- Un Angelo veglia su di te!
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
Anfiteatro
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L'anfiteatro (dal greco amfi, αμφί - con due elementi - e teatro, θέατρο) è un edificio di forma ellittica usato per spettacoli pubblici. Nell'antichità classica (associato particolarmente all'antica Roma) veniva usato per i giochi gladiatori (chiamati anche munera) e per le venationes, ovvero gli scontri tra gladiatori (o uomini vestiti come essi) e animali (tra cui figuravano tigri, leoni, orsi, coccodrilli, rinoceronti etc.). I tre anfiteatri romani più grandi del mondo in ordine di grandezza sono il Colosseo, l'Anfiteatro di Capua e l'Anfiteatro di El Jem.
Anfiteatri antichi
A prescindere dalla funzione, la differenza esteriore tra un anfiteatro e un teatro romano è che l'anfiteatro è di forma ellittica mentre il teatro è semicircolare e dotato di una scena sul lato rettilineo. Il nome "anfiteatro" non significa però "doppio teatro", come solitamente ritenuto, quanto piuttosto "spazio destinato agli spettatori che corre attorno all'arena". L'errore deriva dall'ambiguità del prefisso greco ἀμφί che può tradursi sia come "doppio" che come "attorno";. Etimologicamente il termine discende quindi dal greco ἀμφιθέατρον, ovvero "teatro tutt'intorno". L'anfiteatro è diverso anche dal circo romano che ha una forma molto più allungata (di solito supera i 555 m) con il lato breve, corrispondente ai 'carceres', rettilineo, e che era usato per corse di cavalli aggiogati a carri. Tuttavia i circhi sono forse meno comuni e certamente meno noti, mentre l'anfiteatro (assieme al teatro e alle terme) rappresenta un monumento tipico di ogni città romana grande o piccola.
Il primo anfiteatro permanente fu quello di Pompei, costruito nel 70 a.C., come testimoniato dalla iscrizione dedicatoria in duplice copia, dai duoviri della colonia. Il primo anfiteatro permanente in Roma fu l'anfiteatro di Statilio Tauro, eretto nel 29 a.C.
L'anfiteatro più famoso al mondo è l'anfiteatro Flavio, detto Colosseo, costruito dalla dinastia dei Flavi. In particolare fu iniziato dall'imperatore Vespasiano e fu terminato (e sontuosamente inaugurato) dal figlio Tito. Le dimensioni raggiunte da queste fabbriche erano impressionanti: il Colosseo arriva a misurare nei due diametri esterni 188 x 156 m, con un'arena di 86 x 54 m. Prima della sua erezione il più imponente era probabilmente l'anfiteatro di Capua (I-II secolo) con i diametri 170 x 140 m. L'Anfiteatro di Verona è tra i meglio conservati, tant'è ancora utilizzato per spettacoli lirici e altre attività di spettacolo, e misura tutt'oggi 152 x 123 m. L'anfiteatro di El Jem, tardo e mai ultimato ma in ottimo stato di conservazione, misura 148 x 122 m, mentre l'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli arriva a misurare 147 x 117 m. Purtroppo, in molti casi, di detti edifici non rimane molto e le loro notevoli dimensioni le si possono solo immaginare, sulla base di restituzioni matematiche che su basi teoriche permettono di ipotizzare le misure di questi edifici ludici. Di seguito riportiamo un elenco degli anfiteatri di notevoli dimensioni, con i loro rispettivi - ipotetici - diametri maggiori:
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L'anfiteatro campano, a Capua, servì come modello per il Colosseo e fu il luogo dove il gladiatore Spartaco guidò la sua rivolta contro Roma.
Infine altri grandi costruzioni del genere sono quelle di Arles (136 x 107 m), Nîmes (133 x 101), Pola (132 x105), Tarragona (109,50 x 86,50 m), Lecce (102 x m 83). Tra i più famosi ricordiamo invece l'anfiteatro di Pompei, chiuso agli spettacoli per ben 10 anni, a seguito della celebre zuffa fra Pompeiani e Nocerini. Gli anfiteatri dell'Impero Romano erano 176 [3] .
I giochi
L'edificio è legato ai giochi gladiatori (combattimenti tra gladiatori variamente armati) e alle venationes, ovvero spettacoli che comprendono animali, sia in forma di caccia più o meno ritualizzata, sia in forma di combattimento in cui uomini o animali vengono variamente penalizzati. L'origine di questi giochi risale forse a giochi che si tenevano in occasione dei funerali, ampiamente documentati nell'antichità. Nell'Italia meridionale (in particolare presso i Sanniti) sono descritti combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri. L'originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo.
I combattimenti tra gladiatori conquistarono in breve la città di Roma, dove i giochi venivano dapprima ospitati in luoghi non propri, poi ebbero sede in una struttura in legno, e infine ebbero un edificio monumentale degno della popolarità che riscuotevano nella Capitale. Da Roma in breve tempo si espansero in tutto l'Impero, dalle grandi città fino nei luoghi più sperduti. Ed erano edifici di solito imponenti. Ad esempio, in un piccolo centro come Cividate Camuno è stato portato alla luce un anfiteatro di 73 x 65 metri dotato di vari servizi, una palestra e terme riservate ai gladiatori.
La grande espansione degli anfiteatri in tutto l'Impero si ha tra il I e il II secolo d.C.
Questi giochi godevano di una grande popolarità, e affluivano spettatori sia dalle città vicine, sia dalla campagna. Il numero di posti disponibili ci pare oggi modesto rispetto agli stadi moderni: l'anfiteatro più grande, il Colosseo, conteneva verosimilmente 40.000 o 50.000 spettatori, ma non sono rari anfiteatri con 2000-2500 posti che erano folle considerevoli per la popolazione dell'epoca.
Per facilitare gli spostamenti degli spettatori locali e dei forestieri, di solito gli anfiteatri erano collocati in periferia o fuori le mura lungo direttrici importanti.
I casi tipici di anfiteatri posti fuori le mura sono quelli di Verona o di Milano.
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Tavola di terracotta antico-romana, del secolo I, conservata nell'Antiquarium di Milano, con scena di venatio (caccia alle fiere nell'arena)
Dopo la diffusione del Cristianesimo i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità. Già dal IV secolo alcuni anfiteatri iniziarono ad essere demoliti (le pietre della summa cavea a Milano furono impiegati per le fondazioni della basilica di San Lorenzo nel IV-V secolo). La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità. Costantino li vietò fin dal 326; sembra che a Costantinopoli l'interdizione fosse osservata, mentre nel 397 a Roma sono ancora citate le scuole di gladiatori (i ludi). Costanzo II li impose di nuovo, Valentiniano III decretò la fine dei giochi, anche se gli ultimi che si tennero al Colosseo furono celebrati da un regnante barbarico Teodorico nel VI secolo.
Struttura
Il centro dell'anfiteatro è costituito da un'area pianeggiante a forma ellittica, coperta di sabbia, e chiamata arena. Tutto attorno si sviluppa la cavea, ossia l'insieme delle gradinate in muratura, dove prendevano posto gli spettatori. Queste gradinate erano di solito divise in settori, in modo che spettatori di censo e categoria sociale diversi non fossero mescolati. Da un lato vi era una costruzione speciale, in sostanza una tribuna riservata alle autorità (pulvinar). Gli spettatori entravano nella cavea e ne uscivano attraverso apposite porte poste a vari livelli, che davano accesso a scale e corridoi che, settore per settore, davano su ingressi esterni differenti, per far sì che le diverse classi sociali potessero muoversi su percorsi anch'essi separati. Questi accessi erano chiamati vomitoria.
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Un sacello, dove i gladiatori si fermavano a pregare prima dei combattimenti.
Le gradinate terminavano esternamente con un muro che circondava tutto l'anfiteatro (il muro di summa cavea) che negli anfiteatri maggiori portava un anello di pietra con dei fori. In questi fori venivano posti dei pali che reggevano dei velaria, ovvero delle grandi tele che servivano a fare ombra (e forse a proteggere dalla pioggia) gli spettatori, che venivano manovrate da personale specializzato, a volte ingaggiato fra i marinai esperti nell'arrampicarsi sugli alberi delle navi per manovrare le vele.
Nelle sostruzioni o negli spazi dentro la costruzione vi erano molti locali di servizio finalizzati agli usi più disparati: dal magazzinaggio di attrezzature o scenari, alla ritenzione degli animali destinati ai combattimenti (carceres), ai vani destinati ai gladiatori quali palestre o terme (talvolta collocati invece nei pressi dell'anfiteatro), e luoghi di preghiera per coloro che si preparavano ai combattimenti. A Roma è famosa la meta insudans una fontana dove i gladiatori andavano a lavarsi o a medicarsi le ferite. L'apparato per la gestione degli anfiteatri era enorme, comprendendo gli addetti alla movimentazione delle scene nell'arena (o sotto l'arena), i manovratori dei velari sopra la cavea, i sorveglianti delle entrate e delle uscite, gli incaricati al nutrimento e alla cura degli animali, e altri protagonisti di svariati servizi connessi con gli spettacoli quale, ad esempio, la rimozione dall'arena di uomini e animali feriti o uccisi nel corso dei combattimenti. I locali di servizio erano dunque numerosi e articolati. Al giorno d'oggi non è ancor chiara la funzione di alcuni di essi.
A volte vi erano dei sistemi ingegnosi per fare entrare gli animali nell'arena senza che aggredissero gli addetti. Vi erano dei corridoi che permettevano di inserire dei pali da una parete all'altra, attraverso dei fori posti a distanze regolari sulle pareti stesse. Inserendo i pali dietro gli animali, si impediva che tornassero indietro, e sfilando i pali davanti agli animali gli si permetteva di progredire verso l'arena. Si tratta quindi di un sistema di gabbie mobili, di cui l'unico esempio ben conservato è presente nel piccolo anfiteatro di Cividate Camuno (vedi immagine).
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Il corridoio dove dei pali (infilati o sfilati dai fori) potevano trasformarlo in gabbie mobili per gli animali. (Cividate Camuno)
I grandi anfiteatri erano costruzioni imponenti, tutte fuori terra e su un terreno in apparenza pianeggiante. Tuttavia vi sono due rilievi da fare:
1- In primo luogo vari anfiteatri sono costruiti in realtà su un avvallamento naturale o artificiale. In questo caso scavando l'arena si poteva risparmiare un po' di opera muraria. Il Colosseo stesso è costruito su un luogo dove in precedenza vi era un laghetto, e per questo era possibile allagare l'arena e svolgervi perfino delle battaglie navali. L'arena in alcuni casi poggiava sul terreno vero e proprio, in altri casi (di nuovo nel caso del Colosseo in epoca successiva) vi era un pavimento mobile, con botole o a pannelli, che mediante appositi macchinari o montacarichi consentiva di far comparire o scomparire elementi scenografici, persone o animali. Alla base degli anfiteatri non è raro verificare la presenza di varie altre costruzioni sotterranee, come l'imponente sistema di canalizzazioni sotto l'Arena di Verona.
2- In secondo luogo (soprattutto negli anfiteatri minori) si poteva appoggiare uno dei due bordi lunghi dell'ellisse ad una pendenza o ad una collina. Lo scavare le gradinate in un pendio è tipico dei teatri sia greci che romani (un esempio fra tutti quello di Efeso), e quindi per costruire un teatro si ricorreva, se possibile, proprio al fianco di una collina, tuttavia vi sono casi in cui la pendenza è stata sfruttata anche per la cavea degli anfiteatri. Per citare un caso, l'anfiteatro romano di Siracusa rappresenta la situazione tipica, essendo per buona parte scavato nella roccia, mentre l'anfiteatro romano di Catania è costruito in parte su un'area pianeggiante e in parte (per un terzo circa della sua estensione) addossato al colle Montevergine.
Le fondazioni di questi edifici erano di solito in opus caementicium cioè ciottoli o pietrisco legati con malta di calce, e sopra di esse iniziava l'opera in muratura che poteva comprendere componenti lapidee e marmoree e raggiungere altezze attorno ai 50 metri. Il paramento esterno dell'anfiteatro, ad arcate, era ornato con colonne, lesene e relativi capitelli di diverso stile con l'aumentare dell'altezza, come d'uso abituale nella contaminatio architettonica romana, con varie decorazioni e statue, in modo a conferire ad esso un aspetto monumentale e fastoso.
Fonte: WIKIPEDIA
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L'anfiteatro (dal greco amfi, αμφί - con due elementi - e teatro, θέατρο) è un edificio di forma ellittica usato per spettacoli pubblici. Nell'antichità classica (associato particolarmente all'antica Roma) veniva usato per i giochi gladiatori (chiamati anche munera) e per le venationes, ovvero gli scontri tra gladiatori (o uomini vestiti come essi) e animali (tra cui figuravano tigri, leoni, orsi, coccodrilli, rinoceronti etc.). I tre anfiteatri romani più grandi del mondo in ordine di grandezza sono il Colosseo, l'Anfiteatro di Capua e l'Anfiteatro di El Jem.
Anfiteatri antichi
A prescindere dalla funzione, la differenza esteriore tra un anfiteatro e un teatro romano è che l'anfiteatro è di forma ellittica mentre il teatro è semicircolare e dotato di una scena sul lato rettilineo. Il nome "anfiteatro" non significa però "doppio teatro", come solitamente ritenuto, quanto piuttosto "spazio destinato agli spettatori che corre attorno all'arena". L'errore deriva dall'ambiguità del prefisso greco ἀμφί che può tradursi sia come "doppio" che come "attorno";. Etimologicamente il termine discende quindi dal greco ἀμφιθέατρον, ovvero "teatro tutt'intorno". L'anfiteatro è diverso anche dal circo romano che ha una forma molto più allungata (di solito supera i 555 m) con il lato breve, corrispondente ai 'carceres', rettilineo, e che era usato per corse di cavalli aggiogati a carri. Tuttavia i circhi sono forse meno comuni e certamente meno noti, mentre l'anfiteatro (assieme al teatro e alle terme) rappresenta un monumento tipico di ogni città romana grande o piccola.
Il primo anfiteatro permanente fu quello di Pompei, costruito nel 70 a.C., come testimoniato dalla iscrizione dedicatoria in duplice copia, dai duoviri della colonia. Il primo anfiteatro permanente in Roma fu l'anfiteatro di Statilio Tauro, eretto nel 29 a.C.
L'anfiteatro più famoso al mondo è l'anfiteatro Flavio, detto Colosseo, costruito dalla dinastia dei Flavi. In particolare fu iniziato dall'imperatore Vespasiano e fu terminato (e sontuosamente inaugurato) dal figlio Tito. Le dimensioni raggiunte da queste fabbriche erano impressionanti: il Colosseo arriva a misurare nei due diametri esterni 188 x 156 m, con un'arena di 86 x 54 m. Prima della sua erezione il più imponente era probabilmente l'anfiteatro di Capua (I-II secolo) con i diametri 170 x 140 m. L'Anfiteatro di Verona è tra i meglio conservati, tant'è ancora utilizzato per spettacoli lirici e altre attività di spettacolo, e misura tutt'oggi 152 x 123 m. L'anfiteatro di El Jem, tardo e mai ultimato ma in ottimo stato di conservazione, misura 148 x 122 m, mentre l'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli arriva a misurare 147 x 117 m. Purtroppo, in molti casi, di detti edifici non rimane molto e le loro notevoli dimensioni le si possono solo immaginare, sulla base di restituzioni matematiche che su basi teoriche permettono di ipotizzare le misure di questi edifici ludici. Di seguito riportiamo un elenco degli anfiteatri di notevoli dimensioni, con i loro rispettivi - ipotetici - diametri maggiori:
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L'anfiteatro campano, a Capua, servì come modello per il Colosseo e fu il luogo dove il gladiatore Spartaco guidò la sua rivolta contro Roma.
- Anfiteatro romano di Milano (II-III secolo, 155 x 125), di cui rimangono pochi resti.
- Anfiteatro romano di Siracusa (140 x 119 m). Ne rimane l'arena e la sola prima galleria con relativa gradinata, interamente intagliate nella roccia.
- Anfiteatro romano di Catania (II secolo d.C.?), oggi quasi del tutto interrato. Tale edificio, secondo le prime ricostruzioni, superava i 160 m di diametro maggiore, mentre secondo altre ricostruzioni misurerebbe 125 x 105 m.
Infine altri grandi costruzioni del genere sono quelle di Arles (136 x 107 m), Nîmes (133 x 101), Pola (132 x105), Tarragona (109,50 x 86,50 m), Lecce (102 x m 83). Tra i più famosi ricordiamo invece l'anfiteatro di Pompei, chiuso agli spettacoli per ben 10 anni, a seguito della celebre zuffa fra Pompeiani e Nocerini. Gli anfiteatri dell'Impero Romano erano 176 [3] .
I giochi
L'edificio è legato ai giochi gladiatori (combattimenti tra gladiatori variamente armati) e alle venationes, ovvero spettacoli che comprendono animali, sia in forma di caccia più o meno ritualizzata, sia in forma di combattimento in cui uomini o animali vengono variamente penalizzati. L'origine di questi giochi risale forse a giochi che si tenevano in occasione dei funerali, ampiamente documentati nell'antichità. Nell'Italia meridionale (in particolare presso i Sanniti) sono descritti combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri. L'originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo.
I combattimenti tra gladiatori conquistarono in breve la città di Roma, dove i giochi venivano dapprima ospitati in luoghi non propri, poi ebbero sede in una struttura in legno, e infine ebbero un edificio monumentale degno della popolarità che riscuotevano nella Capitale. Da Roma in breve tempo si espansero in tutto l'Impero, dalle grandi città fino nei luoghi più sperduti. Ed erano edifici di solito imponenti. Ad esempio, in un piccolo centro come Cividate Camuno è stato portato alla luce un anfiteatro di 73 x 65 metri dotato di vari servizi, una palestra e terme riservate ai gladiatori.
La grande espansione degli anfiteatri in tutto l'Impero si ha tra il I e il II secolo d.C.
Questi giochi godevano di una grande popolarità, e affluivano spettatori sia dalle città vicine, sia dalla campagna. Il numero di posti disponibili ci pare oggi modesto rispetto agli stadi moderni: l'anfiteatro più grande, il Colosseo, conteneva verosimilmente 40.000 o 50.000 spettatori, ma non sono rari anfiteatri con 2000-2500 posti che erano folle considerevoli per la popolazione dell'epoca.
Per facilitare gli spostamenti degli spettatori locali e dei forestieri, di solito gli anfiteatri erano collocati in periferia o fuori le mura lungo direttrici importanti.
I casi tipici di anfiteatri posti fuori le mura sono quelli di Verona o di Milano.
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Tavola di terracotta antico-romana, del secolo I, conservata nell'Antiquarium di Milano, con scena di venatio (caccia alle fiere nell'arena)
Dopo la diffusione del Cristianesimo i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità. Già dal IV secolo alcuni anfiteatri iniziarono ad essere demoliti (le pietre della summa cavea a Milano furono impiegati per le fondazioni della basilica di San Lorenzo nel IV-V secolo). La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità. Costantino li vietò fin dal 326; sembra che a Costantinopoli l'interdizione fosse osservata, mentre nel 397 a Roma sono ancora citate le scuole di gladiatori (i ludi). Costanzo II li impose di nuovo, Valentiniano III decretò la fine dei giochi, anche se gli ultimi che si tennero al Colosseo furono celebrati da un regnante barbarico Teodorico nel VI secolo.
Struttura
Il centro dell'anfiteatro è costituito da un'area pianeggiante a forma ellittica, coperta di sabbia, e chiamata arena. Tutto attorno si sviluppa la cavea, ossia l'insieme delle gradinate in muratura, dove prendevano posto gli spettatori. Queste gradinate erano di solito divise in settori, in modo che spettatori di censo e categoria sociale diversi non fossero mescolati. Da un lato vi era una costruzione speciale, in sostanza una tribuna riservata alle autorità (pulvinar). Gli spettatori entravano nella cavea e ne uscivano attraverso apposite porte poste a vari livelli, che davano accesso a scale e corridoi che, settore per settore, davano su ingressi esterni differenti, per far sì che le diverse classi sociali potessero muoversi su percorsi anch'essi separati. Questi accessi erano chiamati vomitoria.
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Un sacello, dove i gladiatori si fermavano a pregare prima dei combattimenti.
Le gradinate terminavano esternamente con un muro che circondava tutto l'anfiteatro (il muro di summa cavea) che negli anfiteatri maggiori portava un anello di pietra con dei fori. In questi fori venivano posti dei pali che reggevano dei velaria, ovvero delle grandi tele che servivano a fare ombra (e forse a proteggere dalla pioggia) gli spettatori, che venivano manovrate da personale specializzato, a volte ingaggiato fra i marinai esperti nell'arrampicarsi sugli alberi delle navi per manovrare le vele.
Nelle sostruzioni o negli spazi dentro la costruzione vi erano molti locali di servizio finalizzati agli usi più disparati: dal magazzinaggio di attrezzature o scenari, alla ritenzione degli animali destinati ai combattimenti (carceres), ai vani destinati ai gladiatori quali palestre o terme (talvolta collocati invece nei pressi dell'anfiteatro), e luoghi di preghiera per coloro che si preparavano ai combattimenti. A Roma è famosa la meta insudans una fontana dove i gladiatori andavano a lavarsi o a medicarsi le ferite. L'apparato per la gestione degli anfiteatri era enorme, comprendendo gli addetti alla movimentazione delle scene nell'arena (o sotto l'arena), i manovratori dei velari sopra la cavea, i sorveglianti delle entrate e delle uscite, gli incaricati al nutrimento e alla cura degli animali, e altri protagonisti di svariati servizi connessi con gli spettacoli quale, ad esempio, la rimozione dall'arena di uomini e animali feriti o uccisi nel corso dei combattimenti. I locali di servizio erano dunque numerosi e articolati. Al giorno d'oggi non è ancor chiara la funzione di alcuni di essi.
A volte vi erano dei sistemi ingegnosi per fare entrare gli animali nell'arena senza che aggredissero gli addetti. Vi erano dei corridoi che permettevano di inserire dei pali da una parete all'altra, attraverso dei fori posti a distanze regolari sulle pareti stesse. Inserendo i pali dietro gli animali, si impediva che tornassero indietro, e sfilando i pali davanti agli animali gli si permetteva di progredire verso l'arena. Si tratta quindi di un sistema di gabbie mobili, di cui l'unico esempio ben conservato è presente nel piccolo anfiteatro di Cividate Camuno (vedi immagine).
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Il corridoio dove dei pali (infilati o sfilati dai fori) potevano trasformarlo in gabbie mobili per gli animali. (Cividate Camuno)
I grandi anfiteatri erano costruzioni imponenti, tutte fuori terra e su un terreno in apparenza pianeggiante. Tuttavia vi sono due rilievi da fare:
1- In primo luogo vari anfiteatri sono costruiti in realtà su un avvallamento naturale o artificiale. In questo caso scavando l'arena si poteva risparmiare un po' di opera muraria. Il Colosseo stesso è costruito su un luogo dove in precedenza vi era un laghetto, e per questo era possibile allagare l'arena e svolgervi perfino delle battaglie navali. L'arena in alcuni casi poggiava sul terreno vero e proprio, in altri casi (di nuovo nel caso del Colosseo in epoca successiva) vi era un pavimento mobile, con botole o a pannelli, che mediante appositi macchinari o montacarichi consentiva di far comparire o scomparire elementi scenografici, persone o animali. Alla base degli anfiteatri non è raro verificare la presenza di varie altre costruzioni sotterranee, come l'imponente sistema di canalizzazioni sotto l'Arena di Verona.
2- In secondo luogo (soprattutto negli anfiteatri minori) si poteva appoggiare uno dei due bordi lunghi dell'ellisse ad una pendenza o ad una collina. Lo scavare le gradinate in un pendio è tipico dei teatri sia greci che romani (un esempio fra tutti quello di Efeso), e quindi per costruire un teatro si ricorreva, se possibile, proprio al fianco di una collina, tuttavia vi sono casi in cui la pendenza è stata sfruttata anche per la cavea degli anfiteatri. Per citare un caso, l'anfiteatro romano di Siracusa rappresenta la situazione tipica, essendo per buona parte scavato nella roccia, mentre l'anfiteatro romano di Catania è costruito in parte su un'area pianeggiante e in parte (per un terzo circa della sua estensione) addossato al colle Montevergine.
Le fondazioni di questi edifici erano di solito in opus caementicium cioè ciottoli o pietrisco legati con malta di calce, e sopra di esse iniziava l'opera in muratura che poteva comprendere componenti lapidee e marmoree e raggiungere altezze attorno ai 50 metri. Il paramento esterno dell'anfiteatro, ad arcate, era ornato con colonne, lesene e relativi capitelli di diverso stile con l'aumentare dell'altezza, come d'uso abituale nella contaminatio architettonica romana, con varie decorazioni e statue, in modo a conferire ad esso un aspetto monumentale e fastoso.
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L'Organizzazione è ciò che distingue i Dodo dalle bestie! By la vostra APUMA sempre qui!
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
La mia adorata Domina Apuma mi ha dato la sua approvazione e il suo consenso a postare questo pezzo nel suo bel topic, e quindi eccolo qui:
Mi sono avvicinata a questa serie grazie alla mia adorata Apuma, che possiamo definire una vera fan, nonché un’ottima promoter di questo telefilm. Quando uscì, all’epoca, io avevo sentito dire buone cose su questa serie, ma pensai ad un prodotto basato su fatti storici realmente esistiti, e poi romanzato qua e là, come ce ne sono tanti. Ma ascoltando Apuma che mi accennava le caratteristiche principali di questa serie, e che davvero molto entusiasticamente ne tesseva le lodi, la mia curiosità cominciò a salire, fino a quando decisi (di pari passo con un altro mishamigo) di iniziarne la visione!
La prima cosa che colpisce di questo prodotto, ovviamente è la violenza: scene cruente che non si risparmiano niente, a volte quasi splatter, sangue che schizza copiosamente ovunque, azioni dure e pesanti compiute dai vari personaggi con una tranquillità incredibile. Ma Apuma ci aveva già avvisati di questo, e comunque ci sta perché, in quel periodo, queste cose accadevano veramente con quel modus operandi.
Il sangue poi è molto scenografico, e dopo un primo momento di spiazzamento, devo dire che ci si fa l’occhio e ci si abitua alla grande ( o almeno parlo per me che non mi scandalizzo più di tanto).
Devo dire che il prodotto è ben fatto: molto bella la fotografia e gli effetti visivi, che ricordano quelli usati in 300; ottimo l’uso del rallenty soprattutto nelle scene dei combattimenti, bellissima e particolare la luce, bravi tutti gli attori (soprattutto quelli che interpretano i fetenti, riescono loro davvero bene), molti dei quali erano a me sconosciuti, come peraltro mi era sconosciuto il canale che lo ha trasmesso, ovvero Starz, un canale privato, che forse proprio per questo motivo ha potuto trasmettere più agevolmente senza dover subire troppe censure, potendo così rappresentare al meglio la dura vita dei gladiatori, piena di violenza, e anche la vita lussuosa e dissoluta dei ricchi e viziosi romani, fatta di agi, privilegi e perversioni. Esistenze lussuose e prepotenti che i romani conducono incuranti delle sofferenze e delle umiliazioni che provocano alle persone a loro servizio, agli schiavi che sono a loro sottomessi, giocando continuamente con le loro vite, e addirittura decidendo della loro vita o della loro morte con una incredibile leggerezza, senza alcun rimorso o preoccupazione!
Oltre alle scene di violenza, alle torture, agli omicidi, ci sono anche diverse scene erotico/sessuali, dove il sesso è molto fisico, molto diretto, insomma senza giri di parole….
Naturalmente la storia è basata su fatti storici, ma si prende diverse licenze ed è un po’ romanzata. Ma a noi piace così: viene resa molto interessante, arricchita da pathos e colpi di scena.
I personaggi non sono appena accennati e finalizzati solo al loro ruolo nella storia, no, invece sono ben delineati, si riescono a percepire i loro sentimenti, quello che vivono, quello che provano; si apprendono le storie che hanno alle loro spalle, e che li definiscono.
La storia non si concentra solo sui fatti e sulle azioni, no, anche i dialoghi sono buoni. Credevate che i gladiatori fossero solo rozzi omoni senza cervello? Ed invece no, pensano, riflettono, provano emozioni e le esternano. Inoltre i dialoghi a volte sono anche molto profondi e sono ben scritti, con una terminologia e un frasario adatto al linguaggio dell’epoca rappresentata. Naturalmente non in latino….. sarebbe stato troppo complicato, eh eh eh!
La ricostruzione storica è davvero buona, la produzione è stata molto attenta ai particolari: ben riprodotti gli ambienti, il vestiario (sia dei ricchi che degli schiavi), le parrucche e gli accessori, le armi e le armature, e ben rappresentate le azioni, soprattutto quelle comuni, di vita quotidiana. Insomma, ci sarà qualche errorino o incongruenza, ma nel complesso si nota ricercatezza e accuratezza dei particolari, e questo rende il tutto molto credibile.
Oltre alla violenza e al sangue, io, in questa serie, ho trovato anche una buona dose di romanticismo, e non parlo di sentimentalismo, ma del vero senso di Romanticismo. Secondo me ce n’è molto: nelle storie d’amore presenti, nelle relazioni sentimentali che i personaggi hanno con le loro donne o con i loro compagni uomini, ma non solo anche nei rapporti d’amicizia tra ‘fratelli’ gladiatori, nel loro cameratismo e nella loro fratellanza, o nell’essere leali e fedeli ad un ideale, a ciò che loro rappresentano, nell’essere quasi predestinati e votati a quel tipo di vita, gloriosa ma spesso breve, accettando il loro destino, senza opporvisi.
Vediamo ora qualche personaggio:
SPARTACUS:
Beh, che dire, non si può non rimanere conquistati immediatamente dal Trace. Si entra subito in empatia con lui e con le sue vicende, forse complice anche il fatto che ad interpretarlo, nella prima stagione, è stato un bravissimo Andy Whitfield, purtroppo prematuramente scomparso a causa di una malattia, ma che secondo me, anche se ha interpretato l’eroe trace per breve tempo, ha davvero lasciato il segno, e se devo pensare a Spartacus la mia mente corre subito a lui. Questo attore era davvero bravo e molto espressivo, è stato molto convincente in questo ruolo: sapeva essere forte, duro e deciso e poi al contempo sapeva mostrare un’ enorme dolcezza, e il tutto con grande naturalezza. Peccato averlo perso così presto, sia come attore, ma soprattutto come uomo! Ci manchi Andy.
Ma torniamo al nostro Spartacus. Dicevo: ci si affeziona subito a lui, e ci si appassiona alle sue tristi vicende e al destino a cui va incontro. Viviamo con lui il distacco dalla sua amata Sura, e la sua sofferenza per questo evento, speriamo con tutto il cuore che possa ricongiungersi a lei. Viviamo con lui il difficile adattamento alla sua nuova condizione di schiavo, e poi alla sua nuova vita da gladiatore. Tifiamo per lui nell’Arena, parteggiamo per lui nel Ludus.
E’ un personaggio dotato di un’enorme forza interiore, una immensa tenacia, e un grandissimo carisma. E poco a poco si imporrà come il Primo su tutti gli altri gladiatori, diventerà il nuovo Campione di Capua, nonché una vera Leggenda: diventerà il Portatore di Pioggia! (Bellissima la scena del combattimento contro l’Ombra della morte, direi quasi epica!)
Siamo orgogliosi di Spartacus quando resiste stoicamente a tutte le difficoltà che deve affrontare, a tutti i soprusi che deve subire e siamo fieri che nonostante tutto mantenga sempre la sua dignità e il rispetto per gli altri, soprattutto se più deboli. Infatti prende le parti e tenta sempre di difendere chi più debole viene vessato dagli altri, che si tratti del giovane Pietro, o delle nuove leve dei gladiatori, o delle schiave nella casa di Batiato.
Un po’ di delusione però l’abbiamo provata quando ormai persa per sempre la sua donna, accetta il suo destino come schiavo gladiatore, e ferito nel profondo dell’anima, si lascia andare, si sottomette alla sua condizione servile, perde la sua combattività (non nell’arena, anzi tutt’altro, lì diventa proprio una macchina omicida), parlo della sua combattività nel ribellarsi a quella vita da schiavo e nel voler riconquistare la sua libertà. Così perde anche parte della sua umanità, si spersonalizza, eseguendo ciecamente ciò che il padrone vuole da lui, e cioè diventare il Campione della Casa del lanista, vincendo ogni incontro, pensando solo a quello, per onorare il nome del suo Padrone, insomma vivendo solo in funzione di questo obbiettivo. Il momento in cui ci delude di più, però, è quando è costretto, in una esibizione, a dover uccidere il suo compagno Varro, il suo miglior amico, ormai quasi come un fratello per lui. Spartacus, anche se con grande dolore, compie questo atto orribile, non si oppone all’ordine del suo padrone (che prende a malincuore questa decisione voluta però dal giovane Numerio). Spartacus avrebbe dovuto fare un’altra scelta, forse iniziare lì la sua ribellione, ma gli eventi lo portano a compiere questo atto, e sarà lo stesso Varro a chiedergli di farlo. Questo Spartacus ci lascia sconvolti, ha perso lo spirito ribelle che aveva quando è entrato nel Ludus di Batiato. In parte capiamo il dolore che prova per aver perso la sua Sura, e capiamo che si butta a capofitto in questa sua nuova vita, perché non ha più nient’altro, non ha più nessuna ragione per vivere, senza la sua donna, ma a noi comunque fa rabbia vederlo così sottomesso, soprattutto perché sappiamo chi è l’artefice della sorte toccata a Sura. Vorremmo scuotere Spartacus da questo oblio, e per fortuna ad un certo punto i suoi occhi si apriranno sulla dura realtà, capirà, si desterà, tornerà di nuovo sé stesso, e con tutta la sua forza e la sua rabbia darà inizio alla sua giusta vendetta!
CRISSO:
Cosa dire di questo ‘bestione’ Gallo: è un ottimo gladiatore, si batte bene nell’arena, in fondo prima di Spartacus era lui il Campione di Capua. Ma vive solo in funzione di questo, l’unica cosa che gli interessa è la gloria che si conquista nell’Arena, spaccando teste e smembrando corpi degli avversari. Non è che fa molta simpatia, è prepotente verso gli altri, pratica atti di nonnismo nei riguardi dei nuovi gladiatori, in quanto lui è un veterano lì, e a suo tempo li ha subiti anche lui……
Inoltre è sottomesso ai suoi padroni, non solo al suo lanista Batiato, ma anche alla moglie di quest’ultimo, donna Lucrezia, verso la quale si comporta proprio come un docile cagnolino ammaestrato facendosi sfruttare per bene!
Certo le cose per lui cambieranno quando si innamorerà della schiava Naevia, e scoprirà di essere da lei ricambiato. Questo gli darà una nuova prospettiva di vita, qualcos’altro per cui vale la pena vivere e lottare oltre alla gloria dell’arena.
Anche l’arrivo di Spartacus cambierà il suo modo di vivere: sentirà il suo ruolo messo in discussione dal nuovo Campione, dovrà mandar giù il boccone amaro di non essere più il preferito di Batiato, e non godrà più dei privilegi della sua precedente condizione. Tutto ciò lo porterà ad odiare Spartacus ma nonostante tutto egli stima il guerriero Trace, e lo considera comunque un fratello gladiatore!
A Roma, si direbbe che Crisso è ‘grande, grosso e fregnone’, e infatti dimostrerà di non essere una cima in astuzia, quando farà un macello, aggredendo Ashur pubblicamente, dopo aver scoperto che all’infido siriano era stata assegnata la sua Naevia. Sapere la sua amata Naevia nelle braccia di Ashur manderà su tutte le furie Crisso, che però in questo modo farà scoprire la storia segreta tra lui e la schiava personale di Lucrezia, scatenando così la gelosia e l’ira di quest’ultima e dando vita ad una sonora lezione per lui e per la sua amata Naevia. Pagheranno per questo e i loro destini saranno divisi…..
Però di Crisso ci piace la sua enorme lealtà: Lealtà alla casa di Batiato, ma soprattutto lealtà ai suoi fratelli gladiatori. Una volta che uno schiavo riceve il marchio di Batiato, presta giuramento e entra, a tutti gli effetti, a far parte dei gladiatori, per Crisso diventa un fratello, lo rispetta come tale ed è pronto a difenderlo. Ed infatti gli siamo grati per aver salvato la vita di Spartacus, più volte, nell’arena e non. Crisso non lo ha fatto per il Trace personalmente, ma perché, per lui, Spartacus, condividendo il suo stesso destino in quel Ludus, equivale ad essere un suo fratello!
VARRO:
Varro è un personaggio positivo, simpatico, ottimista, piano piano entra nelle grazie di Spartacus, fino a diventare il suo miglior amico, o forse il suo unico amico, e piano piano diventa sempre più simpatico anche a noi. Ci fa piacere vedere Spartacus sorridere quando è con lui. Varro riesce a calmare la rabbia iniziale di Spartacus, riesce a farlo abituare a quell’ambiente, e riesce a farlo confidare, a farlo aprire. Spartacus ha proprio bisogno di un amico, e Varro è l’amico ideale. Il loro legame si fortifica sempre di più, quasi a diventare fraterno, e i due si spalleggiano a vicenda, e si sostengono l’un l’altro cercando di avere sempre una parola di conforto riguardo ai loro problemi personali (la ricerca di Sura per Spartacus, e i problemi familiari di Varro). Ed è un vero peccato perdere questo personaggio buono, è un peccato per noi, e soprattutto per Spartacus che aveva proprio bisogno di un volto amico nel Ludus. La cosa più triste poi è la sorte che toccherà al biondo romano, che come abbiamo accennato prima, morirà proprio per mano dell’amico, lasciando in quest’ultimo un grande dolore, un enorme vuoto, e un fortissimo senso di colpa!
ENOMAO:
Il Maestro Enomao, secondo me, è un personaggio molto positivo.
E’ stato un abile combattente nell’Arena a suo tempo ed ora è il ‘Doctore’, il Maestro che insegna agli altri gladiatori.
Per usare un termine militar, Enomao è un Gunny, cioè un Sergente Istruttore! E si comporta come tale.
Come un Gunny addestra le sue reclute perché siano pronte in uno scenario di guerra, così Enomao allena i suoi gladiatori perché diano il meglio di sé durante i Giochi nell’Anfiteatro.
Durante l’addestramento alle reclute un Gunny è severo, duro, a volte si comporta come un vero bastardo nei confronti dei suoi uomini, ma lo fa per il loro bene, perché quando saranno in battaglia possano essere preparati al meglio, possano portare a termine la loro missione e soprattutto possano sopravvivere.
Anche Enomao ha un atteggiamento severo nei confronti dei suoi gladiatori, l’addestramento sotto di lui è pesante, impartisce dure lezioni e lo fa a suon di frusta, porta i suoi uomini allo sfinimento ma lo fa per il loro bene. Vuole che siano preparati al massimo, che possano vincere qualsiasi incontro e che riportino la pellaccia a casa sana e salva.
E fa bene il suo lavoro, prova ne è il fatto che durante l’incontro con Theokoles, finché Crisso e Spartacus avevano messo in pratica gli insegnamenti di Enomao, di lottare come fossero un solo uomo, stavano avendo la meglio sul Gigante, poi, invece, facendo di testa loro hanno quasi rovinato tutto.
Insomma, a dispetto di quello che può sembrare, Enomao ci tiene ai ragazzi del suo ludus, gli vuole bene, si interessa a loro, conosce le loro storie, e anche se il suo ruolo lo pone in una posizione superiore, a suo tempo anche lui è stato un gladiatore, e in fondo al suo animo si sente sempre uno di loro.
Ma, come un Sergente Istruttore deve comunque rispettare gli ordini dei suoi superiori, anche se li ritiene sbagliati, così anche il Maestro Enomao deve rispettare gli ordini del suo Padrone Batiato, anche se non li condivide. Enomao, dimostra lealtà verso la Casa di Batiato che è stata importante per la sua vita, e, con questo atteggiamento, a volte si erge come un ostacolo nei confronti dei gladiatori, ma ciò non significa che non ha a cuore il destino dei suoi ragazzi, e quando nel finale di stagione dovrà decidere infine con chi schierarsi, abbandonerà le vesti del fedele servitore e si batterà al fianco dei suoi allievi.
BARCA E PIETRO:
Barca è un ottimo gladiatore, è uno della vecchia guardia nel Ludus e non esita a farlo notare alle nuove reclute. Se la spadroneggia, un po’ per motivi di anzianità di servizio e un po’ perché ha un doppio ruolo: non è solo un gladiatore, ma è anche la fidata guardia del corpo di Batiato. Il lanista infatti lo porta sempre con sé nelle sue uscite e quando deve combinare qualche malaffare, però quando, a torto, la fiducia di Batiato nel Cartaginese viene meno, il lanista non esita a toglierlo di mezzo, sbarazzandosi di lui come niente fosse, dimenticando gli anni di fedele servizio. Barca a dispetto del suo aspetto aggressivo, ha anch’egli una debolezza, ovvero ama il giovane Pietro, un ragazzo dolce e gentile, che serve i gladiatori come assistente durante gli allenamenti. E’ servizievole e buono con tutti, e ricambia i sentimenti di Barca, tanto che quando il Cartaginese verrà ucciso e a lui verrà detto invece che il suo amante ha riguadagnato il suo stato di libertà e lo ha lasciato lì, il ragazzo ne soffrirà molto, e il dolore per il presunto abbandono e i soprusi che, senza la protezione di Barca, dovrà subire dal gladiatore Gneo, lo porteranno a togliersi la vita.
Pietro era un personaggio positivo, ma troppo fragile e delicato per vivere in quel mondo. La sua figura contrastava con quella dei gladiatori aggressivi, sfrontati e pieni di sé, ma conferiva una nota di dolcezza e ottimismo all’ambiente. E’ stato sfortunato.
DURO E AGRON:
Ed ecco la coppia di fratelli germanici! Si sa quanto amiamo le coppie di fratelli, il profondo legame che c’è sempre tra due fratelli, quel sentimento di reciproco affetto e il senso di protezione che i fratelli nutrono l’uno per l’altro. E anche questa coppia presenta queste caratteristiche e noi ne siamo lieti.
Non mi è molto chiaro chi sia il maggiore tra i due, ma credo che sia Agron. Egli infatti si prende sempre cura del fratello, si preoccupa per lui e cerca di salvarlo in qualsiasi situazione di pericolo. Agron è più scaltro del fratello, è più furbo, ed è un combattente migliore, ma anche Duro se la cava, compensa la sua minore abilità nella lotta con una enorme dose di coraggio e orgoglio. E’ molto caparbio e non ci sta a farsi mettere i piedi in testa.
Purtroppo è più ingenuo del fratello e si mette spesso in situazioni di pericolo, ma Agron è sempre pronto a salvargli la vita. Tranne nel finale di stagione, in cui sarà proprio Duro a salvare la vita del fratello, perdendo però così la sua con un grande atto di coraggio affrontando un soldato romano.
La morte del fratello sarà un duro colpo per Agron, e lo spingerà ancora di più a cercare vendetta sui romani. Agron infatti è sempre stato d’accordo con il piano di Spartacus di ribellarsi e sovvertire la loro condizione. Spartacus troverà fin dall’inizio un valido alleato in Agron, che fin dal suo arrivo nel Ludus dimostra grande insofferenza per la condizione di schiavo in cui lui e suo fratello sono costretti a vivere. Agron è testardo, non si lascia domare facilmente, non aspira alla vita da gladiatore; è costretto a vivere così ma non si lascia sopraffare da quella vita, nel suo animo cerca sempre di riappropriarsi della sua libertà appena ne intravede una possibilità, e Spartacus rappresenta enormemente quella possibilità. Quindi dimostrerà subito di essere al fianco del Trace e gli offrirà la sua grinta, il suo valore in combattimento e anche una discreta abilità nella strategia!
NAEVIA:
E’ la schiava personale di Lucrezia, e quindi gode di una posizione privilegiata rispetto alle altre schiave. La padrona le garantisce una sorta di protezione, in quanto lei è la sua confidente, conosce i suoi segreti, la assiste in tutto, ed è marchiata col simbolo della padrona, cosa che la lega ancor più strettamente alla sua Domina.
Naevia è molto dolce e anche triste, è grata alla Padrona per il ruolo privilegiato che lei ricopre, ma si percepisce che non ama essere la serva fidata di Lucrezia, ed assistere in silenzio a tutte le nefandezze che i suoi padroni architettano. Deve però compiacere sempre la sua Domina. Questa sua posizione mal si concilia con il fatto che si innamorerà, ricambiata, proprio di Crisso, che suo malgrado è costretto ad essere l’amante di Lucrezia. Quando questa verrà a sapere della relazione segreta tra i due, andrà su tutte le furie, sentendosi tradita nella fiducia da entrambi: da Crisso, ma soprattutto da Naevia, della quale credeva di potersi fidare ciecamente e che non avrebbe mai sospettato potesse ingannarla così e divenire una sua rivale in amore. La sua ira sfocerà in una dura punizione per Naevia: la caccerà via, allontanandola così dal suo amato Crisso.
MIRA:
Mira è una bellissima schiava al servizio nella Casa di Batiato. Ha un bel caratterino forte, che la porta spesso a scontrarsi con gli altri, anche con Spartacus, del quale però si innamora subito. E non perde occasione per dimostrargli i suoi sentimenti, potremmo dire che gli fa una corte serrata, non appena intravede un attimo di fragilità nel grande Gladiatore, subito prova ad offrirgli le sue attenzioni. Ma niente da fare, Spartacus è uno tosto, in fondo non si diventa mica il Campione di Capua e una Leggenda vivente come Il Portatore di pioggia, così come se niente fosse. Spartacus è ancora innamorato della sua Sura, e mi pare anche giusto, era la donna della sua vita, è morta da poco, lui non ha potuto salvarla e anzi si sente in colpa per la sorte che le è toccata, si sente responsabile della sua morte. Quindi non è pronto per aprirsi all’affetto di Mira, sebbene sia un affetto sincero: la ragazza lo ama davvero. Spartacus apprezza l’amicizia della schiava, ma la tiene a distanza dimostrando così anche il suo forte carattere, nonché un certo rispetto per la ragazza. Ma Mira è ancora più testarda di Spartacus e non demorde fino a che, con le sue attenzioni e il suo caratterino, a volte un po’ capriccioso e insopportabile, alla fine riuscirà a fare breccia nel cuore ormai triste ed indurito del Trace, e si rivelerà una valida alleata per il piano di vendetta di Spartacus.
E ora passiamo ai Fetenti:
QUINTO LENTULO BATIATO:
Batiato è il lanista che compra Spartacus. Discende da una famiglia di lanisti e porta avanti questa attività di famiglia. La sua scuola è una delle più importanti di Capua e vanta tra le sue fila ottimi gladiatori. Spartacus diventa uno dei suoi schiavi/gladiatori e con le sue imprese nell’Arena arreca nuova gloria e prestigio alla scuola di Batiato e dunque al suo Padrone. Questi eventi fanno sì che si crei uno strano rapporto tra i due: Spartacus inizialmente detesta il suo Padrone, odia la condizione servile che è costretto a subire. Egli è fiero e orgoglioso e cerca sempre di ribellarsi meditando modi per liberarsi e sfuggire a quella vita, ma Batiato, con la sua parlantina, lo convince ad accettare la sua condizione di schiavo e ad assoggettarsi a lui, riconoscendolo come padrone e servendolo degnamente combattendo nell’arena per la sua Casa, in cambio dell’impegno del lanista a ricercare Sura e a riportarla da lui. Spartacus, il cui unico desiderio è poter riabbracciare la sua amata, si fida delle parole di Batiato, pensa di aver di fronte un uomo di onore, ed è grato al lanista per l’impegno che prenderà nella ricerca della sua sposa. Quindi accetta le condizioni dettate dal Padrone, diventa uno dei migliori gladiatori di tutti i tempi e porta onore e prestigio alla Scuola di Batiato, che così cerca di farsi amicizie che contano per arrivare dove lui vuole e cioè ad occupare una importante carica in politica. Sì perché il vero obbiettivo di Batiato è questo: la carriera politica, e per raggiungere quella posizione non si fermerà davanti a niente, macchinerà intrighi su intrighi, complotterà alle spalle dei suoi avversari, dei suoi nemici e anche degli ex-amici come Solonio. Organizzerà il rapimento di un magistrato e poi lo farà uccidere facendo ricadere la colpa su Solonio e facendolo condannare a morte. La sua esecuzione avverrà proprio nell’Arena, per mano di Spartacus.
Aiutato nell’esecuzione dei suoi piani dal siriano Ashur, Batiato si macchierà di diversi crimini. Tutto questo per migliorare la sua posizione sociale, per la sua sete di potere, magari per sentirsi migliore del padre Tito, e forse anche per compiacere la moglie Lucrezia. In fondo credo che l’unica persona di cui importi veramente a Batiato (oltre se’ stesso ovvio) è proprio Lucrezia. Ama la moglie, vorrebbe da lei un erede ed è anche disposto a far finta di non sapere nulla della sua tresca con Crisso, pur di saperla felice.
Il rapporto di Batiato con Spartacus è ambiguo: il lanista lo tratta come uno schiavo perché in fondo lo è, ma nello stesso tempo sembra stimarlo e apprezzarlo non solo per la sua abilità da gladiatore, riconosce in lui anche grandi doti intellettive e logiche, e non disdegna di soffermarsi a parlare con lui ed in qualche occasione sembra addirittura chiedergli consiglio. Credo che Batiato sia affascinato dalla personalità di Spartacus, ed in qualche modo credo che lo ammiri, ed è orgoglioso di averlo nella sua scuola, si fa vanto di averlo ‘addomesticato’ e reso un tale campione, è contento che Spartacus porti gloria alla sua Casa. Ma per lui è pur sempre uno schiavo e pretende da lui una cieca obbedienza.
Batiato ha fatto le nefandezze peggiori, ma pur di non perdere il suo Campione, si macchierà di uno dei crimini più schifosi: troverà la donna di Spartacus, ma invece di portarla da lui sana e salva come aveva promesso, la farà uccidere da un suo servitore e poi la farà arrivare ormai agonizzante alla sua Casa. Spartacus non potrà fare altro che tenerla morente tra le sue braccia. Soffrirà moltissimo per questo e non conoscendo la verità sull’assassinio della povera Sura, non sospetterà minimamente del suo Padrone, anzi gli sarà grato per aver fatto di tutto per ritrovarla, si assoggetterà ancora di più a Batiato, accettando ormai il suo destino da Gladiatore e riversando tutta la sua rabbia e il suo dolore nell’Arena, uccidendo tutti gli avversari che si trova davanti. Questo con immensa gioia di quella carogna di Batiato, che però ignora la sua sorte imminente. Infatti quando Spartacus verrà a conoscenza dell’orrendo disegno architettato da Batiato ai suoi danni e a quelli della sua amata, diventerà furente e la sua vendetta avrà inizio! Ma Spartacus è furbo, attenderà il momento giusto per vendicarsi e allora non ci sarà scampo per nessuno. Caro Batiato hai scatenato l’ira del Trace e ne pagherai le conseguenze!
Molto bella la scena che dà inizio alla vendetta:durante il combattimento tra Crisso e Spartacus, il Portatore di pioggia salta sullo scudo dell’ indomito Gallo ed arriva sulla balconata da dove Batiato e i ricchi patrizi osservano la lotta. Si scatena il terrore ed il panico e il sangue scorrerà a fiumi…..
Ma ancor più bello è il momento della fine di Batiato: prima di ucciderlo Spartacus gli fa un bel discorsetto, ripetendo le parole che un tempo Batiato aveva usato con lui per convincerlo a servirlo fedelmente, ad accettare il suo destino da gladiatore, a fidarsi di lui, che diceva avrebbe fatto di tutto per riunirlo a Sura.
Beh, ora quelle parole si ritorcono contro Batiato stesso e sono le ultime che il lanista sentirà!
LUCREZIA:
Lucrezia è un’altra fetente, anche lei desidera elevare la sua condizione sociale, ed anche lei pur di ottenere ciò che vuole è disposta a pessimi atti. Ma forse tra tutti i fetenti lo è un po’ meno degli altri.
Ha uno strano rapporto con Ilizia: si professa sua amica, ma in realtà non la sopporta. Le offre la sua amicizia solo perché può tornarle utile, sfruttando il fatto che Ilizia è la moglie del Legato Glabro. Infatti appena può non le dispiace prendersi delle rivincite su Ilizia. Ma come darle torto, in fondo chi è che davvero vorrebbe essere un’amica sincera di quell’arpia di Ilizia?
Lucrezia non manca di mostrare il suo ruolo di padrona nei confronti dei suoi schiavi, però tende a non farli sentire troppo umiliati, anzi a volte sembra provare un po’ di affetto per Naevia, la sua schiava personale, e ad esempio è disgustata all’idea di assegnarla ad Ashur.
E anche verso Crisso il suo atteggiamento non è solo quello della Padrona. Anche se lo sfrutta per i suoi ‘scopi personali’, Lucrezia sembra davvero innamorata del Gallo, e anche se Crisso sarebbe comunque obbligato ad obbedire ai suoi ordini, lei sembra volere che il Gallo la desideri davvero, che sia contento di giacere con lei. Insomma vorrebbe che i suoi sentimenti fossero ricambiati sinceramente da Crisso.
In fondo, poi sapremo che la loro storia segreta non è iniziata per puro divertimento di Lucrezia, no, lo scopo era quello di poter restare incinta e dare un erede a Batiato, ma poi qualcosa deve essere successo nel cuore della Domina, e lei deve essersi davvero innamorata del Gallo.
Infatti è proprio per questo che quando Lucrezia verrà a conoscenza della relazione segreta tra Naevia e Crisso andrà su tutte le furie, li punirà severamente e comincerà ad odiare tutti e due gli schiavi a cui era più legata. Odierà Naevia perché si fidava di lei, e si sentirà tradita dalla sua confidente, che secondo lei sapeva bene cosa lei provasse per il Gladiatore Gallo. E odierà Crisso, perché in fondo lei lo amava, e in cuor suo sperava di essere ricambiata. Si sentirà tradita da tutti e due, e sentirà tradita la sua fiducia. E poi invidia quella coppia che si ama sinceramente e non sotto costrizione. Invidia Naevia, perché nonostante Lucrezia sia una Padrona, ricca e agiata, non potrà mai avere quello che ha la sua schiava: un amore sincero e sinceramente ricambiato.
ASHUR:
Ashur è l’infido, falso e subdolo siriano. E’ stato un gladiatore, ma la ferita alla gamba lo ha tenuto lontano dall’Arena. Porta il marchio della Casa di Batiato, ma poi sapremo che non se lo è guadagnato con un’impresa vittoriosa nell’Arena, bensì facendo lavori sporchi per conto del Padrone. Infatti Ashur è il braccio destro di Batiato quando c’è da compiere qualche misfatto. E’ molto bravo a mentire, ingannare e fare il doppiogioco. E’ comunque fedele a Batiato: sembra portare avanti un inganno nei suoi confronti, sembra volerlo tradire, ma in realtà sta facendo il doppiogioco: è Solonio l’uomo che sta ingannando, servendo invece fedelmente Batiato, attuando in maniera perfetta uno dei macchinosi piani del suo Padrone. E da esso verrà ricompensato per la sua viscida lealtà. In realtà Ashur non si comporta così perché costretto dalla sua condizione di schiavo o perché vuole sinceramente compiacere il suo padrone, no, lui opera così per suo tornaconto personale, perché gli fa comodo e cerca di guadagnare da quelle situazioni. A Batiato questo non importa, a lui basta avere un servitore così, che fa il lavoro sporco, che inganna, che si comporta da spia. E Ashur è ben lieto di farlo e di mettersi in luce agli occhi del Padrone. Naturalmente, il suo viscido comportamento lo mette in cattiva luce agli occhi degli altri ‘fratelli’ gladiatori. Infatti Ashur è odiato da tutti loro, nessuno lo ritiene un amico, nessuno lo apprezza, nessuno lo rispetta, e tutto ciò perché lui non ha mai fatto niente per guadagnarsi il loro rispetto. Non ha ottenuto il marchio da gladiatore grazie a meriti nell’Arena, e questo gli altri compagni lo sanno. Sanno che è il tirapiedi del Padrone, e che è disposto a ingannare e tradire chiunque di loro per suo tornaconto personale. Insomma non è un uomo di onore, non ha un codice di valori come gli altri, e nessuno lo ritiene un ‘fratello’. Neanche Enomao lo ha mai considerato come uno dei suoi uomini. Naturalmente Ashur soffre di tutta questa situazione, è percepibile che non sopporta come viene trattato dagli altri. Escluso da quel cameratismo, invidia il rapporto che gli altri gladiatori hanno tra di loro, ma non fa niente per cambiare le cose, per migliorarle, anzi le peggiora, si comporta da vero bastardo e questo lo isola sempre di più. Gli altri lo disprezzano per il suo atteggiamento e questo alimenta in lui ancora più odio verso di loro! Ashur è un personaggio molto negativo, e credo che prima o poi avrà ciò che merita!
GAIO CLAUDIO GLABRO E ILIZIA:
Questi due si sono accoppiati proprio bene: semplicemente ODIOSI!
Lui è un legato romano. Legato? A me sembra che sia ben sciolto e vada in giro a fare danni, davvero dovrebbero legarlo, ma ben stretto! Odia il nostro Spartacus, e non gli basta averlo fatto catturare, averlo fatto mettere in vendita come uno schiavo, aver strappato via da lui la sua sposa per farla diventare anch’essa una schiava, no, non gli bastano tutto queste sofferenze che ha causato a Spartacus, vuole vederlo morto, per vendicare l’affronto subito quando il Trace ed altri uomini arruolati nelle truppe ausiliarie romane disertano durante una campagna militare perché si sentono abbandonati e traditi dai romani.
Glabro se la lega al dito, e cercherà in ogni modo di umiliare Spartacus e di togliergli la vita!
Naturalmente anche Spartacus odia Glabro, e a ragion veduta direi. Glabro infatti è responsabile di tutta la sofferenza che Spartacus ha subito ed è anche responsabile della morte della povera Sura, perché, anche se questa è avvenuta per volontà di Batiato, in fondo non sarebbe mai accaduta se Sura non fosse stata venduta come schiava, dopo essere stata portata via da Spartacus, quindi……
Possiamo solo augurarci che Glabro faccia una bruuuuuuutta fine: una morte leeeeeenta e dolorosa, ovviamente per mano del Portatore di pioggia, è logico!
E veniamo alla moglie di Glabro: Ilizia! Questa qua è un vero mostro: odiosa, antipatica, cattiva, rancorosa, invidiosa, insomma basta pensare ad un aggettivo negativo e buttarlo là, sicuramente sarà appropriato per definirla.
Io non la sopporto proprio, ogni volta che appare sullo schermo mi viene il mal di stomaco, ha ha ha, c’è da dire però che Viva Bianca, l’attrice che la interpreta fa davvero un ottimo lavoro, la rende davvero detestabile!
Credo che non stia simpatica a nessun telespettatore, ma non solo, credo che non la sopporti neanche nessuno dei personaggi della serie: Lucrezia finge di essere sua amica, ma solo per interesse, per sfruttare il suo nome e il fatto che sia la moglie del Legato Glabro. Batiato la odia, ma per amore di Lucrezia e ancor più perché anche a lui fa comodo avere contatti con la moglie del legato, tollera la sua presenza nella loro Casa a Capua. Credo che in fondo neanche suo marito Glabro sopporti Ilizia, e spesso infatti non la tratta bene. Insomma Ilizia è proprio odiosa, è uno dei personaggi peggiori e non solo perché è antipatica,ma perché è proprio malvagia e vendicativa. E’ una strega, che odia profondamente Spartacus per aver fatto sfigurare il marito (sempre per la storia della diserzione), e non perde occasione per fare qualcosa che danneggi il Trace. Spera sempre che Spartacus perda la vita in qualche incontro nell’Arena, restando così sempre delusa, vista la grande abilità del Gladiatore. Allora cercherà di farlo morire per mano di Segovax, uno schiavo gallo (appartenente alla scuola di Batiato ) che lei acquisterà dal lanista. Ma, per fortuna, anche stavolta, le andrà male! Commetterà diverse cattiverie, tra cui la morte di Licinia, una nobildonna sua amica. Ma toccherà il fondo, con la sua malvagità, quando circuendo il giovane Numerio Calavio, farà in modo che Spartacus lotti contro il suo amico Varro, in una semplice dimostrazione che poi si trasformerà in un duello con giudizio finale di vita e di morte, dove sarà Numerio a decidere le sorti del perdente nell’incontro. Ilizia sapeva che Spartacus non avrebbe perso e così chiede a Numerio di scegliere Varro come avversario del Trace, in modo che al momento del giudizio finale, Spartacus fosse costretto (dall’ordine di Numerio e poi del Padrone Batiato) ad uccidere Varro, il suo migliore amico. Tutto questo fa capire quanto può essere orribile e malvagia Ilizia, che ha architettato tutto ciò per distruggere una cosa bella come l’amicizia tra Varro e Spartacus , e per far soffrire immensamente quest’ultimo.
Ilizia si insinua nella Casa di Batiato, cercando l’amicizia di Lucrezia, ma in realtà non le è davvero amica e quando Spartacus darà il via alla sua vendetta, e lei, sfortunatamente riuscirà a mettersi in salvo, non farà niente per aiutare Lucrezia e gli altri, anzi darà ordine alla sue guardie di sbarrare tutti dentro la villa di Batiato, condannando così quella che definiva amica (e tutti gli altri presenti) a una triste sorte!
Peccato che Ilizia sia scampata al massacro, ma prima o poi arriverà il suo momento, o almeno spero……..
NUMERIO CALAVIO:
Numerio è il figlio del Magistrato Calavio. E’ un mocciosetto insopportabile, un insulso ragazzino fissato con i Giochi dei Gladiatori.
Ammira Spartacus, e potremmo definirlo un suo fan.
E’ un ‘Figlio di papà’ che si crede chissà chi per via del ruolo del padre, non suscita mai alcuna simpatia, ma si rende davvero odioso, quando, come detto prima, imbambolato da Ilizia prende la decisione di far uccidere Varro da Spartacus. Credo che in quel momento lo avrei fatto a pezzettini con le mie mani. Comunque ci penserà Aurelia, la moglie di Varro, a farlo a brandelli, vendicando così suo marito. Infatti, lo stupido Numerio, non solo era reo di aver condannato a morte, così, solo per il suo divertimento, il povero Varro, ma lo derideva pure davanti ad Aurelia affranta dal dolore per la perdita del marito. Numerio diceva che il buon Varro era ridicolo e che non meritava di vivere. Beh, sai una cosa Numerio, forse eri TU che non ti meritavi di vivere e così Aurelia ti ha tolto di mezzo! Te la sei voluta ragazzino.
Penso di aver parlato dei personaggi più significativi, e di aver detto quasi tutto. Non mi rimane che aggiungere che ho trovato molto bella questa serie, anche se credo si fosse intuito che mi è piaciuta.
Insomma: abbiamo visto molto Sangue, abbiamo visto tanta Sabbia, ma, in mezzo a tutto ciò, abbiamo visto anche tante altre cose! Ottimo prodotto direi!
SPARTACUS SANGUE E SABBIA!
Mi sono avvicinata a questa serie grazie alla mia adorata Apuma, che possiamo definire una vera fan, nonché un’ottima promoter di questo telefilm. Quando uscì, all’epoca, io avevo sentito dire buone cose su questa serie, ma pensai ad un prodotto basato su fatti storici realmente esistiti, e poi romanzato qua e là, come ce ne sono tanti. Ma ascoltando Apuma che mi accennava le caratteristiche principali di questa serie, e che davvero molto entusiasticamente ne tesseva le lodi, la mia curiosità cominciò a salire, fino a quando decisi (di pari passo con un altro mishamigo) di iniziarne la visione!
La prima cosa che colpisce di questo prodotto, ovviamente è la violenza: scene cruente che non si risparmiano niente, a volte quasi splatter, sangue che schizza copiosamente ovunque, azioni dure e pesanti compiute dai vari personaggi con una tranquillità incredibile. Ma Apuma ci aveva già avvisati di questo, e comunque ci sta perché, in quel periodo, queste cose accadevano veramente con quel modus operandi.
Il sangue poi è molto scenografico, e dopo un primo momento di spiazzamento, devo dire che ci si fa l’occhio e ci si abitua alla grande ( o almeno parlo per me che non mi scandalizzo più di tanto).
Devo dire che il prodotto è ben fatto: molto bella la fotografia e gli effetti visivi, che ricordano quelli usati in 300; ottimo l’uso del rallenty soprattutto nelle scene dei combattimenti, bellissima e particolare la luce, bravi tutti gli attori (soprattutto quelli che interpretano i fetenti, riescono loro davvero bene), molti dei quali erano a me sconosciuti, come peraltro mi era sconosciuto il canale che lo ha trasmesso, ovvero Starz, un canale privato, che forse proprio per questo motivo ha potuto trasmettere più agevolmente senza dover subire troppe censure, potendo così rappresentare al meglio la dura vita dei gladiatori, piena di violenza, e anche la vita lussuosa e dissoluta dei ricchi e viziosi romani, fatta di agi, privilegi e perversioni. Esistenze lussuose e prepotenti che i romani conducono incuranti delle sofferenze e delle umiliazioni che provocano alle persone a loro servizio, agli schiavi che sono a loro sottomessi, giocando continuamente con le loro vite, e addirittura decidendo della loro vita o della loro morte con una incredibile leggerezza, senza alcun rimorso o preoccupazione!
Oltre alle scene di violenza, alle torture, agli omicidi, ci sono anche diverse scene erotico/sessuali, dove il sesso è molto fisico, molto diretto, insomma senza giri di parole….
Naturalmente la storia è basata su fatti storici, ma si prende diverse licenze ed è un po’ romanzata. Ma a noi piace così: viene resa molto interessante, arricchita da pathos e colpi di scena.
I personaggi non sono appena accennati e finalizzati solo al loro ruolo nella storia, no, invece sono ben delineati, si riescono a percepire i loro sentimenti, quello che vivono, quello che provano; si apprendono le storie che hanno alle loro spalle, e che li definiscono.
La storia non si concentra solo sui fatti e sulle azioni, no, anche i dialoghi sono buoni. Credevate che i gladiatori fossero solo rozzi omoni senza cervello? Ed invece no, pensano, riflettono, provano emozioni e le esternano. Inoltre i dialoghi a volte sono anche molto profondi e sono ben scritti, con una terminologia e un frasario adatto al linguaggio dell’epoca rappresentata. Naturalmente non in latino….. sarebbe stato troppo complicato, eh eh eh!
La ricostruzione storica è davvero buona, la produzione è stata molto attenta ai particolari: ben riprodotti gli ambienti, il vestiario (sia dei ricchi che degli schiavi), le parrucche e gli accessori, le armi e le armature, e ben rappresentate le azioni, soprattutto quelle comuni, di vita quotidiana. Insomma, ci sarà qualche errorino o incongruenza, ma nel complesso si nota ricercatezza e accuratezza dei particolari, e questo rende il tutto molto credibile.
Oltre alla violenza e al sangue, io, in questa serie, ho trovato anche una buona dose di romanticismo, e non parlo di sentimentalismo, ma del vero senso di Romanticismo. Secondo me ce n’è molto: nelle storie d’amore presenti, nelle relazioni sentimentali che i personaggi hanno con le loro donne o con i loro compagni uomini, ma non solo anche nei rapporti d’amicizia tra ‘fratelli’ gladiatori, nel loro cameratismo e nella loro fratellanza, o nell’essere leali e fedeli ad un ideale, a ciò che loro rappresentano, nell’essere quasi predestinati e votati a quel tipo di vita, gloriosa ma spesso breve, accettando il loro destino, senza opporvisi.
Vediamo ora qualche personaggio:
SPARTACUS:
Beh, che dire, non si può non rimanere conquistati immediatamente dal Trace. Si entra subito in empatia con lui e con le sue vicende, forse complice anche il fatto che ad interpretarlo, nella prima stagione, è stato un bravissimo Andy Whitfield, purtroppo prematuramente scomparso a causa di una malattia, ma che secondo me, anche se ha interpretato l’eroe trace per breve tempo, ha davvero lasciato il segno, e se devo pensare a Spartacus la mia mente corre subito a lui. Questo attore era davvero bravo e molto espressivo, è stato molto convincente in questo ruolo: sapeva essere forte, duro e deciso e poi al contempo sapeva mostrare un’ enorme dolcezza, e il tutto con grande naturalezza. Peccato averlo perso così presto, sia come attore, ma soprattutto come uomo! Ci manchi Andy.
Ma torniamo al nostro Spartacus. Dicevo: ci si affeziona subito a lui, e ci si appassiona alle sue tristi vicende e al destino a cui va incontro. Viviamo con lui il distacco dalla sua amata Sura, e la sua sofferenza per questo evento, speriamo con tutto il cuore che possa ricongiungersi a lei. Viviamo con lui il difficile adattamento alla sua nuova condizione di schiavo, e poi alla sua nuova vita da gladiatore. Tifiamo per lui nell’Arena, parteggiamo per lui nel Ludus.
E’ un personaggio dotato di un’enorme forza interiore, una immensa tenacia, e un grandissimo carisma. E poco a poco si imporrà come il Primo su tutti gli altri gladiatori, diventerà il nuovo Campione di Capua, nonché una vera Leggenda: diventerà il Portatore di Pioggia! (Bellissima la scena del combattimento contro l’Ombra della morte, direi quasi epica!)
Siamo orgogliosi di Spartacus quando resiste stoicamente a tutte le difficoltà che deve affrontare, a tutti i soprusi che deve subire e siamo fieri che nonostante tutto mantenga sempre la sua dignità e il rispetto per gli altri, soprattutto se più deboli. Infatti prende le parti e tenta sempre di difendere chi più debole viene vessato dagli altri, che si tratti del giovane Pietro, o delle nuove leve dei gladiatori, o delle schiave nella casa di Batiato.
Un po’ di delusione però l’abbiamo provata quando ormai persa per sempre la sua donna, accetta il suo destino come schiavo gladiatore, e ferito nel profondo dell’anima, si lascia andare, si sottomette alla sua condizione servile, perde la sua combattività (non nell’arena, anzi tutt’altro, lì diventa proprio una macchina omicida), parlo della sua combattività nel ribellarsi a quella vita da schiavo e nel voler riconquistare la sua libertà. Così perde anche parte della sua umanità, si spersonalizza, eseguendo ciecamente ciò che il padrone vuole da lui, e cioè diventare il Campione della Casa del lanista, vincendo ogni incontro, pensando solo a quello, per onorare il nome del suo Padrone, insomma vivendo solo in funzione di questo obbiettivo. Il momento in cui ci delude di più, però, è quando è costretto, in una esibizione, a dover uccidere il suo compagno Varro, il suo miglior amico, ormai quasi come un fratello per lui. Spartacus, anche se con grande dolore, compie questo atto orribile, non si oppone all’ordine del suo padrone (che prende a malincuore questa decisione voluta però dal giovane Numerio). Spartacus avrebbe dovuto fare un’altra scelta, forse iniziare lì la sua ribellione, ma gli eventi lo portano a compiere questo atto, e sarà lo stesso Varro a chiedergli di farlo. Questo Spartacus ci lascia sconvolti, ha perso lo spirito ribelle che aveva quando è entrato nel Ludus di Batiato. In parte capiamo il dolore che prova per aver perso la sua Sura, e capiamo che si butta a capofitto in questa sua nuova vita, perché non ha più nient’altro, non ha più nessuna ragione per vivere, senza la sua donna, ma a noi comunque fa rabbia vederlo così sottomesso, soprattutto perché sappiamo chi è l’artefice della sorte toccata a Sura. Vorremmo scuotere Spartacus da questo oblio, e per fortuna ad un certo punto i suoi occhi si apriranno sulla dura realtà, capirà, si desterà, tornerà di nuovo sé stesso, e con tutta la sua forza e la sua rabbia darà inizio alla sua giusta vendetta!
CRISSO:
Cosa dire di questo ‘bestione’ Gallo: è un ottimo gladiatore, si batte bene nell’arena, in fondo prima di Spartacus era lui il Campione di Capua. Ma vive solo in funzione di questo, l’unica cosa che gli interessa è la gloria che si conquista nell’Arena, spaccando teste e smembrando corpi degli avversari. Non è che fa molta simpatia, è prepotente verso gli altri, pratica atti di nonnismo nei riguardi dei nuovi gladiatori, in quanto lui è un veterano lì, e a suo tempo li ha subiti anche lui……
Inoltre è sottomesso ai suoi padroni, non solo al suo lanista Batiato, ma anche alla moglie di quest’ultimo, donna Lucrezia, verso la quale si comporta proprio come un docile cagnolino ammaestrato facendosi sfruttare per bene!
Certo le cose per lui cambieranno quando si innamorerà della schiava Naevia, e scoprirà di essere da lei ricambiato. Questo gli darà una nuova prospettiva di vita, qualcos’altro per cui vale la pena vivere e lottare oltre alla gloria dell’arena.
Anche l’arrivo di Spartacus cambierà il suo modo di vivere: sentirà il suo ruolo messo in discussione dal nuovo Campione, dovrà mandar giù il boccone amaro di non essere più il preferito di Batiato, e non godrà più dei privilegi della sua precedente condizione. Tutto ciò lo porterà ad odiare Spartacus ma nonostante tutto egli stima il guerriero Trace, e lo considera comunque un fratello gladiatore!
A Roma, si direbbe che Crisso è ‘grande, grosso e fregnone’, e infatti dimostrerà di non essere una cima in astuzia, quando farà un macello, aggredendo Ashur pubblicamente, dopo aver scoperto che all’infido siriano era stata assegnata la sua Naevia. Sapere la sua amata Naevia nelle braccia di Ashur manderà su tutte le furie Crisso, che però in questo modo farà scoprire la storia segreta tra lui e la schiava personale di Lucrezia, scatenando così la gelosia e l’ira di quest’ultima e dando vita ad una sonora lezione per lui e per la sua amata Naevia. Pagheranno per questo e i loro destini saranno divisi…..
Però di Crisso ci piace la sua enorme lealtà: Lealtà alla casa di Batiato, ma soprattutto lealtà ai suoi fratelli gladiatori. Una volta che uno schiavo riceve il marchio di Batiato, presta giuramento e entra, a tutti gli effetti, a far parte dei gladiatori, per Crisso diventa un fratello, lo rispetta come tale ed è pronto a difenderlo. Ed infatti gli siamo grati per aver salvato la vita di Spartacus, più volte, nell’arena e non. Crisso non lo ha fatto per il Trace personalmente, ma perché, per lui, Spartacus, condividendo il suo stesso destino in quel Ludus, equivale ad essere un suo fratello!
VARRO:
Varro è un personaggio positivo, simpatico, ottimista, piano piano entra nelle grazie di Spartacus, fino a diventare il suo miglior amico, o forse il suo unico amico, e piano piano diventa sempre più simpatico anche a noi. Ci fa piacere vedere Spartacus sorridere quando è con lui. Varro riesce a calmare la rabbia iniziale di Spartacus, riesce a farlo abituare a quell’ambiente, e riesce a farlo confidare, a farlo aprire. Spartacus ha proprio bisogno di un amico, e Varro è l’amico ideale. Il loro legame si fortifica sempre di più, quasi a diventare fraterno, e i due si spalleggiano a vicenda, e si sostengono l’un l’altro cercando di avere sempre una parola di conforto riguardo ai loro problemi personali (la ricerca di Sura per Spartacus, e i problemi familiari di Varro). Ed è un vero peccato perdere questo personaggio buono, è un peccato per noi, e soprattutto per Spartacus che aveva proprio bisogno di un volto amico nel Ludus. La cosa più triste poi è la sorte che toccherà al biondo romano, che come abbiamo accennato prima, morirà proprio per mano dell’amico, lasciando in quest’ultimo un grande dolore, un enorme vuoto, e un fortissimo senso di colpa!
ENOMAO:
Il Maestro Enomao, secondo me, è un personaggio molto positivo.
E’ stato un abile combattente nell’Arena a suo tempo ed ora è il ‘Doctore’, il Maestro che insegna agli altri gladiatori.
Per usare un termine militar, Enomao è un Gunny, cioè un Sergente Istruttore! E si comporta come tale.
Come un Gunny addestra le sue reclute perché siano pronte in uno scenario di guerra, così Enomao allena i suoi gladiatori perché diano il meglio di sé durante i Giochi nell’Anfiteatro.
Durante l’addestramento alle reclute un Gunny è severo, duro, a volte si comporta come un vero bastardo nei confronti dei suoi uomini, ma lo fa per il loro bene, perché quando saranno in battaglia possano essere preparati al meglio, possano portare a termine la loro missione e soprattutto possano sopravvivere.
Anche Enomao ha un atteggiamento severo nei confronti dei suoi gladiatori, l’addestramento sotto di lui è pesante, impartisce dure lezioni e lo fa a suon di frusta, porta i suoi uomini allo sfinimento ma lo fa per il loro bene. Vuole che siano preparati al massimo, che possano vincere qualsiasi incontro e che riportino la pellaccia a casa sana e salva.
E fa bene il suo lavoro, prova ne è il fatto che durante l’incontro con Theokoles, finché Crisso e Spartacus avevano messo in pratica gli insegnamenti di Enomao, di lottare come fossero un solo uomo, stavano avendo la meglio sul Gigante, poi, invece, facendo di testa loro hanno quasi rovinato tutto.
Insomma, a dispetto di quello che può sembrare, Enomao ci tiene ai ragazzi del suo ludus, gli vuole bene, si interessa a loro, conosce le loro storie, e anche se il suo ruolo lo pone in una posizione superiore, a suo tempo anche lui è stato un gladiatore, e in fondo al suo animo si sente sempre uno di loro.
Ma, come un Sergente Istruttore deve comunque rispettare gli ordini dei suoi superiori, anche se li ritiene sbagliati, così anche il Maestro Enomao deve rispettare gli ordini del suo Padrone Batiato, anche se non li condivide. Enomao, dimostra lealtà verso la Casa di Batiato che è stata importante per la sua vita, e, con questo atteggiamento, a volte si erge come un ostacolo nei confronti dei gladiatori, ma ciò non significa che non ha a cuore il destino dei suoi ragazzi, e quando nel finale di stagione dovrà decidere infine con chi schierarsi, abbandonerà le vesti del fedele servitore e si batterà al fianco dei suoi allievi.
BARCA E PIETRO:
Barca è un ottimo gladiatore, è uno della vecchia guardia nel Ludus e non esita a farlo notare alle nuove reclute. Se la spadroneggia, un po’ per motivi di anzianità di servizio e un po’ perché ha un doppio ruolo: non è solo un gladiatore, ma è anche la fidata guardia del corpo di Batiato. Il lanista infatti lo porta sempre con sé nelle sue uscite e quando deve combinare qualche malaffare, però quando, a torto, la fiducia di Batiato nel Cartaginese viene meno, il lanista non esita a toglierlo di mezzo, sbarazzandosi di lui come niente fosse, dimenticando gli anni di fedele servizio. Barca a dispetto del suo aspetto aggressivo, ha anch’egli una debolezza, ovvero ama il giovane Pietro, un ragazzo dolce e gentile, che serve i gladiatori come assistente durante gli allenamenti. E’ servizievole e buono con tutti, e ricambia i sentimenti di Barca, tanto che quando il Cartaginese verrà ucciso e a lui verrà detto invece che il suo amante ha riguadagnato il suo stato di libertà e lo ha lasciato lì, il ragazzo ne soffrirà molto, e il dolore per il presunto abbandono e i soprusi che, senza la protezione di Barca, dovrà subire dal gladiatore Gneo, lo porteranno a togliersi la vita.
Pietro era un personaggio positivo, ma troppo fragile e delicato per vivere in quel mondo. La sua figura contrastava con quella dei gladiatori aggressivi, sfrontati e pieni di sé, ma conferiva una nota di dolcezza e ottimismo all’ambiente. E’ stato sfortunato.
DURO E AGRON:
Ed ecco la coppia di fratelli germanici! Si sa quanto amiamo le coppie di fratelli, il profondo legame che c’è sempre tra due fratelli, quel sentimento di reciproco affetto e il senso di protezione che i fratelli nutrono l’uno per l’altro. E anche questa coppia presenta queste caratteristiche e noi ne siamo lieti.
Non mi è molto chiaro chi sia il maggiore tra i due, ma credo che sia Agron. Egli infatti si prende sempre cura del fratello, si preoccupa per lui e cerca di salvarlo in qualsiasi situazione di pericolo. Agron è più scaltro del fratello, è più furbo, ed è un combattente migliore, ma anche Duro se la cava, compensa la sua minore abilità nella lotta con una enorme dose di coraggio e orgoglio. E’ molto caparbio e non ci sta a farsi mettere i piedi in testa.
Purtroppo è più ingenuo del fratello e si mette spesso in situazioni di pericolo, ma Agron è sempre pronto a salvargli la vita. Tranne nel finale di stagione, in cui sarà proprio Duro a salvare la vita del fratello, perdendo però così la sua con un grande atto di coraggio affrontando un soldato romano.
La morte del fratello sarà un duro colpo per Agron, e lo spingerà ancora di più a cercare vendetta sui romani. Agron infatti è sempre stato d’accordo con il piano di Spartacus di ribellarsi e sovvertire la loro condizione. Spartacus troverà fin dall’inizio un valido alleato in Agron, che fin dal suo arrivo nel Ludus dimostra grande insofferenza per la condizione di schiavo in cui lui e suo fratello sono costretti a vivere. Agron è testardo, non si lascia domare facilmente, non aspira alla vita da gladiatore; è costretto a vivere così ma non si lascia sopraffare da quella vita, nel suo animo cerca sempre di riappropriarsi della sua libertà appena ne intravede una possibilità, e Spartacus rappresenta enormemente quella possibilità. Quindi dimostrerà subito di essere al fianco del Trace e gli offrirà la sua grinta, il suo valore in combattimento e anche una discreta abilità nella strategia!
NAEVIA:
E’ la schiava personale di Lucrezia, e quindi gode di una posizione privilegiata rispetto alle altre schiave. La padrona le garantisce una sorta di protezione, in quanto lei è la sua confidente, conosce i suoi segreti, la assiste in tutto, ed è marchiata col simbolo della padrona, cosa che la lega ancor più strettamente alla sua Domina.
Naevia è molto dolce e anche triste, è grata alla Padrona per il ruolo privilegiato che lei ricopre, ma si percepisce che non ama essere la serva fidata di Lucrezia, ed assistere in silenzio a tutte le nefandezze che i suoi padroni architettano. Deve però compiacere sempre la sua Domina. Questa sua posizione mal si concilia con il fatto che si innamorerà, ricambiata, proprio di Crisso, che suo malgrado è costretto ad essere l’amante di Lucrezia. Quando questa verrà a sapere della relazione segreta tra i due, andrà su tutte le furie, sentendosi tradita nella fiducia da entrambi: da Crisso, ma soprattutto da Naevia, della quale credeva di potersi fidare ciecamente e che non avrebbe mai sospettato potesse ingannarla così e divenire una sua rivale in amore. La sua ira sfocerà in una dura punizione per Naevia: la caccerà via, allontanandola così dal suo amato Crisso.
MIRA:
Mira è una bellissima schiava al servizio nella Casa di Batiato. Ha un bel caratterino forte, che la porta spesso a scontrarsi con gli altri, anche con Spartacus, del quale però si innamora subito. E non perde occasione per dimostrargli i suoi sentimenti, potremmo dire che gli fa una corte serrata, non appena intravede un attimo di fragilità nel grande Gladiatore, subito prova ad offrirgli le sue attenzioni. Ma niente da fare, Spartacus è uno tosto, in fondo non si diventa mica il Campione di Capua e una Leggenda vivente come Il Portatore di pioggia, così come se niente fosse. Spartacus è ancora innamorato della sua Sura, e mi pare anche giusto, era la donna della sua vita, è morta da poco, lui non ha potuto salvarla e anzi si sente in colpa per la sorte che le è toccata, si sente responsabile della sua morte. Quindi non è pronto per aprirsi all’affetto di Mira, sebbene sia un affetto sincero: la ragazza lo ama davvero. Spartacus apprezza l’amicizia della schiava, ma la tiene a distanza dimostrando così anche il suo forte carattere, nonché un certo rispetto per la ragazza. Ma Mira è ancora più testarda di Spartacus e non demorde fino a che, con le sue attenzioni e il suo caratterino, a volte un po’ capriccioso e insopportabile, alla fine riuscirà a fare breccia nel cuore ormai triste ed indurito del Trace, e si rivelerà una valida alleata per il piano di vendetta di Spartacus.
E ora passiamo ai Fetenti:
QUINTO LENTULO BATIATO:
Batiato è il lanista che compra Spartacus. Discende da una famiglia di lanisti e porta avanti questa attività di famiglia. La sua scuola è una delle più importanti di Capua e vanta tra le sue fila ottimi gladiatori. Spartacus diventa uno dei suoi schiavi/gladiatori e con le sue imprese nell’Arena arreca nuova gloria e prestigio alla scuola di Batiato e dunque al suo Padrone. Questi eventi fanno sì che si crei uno strano rapporto tra i due: Spartacus inizialmente detesta il suo Padrone, odia la condizione servile che è costretto a subire. Egli è fiero e orgoglioso e cerca sempre di ribellarsi meditando modi per liberarsi e sfuggire a quella vita, ma Batiato, con la sua parlantina, lo convince ad accettare la sua condizione di schiavo e ad assoggettarsi a lui, riconoscendolo come padrone e servendolo degnamente combattendo nell’arena per la sua Casa, in cambio dell’impegno del lanista a ricercare Sura e a riportarla da lui. Spartacus, il cui unico desiderio è poter riabbracciare la sua amata, si fida delle parole di Batiato, pensa di aver di fronte un uomo di onore, ed è grato al lanista per l’impegno che prenderà nella ricerca della sua sposa. Quindi accetta le condizioni dettate dal Padrone, diventa uno dei migliori gladiatori di tutti i tempi e porta onore e prestigio alla Scuola di Batiato, che così cerca di farsi amicizie che contano per arrivare dove lui vuole e cioè ad occupare una importante carica in politica. Sì perché il vero obbiettivo di Batiato è questo: la carriera politica, e per raggiungere quella posizione non si fermerà davanti a niente, macchinerà intrighi su intrighi, complotterà alle spalle dei suoi avversari, dei suoi nemici e anche degli ex-amici come Solonio. Organizzerà il rapimento di un magistrato e poi lo farà uccidere facendo ricadere la colpa su Solonio e facendolo condannare a morte. La sua esecuzione avverrà proprio nell’Arena, per mano di Spartacus.
Aiutato nell’esecuzione dei suoi piani dal siriano Ashur, Batiato si macchierà di diversi crimini. Tutto questo per migliorare la sua posizione sociale, per la sua sete di potere, magari per sentirsi migliore del padre Tito, e forse anche per compiacere la moglie Lucrezia. In fondo credo che l’unica persona di cui importi veramente a Batiato (oltre se’ stesso ovvio) è proprio Lucrezia. Ama la moglie, vorrebbe da lei un erede ed è anche disposto a far finta di non sapere nulla della sua tresca con Crisso, pur di saperla felice.
Il rapporto di Batiato con Spartacus è ambiguo: il lanista lo tratta come uno schiavo perché in fondo lo è, ma nello stesso tempo sembra stimarlo e apprezzarlo non solo per la sua abilità da gladiatore, riconosce in lui anche grandi doti intellettive e logiche, e non disdegna di soffermarsi a parlare con lui ed in qualche occasione sembra addirittura chiedergli consiglio. Credo che Batiato sia affascinato dalla personalità di Spartacus, ed in qualche modo credo che lo ammiri, ed è orgoglioso di averlo nella sua scuola, si fa vanto di averlo ‘addomesticato’ e reso un tale campione, è contento che Spartacus porti gloria alla sua Casa. Ma per lui è pur sempre uno schiavo e pretende da lui una cieca obbedienza.
Batiato ha fatto le nefandezze peggiori, ma pur di non perdere il suo Campione, si macchierà di uno dei crimini più schifosi: troverà la donna di Spartacus, ma invece di portarla da lui sana e salva come aveva promesso, la farà uccidere da un suo servitore e poi la farà arrivare ormai agonizzante alla sua Casa. Spartacus non potrà fare altro che tenerla morente tra le sue braccia. Soffrirà moltissimo per questo e non conoscendo la verità sull’assassinio della povera Sura, non sospetterà minimamente del suo Padrone, anzi gli sarà grato per aver fatto di tutto per ritrovarla, si assoggetterà ancora di più a Batiato, accettando ormai il suo destino da Gladiatore e riversando tutta la sua rabbia e il suo dolore nell’Arena, uccidendo tutti gli avversari che si trova davanti. Questo con immensa gioia di quella carogna di Batiato, che però ignora la sua sorte imminente. Infatti quando Spartacus verrà a conoscenza dell’orrendo disegno architettato da Batiato ai suoi danni e a quelli della sua amata, diventerà furente e la sua vendetta avrà inizio! Ma Spartacus è furbo, attenderà il momento giusto per vendicarsi e allora non ci sarà scampo per nessuno. Caro Batiato hai scatenato l’ira del Trace e ne pagherai le conseguenze!
Molto bella la scena che dà inizio alla vendetta:durante il combattimento tra Crisso e Spartacus, il Portatore di pioggia salta sullo scudo dell’ indomito Gallo ed arriva sulla balconata da dove Batiato e i ricchi patrizi osservano la lotta. Si scatena il terrore ed il panico e il sangue scorrerà a fiumi…..
Ma ancor più bello è il momento della fine di Batiato: prima di ucciderlo Spartacus gli fa un bel discorsetto, ripetendo le parole che un tempo Batiato aveva usato con lui per convincerlo a servirlo fedelmente, ad accettare il suo destino da gladiatore, a fidarsi di lui, che diceva avrebbe fatto di tutto per riunirlo a Sura.
Beh, ora quelle parole si ritorcono contro Batiato stesso e sono le ultime che il lanista sentirà!
LUCREZIA:
Lucrezia è un’altra fetente, anche lei desidera elevare la sua condizione sociale, ed anche lei pur di ottenere ciò che vuole è disposta a pessimi atti. Ma forse tra tutti i fetenti lo è un po’ meno degli altri.
Ha uno strano rapporto con Ilizia: si professa sua amica, ma in realtà non la sopporta. Le offre la sua amicizia solo perché può tornarle utile, sfruttando il fatto che Ilizia è la moglie del Legato Glabro. Infatti appena può non le dispiace prendersi delle rivincite su Ilizia. Ma come darle torto, in fondo chi è che davvero vorrebbe essere un’amica sincera di quell’arpia di Ilizia?
Lucrezia non manca di mostrare il suo ruolo di padrona nei confronti dei suoi schiavi, però tende a non farli sentire troppo umiliati, anzi a volte sembra provare un po’ di affetto per Naevia, la sua schiava personale, e ad esempio è disgustata all’idea di assegnarla ad Ashur.
E anche verso Crisso il suo atteggiamento non è solo quello della Padrona. Anche se lo sfrutta per i suoi ‘scopi personali’, Lucrezia sembra davvero innamorata del Gallo, e anche se Crisso sarebbe comunque obbligato ad obbedire ai suoi ordini, lei sembra volere che il Gallo la desideri davvero, che sia contento di giacere con lei. Insomma vorrebbe che i suoi sentimenti fossero ricambiati sinceramente da Crisso.
In fondo, poi sapremo che la loro storia segreta non è iniziata per puro divertimento di Lucrezia, no, lo scopo era quello di poter restare incinta e dare un erede a Batiato, ma poi qualcosa deve essere successo nel cuore della Domina, e lei deve essersi davvero innamorata del Gallo.
Infatti è proprio per questo che quando Lucrezia verrà a conoscenza della relazione segreta tra Naevia e Crisso andrà su tutte le furie, li punirà severamente e comincerà ad odiare tutti e due gli schiavi a cui era più legata. Odierà Naevia perché si fidava di lei, e si sentirà tradita dalla sua confidente, che secondo lei sapeva bene cosa lei provasse per il Gladiatore Gallo. E odierà Crisso, perché in fondo lei lo amava, e in cuor suo sperava di essere ricambiata. Si sentirà tradita da tutti e due, e sentirà tradita la sua fiducia. E poi invidia quella coppia che si ama sinceramente e non sotto costrizione. Invidia Naevia, perché nonostante Lucrezia sia una Padrona, ricca e agiata, non potrà mai avere quello che ha la sua schiava: un amore sincero e sinceramente ricambiato.
ASHUR:
Ashur è l’infido, falso e subdolo siriano. E’ stato un gladiatore, ma la ferita alla gamba lo ha tenuto lontano dall’Arena. Porta il marchio della Casa di Batiato, ma poi sapremo che non se lo è guadagnato con un’impresa vittoriosa nell’Arena, bensì facendo lavori sporchi per conto del Padrone. Infatti Ashur è il braccio destro di Batiato quando c’è da compiere qualche misfatto. E’ molto bravo a mentire, ingannare e fare il doppiogioco. E’ comunque fedele a Batiato: sembra portare avanti un inganno nei suoi confronti, sembra volerlo tradire, ma in realtà sta facendo il doppiogioco: è Solonio l’uomo che sta ingannando, servendo invece fedelmente Batiato, attuando in maniera perfetta uno dei macchinosi piani del suo Padrone. E da esso verrà ricompensato per la sua viscida lealtà. In realtà Ashur non si comporta così perché costretto dalla sua condizione di schiavo o perché vuole sinceramente compiacere il suo padrone, no, lui opera così per suo tornaconto personale, perché gli fa comodo e cerca di guadagnare da quelle situazioni. A Batiato questo non importa, a lui basta avere un servitore così, che fa il lavoro sporco, che inganna, che si comporta da spia. E Ashur è ben lieto di farlo e di mettersi in luce agli occhi del Padrone. Naturalmente, il suo viscido comportamento lo mette in cattiva luce agli occhi degli altri ‘fratelli’ gladiatori. Infatti Ashur è odiato da tutti loro, nessuno lo ritiene un amico, nessuno lo apprezza, nessuno lo rispetta, e tutto ciò perché lui non ha mai fatto niente per guadagnarsi il loro rispetto. Non ha ottenuto il marchio da gladiatore grazie a meriti nell’Arena, e questo gli altri compagni lo sanno. Sanno che è il tirapiedi del Padrone, e che è disposto a ingannare e tradire chiunque di loro per suo tornaconto personale. Insomma non è un uomo di onore, non ha un codice di valori come gli altri, e nessuno lo ritiene un ‘fratello’. Neanche Enomao lo ha mai considerato come uno dei suoi uomini. Naturalmente Ashur soffre di tutta questa situazione, è percepibile che non sopporta come viene trattato dagli altri. Escluso da quel cameratismo, invidia il rapporto che gli altri gladiatori hanno tra di loro, ma non fa niente per cambiare le cose, per migliorarle, anzi le peggiora, si comporta da vero bastardo e questo lo isola sempre di più. Gli altri lo disprezzano per il suo atteggiamento e questo alimenta in lui ancora più odio verso di loro! Ashur è un personaggio molto negativo, e credo che prima o poi avrà ciò che merita!
GAIO CLAUDIO GLABRO E ILIZIA:
Questi due si sono accoppiati proprio bene: semplicemente ODIOSI!
Lui è un legato romano. Legato? A me sembra che sia ben sciolto e vada in giro a fare danni, davvero dovrebbero legarlo, ma ben stretto! Odia il nostro Spartacus, e non gli basta averlo fatto catturare, averlo fatto mettere in vendita come uno schiavo, aver strappato via da lui la sua sposa per farla diventare anch’essa una schiava, no, non gli bastano tutto queste sofferenze che ha causato a Spartacus, vuole vederlo morto, per vendicare l’affronto subito quando il Trace ed altri uomini arruolati nelle truppe ausiliarie romane disertano durante una campagna militare perché si sentono abbandonati e traditi dai romani.
Glabro se la lega al dito, e cercherà in ogni modo di umiliare Spartacus e di togliergli la vita!
Naturalmente anche Spartacus odia Glabro, e a ragion veduta direi. Glabro infatti è responsabile di tutta la sofferenza che Spartacus ha subito ed è anche responsabile della morte della povera Sura, perché, anche se questa è avvenuta per volontà di Batiato, in fondo non sarebbe mai accaduta se Sura non fosse stata venduta come schiava, dopo essere stata portata via da Spartacus, quindi……
Possiamo solo augurarci che Glabro faccia una bruuuuuuutta fine: una morte leeeeeenta e dolorosa, ovviamente per mano del Portatore di pioggia, è logico!
E veniamo alla moglie di Glabro: Ilizia! Questa qua è un vero mostro: odiosa, antipatica, cattiva, rancorosa, invidiosa, insomma basta pensare ad un aggettivo negativo e buttarlo là, sicuramente sarà appropriato per definirla.
Io non la sopporto proprio, ogni volta che appare sullo schermo mi viene il mal di stomaco, ha ha ha, c’è da dire però che Viva Bianca, l’attrice che la interpreta fa davvero un ottimo lavoro, la rende davvero detestabile!
Credo che non stia simpatica a nessun telespettatore, ma non solo, credo che non la sopporti neanche nessuno dei personaggi della serie: Lucrezia finge di essere sua amica, ma solo per interesse, per sfruttare il suo nome e il fatto che sia la moglie del Legato Glabro. Batiato la odia, ma per amore di Lucrezia e ancor più perché anche a lui fa comodo avere contatti con la moglie del legato, tollera la sua presenza nella loro Casa a Capua. Credo che in fondo neanche suo marito Glabro sopporti Ilizia, e spesso infatti non la tratta bene. Insomma Ilizia è proprio odiosa, è uno dei personaggi peggiori e non solo perché è antipatica,ma perché è proprio malvagia e vendicativa. E’ una strega, che odia profondamente Spartacus per aver fatto sfigurare il marito (sempre per la storia della diserzione), e non perde occasione per fare qualcosa che danneggi il Trace. Spera sempre che Spartacus perda la vita in qualche incontro nell’Arena, restando così sempre delusa, vista la grande abilità del Gladiatore. Allora cercherà di farlo morire per mano di Segovax, uno schiavo gallo (appartenente alla scuola di Batiato ) che lei acquisterà dal lanista. Ma, per fortuna, anche stavolta, le andrà male! Commetterà diverse cattiverie, tra cui la morte di Licinia, una nobildonna sua amica. Ma toccherà il fondo, con la sua malvagità, quando circuendo il giovane Numerio Calavio, farà in modo che Spartacus lotti contro il suo amico Varro, in una semplice dimostrazione che poi si trasformerà in un duello con giudizio finale di vita e di morte, dove sarà Numerio a decidere le sorti del perdente nell’incontro. Ilizia sapeva che Spartacus non avrebbe perso e così chiede a Numerio di scegliere Varro come avversario del Trace, in modo che al momento del giudizio finale, Spartacus fosse costretto (dall’ordine di Numerio e poi del Padrone Batiato) ad uccidere Varro, il suo migliore amico. Tutto questo fa capire quanto può essere orribile e malvagia Ilizia, che ha architettato tutto ciò per distruggere una cosa bella come l’amicizia tra Varro e Spartacus , e per far soffrire immensamente quest’ultimo.
Ilizia si insinua nella Casa di Batiato, cercando l’amicizia di Lucrezia, ma in realtà non le è davvero amica e quando Spartacus darà il via alla sua vendetta, e lei, sfortunatamente riuscirà a mettersi in salvo, non farà niente per aiutare Lucrezia e gli altri, anzi darà ordine alla sue guardie di sbarrare tutti dentro la villa di Batiato, condannando così quella che definiva amica (e tutti gli altri presenti) a una triste sorte!
Peccato che Ilizia sia scampata al massacro, ma prima o poi arriverà il suo momento, o almeno spero……..
NUMERIO CALAVIO:
Numerio è il figlio del Magistrato Calavio. E’ un mocciosetto insopportabile, un insulso ragazzino fissato con i Giochi dei Gladiatori.
Ammira Spartacus, e potremmo definirlo un suo fan.
E’ un ‘Figlio di papà’ che si crede chissà chi per via del ruolo del padre, non suscita mai alcuna simpatia, ma si rende davvero odioso, quando, come detto prima, imbambolato da Ilizia prende la decisione di far uccidere Varro da Spartacus. Credo che in quel momento lo avrei fatto a pezzettini con le mie mani. Comunque ci penserà Aurelia, la moglie di Varro, a farlo a brandelli, vendicando così suo marito. Infatti, lo stupido Numerio, non solo era reo di aver condannato a morte, così, solo per il suo divertimento, il povero Varro, ma lo derideva pure davanti ad Aurelia affranta dal dolore per la perdita del marito. Numerio diceva che il buon Varro era ridicolo e che non meritava di vivere. Beh, sai una cosa Numerio, forse eri TU che non ti meritavi di vivere e così Aurelia ti ha tolto di mezzo! Te la sei voluta ragazzino.
Penso di aver parlato dei personaggi più significativi, e di aver detto quasi tutto. Non mi rimane che aggiungere che ho trovato molto bella questa serie, anche se credo si fosse intuito che mi è piaciuta.
Insomma: abbiamo visto molto Sangue, abbiamo visto tanta Sabbia, ma, in mezzo a tutto ciò, abbiamo visto anche tante altre cose! Ottimo prodotto direi!
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Re: Spartacus
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- Messaggio n°406
Re: Spartacus
Andy e la sua splendida famiglia
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Siamo sicuri che continuerà a vegliare su di loro come una splendida farfalla:
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- Messaggio n°407
Re: Spartacus
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- Messaggio n°408
Re: Spartacus
Dalla collaborazione tra Apuma & Kim Winchester:
ARMI ED ARMATURE DEI GLADIATORI
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SPADE
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Il rudis gladio in legno, usato in allenamento, per non i ferirsi gravemente nell’ars dimicandi (arte del combattere); o in fase di riscaldamento prima di impiegare i gladi in ferro. Durante gli allenamenti venivano usate anche armi di peso superiore a quelle con cui si combatteva; per abituare il braccio ad un peso maggiore e quindi rinforzarlo.
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Il gladio era l’ arma tipica dei gladiatori, dalla quale presero il nome.
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La sica, del tipico guerriero della Tracia, che la adoperava in combattimento.
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Il pugio (pugnale) usato dal Reziario come seconda arma e dal Dimachero, che combatteva con due pugi.
ELMI
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Combattere con un elmo non era necessariamente un vantaggio, nonostante attutisse i colpi in testa, dovendo fare un forte sforzo dei muscoli del collo; inoltre, la visibilità era molto limitata. Alcuni elmi avevano un'unica grata all’altezza degli occhi, altri solo dei piccoli fori; inoltre aderivano perfettamente alla testa del gladiatore limitando la capacità respiratoria. Era interesse del gladiatore finire l’incontro prima che la respirazione ne soffrisse.
SCHINIERI
Gli schinieri erano le protezioni del lato anteriore della gamba, in metallo o in cuoio. Quelli usati dai gladiatori risultano di due tipi:
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I cnemides molto alti e fin sopra il ginocchio. Avevano una conformazione ad incavo all’ altezza del ginocchio, per consentire un comodo alloggio nella rientranza e quindi dare libertà di movimento in trazione.
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Le ocreae più corte, col ginocchio libero e presentavano un incavo in basso per il piede.
Gli schinieri erano fissati ai polpacci tramite corregge infilate in piccoli anelli posteriori. Sotto gli schinieri erano portate fasce di stoffa o di cuoio, che avvolgevano le gambe. L’ uso degli schinieri riduceva la mobilità dei gladiatori.
BRACCIALI
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La manica era formata da piastre articolate o scaglie metalliche, o, talvolta, da una stretta fasciatura di stoffa e cuoio. Serviva a proteggere il braccio dai colpi dell’ avversario e solitamente veniva indossata sul braccio in cui il Gladiatore impugnava l’ arma d’ offesa, più esposta ai colpi, in quanto l’altro braccio aveva lo scudo. I movimenti del braccio ne risultavano leggermente limitati.
Portavano la manica di protezione sul braccio sinistro, con cui impugnavano il tridente, che non soffriva limitazioni. La mano destra per far volteggiare la rete, non aveva manica che limitasse il gesto.
La placca metallica rettangolare fissata alla spalla del lato in cui utilizzava il tridente, proteggeva la parte più esposta ai colpi dell’ avversario. Sii alzava infatti al di sopra della spalla di 13 centimetri per proteggere la gola e testa, in quanto il Reziario era privo di elmo.
MANI
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La protezione della mano del gladiatore, che impugnava l’ arma, era costituita da un guanto, di cuoio, o di fasce sovrapposte di cuoio, o di cuoio con piastre metalliche sopra applicate.
Diversi gladiatori ricorrevano a delle protezioni che avvolgevano completamente la mano che impugnava il gladio.
ARMI ED ARMATURE DEI GLADIATORI
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La sica, del tipico guerriero della Tracia, che la adoperava in combattimento.
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SCHINIERI
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Le ocreae più corte, col ginocchio libero e presentavano un incavo in basso per il piede.
Gli schinieri erano fissati ai polpacci tramite corregge infilate in piccoli anelli posteriori. Sotto gli schinieri erano portate fasce di stoffa o di cuoio, che avvolgevano le gambe. L’ uso degli schinieri riduceva la mobilità dei gladiatori.
BRACCIALI
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La manica era formata da piastre articolate o scaglie metalliche, o, talvolta, da una stretta fasciatura di stoffa e cuoio. Serviva a proteggere il braccio dai colpi dell’ avversario e solitamente veniva indossata sul braccio in cui il Gladiatore impugnava l’ arma d’ offesa, più esposta ai colpi, in quanto l’altro braccio aveva lo scudo. I movimenti del braccio ne risultavano leggermente limitati.
Portavano la manica di protezione sul braccio sinistro, con cui impugnavano il tridente, che non soffriva limitazioni. La mano destra per far volteggiare la rete, non aveva manica che limitasse il gesto.
La placca metallica rettangolare fissata alla spalla del lato in cui utilizzava il tridente, proteggeva la parte più esposta ai colpi dell’ avversario. Sii alzava infatti al di sopra della spalla di 13 centimetri per proteggere la gola e testa, in quanto il Reziario era privo di elmo.
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Diversi gladiatori ricorrevano a delle protezioni che avvolgevano completamente la mano che impugnava il gladio.
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- Messaggio n°409
Re: Spartacus
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- Messaggio n°410
Re: Spartacus
Lydon
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SCHEDA TECNICA
NOME: Lydon
PROFESSIONE: Gladiatore/Ribelle
POPOLO: Ispanico
CORPORATURA: Alto, pelle abbronzata, occhi e capelli scuri
RELAZIONI: Donar (Amico, deceduto) Fulco (Amico, deceduto) Timocles (Amico) Ortius (Amico, deceduto)
ATTORE: Renato Gomez
Lydon è stato un gladiatore nel Ludus di Batiato e poi un ribelle sotto il comando di Spartacus.
ASPETTO
Lydon ha capelli ricci corti neri, la pelle abbronzata e combatte con una sola spada. Il suo aspetto fisico suggerisce che è originario della Hispania, molto probabilmente è stato fatto prigioniero in una delle tante guerre romane nella regione. In seguito alla crescita della ribellione in Guerra dei dannati, è passato ad usare una lancia come arma e porta una serie di armature di fortuna.
ABILITA' DI COMBATTIMENTO
Lydon è fuggito dalla Casa di Batiato con Spartacus in seguito alla rivolta dei Gladiatori. Era già un gladiatore per la Casa di Batiato quando Crixus è arrivato al Ludus. Sebbene Lydon non si sia mai visto in campo, la sua sopravvivenza dall'arrivo di Spartacus fino alla rivolta è forse indicativa della sua abilità come un gladiatore.
Lydon è un guerriero esperto nell'uso della spada e della lancia, che gli permette facilmente di sconfiggere i migliori soldati romani in singolar tenzone.
CURIOSITA'
Lydon, Polluce e Agron sono gli unici gladiatori dalla Casa di Batiato noti per essere sopravvissuti alla terza guerra servile nella sua interezza.
Renato Gomez ha confermato che Lydon è sopravvissuto agli eventi della battaglia finale, fuggendo alla fine della serie sulle Alpi insieme ai pochi superstiti.
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SCHEDA TECNICA
NOME: Lydon
PROFESSIONE: Gladiatore/Ribelle
POPOLO: Ispanico
CORPORATURA: Alto, pelle abbronzata, occhi e capelli scuri
RELAZIONI: Donar (Amico, deceduto) Fulco (Amico, deceduto) Timocles (Amico) Ortius (Amico, deceduto)
ATTORE: Renato Gomez
Lydon è stato un gladiatore nel Ludus di Batiato e poi un ribelle sotto il comando di Spartacus.
ASPETTO
Lydon ha capelli ricci corti neri, la pelle abbronzata e combatte con una sola spada. Il suo aspetto fisico suggerisce che è originario della Hispania, molto probabilmente è stato fatto prigioniero in una delle tante guerre romane nella regione. In seguito alla crescita della ribellione in Guerra dei dannati, è passato ad usare una lancia come arma e porta una serie di armature di fortuna.
ABILITA' DI COMBATTIMENTO
Lydon è fuggito dalla Casa di Batiato con Spartacus in seguito alla rivolta dei Gladiatori. Era già un gladiatore per la Casa di Batiato quando Crixus è arrivato al Ludus. Sebbene Lydon non si sia mai visto in campo, la sua sopravvivenza dall'arrivo di Spartacus fino alla rivolta è forse indicativa della sua abilità come un gladiatore.
Lydon è un guerriero esperto nell'uso della spada e della lancia, che gli permette facilmente di sconfiggere i migliori soldati romani in singolar tenzone.
CURIOSITA'
Lydon, Polluce e Agron sono gli unici gladiatori dalla Casa di Batiato noti per essere sopravvissuti alla terza guerra servile nella sua interezza.
Renato Gomez ha confermato che Lydon è sopravvissuto agli eventi della battaglia finale, fuggendo alla fine della serie sulle Alpi insieme ai pochi superstiti.
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- Messaggio n°411
Re: Spartacus
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- Messaggio n°412
Re: Spartacus
L'ALIMENTAZIONE DEI GLADIATORI
A quanto pare la dieta dei gladiatori era prevalentemente vegetariana. Ma ricca di legumi, cereali, latticini, cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. La carne era sotto controllo, visto che i romani, mangiandone in genere troppa, soffrivano di gotta. Non mancavano olio e olive, miele, vino annacquato e focacce speziate.
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
Spesso prima delle competizioni mangiavano focacce d’orzo intrise d’olio e zuccheri, come cibo energetico in breve tempo, nonché infusi di fieno greco (con proprietà anaboliche, antianemiche e stimolanti), e bevande a base di frutta fermentata e alcool, per euforizzare e avvertire meno il dolore.
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Il professor Karl Grossschmidt, paleopatologo della Medical University di Vienna, pochi anni fa ha dato il via a un progetto volto a ricostruire la vita dei gladiatori. In particolare il team austriaco si è concentrato sullo studio delle ossa di tombe gladiatorie di II - III secolo a.C. e rinvenute nel 1993 a Efeso, prosperosa città romana della provincia d'Asia, oggi in territorio turco.
La ricerca ha recentemente raggiunto risultati davvero interessanti confermando che la dieta dei gladiatori era davvero prevalentemente vegetariana e che erano soliti bere un tonico a base di cenere dopo l'allenamento.
Il team viennese, in collaborazione con l'Institute of Forensic Medicine dell' Università di Berna, ha analizzato con la spettroscopia i rapporti degli isotopi stabili di carbonio, azoto e zolfo presenti nel collagene delle ossa e quelli di stronzio e calcio contenuti nell' osso minerale.
I risultati hanno dimostrato che i gladiatori seguivano l'alimentazione comune della popolazione locale, basata principalmente sul consumo di grano e piatti poveri di proteine. Le fonti storiche disponibili effettivamente raccontano che la dieta tipica dei gladiatori fosse costituita da legumi e orzo tanto che per i contemporanei erano conosciuti anche come "hordeani", i mangiatori d'orzo (hordeum in latino).
Il tonico alla cenere
Nelle ossa dei gladiatori, però, è stata rilevata una quantità di stronzio molto superiore rispetto alla popolazione coeva. Un suggerimento per spiegare questa anomalia arriva dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio che riporta la notizia che un tonico a base di cenere aveva un ruolo chiave nella vita dei gladiatori. Il team viennese è arrivato alla conclusione che i gladiatori di Efeso assumessero una bevanda a base di cenere di legna per fortificare il corpo dopo intensi sforzi fisici e per preservare la salute delle ossa.
A quanto pare la dieta dei gladiatori era prevalentemente vegetariana. Ma ricca di legumi, cereali, latticini, cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. La carne era sotto controllo, visto che i romani, mangiandone in genere troppa, soffrivano di gotta. Non mancavano olio e olive, miele, vino annacquato e focacce speziate.
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Spesso prima delle competizioni mangiavano focacce d’orzo intrise d’olio e zuccheri, come cibo energetico in breve tempo, nonché infusi di fieno greco (con proprietà anaboliche, antianemiche e stimolanti), e bevande a base di frutta fermentata e alcool, per euforizzare e avvertire meno il dolore.
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Il professor Karl Grossschmidt, paleopatologo della Medical University di Vienna, pochi anni fa ha dato il via a un progetto volto a ricostruire la vita dei gladiatori. In particolare il team austriaco si è concentrato sullo studio delle ossa di tombe gladiatorie di II - III secolo a.C. e rinvenute nel 1993 a Efeso, prosperosa città romana della provincia d'Asia, oggi in territorio turco.
La ricerca ha recentemente raggiunto risultati davvero interessanti confermando che la dieta dei gladiatori era davvero prevalentemente vegetariana e che erano soliti bere un tonico a base di cenere dopo l'allenamento.
Il team viennese, in collaborazione con l'Institute of Forensic Medicine dell' Università di Berna, ha analizzato con la spettroscopia i rapporti degli isotopi stabili di carbonio, azoto e zolfo presenti nel collagene delle ossa e quelli di stronzio e calcio contenuti nell' osso minerale.
I risultati hanno dimostrato che i gladiatori seguivano l'alimentazione comune della popolazione locale, basata principalmente sul consumo di grano e piatti poveri di proteine. Le fonti storiche disponibili effettivamente raccontano che la dieta tipica dei gladiatori fosse costituita da legumi e orzo tanto che per i contemporanei erano conosciuti anche come "hordeani", i mangiatori d'orzo (hordeum in latino).
Il tonico alla cenere
Nelle ossa dei gladiatori, però, è stata rilevata una quantità di stronzio molto superiore rispetto alla popolazione coeva. Un suggerimento per spiegare questa anomalia arriva dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio che riporta la notizia che un tonico a base di cenere aveva un ruolo chiave nella vita dei gladiatori. Il team viennese è arrivato alla conclusione che i gladiatori di Efeso assumessero una bevanda a base di cenere di legna per fortificare il corpo dopo intensi sforzi fisici e per preservare la salute delle ossa.
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- Messaggio n°415
Re: Spartacus
LUDUS GLADIATORIUS
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Introduzione
Il termine ludus viene usato nella lingua latina per indicare il gioco, lo spettacolo, lo scherzo, ma anche la scuola (elementare) e dunque anche la palestra, o il luogo di addestramento. Ecco, a noi interessa proprio quest’ultima accezione, cioè quella riconducibile al luogo di addestramento dei gladiatori, il ludus gladiatorius.
I combattimenti tra gladiatori, munera, furono inizialmente introdotti a Roma, verso la metà del III sec. a.C., per celebrare la morte di personaggi illustri. Con il passare degli anni e il crescente successo di questo tipo di spettacolo tra il pubblico, i munera divennero anche un potente mezzo di propaganda politico-elettorale e la frequenza delle esibizioni passò da saltuaria, senza una cadenza regolare, ad annuale verso gli inizi del I sec. a.C.
Questo passaggio, da spettacolo improvvisato e saltuario a spettacolo regolare e professionale, richiese un innalzamento del livello di preparazione agonistica dei gladiatori e a tale scopo vennero realizzate le prime palestre, i ludi. All’interno di esse, sotto il controllo del lanista, alloggiavano e si addestravano per gli spettacoli coloro che, uomini liberi, schiavi o condannati a morte, erano destinati ai combattimenti nell’arena.
Durante tutta l’epoca repubblicana il mantenimento e l’addestramento dei gladiatori, e la costruzione e la manutenzione del ludus, furono di esclusiva prerogativa di ricchi cittadini privati.
È molto probabile, se non certo, che ogni città dotata di un anfiteatro avesse anche un ludus gladiatorius. Tra i primi ludi di età repubblicana il più rinomato fu, senza ombra di dubbio, quello di Capua dove venne fondata una delle più antiche e celebri scuole di gladiatori ad opera di C. Aurelius Scaurus. Era talmente importante e famosa che, come riporta lo scrittore Valerio Massimo, sembra venisse utilizzata per addestrare le legioni al combattimento.
Armorum tractandorum meditatio a P. Rutilio consule Cn. Malli collega militibus est tradita: is enim nullius ante se imperatoris exemplum secutus ex ludo C. Aureli Scauri doctoribus gladiatorum arcessitis vitandi atque inferendi ictus subtiliorem rationem legionibus ingeneravit virtutemque arti et rursus artem virtuti miscuit, ut illa impetu huius fortior, haec illius scientia cautior fieret.
Valerio Massimo, Factorum Dictorum Memorabilium II, 2.3.2
(La tecnica del maneggio delle armi fu insegnata ai soldati dal console Publio Rutilio, collega di Gneo Mallio: in sostanza egli, contrariamente a quanto avevano fatto tutti i generali prima di lui, fece venire dalla scuola dei gladiatori di Gaio Aurelio Scauro degli istruttori e trasmise alle legioni, per mezzo di costoro, una più razionale tecnica di difesa e di offesa, e fuse valore ed arte, perché questa fosse rafforzata dall’impeto di quello, quello fosse reso più cauto da una migliore conoscenza del mestiere.)
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Sempre da Capua, e più precisamente dal ludus di Gneo Cornelio Lentulo Batiato, nel 73 a.C. ebbe inizio la famosa rivolta di Spartaco. Altrettanto famosi erano i ludi di Pompei, Alessandria, Pergamo e Preneste.
Il ludus di Pompei
L’edificio, comunemente conosciuto con il nome di “Caserma dei gladiatori”, fu costruito in realtà agli inizi del I sec. a.C. con altra funzione. Era probabilmente destinato a luogo dove gli spettatori, prima e durante gli intervalli degli spettacoli, pompeipotevano parlare e passeggiare o ripararsi in caso di cattivo tempo, essendo funzionalmente connesso al Teatro Grande di Pompei secondo il canone vitruviano, basato su modello greco, del porticato dietro la scena, porticus post scaenam. La destinazione definitiva, a ludus gladiatorius, fu decisa a seguito del terremoto del 62 d.C., quando si dovette abbandonare il vecchio e più piccolo ludus, posizionato nella Regio V, nei pressi della Porta di Capua. Questa nuova funzione dell’edificio è ampiamente confermata dai ritrovamenti al suo interno di due casse contenenti abiti da parata, con ricami in oro, e numerose armi ed armature in bronzo da gladiatore, oltre che da affreschi e graffiti aventi come oggetto scene di gladiatori.
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L’edificio originale, formato da un quadriportico con 74 colonne doriche e dotato di un ingresso principale e di passaggi di comunicazione con il Teatro, venne profondamente modificato. Chiusi i passaggi di servizio, l’ingresso principale fu dotato di un posto di guardia per il controllo degli accessi, mentre lungo tutto il perimetro del quadriportico vennero realizzati degli ambienti, su due piani, la maggior parte dei quali fu adibita a celle per l’alloggio dei gladiatori. Al piano superiore alcune stanze più grandi andavano a formare l’alloggio del lanista. Al piano inferiore, oltre agli alloggi dei gladiatori, erano presenti altri ambienti di servizio, tra i quali sono stati identificati una grande cucina con magazzini annessi ed un locale identificato come prigione (a seguito del ritrovamento al suo interno di due scheletri e di ceppi). Il giardino del quadriportico fu adattato ad area per l’allenamento e le colonne scanalate vennero ricoperte e rese lisce, nella sola terza parte inferiore, con dello stucco. Mentre la parte liscia era dipinta di rosso, i due terzi superiori della colonna, la parte scanalata, era dipinta alternativamente di rosso e di giallo. Facevano eccezione le due colonne centrali di ogni lato che erano dipinte in azzurro, come se si volessero dare dei riferimenti geometrici per suddividere l’area di allenamento dei gladiatori.
La storia del ludus ebbe fine pochi anni più tardi, nel 79 d.C., quando, come tutta la città di Pompei, esso fu sepolto sotto la cenere e i lapilli del Vesusio.
I ludi di Roma
Anche Roma dovette dotarsi di palestre per gladiatori e la prima, della quale dà notizia Cassio Dione, doveva essere nei pressi del teatro di Pompeo e risalire alla metà del I sec. a.C. Il primo ludus dell’Urbe di cui si conosce il nome è il ludus Aemilius. Esso viene ricordato da Orazio nell’Ars poetica.
Aemilium circa ludum faber imus et unguis exprimet et mollis imitabitur aere capillos, infelix operis summa, quia ponere totum nesciet.
Orazio, Ars Poetica, 32
Il nome deriverebbe dal suo fondatore che, secondo alcuni, potrebbe essere il triumviro Marco Emilio Lepido o il suo omonimo figlio primogenito. Un’ulteriore ipotesi identifica il suo costruttore in Marco Emilio Scauro, che durante la sua edilità curule, nel 58 a.C., organizzò memorabili venationes e munera. La sua ubicazione non è certa, e si pensa per lo più che fosse situato nel Campo Marzio, nei pressi del primo anfiteatro in pietra costruito a Roma, quello di Statilio Tauro. Probabilmente perse la sua importanza nel 64 d.C., quando un incendio distrusse l’anfiteatro di Statilio Tauro insieme con gran parte della città. D’altra parte sappiamo che nel IV secolo esso venne trasformato in un bagno privato (balneum) ed assunse il nome di balneum Polycleti.
Aemilii Laepidi ludus gladiatorius fuit, quod nunc Polycleti balineum est. Pomponius Porphyrio, Comentarii in Q. Horatium Flaccum
In età imperiale le scuole gladiatorie e l’organizzazione dei munera passano sotto la tutela ed il potere del principe che, sia a Roma che al di fuori, li gestisce per mezzo di suoi delegati, i procuratores.
Questo passaggio viene sancito quando Augusto eredita da Giulio Cesare il ludus di Capua, fondato da quest’ultimo nel 49 a.C. Da questo momento in poi gli spettacoli gladiatori saranno organizzati solo dall’imperatore, come gesto di munificenza verso il popolo, e dai questori che, a partire dal regno dell’imperatore Claudio, saranno autorizzati e costretti a farlo a proprie spese. A proposito del riflesso fisiologico del chiudere le palpebre in presenza di una minaccia Plinio ricorda che fra i ventimila gladiatori mantenuti da Caligola, nel suo ludus privato, ve ne erano soltanto due che riuscivano a non chiudere mai le palpebre, e che per questa loro peculiare capacità essi restarono imbattuti.
XX (milia) gladiatorum in Gai principis ludo fuere, in iis duo omnino qui contra comminationem aliquam non coniverent, et ob id invicti. Tantae hoc difficultatis est homini. plerisque vero naturale ut nictari non cessent, quos pavidiores accepimus. Plinio, Naturalis Historia XI, 144
Un caso a parte fu quello dell’imperatore Commodo che, affascinato dell’ars gladiatoria, decise addirittura di trasferire la sua residenza nel ludus Magnus. Si faceva chiamare con il nome di un famoso gladiatore morto in combattimento, si allenava e combatteva nell’arena ed arrivò addirittura, in occasione delle feste dei Saturnalia, a sovvertire l’usanza di uscire dalla reggia per farlo dal ludus alla testa di un corteo di gladiatori.
Gladiatorium etiam certamen subiit et nomina gladiatorum recepit eo gaudio, quasi acciperet triumphalia. Ludum semper ingressus est et, quotiens ingrederetur, publicis monumentis indi iussit. Pugnasse autem dicitur septingenties tricies quinquies. Historia Augusta, Commodus, XI, 10-12
Nel 72 d.C. l’imperatore Vespasiano dà inizio alla costruzione del più grande e conosciuto anfiteatro del mondo: l’anfiteatro Flavio, il Colosseo, originariamente conosciuto con il nome Amphiteatrum. Nell’80 d.C., prima ancora che fosse ultimato il lavoro di costruzione, esso viene inaugurato da Tito e successivamente completato da Domiziano. Proprio a quest’ultimo viene attribuita la costruzione dei ludi quattuor, i quattro ludi gladiatorii presenti a Roma, secondo quanto attestato dal c.d. Cronografo del 354 d.C.
Domitianus imp. ann. XVII m. V d. V. congiarum dedit ter X LXXV. hoc imp. multae operae publicae fabricatae sunt: …amphitheatrum usque ad clypea, templum Vespasiani et Titi, Capitolium, senatum, ludos IIII etc. Chronographus anni 354
Dai Cataloghi Regionari sappiamo che essi si chiamavano rispettivamente ludus Gallicus, ludus Dacicus, ludus Matutinus e ludus Magnus, posizionati tra il colle Oppio ed il Celio, nei pressi dell’anfiteatro Flavio, e si affacciano direttamente sul piazzale dell’Amphiteatrum.
Ludus Gallicus
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Il suo nome dovrebbe derivare dalla iniziale presenza di gladiatori gallici e, secondo il Curiosum e la Notitia, era situato nella Regio II,nei pressi del ludus Matutinus, che doveva essere delle stesse dimensioni.
Ludus Dacicus
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L’origine del suo nome si deve forse al fatto che inizialmente fu destinato ad accogliere i prigionieri delle guerre daciche destinati ai munera. La sua ubicazione rimase incerta per molto tempo, infatti, il Curiosum lo poneva nella Regio II e il Notitia nella Regio III. Proprio quest’ultima, a seguito di recenti studi sui frammenti della Forma Urbis, sembra essere l’esatta posizione. Collocato tra l’esedra delle terme di Traiano ed il ludus Magnus, aveva le stesse dimensioni dei ludi Gallicus e Matutinus ed era provvisto di un’arena ed una cavea ellittiche, racchiuse da un muro rettangolare, decorato all’esterno da un colonnato.
Ludus Matutinus
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Era il luogo dove si allenavano i gladiatori bestiarii, che si esibivano nei combattimenti con gli animali, le venationes, e deve presumibilmente il suo nome al fatto che tali spettacoli si tenevano, nei giorni dei munera gladiatorii, al mattino.
…Bestiaris meridianisque adeo delectabatur, ut et prima luce ad spectaculum descenderet et meridie dimisso ad prandium populo persederet praeterque destinatos etiam levi subitaque de causa quosdam committeret…Svetonio, De vita Caesarum VIII, 34
…structoque utrimque theatro ceu matutina cervus periturus harena praeda canum est, vatemque petunt et fronde virentes coniciunt thyrsos non haec in munera factos…Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi XI, 26
I Cataloghi Regionari lo collocano nella Regio II ed il primo ad ipotizzare la sua ubicazione tra il templum divi Claudi (tempio del divo Claudio) ed il vicus Capitis Africae fu il Lanciani, nella sua Forma Urbis Romae; tale ipotesi si dimostrò probabilmente esatta quando il Colini, durante degli scavi sul Celio, nel 1938, portò alla luce resti di fondazioni parallele di forma ellittica di una cavea e un impianto fognario con bolli laterizi dell’età Flavia. Successivamente furono ritrovati resti di muri che risalirebbero ad un periodo più antico, probabilmente riutilizzati per la costruzione del ludus Matutinus. Questo potrebbe avvalorare l’ipotesi secondo cui il Matutinus sarebbe stato realizzato su un precedente ludus bestiarius, già menzionato da Seneca.
…Nuper in ludo bestiariorum unus e Germanis, cum ad matutina spectacula pararetur…iam ego istam virtutem habere tam multa exempla in ludo bestiario quam in ducibus belli civilis ostendam… Seneca, Epistulae morales ad Lucilium VII, LXX, 20–22
Ludus Magnus
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Era il più grande e il più importante dei ludi presenti a Roma, collegato direttamente al Colosseo mediante un “cordone ombelicale”, un tunnel sotterraneo cui accenneremo in seguito. Proprio da queste sue caratteristiche deriverebbe il suo nome Magnus che in latino significa grande, importante. È l’unico dei quattro ludi di cui si può ancora ammirare, anche se solo parzialmente, la planimetria.
Le prime notizie su questo ludus si ebbero da fonti letterarie, i Cataloghi Regionari, ed epigrafiche, nelle quali viene anche spesso indicato con le sole lettere L. M.
Un ulteriore riferimento a fonti letterarie lo dobbiamo allo Hülsen, che lo collega al ludus citato da Svetonio:
…Saucium ac repugnantem adorti Clodianus cornicularius et Maximus Partheni libertus et Satur decurio cubiculariorum et quidam e gladiatorio ludo vulneribus septem contrucidarunt… Svetonio, De vita Caesarum VIII, 17, 2
Solo intorno alla metà del XVI secolo venne alla luce un frammento della pianta marmorea severiana, il quale, oltre a riportarne quasi integralmente la planimetria, recava inciso il suo nome per intero. I Cataloghi Regionari lo collocano nella Regio III, ma la sua esatta posizione fu a lungo dibattuta dagli archeologi nel corso degli anni.
REGIO III ISIS ET SERAPIS. Continet…Amphiteatrum qui capet loca. LXXXVII. Ludum Magnum. Domum Britti Praesentis… Curiosum urbis Romae regionum XIII
REGIO III ISIS ET SERAPIS. Continet…Amphiteatrum qui capet loca. LXXXVII. Ludum Magnum et Dacicum. Domum Britti Praesentis… Notitia urbis Romae
Luigi Canina, dopo un lungo ed attento esame sul frammento e sulla sua collocazione nella pianta severiana, lo aveva posizionato in prossimità della sua effettiva ubicazione, mentre il Lanciani, nella sua lettura dellaForma Urbis Romae, fu tratto in inganno da resti trovati sotto colle Oppio. Colui che, invece, ne indovinò l’esatta posizione fu lo Hülsen che, nel suo lavoro topografico su Roma, lo posizionò precisamente dove sarebbe tornato alla luce durante gli scavi nel 1937. I resti attualmente visibili sono tra piazza del Colosseo, Via Labicana e Via S. Giovanni in Laterano. Dalle indagini archeologiche si stabilì che il ludus Magnus era stato edificato su precedenti edifici, andati distrutti durante l’incendio del 64 d.C.: una domus di epoca repubblicana, della quale vennero ritrovati durante gli scavi pavimenti in mosaico, e delle botteghe artigianali, risalenti ai primi anni dell’Impero.
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Quello che noi vediamo oggi non è il ludus originale di età domizianea, ma un rifacimento successivo di età traianea, che portò ad un innalzamento di tutto il complesso, tranne che per il piano dell’arena, di circa 1,5 metri.
La pianta del complesso ricalca di massima quella delle caserme, si veda ad esempio quella dei vigiles di Ostia, con l’unica eccezione della cavea e dell’arena ellittiche presenti al centro. Costruito in laterizio, esso doveva avere due o tre piani. L’arena, che misurava 210 x 140 piedi romani (62,15 m. x 41,45 m.) ed era in rapporto di 1:2,5 rispetto a quella dell’Amphiteatrum, si poteva raggiungere mediante due grandi ingressi principali lungo l’asse maggiore e mediante degli stretti passaggi posti nella cavea lungo l’asse minore. La cavea, che circondava tutta l’arena, era dotata di 9 gradini e, lungo l’asse minore, di due palchi per le autorità. Si stima che potesse contenere circa 1.200 spettatori. La parete interna verso l’arena e gli ingressi alla stessa erano rivestiti di marmo, a testimonianza che il ludus era frequentato da personaggi prestigiosi, e da ulteriori indagini si è potuto accertare che c’era una balaustra di metallo a dividere la parte più bassa della cavea dell’arena. Per accedere alla cavea furono realizzate quattro scale esterne, mentre i palchi per le autorità erano accessibili, con molta probabilità, tramite passaggi che li collegavano al secondo piano della palestra. Gli ambienti posti sotto la cavea erano presumibilmente usati come magazzini.
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La cavea era collocata all’interno di un cortile rettangolare circondato da un quadriportico di colonne tuscaniche, al piano terra, e di colonne ioniche, al piano superiore, delle quali rimangono solo pochi resti. Agli angoli di questo cortile rettangolare c’erano quattro fontane triangolari; attualmente se ne può vedere una, visibilmente restaurata, nell’angolo occidentale. Sul quadriportico, e in particolare sui lati Nord, Ovest e Sud, si affacciavano degli ambienti, tutti di dimensioni analoghe (circa 20 metri quadri), fatta eccezione per quelli centrali di cui parleremo in seguito. Questi locali erano dotati di una porta e di un’apertura sopra di essa avente funzione di finestra; data la loro altezza, presunta da indagini archeologiche, di circa 4,2 metri, era quasi sicuramente presente un soppalco. La loro destinazione d’uso era quella di alloggi per i gladiatori presenti nel ludus, che probabilmente dormivano su giacigli a terra. Agli angoli di questo quadriportico, delle scale permettevano di accedere al piano superiore.
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Abbiamo prima accennato agli ambienti centrali posti su questi tre lati, che differivano per dimensioni da tutti gli altri e che venivano usati come accessi alla palestra. In particolare, l’ambiente centrale, posto sul lato settentrionale, è stato individuato come l’ingresso monumentale del ludus, al quale si accedeva, dalla via attualmente corrispondente alla Via Labicana, tramite una scala. L’ambiente centrale sul lato occidentale, quello per intendersi rivolto verso l’anfiteatro, doveva essere, invece, l’entrata principale alla palestra. L’unico lato interamente visibile del ludus è comunque quello Nord, dove, alle spalle delle celle dei gladiatori, c’èra un lungo corridoio di servizio pavimentato in opus spicatum. Differente dagli altri tre lati, quello orientale presenta, oltre ad ambienti similari alle celle, un grosso ambiente centrale in corrispondenza dell’asse maggiore. Tale ambiente, delle dimensioni di 21 m. x 17 m., era accessibile dal quadriportico tramite cinque ingressi separati da colonne e fungeva, presumibilmente, da sacello del culto imperiale. Un’ultima particolarità di questa costruzione era il tunnel che lo collegava direttamente al Colosseo. Questo corridoio sotterraneo metteva in comunicazione l’angolo sud-ovest del ludus con una delle quattro gallerie ipogee dell’Amphiteatrum. Il tunnel, largo 2,17 m. e lungo circa 84 m., ha pareti in travertino e doveva avere un soffitto ligneo, fino all’altezza del portico esterno dell’Amphiteatrum, mentre per il resto del percorso, fino al ludus, ha pareti e soffitto in mattoni. Esso permetteva ai gladiatori di raggiungere l’Amphiteatrum direttamente dal ludus Magnus senza essere visti. Attualmente non è più transitabile perché interrotto dalla costruzione di una fognatura.
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La gestione del ludus
Tralasceremo di parlare delle varie categorie di gladiatori, e della loro divisione in familiae, che vivevano all’interno del ludus, per concentrarci, invece, su quelle figure che lo gestivano o vi lavoravano all’interno e di cui siamo venuti a conoscenza tramite le evidenze epigrafiche.
La gestione dei ludi viene delegata dall’imperatore al procurator, che nel caso del ludus Magnus è di rango equestre elevato e viene definito procurator duecenarius, derivante dal fatto che percepiva uno stipendio di 200.000 sesterzi l’anno. Nell’iscrizione seguente questa carica viene specificata dalla sigla CC (duecenarius).
D(is) M(anibus)
IULIO ACHILLEO V(iro) P(erfectissimo) EX
PROX(imis) MEM(oriae)
CC LUDI MAGNI QUI
VIXIT ANNIS XLVII
M(ensibus) X AURELIA MAXI=
MINA CO(n)IUX EIUS
MARITO DULCISSIMO
(CIL 6, 41286)
Nel caso del ludus Matutinus il procurator era di rango inferiore e veniva chiamato procurator sexagenarius.
Il procurator era assistito a sua volta da un subprocurator e personale subalterno.
Vediamo alcune di queste figure con l’ausilio delle epigrafi:
l’addetto agli armamenti, praepositus armamentario.
DIS MANIBUS
CORNELIAE FRONTINAE
VIXIT ANNIS XVI M(ensibus) VII
M(arcus) ULPIUS AUG(usti) LIB(erius) CALLISTUS
PATER, PRAEPOSITUS ARMAMENTARIO
LUDI MAGNI ET FLAVIA NICE CONIUXS
SANCTISSIMA FECERUNT SIBI
LIBERTIS LIBERTABUSQ(ue) POSTERISQ(ue)
EOR(um)
(CIL 6, 10164)
Un gladiatore che combatteva per gioco, pegnarius, e che oggi definiremmo un buffone di corte.
D(is) M(anibus)
SECUNDO PEGNI=
ARIO IN CULICE LUDI MAGN(i)
BENE MERENTI
QUI VIXIT ANNIS XCVIIII
MENSIBU(S) VIII DIEBUS XVIII
FAMILIA L(udi) M(agni) FECE
(CIL 6, 10168)
Il segretario amministrativo, commentariensis.
(i)NVICTAE DIANAE VICTRICI PRO=
CULUS AUG(usti) LIB(ertus) COMM(entariensis) LUDI
MATUTINI
CAESARIS
(CIL 6, 352)
Il tesoriere, dispensator.
DIS MANIBUS
NYMPHODOTO CAES(aris) N(ostri) SER(vo)
DISPENSATORI LUDI MAGNI
CONIUGI OPTUMO
AELIA PELAGIA CONIUNX
ET AELIA SYNERUSA MATER
(CIL 6, 10166)
Il corriere, cursor.
D(is) M(anibus) TIGRIDI CURSSO=
RI LUDI MAGNI
THEONAS FRATER
B(ene) M(erenti) F(ecit)
(CIL 6, 10165)
La guardia carceraria, cryptarius.
COLLEGIUM
SILVANI REST=
ITUERUNT M(arcus)
AURELIUS AUG(usti)
LIB(ertus) HILARUS
ET MAGNUS CRYP=
TARIUS CURATORES
(CIL 6, 3713)
Questa iscrizione conferma l’esistenza di custodi addetti a locali sotterranei all’interno dei ludi, cryptae, destinati alla custodia e detenzione di gladiatori o condannati, damnati.
Ovviamente il medico, medicus, del quale non si poteva certo fare a meno.
D(is) M(anibus)
TIB(erius) CL(audius) HERACLES LIB(ertus) CL(audio)
DEMETRIO MED(ic)O L(udi) M(agni)
PATRONO BENE MERENTI
(CIL 6, 9572)
Un’altra iscrizione inedita, purtroppo incompleta, potrebbe riferirsi ad un suonatore di corno, cornicen, o ad un aiutante di servizio, forse del procurator, cornicularius. Probabilmente risulta più veritiera la seconda ipotesi, anche se la presenza di strumenti, quali il corno e la tuba, come accompagnamento degli spettacoli gladiatori è verosimile, anche alla luce di recenti studi sui musicisti impiegati nell’anfiteatro e nel ludus.
D(is) M(anibus)
T(iti) AVIENI [—]
CORNIC [—]
LUD(i) [—]
(Museo Nazionale Romano)
Annessi e connessi
Prendiamo ora brevemente in considerazione quegli edifici che erano connessi e funzionali all’Amphiteatrum e ai ludi stessi. Nei dintorni dell’Amphiteatrum ed in particolare ad est del ludus Magnus sorgevano lo Spoliarum, il Saniarium e l’Armamentarium (nellaRegio II) e il Summum Choragium e i Castra Misenatium (nella Regio III).
Lo Spoliarium, che non doveva essere di grandi dimensioni, era il posto dove venivano portati i morti e i moribondi. Il Saniarium era il luogo dove venivano curati i gladiatori feriti. L’Armamentarium era l’armeria principale, molto più grande di quelle dei ludi, dove venivano custodite le armi da consegnare ai gladiatori solo nell’approssimarsi del combattimento, per evidenti ragioni di sicurezza. Il Summum Choragium era il magazzino per i macchinari e i mezzi per le scenografie. Deve l’appellativo di summum, probabilmente perché alle dirette dipendenze dell’imperatore. Era gestito da un procurator, così come risulta da alcune delle numerose epigrafi che lo ricordano. I Castra Misenatium erano la caserma dei marinai della flotta di Miseno che venivano distaccati a Roma per la gestione del velarium che copriva l’Amphiteatrum.
Conclusioni
La storia dei ludi, ed in particolare quella del ludus Magnus, si conclude con la fine dei giochi gladiatori.
Nel 325 d.C. l’imperatore Costantino abolisce, per decreto, i combattimenti gladiatori e la condanna ad ludum, ma la scomparsa definitiva di questi spettacoli si ha sotto l’imperatore Onorio. Da questo momento in poi non si avranno più notizie del ludus Magnus fino a quando, nel 1937, Antonio Maria Colini non inizierà a riportare alle luce i resti di quello che è stato, e sarà sempre, il più grande e il più importante ludus dell’antica Roma, il ludus Magnus.
Fonte: GruppoStoricoRomano
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Introduzione
Il termine ludus viene usato nella lingua latina per indicare il gioco, lo spettacolo, lo scherzo, ma anche la scuola (elementare) e dunque anche la palestra, o il luogo di addestramento. Ecco, a noi interessa proprio quest’ultima accezione, cioè quella riconducibile al luogo di addestramento dei gladiatori, il ludus gladiatorius.
I combattimenti tra gladiatori, munera, furono inizialmente introdotti a Roma, verso la metà del III sec. a.C., per celebrare la morte di personaggi illustri. Con il passare degli anni e il crescente successo di questo tipo di spettacolo tra il pubblico, i munera divennero anche un potente mezzo di propaganda politico-elettorale e la frequenza delle esibizioni passò da saltuaria, senza una cadenza regolare, ad annuale verso gli inizi del I sec. a.C.
Questo passaggio, da spettacolo improvvisato e saltuario a spettacolo regolare e professionale, richiese un innalzamento del livello di preparazione agonistica dei gladiatori e a tale scopo vennero realizzate le prime palestre, i ludi. All’interno di esse, sotto il controllo del lanista, alloggiavano e si addestravano per gli spettacoli coloro che, uomini liberi, schiavi o condannati a morte, erano destinati ai combattimenti nell’arena.
Durante tutta l’epoca repubblicana il mantenimento e l’addestramento dei gladiatori, e la costruzione e la manutenzione del ludus, furono di esclusiva prerogativa di ricchi cittadini privati.
È molto probabile, se non certo, che ogni città dotata di un anfiteatro avesse anche un ludus gladiatorius. Tra i primi ludi di età repubblicana il più rinomato fu, senza ombra di dubbio, quello di Capua dove venne fondata una delle più antiche e celebri scuole di gladiatori ad opera di C. Aurelius Scaurus. Era talmente importante e famosa che, come riporta lo scrittore Valerio Massimo, sembra venisse utilizzata per addestrare le legioni al combattimento.
Armorum tractandorum meditatio a P. Rutilio consule Cn. Malli collega militibus est tradita: is enim nullius ante se imperatoris exemplum secutus ex ludo C. Aureli Scauri doctoribus gladiatorum arcessitis vitandi atque inferendi ictus subtiliorem rationem legionibus ingeneravit virtutemque arti et rursus artem virtuti miscuit, ut illa impetu huius fortior, haec illius scientia cautior fieret.
Valerio Massimo, Factorum Dictorum Memorabilium II, 2.3.2
(La tecnica del maneggio delle armi fu insegnata ai soldati dal console Publio Rutilio, collega di Gneo Mallio: in sostanza egli, contrariamente a quanto avevano fatto tutti i generali prima di lui, fece venire dalla scuola dei gladiatori di Gaio Aurelio Scauro degli istruttori e trasmise alle legioni, per mezzo di costoro, una più razionale tecnica di difesa e di offesa, e fuse valore ed arte, perché questa fosse rafforzata dall’impeto di quello, quello fosse reso più cauto da una migliore conoscenza del mestiere.)
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Sempre da Capua, e più precisamente dal ludus di Gneo Cornelio Lentulo Batiato, nel 73 a.C. ebbe inizio la famosa rivolta di Spartaco. Altrettanto famosi erano i ludi di Pompei, Alessandria, Pergamo e Preneste.
Il ludus di Pompei
L’edificio, comunemente conosciuto con il nome di “Caserma dei gladiatori”, fu costruito in realtà agli inizi del I sec. a.C. con altra funzione. Era probabilmente destinato a luogo dove gli spettatori, prima e durante gli intervalli degli spettacoli, pompeipotevano parlare e passeggiare o ripararsi in caso di cattivo tempo, essendo funzionalmente connesso al Teatro Grande di Pompei secondo il canone vitruviano, basato su modello greco, del porticato dietro la scena, porticus post scaenam. La destinazione definitiva, a ludus gladiatorius, fu decisa a seguito del terremoto del 62 d.C., quando si dovette abbandonare il vecchio e più piccolo ludus, posizionato nella Regio V, nei pressi della Porta di Capua. Questa nuova funzione dell’edificio è ampiamente confermata dai ritrovamenti al suo interno di due casse contenenti abiti da parata, con ricami in oro, e numerose armi ed armature in bronzo da gladiatore, oltre che da affreschi e graffiti aventi come oggetto scene di gladiatori.
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L’edificio originale, formato da un quadriportico con 74 colonne doriche e dotato di un ingresso principale e di passaggi di comunicazione con il Teatro, venne profondamente modificato. Chiusi i passaggi di servizio, l’ingresso principale fu dotato di un posto di guardia per il controllo degli accessi, mentre lungo tutto il perimetro del quadriportico vennero realizzati degli ambienti, su due piani, la maggior parte dei quali fu adibita a celle per l’alloggio dei gladiatori. Al piano superiore alcune stanze più grandi andavano a formare l’alloggio del lanista. Al piano inferiore, oltre agli alloggi dei gladiatori, erano presenti altri ambienti di servizio, tra i quali sono stati identificati una grande cucina con magazzini annessi ed un locale identificato come prigione (a seguito del ritrovamento al suo interno di due scheletri e di ceppi). Il giardino del quadriportico fu adattato ad area per l’allenamento e le colonne scanalate vennero ricoperte e rese lisce, nella sola terza parte inferiore, con dello stucco. Mentre la parte liscia era dipinta di rosso, i due terzi superiori della colonna, la parte scanalata, era dipinta alternativamente di rosso e di giallo. Facevano eccezione le due colonne centrali di ogni lato che erano dipinte in azzurro, come se si volessero dare dei riferimenti geometrici per suddividere l’area di allenamento dei gladiatori.
La storia del ludus ebbe fine pochi anni più tardi, nel 79 d.C., quando, come tutta la città di Pompei, esso fu sepolto sotto la cenere e i lapilli del Vesusio.
I ludi di Roma
Anche Roma dovette dotarsi di palestre per gladiatori e la prima, della quale dà notizia Cassio Dione, doveva essere nei pressi del teatro di Pompeo e risalire alla metà del I sec. a.C. Il primo ludus dell’Urbe di cui si conosce il nome è il ludus Aemilius. Esso viene ricordato da Orazio nell’Ars poetica.
Aemilium circa ludum faber imus et unguis exprimet et mollis imitabitur aere capillos, infelix operis summa, quia ponere totum nesciet.
Orazio, Ars Poetica, 32
Il nome deriverebbe dal suo fondatore che, secondo alcuni, potrebbe essere il triumviro Marco Emilio Lepido o il suo omonimo figlio primogenito. Un’ulteriore ipotesi identifica il suo costruttore in Marco Emilio Scauro, che durante la sua edilità curule, nel 58 a.C., organizzò memorabili venationes e munera. La sua ubicazione non è certa, e si pensa per lo più che fosse situato nel Campo Marzio, nei pressi del primo anfiteatro in pietra costruito a Roma, quello di Statilio Tauro. Probabilmente perse la sua importanza nel 64 d.C., quando un incendio distrusse l’anfiteatro di Statilio Tauro insieme con gran parte della città. D’altra parte sappiamo che nel IV secolo esso venne trasformato in un bagno privato (balneum) ed assunse il nome di balneum Polycleti.
Aemilii Laepidi ludus gladiatorius fuit, quod nunc Polycleti balineum est. Pomponius Porphyrio, Comentarii in Q. Horatium Flaccum
In età imperiale le scuole gladiatorie e l’organizzazione dei munera passano sotto la tutela ed il potere del principe che, sia a Roma che al di fuori, li gestisce per mezzo di suoi delegati, i procuratores.
Questo passaggio viene sancito quando Augusto eredita da Giulio Cesare il ludus di Capua, fondato da quest’ultimo nel 49 a.C. Da questo momento in poi gli spettacoli gladiatori saranno organizzati solo dall’imperatore, come gesto di munificenza verso il popolo, e dai questori che, a partire dal regno dell’imperatore Claudio, saranno autorizzati e costretti a farlo a proprie spese. A proposito del riflesso fisiologico del chiudere le palpebre in presenza di una minaccia Plinio ricorda che fra i ventimila gladiatori mantenuti da Caligola, nel suo ludus privato, ve ne erano soltanto due che riuscivano a non chiudere mai le palpebre, e che per questa loro peculiare capacità essi restarono imbattuti.
XX (milia) gladiatorum in Gai principis ludo fuere, in iis duo omnino qui contra comminationem aliquam non coniverent, et ob id invicti. Tantae hoc difficultatis est homini. plerisque vero naturale ut nictari non cessent, quos pavidiores accepimus. Plinio, Naturalis Historia XI, 144
Un caso a parte fu quello dell’imperatore Commodo che, affascinato dell’ars gladiatoria, decise addirittura di trasferire la sua residenza nel ludus Magnus. Si faceva chiamare con il nome di un famoso gladiatore morto in combattimento, si allenava e combatteva nell’arena ed arrivò addirittura, in occasione delle feste dei Saturnalia, a sovvertire l’usanza di uscire dalla reggia per farlo dal ludus alla testa di un corteo di gladiatori.
Gladiatorium etiam certamen subiit et nomina gladiatorum recepit eo gaudio, quasi acciperet triumphalia. Ludum semper ingressus est et, quotiens ingrederetur, publicis monumentis indi iussit. Pugnasse autem dicitur septingenties tricies quinquies. Historia Augusta, Commodus, XI, 10-12
Nel 72 d.C. l’imperatore Vespasiano dà inizio alla costruzione del più grande e conosciuto anfiteatro del mondo: l’anfiteatro Flavio, il Colosseo, originariamente conosciuto con il nome Amphiteatrum. Nell’80 d.C., prima ancora che fosse ultimato il lavoro di costruzione, esso viene inaugurato da Tito e successivamente completato da Domiziano. Proprio a quest’ultimo viene attribuita la costruzione dei ludi quattuor, i quattro ludi gladiatorii presenti a Roma, secondo quanto attestato dal c.d. Cronografo del 354 d.C.
Domitianus imp. ann. XVII m. V d. V. congiarum dedit ter X LXXV. hoc imp. multae operae publicae fabricatae sunt: …amphitheatrum usque ad clypea, templum Vespasiani et Titi, Capitolium, senatum, ludos IIII etc. Chronographus anni 354
Dai Cataloghi Regionari sappiamo che essi si chiamavano rispettivamente ludus Gallicus, ludus Dacicus, ludus Matutinus e ludus Magnus, posizionati tra il colle Oppio ed il Celio, nei pressi dell’anfiteatro Flavio, e si affacciano direttamente sul piazzale dell’Amphiteatrum.
Ludus Gallicus
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Il suo nome dovrebbe derivare dalla iniziale presenza di gladiatori gallici e, secondo il Curiosum e la Notitia, era situato nella Regio II,nei pressi del ludus Matutinus, che doveva essere delle stesse dimensioni.
Ludus Dacicus
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L’origine del suo nome si deve forse al fatto che inizialmente fu destinato ad accogliere i prigionieri delle guerre daciche destinati ai munera. La sua ubicazione rimase incerta per molto tempo, infatti, il Curiosum lo poneva nella Regio II e il Notitia nella Regio III. Proprio quest’ultima, a seguito di recenti studi sui frammenti della Forma Urbis, sembra essere l’esatta posizione. Collocato tra l’esedra delle terme di Traiano ed il ludus Magnus, aveva le stesse dimensioni dei ludi Gallicus e Matutinus ed era provvisto di un’arena ed una cavea ellittiche, racchiuse da un muro rettangolare, decorato all’esterno da un colonnato.
Ludus Matutinus
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Era il luogo dove si allenavano i gladiatori bestiarii, che si esibivano nei combattimenti con gli animali, le venationes, e deve presumibilmente il suo nome al fatto che tali spettacoli si tenevano, nei giorni dei munera gladiatorii, al mattino.
…Bestiaris meridianisque adeo delectabatur, ut et prima luce ad spectaculum descenderet et meridie dimisso ad prandium populo persederet praeterque destinatos etiam levi subitaque de causa quosdam committeret…Svetonio, De vita Caesarum VIII, 34
…structoque utrimque theatro ceu matutina cervus periturus harena praeda canum est, vatemque petunt et fronde virentes coniciunt thyrsos non haec in munera factos…Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi XI, 26
I Cataloghi Regionari lo collocano nella Regio II ed il primo ad ipotizzare la sua ubicazione tra il templum divi Claudi (tempio del divo Claudio) ed il vicus Capitis Africae fu il Lanciani, nella sua Forma Urbis Romae; tale ipotesi si dimostrò probabilmente esatta quando il Colini, durante degli scavi sul Celio, nel 1938, portò alla luce resti di fondazioni parallele di forma ellittica di una cavea e un impianto fognario con bolli laterizi dell’età Flavia. Successivamente furono ritrovati resti di muri che risalirebbero ad un periodo più antico, probabilmente riutilizzati per la costruzione del ludus Matutinus. Questo potrebbe avvalorare l’ipotesi secondo cui il Matutinus sarebbe stato realizzato su un precedente ludus bestiarius, già menzionato da Seneca.
…Nuper in ludo bestiariorum unus e Germanis, cum ad matutina spectacula pararetur…iam ego istam virtutem habere tam multa exempla in ludo bestiario quam in ducibus belli civilis ostendam… Seneca, Epistulae morales ad Lucilium VII, LXX, 20–22
Ludus Magnus
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Era il più grande e il più importante dei ludi presenti a Roma, collegato direttamente al Colosseo mediante un “cordone ombelicale”, un tunnel sotterraneo cui accenneremo in seguito. Proprio da queste sue caratteristiche deriverebbe il suo nome Magnus che in latino significa grande, importante. È l’unico dei quattro ludi di cui si può ancora ammirare, anche se solo parzialmente, la planimetria.
Le prime notizie su questo ludus si ebbero da fonti letterarie, i Cataloghi Regionari, ed epigrafiche, nelle quali viene anche spesso indicato con le sole lettere L. M.
Un ulteriore riferimento a fonti letterarie lo dobbiamo allo Hülsen, che lo collega al ludus citato da Svetonio:
…Saucium ac repugnantem adorti Clodianus cornicularius et Maximus Partheni libertus et Satur decurio cubiculariorum et quidam e gladiatorio ludo vulneribus septem contrucidarunt… Svetonio, De vita Caesarum VIII, 17, 2
Solo intorno alla metà del XVI secolo venne alla luce un frammento della pianta marmorea severiana, il quale, oltre a riportarne quasi integralmente la planimetria, recava inciso il suo nome per intero. I Cataloghi Regionari lo collocano nella Regio III, ma la sua esatta posizione fu a lungo dibattuta dagli archeologi nel corso degli anni.
REGIO III ISIS ET SERAPIS. Continet…Amphiteatrum qui capet loca. LXXXVII. Ludum Magnum. Domum Britti Praesentis… Curiosum urbis Romae regionum XIII
REGIO III ISIS ET SERAPIS. Continet…Amphiteatrum qui capet loca. LXXXVII. Ludum Magnum et Dacicum. Domum Britti Praesentis… Notitia urbis Romae
Luigi Canina, dopo un lungo ed attento esame sul frammento e sulla sua collocazione nella pianta severiana, lo aveva posizionato in prossimità della sua effettiva ubicazione, mentre il Lanciani, nella sua lettura dellaForma Urbis Romae, fu tratto in inganno da resti trovati sotto colle Oppio. Colui che, invece, ne indovinò l’esatta posizione fu lo Hülsen che, nel suo lavoro topografico su Roma, lo posizionò precisamente dove sarebbe tornato alla luce durante gli scavi nel 1937. I resti attualmente visibili sono tra piazza del Colosseo, Via Labicana e Via S. Giovanni in Laterano. Dalle indagini archeologiche si stabilì che il ludus Magnus era stato edificato su precedenti edifici, andati distrutti durante l’incendio del 64 d.C.: una domus di epoca repubblicana, della quale vennero ritrovati durante gli scavi pavimenti in mosaico, e delle botteghe artigianali, risalenti ai primi anni dell’Impero.
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Quello che noi vediamo oggi non è il ludus originale di età domizianea, ma un rifacimento successivo di età traianea, che portò ad un innalzamento di tutto il complesso, tranne che per il piano dell’arena, di circa 1,5 metri.
La pianta del complesso ricalca di massima quella delle caserme, si veda ad esempio quella dei vigiles di Ostia, con l’unica eccezione della cavea e dell’arena ellittiche presenti al centro. Costruito in laterizio, esso doveva avere due o tre piani. L’arena, che misurava 210 x 140 piedi romani (62,15 m. x 41,45 m.) ed era in rapporto di 1:2,5 rispetto a quella dell’Amphiteatrum, si poteva raggiungere mediante due grandi ingressi principali lungo l’asse maggiore e mediante degli stretti passaggi posti nella cavea lungo l’asse minore. La cavea, che circondava tutta l’arena, era dotata di 9 gradini e, lungo l’asse minore, di due palchi per le autorità. Si stima che potesse contenere circa 1.200 spettatori. La parete interna verso l’arena e gli ingressi alla stessa erano rivestiti di marmo, a testimonianza che il ludus era frequentato da personaggi prestigiosi, e da ulteriori indagini si è potuto accertare che c’era una balaustra di metallo a dividere la parte più bassa della cavea dell’arena. Per accedere alla cavea furono realizzate quattro scale esterne, mentre i palchi per le autorità erano accessibili, con molta probabilità, tramite passaggi che li collegavano al secondo piano della palestra. Gli ambienti posti sotto la cavea erano presumibilmente usati come magazzini.
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La cavea era collocata all’interno di un cortile rettangolare circondato da un quadriportico di colonne tuscaniche, al piano terra, e di colonne ioniche, al piano superiore, delle quali rimangono solo pochi resti. Agli angoli di questo cortile rettangolare c’erano quattro fontane triangolari; attualmente se ne può vedere una, visibilmente restaurata, nell’angolo occidentale. Sul quadriportico, e in particolare sui lati Nord, Ovest e Sud, si affacciavano degli ambienti, tutti di dimensioni analoghe (circa 20 metri quadri), fatta eccezione per quelli centrali di cui parleremo in seguito. Questi locali erano dotati di una porta e di un’apertura sopra di essa avente funzione di finestra; data la loro altezza, presunta da indagini archeologiche, di circa 4,2 metri, era quasi sicuramente presente un soppalco. La loro destinazione d’uso era quella di alloggi per i gladiatori presenti nel ludus, che probabilmente dormivano su giacigli a terra. Agli angoli di questo quadriportico, delle scale permettevano di accedere al piano superiore.
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Abbiamo prima accennato agli ambienti centrali posti su questi tre lati, che differivano per dimensioni da tutti gli altri e che venivano usati come accessi alla palestra. In particolare, l’ambiente centrale, posto sul lato settentrionale, è stato individuato come l’ingresso monumentale del ludus, al quale si accedeva, dalla via attualmente corrispondente alla Via Labicana, tramite una scala. L’ambiente centrale sul lato occidentale, quello per intendersi rivolto verso l’anfiteatro, doveva essere, invece, l’entrata principale alla palestra. L’unico lato interamente visibile del ludus è comunque quello Nord, dove, alle spalle delle celle dei gladiatori, c’èra un lungo corridoio di servizio pavimentato in opus spicatum. Differente dagli altri tre lati, quello orientale presenta, oltre ad ambienti similari alle celle, un grosso ambiente centrale in corrispondenza dell’asse maggiore. Tale ambiente, delle dimensioni di 21 m. x 17 m., era accessibile dal quadriportico tramite cinque ingressi separati da colonne e fungeva, presumibilmente, da sacello del culto imperiale. Un’ultima particolarità di questa costruzione era il tunnel che lo collegava direttamente al Colosseo. Questo corridoio sotterraneo metteva in comunicazione l’angolo sud-ovest del ludus con una delle quattro gallerie ipogee dell’Amphiteatrum. Il tunnel, largo 2,17 m. e lungo circa 84 m., ha pareti in travertino e doveva avere un soffitto ligneo, fino all’altezza del portico esterno dell’Amphiteatrum, mentre per il resto del percorso, fino al ludus, ha pareti e soffitto in mattoni. Esso permetteva ai gladiatori di raggiungere l’Amphiteatrum direttamente dal ludus Magnus senza essere visti. Attualmente non è più transitabile perché interrotto dalla costruzione di una fognatura.
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La gestione del ludus
Tralasceremo di parlare delle varie categorie di gladiatori, e della loro divisione in familiae, che vivevano all’interno del ludus, per concentrarci, invece, su quelle figure che lo gestivano o vi lavoravano all’interno e di cui siamo venuti a conoscenza tramite le evidenze epigrafiche.
La gestione dei ludi viene delegata dall’imperatore al procurator, che nel caso del ludus Magnus è di rango equestre elevato e viene definito procurator duecenarius, derivante dal fatto che percepiva uno stipendio di 200.000 sesterzi l’anno. Nell’iscrizione seguente questa carica viene specificata dalla sigla CC (duecenarius).
D(is) M(anibus)
IULIO ACHILLEO V(iro) P(erfectissimo) EX
PROX(imis) MEM(oriae)
CC LUDI MAGNI QUI
VIXIT ANNIS XLVII
M(ensibus) X AURELIA MAXI=
MINA CO(n)IUX EIUS
MARITO DULCISSIMO
(CIL 6, 41286)
Nel caso del ludus Matutinus il procurator era di rango inferiore e veniva chiamato procurator sexagenarius.
Il procurator era assistito a sua volta da un subprocurator e personale subalterno.
Vediamo alcune di queste figure con l’ausilio delle epigrafi:
l’addetto agli armamenti, praepositus armamentario.
DIS MANIBUS
CORNELIAE FRONTINAE
VIXIT ANNIS XVI M(ensibus) VII
M(arcus) ULPIUS AUG(usti) LIB(erius) CALLISTUS
PATER, PRAEPOSITUS ARMAMENTARIO
LUDI MAGNI ET FLAVIA NICE CONIUXS
SANCTISSIMA FECERUNT SIBI
LIBERTIS LIBERTABUSQ(ue) POSTERISQ(ue)
EOR(um)
(CIL 6, 10164)
Un gladiatore che combatteva per gioco, pegnarius, e che oggi definiremmo un buffone di corte.
D(is) M(anibus)
SECUNDO PEGNI=
ARIO IN CULICE LUDI MAGN(i)
BENE MERENTI
QUI VIXIT ANNIS XCVIIII
MENSIBU(S) VIII DIEBUS XVIII
FAMILIA L(udi) M(agni) FECE
(CIL 6, 10168)
Il segretario amministrativo, commentariensis.
(i)NVICTAE DIANAE VICTRICI PRO=
CULUS AUG(usti) LIB(ertus) COMM(entariensis) LUDI
MATUTINI
CAESARIS
(CIL 6, 352)
Il tesoriere, dispensator.
DIS MANIBUS
NYMPHODOTO CAES(aris) N(ostri) SER(vo)
DISPENSATORI LUDI MAGNI
CONIUGI OPTUMO
AELIA PELAGIA CONIUNX
ET AELIA SYNERUSA MATER
(CIL 6, 10166)
Il corriere, cursor.
D(is) M(anibus) TIGRIDI CURSSO=
RI LUDI MAGNI
THEONAS FRATER
B(ene) M(erenti) F(ecit)
(CIL 6, 10165)
La guardia carceraria, cryptarius.
COLLEGIUM
SILVANI REST=
ITUERUNT M(arcus)
AURELIUS AUG(usti)
LIB(ertus) HILARUS
ET MAGNUS CRYP=
TARIUS CURATORES
(CIL 6, 3713)
Questa iscrizione conferma l’esistenza di custodi addetti a locali sotterranei all’interno dei ludi, cryptae, destinati alla custodia e detenzione di gladiatori o condannati, damnati.
Ovviamente il medico, medicus, del quale non si poteva certo fare a meno.
D(is) M(anibus)
TIB(erius) CL(audius) HERACLES LIB(ertus) CL(audio)
DEMETRIO MED(ic)O L(udi) M(agni)
PATRONO BENE MERENTI
(CIL 6, 9572)
Un’altra iscrizione inedita, purtroppo incompleta, potrebbe riferirsi ad un suonatore di corno, cornicen, o ad un aiutante di servizio, forse del procurator, cornicularius. Probabilmente risulta più veritiera la seconda ipotesi, anche se la presenza di strumenti, quali il corno e la tuba, come accompagnamento degli spettacoli gladiatori è verosimile, anche alla luce di recenti studi sui musicisti impiegati nell’anfiteatro e nel ludus.
D(is) M(anibus)
T(iti) AVIENI [—]
CORNIC [—]
LUD(i) [—]
(Museo Nazionale Romano)
Annessi e connessi
Prendiamo ora brevemente in considerazione quegli edifici che erano connessi e funzionali all’Amphiteatrum e ai ludi stessi. Nei dintorni dell’Amphiteatrum ed in particolare ad est del ludus Magnus sorgevano lo Spoliarum, il Saniarium e l’Armamentarium (nellaRegio II) e il Summum Choragium e i Castra Misenatium (nella Regio III).
Lo Spoliarium, che non doveva essere di grandi dimensioni, era il posto dove venivano portati i morti e i moribondi. Il Saniarium era il luogo dove venivano curati i gladiatori feriti. L’Armamentarium era l’armeria principale, molto più grande di quelle dei ludi, dove venivano custodite le armi da consegnare ai gladiatori solo nell’approssimarsi del combattimento, per evidenti ragioni di sicurezza. Il Summum Choragium era il magazzino per i macchinari e i mezzi per le scenografie. Deve l’appellativo di summum, probabilmente perché alle dirette dipendenze dell’imperatore. Era gestito da un procurator, così come risulta da alcune delle numerose epigrafi che lo ricordano. I Castra Misenatium erano la caserma dei marinai della flotta di Miseno che venivano distaccati a Roma per la gestione del velarium che copriva l’Amphiteatrum.
Conclusioni
La storia dei ludi, ed in particolare quella del ludus Magnus, si conclude con la fine dei giochi gladiatori.
Nel 325 d.C. l’imperatore Costantino abolisce, per decreto, i combattimenti gladiatori e la condanna ad ludum, ma la scomparsa definitiva di questi spettacoli si ha sotto l’imperatore Onorio. Da questo momento in poi non si avranno più notizie del ludus Magnus fino a quando, nel 1937, Antonio Maria Colini non inizierà a riportare alle luce i resti di quello che è stato, e sarà sempre, il più grande e il più importante ludus dell’antica Roma, il ludus Magnus.
Fonte: GruppoStoricoRomano
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
Polluce
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SCHEDA TECNICA
NOME: Polluce
PROFESSIONE: Gladiatore/Ribelle
POPOLO: Numidia
CORPORATURA: Alto e muscoloso, pelle e occhi scuri, porta la testa completamente rasata.
RELAZIONI: Rabano (Amico, deceduto)
ATTORE: Graham Vincent
Polluce era un gladiatore del Ludus di Batiato, più tardi diventerà un ribelle sotto il comando di Spartacus.
ASPETTO
Polluce ha la pelle scura, con un discreto tono muscolare e la testa rasata. Sia nella stagione Vengeance che in War of the Damned indossa un set di armature di fortuna.
ABILITA' DI COMBATTIMENTO
Polluce è uno dei guerrieri più forti del ludus e, più tardi, dell'esercito di Spartacus, rimanendo un combattente affidabile tra i ribelli durante le missioni e le battaglie. Formatosi come hoplomachus, dimostra eccezionale abilità con la lancia, che continuerà ad utilizzare come arma principale, da considerare molto efficace vista la sua struttura muscolare, l'utilizzo di quest'arma può apparire ingombrante. Pollux ha anche dimostrato abilità in diversi stili di combattimento, utilizzando una sola spada, l'ascia, la rete e il tridente.
CURIOSITA'
Polluce, Lydon e Agron sono gli unici gladiatori dalla Casa di Batiato noti per essere sopravvissuti alla terza guerra servile nella sua interezza.
L'attore Graham Vincent ha confermato che il suo personaggio sopravvive alla battaglia finale e che, fuggito dal campo di battaglia, varcherà le Alpi con i pochi superstiti.
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NOME: Polluce
PROFESSIONE: Gladiatore/Ribelle
POPOLO: Numidia
CORPORATURA: Alto e muscoloso, pelle e occhi scuri, porta la testa completamente rasata.
RELAZIONI: Rabano (Amico, deceduto)
ATTORE: Graham Vincent
Polluce era un gladiatore del Ludus di Batiato, più tardi diventerà un ribelle sotto il comando di Spartacus.
ASPETTO
Polluce ha la pelle scura, con un discreto tono muscolare e la testa rasata. Sia nella stagione Vengeance che in War of the Damned indossa un set di armature di fortuna.
ABILITA' DI COMBATTIMENTO
Polluce è uno dei guerrieri più forti del ludus e, più tardi, dell'esercito di Spartacus, rimanendo un combattente affidabile tra i ribelli durante le missioni e le battaglie. Formatosi come hoplomachus, dimostra eccezionale abilità con la lancia, che continuerà ad utilizzare come arma principale, da considerare molto efficace vista la sua struttura muscolare, l'utilizzo di quest'arma può apparire ingombrante. Pollux ha anche dimostrato abilità in diversi stili di combattimento, utilizzando una sola spada, l'ascia, la rete e il tridente.
CURIOSITA'
Polluce, Lydon e Agron sono gli unici gladiatori dalla Casa di Batiato noti per essere sopravvissuti alla terza guerra servile nella sua interezza.
L'attore Graham Vincent ha confermato che il suo personaggio sopravvive alla battaglia finale e che, fuggito dal campo di battaglia, varcherà le Alpi con i pochi superstiti.
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Re: Spartacus
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- Messaggio n°419
Re: Spartacus
NOMI DI GLADIATORI FAMOSI E NON
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- Aemilius
- Asbolas
- Achillea - gladiatrice, dal rilievo di Alicarnasso custodito al British Museum di Londra. Provocatrice, combattè con Amazon conquistando la Mission, cioè la fine del combattimento perchè avevano ben combattuto. Indossava il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica, armata di una spada e uno scudo, ma non indossa né l'elmo né una tunica, bensì era a seno nudo come un'amazzone.
- Achilles - Sannita che meritò l’appellativo di invictus.
- Actius - mirmillone, 6 vittorie, morto a 21 anni.
- Aelius Marcius - doctor, ex gladiatore
- Alipus - morto a 30 anni
- Alumnus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Amabilis - 30 anni, gallo.
- Amandus - trace, scuola neroniana, 16 vittorie, schiavo d'origine, morto a 22 anni.
- Amarantus
- Amazon - gladiatrice, dal rilievo di Alicarnasso custodito al British Museum di Londra. Provocatrice, combattè con Achillea conquistando la Mission, cioè la fine del combattimento perchè avevano ben combattuto. Indossava il subligaculum e l'equipaggiamento tradizionale dei gladiatori, come schinieri e manica, armata di una spada e uno scudo, ma non indossa né l'elmo né una tunica, bensì era a seno nudo come un'amazzone.
- Ametystus - soprannome, prezioso come l'ametista.
- Amonius - da un graffito di Pompei.
- Ampliatus - mirmillone, siriano, 33 combattimenti, morto a 30 anni.
- Anartus - da un graffito di Pompei.
- Anicetus - provocator spatharius
- Anticonus - reziario, campione in tanti incontri.
- Antus
- Aristobulus - schiavo d’Hispanius, 22 vittorie, d’origine graca, morto a 21 anni.
- Asiaticus - liberto ex gladiatore divenuto coppiere, fu da Vitellio, divenuto imperatore, nominato capo consigliere. Svetonio racconta: "Tuttavia Asiatico si comportò così solennemente che Vitellio lo vendette a un allenatore di gladiatori ambulante, ma impulsivamente lo acquistò di nuovo proprio quando stava per avere inizio l’incontro finale in una competizione gladiatoria”. Poco tempo dopo Asiatico fu presentato dall’imperatore con l’anello d’oro simboleggiante l’appartenenza all’ordine equestre.
- Assicius - mirmillone.
- Astacius - gambero, per l'abilità di arretrare e giocare di gambe.
- Asteropaeus - scuola neroniana, ben 107 vittorie. Su una delle colonne del peristilio della casa del Labirinto (Pompei) è graffito un gladiatore che imbraccia lo scudo con la destra e l’arma con la sinistra. Oceanus, graziato dopo aver perso l’incontro con il neroniano Asteropaeus, evidentemente si era battuto bene.
- Astiuus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Atticus - oplomaco, scuola giulia, 14 vittorie, risparmiato.
- Auctus - 50 vittorie.
- Auletes - soprannome, come Ulisse.
- Aureolus - soprannome, d'oro.
- Aurius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Baccibus
- Barosus - si batteva contro i reziarii.
- Bassus - liberato, mirmillone, 1 corona, 1 vittoria.
- Bato - da Cassio Dione: "Ma cosa fa l’imperatore? Lo fa combattere ancora? E’ il terzo avversario che gli mettono davanti a quel disgraziato di Bato! Guardate com’è stanco! Non ce la può fare. Ecco, lo sapevo: è caduto a terra. Niente grazia? Incredibile, dopo tutto il coraggio che ci ha mostrato! Ecco l’hanno fatto uccidere. Così non potremo più vederlo combattere. Ora l’imperatore fa sapere al pubblico che sarà sepolto con tutti gli onori."
- Bellerofons - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Beryllus - soprannome, prezioso come un berillo.
- Boristhenes
- Caeruleus - secutor retiarius, morto combattendo per il munerarius Constantius.
- Caius Iulius Iucundo - liberto
- Caladus
- Callistenes
- Calildus - detto Callidus Neronianus, della scuola neroniana.
- Callimorius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Capreolus - soprannome, perchè agile e leggero.
- Carpoforus - Da Marziale: "Che campione questo Carpoforus! Viene da una città del polo artico. Avete visto come ha passato da parte a parte con la spada quell’orso che lo stava affrontando a testa bassa? Poi ha ammazzato un leone di una grandezza spettacolare e adesso con un colpo di lancia ti va ad abbattere quel leopardo per aria, proprio nell’attimo che gli stava saltando addosso! Che forza! Quando gli hanno dato i premi ha detto che era pronto a combattere ancora". Carpophorus nell'inaugurazione del Colosseo uccise 20 fiere e per questo fu definito pari ad Ercole.
- Casto - Insieme con il trace Spartaco e i compagni galli Crixo, Enomao e Gannico, egli divenne uno dei capi della rivolta degli schiavi di Capua durante la terza guerra servile (73-71 a.C.). Fu ucciso, insieme al suo co-comandante Gannico e ai suoi compagni Galli e Germani, dalle forze romane sotto il comando di Marco Licinio Crasso nella battaglia di Cantenna in Lucania nel 71 a.C.
- Castor - come il famoso semidio.
- Casuntis
- Celadus - trace, definito: “sospiro delle fanciulle” o “orgoglio delle fanciulle”. Infatti su alcune scritte a Pompei si legge: suspirium puellarum tr(aex) Celadus (Celadus, il trace che fa battere forte il cuore delle ragazze)
- Celtus - schiavo già di M. Iunius Silanus console del 46 d.c., fu sepolcro dei Giunii Silani.
- Cerinthus - mirmillone, scuola neroniana, greco, due combattimenti, morto a Roma a 22 anni.
- Cienus - oplomaco, scuola giulia, 8 vittorie, risparmiato
- Clacea - di Stabia
- Columbus di Nemausus - (Nimes) famoso gladiatore che Caligola fece avvelenare. Era un mirmillone così forte e valoroso che vinse ugualmente riportando solo lievi danni. Però Caligola lo fece assassinare versando sulle sue ferite, anziché un balsamo, un veleno di sua invenzione, che da allora chiamò Colombinum. Aveva accumulato 88 vittorie.
- Columbus Serenianus - mirmillone, eduo, 25 vittorie.
- Crescent- reziario, in un graffito pompeiano si autoproclamò “signore delle ragazze” e addirittura “medico delle bambole notturne, mattutine…e delle altre”
- Cresces - su un muro di Pompei è scitto che "Cresces reti (arius) puparum noctumarum" (Cresces, che di notte col suo tridente cattura nella rete le ragazze)
- Crispus - provocator
- Crixus - Morto in Apulia nel 72 a.c., uno dei capi della ribellione degli schiavi durante la III Guerra Servile assieme a Spartaco ed Enomao. Di origini galliche, del popolo degli Allobrogi, fu sconfitto in battaglia e reso schiavo. Anch'egli si allenò per diventare gladiatore nella scuola di Capua di proprietà di Lentulo Batiato. Crixo si separò da Spartaco, quando questi voleva raggiungere la Gallia e i Balcani, mentre Crixus era intento a saccheggiare, come fece, l'Italia meridionale. Nel 72 a.c. uno dei due consoli inviati a reprimere la ribellione, Lucio Gellio Publicola, raggiunse Crixo e i suoi uomini, per lo più Celti e capi tribù germanici, nell'Apulia. Nella battaglia Crixo fu ucciso ed i suoi 30.000 soldati sconfitti. Alla maniera degli aristocratici romani, Spartaco onorò la memoria dell'ex-gladiatore con giochi funebri nei quali 300 romani prigionieri di guerra furono costretti a combattere sino alla morte come i gladiatori.
- Cupidus - reziario
- Cursor - doctor retiarorum
- Danaos - trace
- Dardanus
- Daunus
- Decoratus - morto combattendo per il munerarius Constantius.
- Delicatus - pseudonimo: raffinato.
- Delphinos - secutor
- Demetrius
- Demosthenes
- Diodoro - gladiatore che nell'epigrafe rimpiange la sua generosità: “nel suo ultimo combattimento egli aveva disarmato l’avversario e credeva di essersi così assicurato la vittoria. L’arbitro invece decise diversamente e fece proseguire l’incontro e così Diodoro venne ucciso."
- Ellius - citato come valente gladiatore nello spettacolo allestito per il quinquennale
- Alleio Nigido Maio.
- Eleutherus
- Enomao - combattente e poi schiavo gallo, morto in Campania, fu uno dei tre capi ribelli della III Guerra Servile. Guidò gli schiavi contro l'esercito romano comandato dal pretore Gaio Claudio Glabro e vinse presso il Vesuvio. Morì probabilmente nel 72 a.c., mentre gli schiavi ribelli iniziavano incursioni e saccheggi in tutto il sud Italia: da quel momento, infatti, le fonti non riportano più sue notizie.
- Epiptas - della tracia, evidentemente dalla sua abilità nel colpire l’avversario soprannominato: colui che colpisce, attacca.
- Eros
- Euprepes
- Euthales - liberto.
- Exochus - essedario, cimbro.
- Faustus - mirmillone specializzato contro il reziario, scuola neroniana, 12 vittorie, schiavo d’origine, Alessandrino, morto a 35 anni.
- Faustus - essadario, morto a Nemausus, aveva ottenuto ben 37 vittorie.
- Felix - In un graffito pompeiano fu annunciato uno spettacolo di caccia con la presenza di Felix che avrebbe combattuto contro gli orsi.
- Ferox - soprannome, per indicare ferocia.
- Firmus - da un graffito di Pompei.
- Flamma - soprannome: la fiamma, secutor, siriano, morto in campo a 30 anni nella 35° sfida, 34 combattimenti, 21 vittorie, ha reso nulli 4 incontri, è stato graziato 4 volte.
- Flavius Sigerus - a Cesarea in Mauritania, morì all’età di sessant’anni insignito della spada d’onore (segno che aveva concluso una brillante carriera e poi vissuto da uomo libero)
- Filemazione - originario di Colonia Agrippinense, visse trenta anni, reziario di quindici combattimenti, scuola gladiatoria imperiale.
- Floronius - "Floronius hic fuit neque mulieres scierunt nisi paucae et se dederunt" è scritto in un graffito di Pompei, cioè: È stato qui Floronio e le donne non seppero (resistergli) e, tranne poche, gli si donarono. Insomma uno sciupafemmine.
- Florus - da un graffito si apprende che i gladiatori spesso effettuavano trasferte. Infatti egli fu vittorioso a Nocera il 28 luglio e vinse nuovamente il 15 agosto nell’arena di Ercolano gli essedari Auriolus, Philippus e il temibile Amarantus.
- Fortunatus - da un graffito di Pompei.
- Gaius Sempronius - mirmillone, scuola giulia.
- Gallicianus - essedario, uomo libero, 25 anni, alto 12 palmi, d’origine germanica.
- Gallico - Dall’anfiteatro di Cartagine proviene questa tremenda richiesta: “Uccidete, eliminate, ferite Gallico generato da Prima, in quest’ora stessa entro la cinta dell’anfiteatro. Legategli i piedi, le membra, i sensi, il midollo. Bloccate Gallico figlio di Prima, perché non possa uccidere l’orso e il toro né con un sol colpo, né con due, né con tre colpi. In nome del dio vivo e onnipotente, esauditemi, adesso, adesso, presto, presto. Che l’orso lo urti e lo ferisca!”.
- Gamos
- Gannicus - Fuggì dalla scuola di gladiatori del lanista Lentulus Batiatus a Capua. Con il trace Spartaco ed i galli Crixus, Enomao e Casto, divenne uno dei leader della rivolta di schiavi durante la terza guerra servile (73-71 a.C.). Nell'inverno del 71 a.C. Gannico, assieme a Casto, si divise da Spartaco. I due incontrano la loro fine in Lucania presso il monte Soprano, dove Marco Licinio Crasso li eliminò in battaglia.
- Generosus - reziario
- Germanius Victor - dottore
- Germanus - samnita, scuola giuliana, 14 vittorie, morto a 30 anni.
- Glaucus - modenese di origine. Combatté sette volte, l'ottava morì. Visse ventitré anni e cinque giorni.
- Graccus - aristocratico, volle scendere in arena come reziario, quindi a viso scoperto. All’epoca considerato disonorevole come poi scrisse Giovenale considerandolo vergogna di Roma, disprezzandolo e addirittura parlando dell’avversario che fu costretto a combattere contro di lui e a sopportare l’ignominia peggiore di ogni altra ferita.
- Hablis - soprannome, colui che è agile, fu un gladiatore tunicato che combatteva con lunghe spade affilate ma senza punta.
- Herachintus - mirmillone.
- Herculanus - reziario.
- Herennius
- Hermes - detto il guerriero delle tre armi (lancia, tridente e gladio), di cui scrisse Marziale:
Hermes piacere guerresco di questo secolo
Hermes capace di maneggiare ogni tipodi arma
Hermes gladiatore e itruttore
Hermes che mette scompiglio e paura nei suoi allievi
Hermes il solo temuto da Elio
Hermes il solo che fa cadere Aduolante
Hermes abile nel vincere senza ferire
Hermes sostituibile solo con se stesso
Hermes ricchezza dei noleggiatori dei posti a sedere
Hermes tormento e angoscia delle donne
Hermes che brandisce fieramente la lancia guerriera
Hermes infallibile con il tridente marino
Hermes che fa tremare sotto l'elmo dalla criniera spiovente
Hermes gloria di Marte in ogni tipo di lotta
Hermes uno e trino. - Hermias
- Hyacintus - doctor oplomachorum.
- Hierocles
- Hilarus - il più famoso dei gladiatori Neroniani, definito Princeps Neronianus, che combattè anche a Pompei dove ne resta un rilievo.
- Hippolytus
- Hylas - dimachaerus e assidiarius, 7 combattimenti, liberato e congedato.
- Hyllus
- Kallimorphos - greco
- Kritos - greco, reziario
- Iaculator - un soprannome che è tutto un programma, ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Iantinus - morto a 24 anni dopo 5 combattimenti e 5 anni di matrimonio.
- Icarus
- Incitatus - secutor, visse 27 anni sostenendo 16 combattimenti e divenne primus palus, quindi il più esperto e preparato nella categoria che rappresentava.
- Incitatus - un altro che ebbe 80 vittorie, diventato libero infatti seguitò a combattere accumulando grande fortuna.
- Ispanus - dai graffiti di Stabia.
- Itotagus - da un graffito di Pompei.
- Iucunda - donna, mirmillone, scuola neroniana.
- Iulium
- Iutto - barbaro, dai graffiti di Stabia.
- Leo - soprannome, della forza di un leone.
- Licentious - soprannome: il licenzioso, il che è tutto un programma, ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Lucilio I di Isernia - In una delle principali scuole di gladiatura, la famosa Capua, vi era uno dei gladiatori sanniti più famosi, Lucilio I di Isernia, detto l'Aesernino, che alla fine della carriera divenne "Doctor" cioè addestratore di gladiatori. Le sue gesta nell'arena risalgono al periodo dopo la "Guerra Sociale" cioè intorno alla metà del I sec. a.c. Per concomitanza di tempi e luoghi, potrebbe aver addestrato Spartaco. “C’era, durante i giuochi offerti dai Flacchi, un Esernino Sannita, uomo sanguinario, degno di quella vita e di quella condizione. Viene appaiato con Pacideiano, che fu il miglior gladiatore da che mondo è mondo; però anche Esernino non era un uomo da nulla, per quanto lo stesso Sannita fosse valente nella lotta e desse abbastanza da fare ad ogni avversario…”
- Lucius Annius Valens - mirmillon, morto nell'arena a 20 anni.
- Lucius Asicius - su di lui si legge una pesante presa in giro firmata da un tal Jesus che giocando sul ruolo di mirmillone di Asicius lo associa ad una salsa di pesce economica (muriola) e lo accusa di essere un “pesciolino”, cioè un combattente codardo e poco virile
- Lucius Raecius Felix - 12 volte vincitore, con 12 corone, da un graffito di Pompei.
- Lucius Pompeius - reziario, 8 corone, originario di Vienne (Gallia).
- Macinizus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Mansuetus - provocator, fece voto a Venere di offrire in dono lo scudo se avesse vinto il combattimento.
- Martianus
- Marcus Attilius - Su una tomba fuori Porta Nocera (Pompei) vi è un graffito ove un tifoso raffigurò uno spettacolo tenutosi a Nola con la lotta tra un gladiatore liberto, appunto Marcus Attilis, che era al suo primo incontro, contro l’esperto Hilarus che aveva al suo attivo 14 combattimenti e 12 vittorie. Vinse però Marcus Attilius, che vinse anche Lucius Raecius Felix, 12 volte vincitore, con 12 corone.
- Marcus Ulpius Aracinthus - liberto.
- Marcus Ulpius Felix - liberto.
- Mariscos - secutor, greco.
- Marius - da un graffito di Pompei.
- Maternus - fu un gladiatore tunicato che combatteva con lunghe spade affilate ma senza punta.
- Matutinus - gladiatore Sannita, vincitore di 32 incontri con altrettante corone di palme.
- Maximus - del ludus imperiale di Capua, I sec. d.c., 40 vittorie con ben 36 corone.
- Meleager
- Meliio - bestiario o venator, che col venabulum infilzò e vinse contro una pantera.
- Memnus - secutor
- Mevia - si conosce tramite Giovenale, gladiatrice che con seno nudo e lo spiedo in mano cacciava cinghiali nell’arena.
- Mucrus
- Murranus
- Miletus
- Montanus - soprannome: che viene dalla montagna.
- Myrtilus
- Mucrus (da epigrafe sepolcrale)
- Murranus - trace, scuola neroniana, 3 vittorie, morì in combattimento.
- Muscolosus - noto come “Ercole” e anche auriga vincitore di trecento corse nella corsa dei cocchi.
- Nasica - 60 vittorie.
- Oceanus
- Ocheanius - Su una delle colonne del peristilio della casa del Labirinto (Pompei) è graffito un gladiatore che imbraccia lo scudo con la destra e l’arma con la sinistra.
- Oceanus, graziato dopo aver perso l’incontro con il neroniano Asteropaeus, evidentemente si era battuto bene.
- Officiosus - su un muro di Pompei si dice di lui che “fuggì a otto giorni dalle Idi di novembre, sotto il consolato di Druso Cesare e M. Giunio Silano”.
- Olympus - specializzato contro il reziario, della scuola imperiale, combattè per 20 anni ottenendo 105 vittorie, fu graziato 19 volte, non fu mai vinto, ottenne la libertà e morì di morte naturale.
- Orpheus - detto: damnatus ad bestias, cioè specializzato ed abile nella lotta con le fiere.
- Ostoriius
- Palumbus - combattente vittorioso, nella stele con una mano stringe la palma e l’altra è poggiata sull’elmo e il grande scudo.
- Pampineus - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Pamphilus
- Pampineus - secutor
- Pando - vincitore di 10 scontri e che, come recita l’epigrafe, uccise un avversario come se fosse un asino, pur avendo il sole negli occhi che lo accecava.
- Paratus - mirmillo.
- Pardus - il leopardo
- Passer - retiarius
- Pertinax - Pertinace
- Philargyrus
- Philodamus
- Philomusus
- Pinna - soprannome, forse combatteva con un elmo dall’alto piumaggio.
- Plotium
- Primigenius - gladiatore raffigurato su di un pilastro in una casa pompeiana.
- Priscus - scuola neroniana
- Priscus e Verus - due gladiatori romani, della II metà del I sec. d.c., noti da un epigramma del poeta Marziale, inserito nella raccolta Liber de spectaculis dell'80, in cui sono descritti i vari spettacoli offerti al pubblico in occasione dell'inaugurazione del Colosseo ad opera dell'imperatore Tito.
Nella prima giornata dei giochi offerti per l'inaugurazione combatterono in modo tanto equilibrato che la folla richiese la loro liberazione e Tito alzò un dito per segnare la fine del combattimento dichiarandoli entrambi vincitori e premiando entrambi con la spada di legno e con la palma. - Probus - liberato da Publius Volumnius Vitalis, germano, mirmillone speccializzato nel combattimento contro il reziario, 99 vittorie.
- Proshodus - di Pompei.
- Publius Aelius Aplus - liberto.
- Publius Aelius Troadensis - liberto.
- Publius Ostorius - essediario, di Pompei, 51 vittorie in arena e dopo essersi guadagnato la libertà con la spada aveva continuato a combattere volontariamente.
- Pudens - liberto, mirmillone.
- Pugnax - trace, soprannome, scuola neroniana, 3 vittorie, terminò vincendo.
- Purpurione - reziario, greco, scuola gladiatoria imperiale. ucciso da un Mirmillone all'11° combattimento.
- Quinto Sossio Albio - mirmillone
- Quintus Octavius - secutor, morto a 23 anni.
- Quintus Vettius Gracilis - trace, d’origine spagnola, morto a 25 anni, del resto il nome non prometteva bene.
- Quintus Vitellius - Cassio Dione narra che Quinto Vitellio, senatore di Roma, si battè di sua iniziativa durante uno spettacolo organizzato da Ottaviano in occasione della consacrazione del tempio in onore di suo padre, il divo Iulio.
- Raecius Felix
- Rusticum Cnea - da un graffito di Pompei.
- Rutuba
- Rutumannus - retiario, 23 battaglie, invitto.
- Sabinus - gladiatore che amava le donne e una in particolare, una certa Licisca, che in incognito “lavorava” in un lupanare. Altri non era che Messalina, terza moglie dell’imperatore Claudio. Quando Sabino fu sconfitto in arena fu difeso da una convincente arringa di Messalina che riuscì a salvarlo.
- Sabinus - trace, l’imperatore Caligola lo mise a capo della sua guardia del corpo.
- Satornilus - trace di Smirne, II e III sec. d.c. La sua lapide fu eretta dalla familia gladiatoria a cui apparteneva.
- Satur - mirmillone, scuola giuliana, 13 vittorie.
- Scava - barbaro, dai graffiti di Stabia.
- Scilace - essedario, scuola giulia, 26 vittorie
- Secundus
- Sergiolus - (Sergiuccio), con spiacevole aspetto per sfregi e cicatrici. Ma Giovenale mastica amaro: "Era però gladiatore: e questo è titolo per far di lor Giacinti… Amano queste donne la violenza"
- Serpeniius - Nel Mosaico con scena di Venatio, conservato alla Galleria Borghese, l’agile bestiario affronta una pantera e la infilza la fiera con la sua lancia acuminata.
- Sextus Karius Felix - affrancato da Sextus, reziario.
- Sextus Karius Rufus - figlio di Marcus, reziario, 4 vittorie.
- Sedulatus - da un graffito di Pompei.
- Serpentius
- Servilius - da un graffito di Pompei.
- Sextius - da un graffito di Pompei.
- Sequanus - da un graffito di Pompei.
- Siicun - da graffiti di Stabia
- Siidlatis - da graffiti di Stabia
- Sisinne - sciita, come narra luciano, entrò nella scuola gladiatori di Arnastride, sul Mar Nero, nella speranza di guadagnare combattendo le diecimila dracme che servivano per comprare la libertà di un suo amico e vi riuscì.
- Sitio - da graffiti di stabia
- Smaragdus - mirmillone hoplomaco, originario di Gadès.
- Smargidus - soprannome, smeraldo
- Spartacus - nato in Tracia nel 109 a.c. e morto in Lucania nel 71 a.c., capeggiò la rivolta degli schiavi nella III Guerra Servile mettendo Roma in seria difficoltà. Combattè in Macedonia col grado di milite ausiliario, ma disertò. Fu catturato e condannato, scampò alla morte dei disertori, cioè la fustigazione estrema, forse perchè bravo combattente, ma fu ridotto in schiavitù e destinato a fare il gladiatore nella scuola di Capua del lanista Lentulo Battiato. Capeggiò la rivolta dei gladiatori fuggendo con un gruppo fino al Vesuvio, dove fu nominato, insieme ai galli Enomao e Crixus, capo dei ribelli. Vinse diverse battaglie contro le legioni romani, finchè presso il fiume Sele fu sconfitto. Nella battaglia morirono 60.000 schiavi mentre i romani persero solo 1.000 uomini e fecero 6.000 prigionieri. Crasso fece crocifiggere lungo la via Appia da Capua a Roma tutti i prigionieri.
- Spiculus - A Pompei è ricordato questo gladiatore famoso come preferito di Nerone la cui figura fu graffita nell'ingresso della casa del Fauno. Nerone gli regalò patrimoni e palazzi come un vero trionfatore (parte dei beni confiscati a senatori caduti in disgrazia). Addirittura l’imperatore, nel momento della sua rovina, cercò, senza successo, proprio Spiculo per farsi uccidere.
- Sux - dai graffiti di Stabia.
- Talamonius - ritratto nel mosaico dei più famosi gladiatori, verso il 320 d.c., esposto alla Galleria Borghese.
- Telephus - meritò il rudis (spada di legno) simbolo del congedo e successivamente fu ingaggiato come istruttore.
- Thelonicus - reziario, pagano, liberato dalla pietà del popolo.
- Tetraides Scilace
- Tigris - soprannome, che ha la ferocia di una tigre.
- Titus Aelius Silvanus - liberto.
- Titus Claudius Firmus - liberto.
- Titus Flavius Initatus - liberto.
- Triumphus - soprannome, colui che trionfa.
- Urbico - III sec. d.c., secutor cioè inseguitore di prima fila, primo palo, cioè primo aiutante dell’addestratore dei gladiatori, fiorentino di origine, che combatté 13 volte, visse 22 anni.
- Valentius - reziario - della Legio XXX.
- Valerius - da un graffito di Pompei.
- Velox
- Veriotal - da un graffito di Pompei.
- Verus
- Vervicius
- Vetius
- Victorinus - soprannome: colui che vince.
- Viridea - una gladiatrice, da un graffito di Pompei.
- Virodius - da un graffito di Pompei.
- Vitulus
- Zosimus
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Re: Spartacus
Kim Winchester ha scritto:Andy e la sua splendida famiglia
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Re: Spartacus
VARI STILI GLADIATORII
- TRACI
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Il “Thraex” apparteneva alla categoria dei gladiatori "Parmularii”. Si proteggeva con un piccolo scudo rettangolare o circolare (parma) e per l’attacco impugnava una corta spada curva chiamata “Sica”. Le protezioni per il corpo erano composte da due schinieri che arrivavano fino al ginocchio (cnemides) e da cosciali fatti da strisce di cuoio o metallo, sovrapposte che proteggevano la parte superiore della gamba fino all’inguine (questa parte del corpo poteva anche essere protetta solamente da imbottiture, in questo caso si utilizzavano anche degli schinieri che sopra il ginocchio avevano un’ulteriore placca metallica).
Ben protetto era anche il braccio armato: tale protezione (manica) poteva essere di metallo, di cuoio, o semplicemente si utilizzava solo l’imbottitura. Il parabraccio aveva, tra l’altro varie lunghezze: poteva proteggere solo la parte anteriore o poteva arrivare sino alla spalla e oltre. Per la testa, il gladiatore trace, indossava un elmo (galea) dall’ampia visiera e che proteggeva anche il volto. L’elmo era inoltre sormontato da un lophos metallico che terminava sul davanti con una protome a testa di grifone, animale mitologico dal corpo di leone e dalla testa di uccello rapace a cui il traex si ispirava quando combatteva nell’arena; quindi il gladiatore eseguiva, probabilmente, movimenti veloci, scattanti, accompagnati anche da salti che dovevano apparire molto spettacolari e avvincenti.
- SANNITI
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Comparvero nell'arena poco dopo la soconfitta del Sannio nel IV sec. a.c., una propaganda della forza e supremazia di Roma sugli altri popoli. Il sannita potrebbe essere stato il primo gladiatore a scendere nell'arena contro il reziario. Era piuttosto considerato perché indossava un'armatura pesante.
Il gladiatore sannita fu uno dei preferiti nella Repubblica romana. Poi si aggiunsero, con le guerre successive, il gallo ed il trace. Sotto Augusto, il Sannio divenne un alleato e parte integrante dell'impero romano. Così il gladiatore sannita cominciò a sparire dall'arena, ma fu sotituito da gladiatori armati in modo simile, tra cui l'hoplomachus, il murmillo ed il secutor.
Sembra che furono gli stessi gladiatori sanniti a specializzarsi in questi tre ruoli gladiatorii.
Secondo Tito Livio i gladiatori sanniti erano muniti di un elmo provvisto di cresta, la galea crestata, uno scudo alto ed uno schiniere sulla gamba sinistra. Tuttavia, la sua posizione nelle immagini mostra il gladiatore sannita, in contrasto ai guerrieri sanniti completamente armati, privo di spongia (uno scudo protettivo) e di tunica.
- SCISSOR
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Questi gladiatori erano usati come supporto nei combattimenti tra Secutores e Retiarii. Di solito erano con due Secutores. La loro caratteristica era una mezzaluna affilatissima sul braccio sinistro, usata per tagliare le reti dei Retiarii, mentre col braccio destro impugnavano un gladio o una sica. L'elmo era simile a quello dei Secutores e come protezione al busto avevano una lorica.
- RETIARII
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Il “Retiarius” apparteneva alla categoria dei gladiatori considerati “leggeri” e di cui sicuramente ne era l’esempio più rappresentativo visto la quasi totale mancanza di protezioni per il corpo. Tale gladiatore infatti non portava nessun tipo di elmo né alcun tipo di protezione per le gambe. Le uniche cose utilizzate per la difesa erano un parabraccio (manica) e una placca metallica (galerus) atti a difendere la parte sinistra del corpo compresa la spalla e la faccia. Tale armamento permetteva però al reziario di essere agile, estremamente libero nei movimenti e di godere tra l’altro di una visuale che gli altri gladiatori, dotati di elmo, non avevano.
Come arma offensiva primaria portava un tridente (tridens o fuscina) ma aveva anche un piccolo pugnale (pugio) che portava inserito nella cintura (balteus) o che teneva nella mano sinistra.
Completava l’armamento una rete (iaculum, di circa tre metri di diametro e con dei pesi all’estremità, con cui il reziario cercava di intrappolare l’avversario complicandogli i movimenti. Molto spesso i reziari vengono rappresentati con delle fasciature (fascia) alle caviglie o anche sotto le ginocchia, in questa zona erano presenti in alternativa delle frange a “denti di lupo” che abbellivano il gladiatore.
Le stesse decorazioni venivano portate anche dai murmillones e dai secutores nella gamba destra (non armata).
- MIRMILLONI
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Il “Mirmillo” apparteneva alla categoria dei gladiatori "Scutati”. Si proteggeva con un grande scudo rettangolare (scutum) che copriva completamente il corpo dalla spalla fin sotto il ginocchio. Per l’attacco impugnava la corta spada romana (gladium). Le protezioni per il corpo erano limitate ad un solo schiniere nella gamba sinistra ma a differenza del trace questo, solitamente, proteggeva soltanto la tibia ed era quindi di dimensioni più piccole (ocrea); anche in questo caso la gamba poteva essere protetta solamente da imbottiture, comunque presenti anche nel primo caso. Sempre protetto era anche il braccio armato: tale protezione (manica), come per tutti gli altri gladiatori, poteva essere di metallo, di cuoio, o semplicemente si utilizzava solo l’imbottitura. Anche in questo caso il parabraccio aveva varie lunghezze. Per la testa, il mirmillone, indossava un elmo (galea) dall’ampia visiera e che proteggeva anche il volto. L’elmo era inoltre sormontato, almeno in origine, da un lophos metallico a forma di pesce, myrmoros (in greco) o murma (pesce di mare), animale che sembra dare il nome a questa categoria che infatti, probabilmente, combatteva ispirandosi a tali animali: il grande scudo poteva fungere da scoglio, grazie al quale ci si poteva sia rifugiare, per evitare gli attacchi nemici, ma anche uscire con rapidi attacchi per poi ripararsi nuovamente dietro di esso.
Di fatto i mirmillones erano anche contrapposti ai reziari, “i pescatori dell’arena”, almeno fino alla comparsa dei Secutores. Spesso nella gamba destra, ossia quella priva di ogni protezione questi gladiatori portavano delle fasciature alla caviglia e/o sotto il ginocchio; queste ultime potevano anche avere delle frange a “denti di lupo” che rendevano più “scenografico” il gladiatore.
- OPLOMACHI
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In origine erano i Sanniti, ma con la riforma di Augusto, il loro nome fu cambiato in Hoplomachi. Apparteneva alla categoria dei gladiatori considerati “Scutati”. Questi gladiatori prendevano il loro nome dall’armatura, Oplòmachos, voce greca che significava combattente con arma pesante. Vestivano alla vita uno stretto balteus variamente colorato frangiato al bordo basso per coprire il sospensorio, portavano sul capo un elmo pesante dagli ampi paragnati e spiovente paranuca con alto pettine sulla calotta. Il braccio destro era coperto da una manica di cuoio rinforzato per parare i colpi degli avversari. Brandivano una lancia (in alcuni casi anche il gladio) e con la mano sinistra impugnavano uno scudo solitamente rotondo. Le protezioni per il corpo erano composte da due schinieri che arrivavano fino al ginocchio (cnemides) e da cosciali fatti da strisce di cuoio o metallo, sovrapposte che proteggevano la parte superiore della gamba fino all’inguine (questa parte del corpo poteva anche essere protetta solamente da imbottiture, in questo caso si utilizzavano anche degli schinieri che sopra il ginocchio avevano un’ulteriore placca metallica).
- ESSEDARII
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Questi gladiatori prendevano il nome dalla voce essedum, il carro da guerra gallico. Gli Essedarii combattevano da carri trainati da un tiro di cavalli a due e guidati da un auriga. L’abilità del combattimento a piedi si univa in questi all’abilità del combattimento dei carri.
- ANDABATI
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Questi gladiatori combattevano a cavallo come spiega la parola greca. Gli Andabati cercavano alla cieca di raggiungere l’avversario guidandosi sul rumore della sabbia e sul tintinnio delle armi poiché un elmo a tutta calotta, senza buchi toglieva ad essi la vista. L’introduzione di tale specialità sviliva la qualità del combattimento riducendo il tutto ad una buffonata tra ciechi, anche se gli spettatori ne apprezzavano la goffaggine.
- DIMACHERI
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Questi gladiatori apparteneva alla categoria dei gladiatori “leggeri" e prendevano il loro nome dalla parola Di-màcheros, cioè chi nell’arena duellava con due corte spade (i macharai, da cui deriva il nome, o due siche). Sul loro vestiario ci sono pareri discordanti e le scarsissime fonti iconografiche non aiutano come in altri casi. Una delle ipotesi è che potevano vestire una semplice tunica senza portare alcun altra protezione (né elmo né armatura) e solo le loro braccia potevano essere coperte da maniche di cuoio rinforzato o ricoperte di cotta di maglia. In altra ipotesi (suffragata questa dal bassorilievo a lato) il gladiatore indossa una tunica (che forse è una lorica hamata), ha un elmo avvolgente e le gambe protette da gambali.
Queste due ipotesi, se analizzate da un punto di vista di logiche di combattimento, lasciano molto perplessi (sono troppo poco protetti: nel primo caso a testa e corpo, nel secondo alle braccia), a meno che questi gladiatori combattessero solo fra di loro (come i Provocatores) dove qualsiasi tipo di protezione non favoriva o sfavoriva l'avversario.
- SECUTOR
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Il “secutor” apparteneva alla categoria dei gladiatori “Scutati” così come i murmillones da cui probabilmente deriva visto che l’armamento utilizzato è pressoché identico. Come l’altro gladiatore infatti anche il secutor si proteggeva con lo scutum e utilizzava per l’attacco il gladius, portava elmo (galea), manica, e l’ocrea alla gamba sinistra.
A differenza del mirmillone però questo gladiatore combatteva solamente contro il reziario e perciò alcune parti del suo armamento difensivo furono “specializzate” per tale scontro così da rendere più difficoltosa la lotta all’avversario.
La prima e più importante di queste differenze stava nel tipo di elmo indossato: questo era completamente liscio e con forme tondeggianti. La soluzione adottata impediva così alla rete (iaculum) di trovare appigli e quindi era più facile che scivolasse via soprattutto se il reziario, una volta lanciata, la strattonava per cercare di far perdere l’equilibrio al secutor.
Altro accorgimento utilizzato era quello di imbracciare uno scudo con forma tondeggiante nella parte superiore, trovata questa che impediva alla rete di incastrarsi negli spigoli che si trovano in uno scutum “normale” di forma rettangolare. L’elmo aveva inoltre solo due piccoli fori per gli occhi, che rendevano quasi impossibile al tridente di colpire il volto.
Alcuni secutores portavano anche delle particolari gorgere per avere una maggiore protezione al collo. Come i reziari e i mirmilloni anche questi gladiatori avevano delle fasciature nella caviglia e/o sotto il ginocchio della gamba non protetta (la destra).
Lo stile di combattimento del secutor doveva essere improntato nel cercare di chiudere la misura all’avversario di modo che quest’ultimo, utilizzando un’arma in asta ed essendo poco protetto, potesse essere poco efficace nel combattimento corpo a corpo. Tra l’altro lo stesso nome di questa tipologia di gladiatore, che significa “colui che insegue”, ci informa sul suo modus pugnandi.
- VENTILATORI
Questi gladiatori prendevano il nome dalla voce latina ventilare, ovvero menare colpi contro avversari inesistenti. Le loro esibizioni con il tempo diventarono solo uno spettacolo da giocolieri e perdevano le caratteristiche dei veri gladiatori.
- SESTERTIARII
Il loro nome derivava della parola sestertium e indicava il loro basso premio d’ingaggio, perché inesperti nell’uso delle armi o spesso perché anziani dal fisico debilitato.
- TERZIARII
Questi gladiatori prendevano nome dal numero tres, perché la legge dell’arena li obbligava a prendere il posto del gladiatore fuori combattimento per proseguire il duello con il vincitore.
Interessante il fatto che essendo unicamente delle “riserve” potevano essere di qualsiasi specialità.
- POSTULATICII
Questi prendevano il nome dalla voce postulare, chiedere, poiché scendevano nell’arena a gran richiesta del pubblico e col permesso dell’imperatore.
- CAREVARII
Questi prendevano il nome dalla voce latina caterva, ovvero confusa massa d’uomini. I catervarii in gruppo scendevano nell’arena e in massa duellavano in mischia e confusione per dar spettacolo di un combattimento tumultuario nel quale non valeva la perizia e poca importanza aveva la fortuna.
- MERIDIANI
Questi prendevano il nome dall’ora nella quale scendevano nell’arena per riempire il vuoto tra un’esibizione e l’altra, durante l’ora del pranzo.
- LAQUEATORES
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Questi prendevano il nome dalla voce latina laqueum, il laccio. Armati di lungo laccio cercavano di bloccare con esso l’avversario armato di lunga lancia, per atterrarlo e finirlo con un colpo di pugnale (sica).
- CATAFRATTI
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Questi prendevano il nome dalla corazzatura, catàphragma, che li copriva dalla testa ai piedi. La particolare corazzatura li poneva nella categoria dei gladiatori pesanti, più indicati alla difesa che all’attacco.
- RUDIARII
Questi prendevano il nome dalla piccola spada di legno, rudis, che veniva loro donata all’atto del congedo dall’anfiteatro per le vittorie. Mandati in congedo questi gladiatori non potevano essere costretti a rientrare nell’arena.
- CUBICULARII
Questi prendevano il nome dalla voce latina ficus, che indicava il tesoro privato degli imperatori. Specialisti nelle diverse categorie formavano la truppa (famiglia) dell’imperatore e godevano di grande fama presso il pubblico.
- CAESARIANI
Questi prendevano il nome dalla voce latina Caesar, passata ad indicare lo stesso imperatore. I caesariani erano i gladiatori della truppa imperiale o i gladiatori che provenivano dalla caserma cesariana di Capua.
- AULICI
Questi prendevano il nome dalla voce latina aula, che per sineddoche indicava la corte imperiale. Essi avevano a che fare con la corte come i gladiatori appartenenti alla truppa dell’imperatore.
- PROVOCATORES
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Questi gladiatori prendevano il nome dal verbo latino provocare, che nel linguaggio militare (sermo castrensis) indicava i legionari armati alla leggera (velites) che aprivano il combattimento, provocando il nemico in battaglia.
Erano quelli che "riscaldavano" il pubblico, erano proposti all'inizio dei combattimenti.
Il loro armamento ricordava proprio i legionari: erano dotati di gladio, grosso scudo trapezioidale curvo, elmo da legionario (con l'aggiunta di protezioni al viso), protezione al braccio armato e schiniere alla sola gamba sinistra.
- PEGMARII
Questi prendevano il nome dalla parola greca pegma, che indicava una qualunque costruzione solida. Nell’anfiteatro essa indicava la torre che gli inservienti (calones) alzavano nell’arena e che sui merli portava scudi e armi. I Pegmarii posti di fronte alla torre e divisi in schiere attaccavano o difendevano al torre simulando realmente la manovra ossidionale che spingeva gli uni ad impadronirsene, gli altri a difenderla da chi voleva conquistarla.
- PAEGNARIA
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Questi prendevano il nome dalla voce greca paignion, gioco e solo a scopo di sollazzo scendevano in campo. Erano gladiatori da burla, avevano piccole spade, piccoli elmi e finivano per fare una triste imitazione dei veri gladiatori che un tempo sulla sabbia dell’arena rischiavano la vita, magari per acquistarsi la libertà.
- NOBILES
Spinti dai potenti di turno e senza alcun onore arrivò anche il tempo in cui, anche i patrizi dovettero scendere in campo a combattere. Questo gesto non faceva che segnare l’inarrestabile declino dei mores maiorum ed il decadimento di una società romana priva di ideali scomparsi persino nei ludi.
- FOEMINAE
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Queste erano donne che abbandonando l’abito delle matrone entravano nelle truppe gladiatorie e scendevano a duellare nell'arena per dimostrare di cosa fossero capaci queste virago anche di fronte i maschi. Le donne-gladiatore segnavano la fine della femminilità ed il declino della famiglia romana unita nel culto dei Lares e dei Penates.
- SAGITTARIUS
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Il Sagittarius (ovvero l'arciere) è rappresentato solamente su di un rilievo a Firenze dove due sagittarii corazzati e provvisti di elmo combattono tra di loro in un'arena.
- PONTARIUS
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Il pontarius era una variante del reziario. Difendeva un piccolo ponte (il pons) avente due rampe d'accesso. Da entrambi i lati un secutor attaccava e cercava di salire su questa piattaforma.
In aggiunta al suo equipaggiamento abituale, ovvero il paraspalla galerus e il parabraccio lorica manica indossata sul braccio sinistro, il pontarius possedeva un grosso quantitativo di proiettili, presumibilmente pietre di media dimensione.
- EQUITES
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Gli equites aprivano con i loro combattimenti i giochi gladiatorii. Erano armati con un elmo provvisto di tesa e visiera, unoscudo piatto e rotondo, una lancia ed una spada corta, il gladius.
A differenza di molti altri gladiatori che portavano un perizoma (il subligaculum), loro indossavano una tunica.
Cominciavano il combattimento a cavallo, quindi smontavano e continuavano la lotta con le spade. Nelle rappresentazioni pittoriche erano raffigurati principalmente nella fase finale della battaglia, overo mentre combattevano con le spde dopo esser scesi da cavallo.
- VELES (o VELITES)
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Il veles era un gladiatore la cui menzione si ritrova solo in Isidoro di Siviglia (560-636), e in alcune iscrizioni riportanti l'abbreviazione VEL. Non si hanno raffigurazioni di questo gladiatore, la sua attestazione è piuttosto rara.
Il nome ha origine da quello dei soldati romani dall'equipaggiamento minimo o assente, i velites al tempo delle guerre puniche, e si suppone che il loro modo di combattere corrisponda a quello di questi soldati.
Era un gladiatore dall'armatura leggera, quindi nel combattimento aveva il vantaggio dell'agilità e della velocità. Combatteva a piedi ed era armato con una lancia, l'hata amentata, e un gladio, mentre non disponeva né di elmo, né di scudo. Questa classe gladiatoria combatteva spesso contro gladiatori della stessa classe o in incontri in cui si batevano gruppi di gladiatori simili, che in questo caso prendevano il nome di catervarii. Si suppone che i velites partecipassero alla prolusio, la fase che precedeva il ludo gladiatorio vero e proprio, con combattimenti incruenti di carattere militare, come quelli dei sagittarii o degli equites.
- VENATOR
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Il venator combatteva contro gli animali selvatici, tuttavia non apparteneva alle vere e proprie classi di gladiatori. Le sue abilità erano molto diverse tra loro: combatteva cinghiali, orsi, leoni, tigri, tori, ecc.
Talvolta cacciava stando su un cammello o su un elefante, usando soprattutto lance e frecce. A piedi usava spade e pugnali, in genere munito di elmo con visiera ma a volto scoperto. A volte portava un'armatura leggera, ma senza scudo, oppure una semplice clamide ma in questo caso portava lo scudo. Poteva indossare inoltre: un solo schiniero, un solo coprispalla, un solo bracciale.
Un aneddoto - In un'occasione l'imperatore Gallieno mandò una ghirlanda-premio a un "Venator" che per dodici volte aveva mancato un toro. Il popolo si stupì che il premio venisse conferito ad un venator così maldestro, ma Gllieno fece spiegare attraverso un suo uomo "E' arduo non riuscire a colpire un toro per tante volte".
- CRUPELLARIUS
Il crupellarius è menzionato da Tacito come un combattente gallico. Una statuetta di bronzo proveniente dalla Francia potrebbe rappresentare uno di questi combattenti pesantemente armati.
Nel 21 d.c., in Gallia, durante la rivolta di Giulio Floro e Giulio Sacroviro (Capo degli Edui) oltre ai normali ombattenti Gallici poveramente armati, vennero impiegati contro le legioni di Giulio Indo dei Guerrieri gladiatori pesantemente corazzati secondo le loro usanze, i Crupellarii.
Di essi Tacito scrive.
"gli schiavi destinati al mestiere di gladiatore, che avevano, secondo la pratica di quella gente, un'armatura completa: li chiamano Crupellarii, poco adatti a menar colpi, ma impenetrabili a quelli degli avversari."
Erano a causa della loro pesantezza poco efficaci a livello offensivo, mentre in formazione di difesa si dimostravano fortezze inespugnabili.
Infatti i Legionari Romani, dopo aver spazzato via i Galli ribelli, e avendo trovato serie difficoltà contro i Crupellarii, riuscirono a prevalere e a far strage di loro utilizzando scuri e picconi come per demolire un muro.
"...ma i soldati, impugnati scuri e picconi, come per sfondare una muraglia, facevano a pezzi armatura e corpi; alcuni con pertiche e forche abbattevano quelle masse inerti che, prostrate a terra, incapaci d'un minimo sforzo per rialzarsi, erano abbandonate lì come morte."
Giulio Floro ormai sconfitto si suicidò per non cadere vivo nelle mani delle legioni di Giulio Indo.
Negli anni seguenti, come consuetudine Romana, "Il Crupellarius" venne inserito negli spettacoli gladiatorii come tutte le figure gurriere sconfitte, che in passato avevano sfidato il potere di Roma.
Tuttavia questa figura per totale mancanza di mosaici o reperti, doveva essere poco conosciuta nell'Impero, unica testimonianza una statuetta rinvenuta a Versigny in Francia.
Fonte: LegioXII - Romano Impero
- TRACI
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Il “Thraex” apparteneva alla categoria dei gladiatori "Parmularii”. Si proteggeva con un piccolo scudo rettangolare o circolare (parma) e per l’attacco impugnava una corta spada curva chiamata “Sica”. Le protezioni per il corpo erano composte da due schinieri che arrivavano fino al ginocchio (cnemides) e da cosciali fatti da strisce di cuoio o metallo, sovrapposte che proteggevano la parte superiore della gamba fino all’inguine (questa parte del corpo poteva anche essere protetta solamente da imbottiture, in questo caso si utilizzavano anche degli schinieri che sopra il ginocchio avevano un’ulteriore placca metallica).
Ben protetto era anche il braccio armato: tale protezione (manica) poteva essere di metallo, di cuoio, o semplicemente si utilizzava solo l’imbottitura. Il parabraccio aveva, tra l’altro varie lunghezze: poteva proteggere solo la parte anteriore o poteva arrivare sino alla spalla e oltre. Per la testa, il gladiatore trace, indossava un elmo (galea) dall’ampia visiera e che proteggeva anche il volto. L’elmo era inoltre sormontato da un lophos metallico che terminava sul davanti con una protome a testa di grifone, animale mitologico dal corpo di leone e dalla testa di uccello rapace a cui il traex si ispirava quando combatteva nell’arena; quindi il gladiatore eseguiva, probabilmente, movimenti veloci, scattanti, accompagnati anche da salti che dovevano apparire molto spettacolari e avvincenti.
- SANNITI
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Comparvero nell'arena poco dopo la soconfitta del Sannio nel IV sec. a.c., una propaganda della forza e supremazia di Roma sugli altri popoli. Il sannita potrebbe essere stato il primo gladiatore a scendere nell'arena contro il reziario. Era piuttosto considerato perché indossava un'armatura pesante.
Il gladiatore sannita fu uno dei preferiti nella Repubblica romana. Poi si aggiunsero, con le guerre successive, il gallo ed il trace. Sotto Augusto, il Sannio divenne un alleato e parte integrante dell'impero romano. Così il gladiatore sannita cominciò a sparire dall'arena, ma fu sotituito da gladiatori armati in modo simile, tra cui l'hoplomachus, il murmillo ed il secutor.
Sembra che furono gli stessi gladiatori sanniti a specializzarsi in questi tre ruoli gladiatorii.
Secondo Tito Livio i gladiatori sanniti erano muniti di un elmo provvisto di cresta, la galea crestata, uno scudo alto ed uno schiniere sulla gamba sinistra. Tuttavia, la sua posizione nelle immagini mostra il gladiatore sannita, in contrasto ai guerrieri sanniti completamente armati, privo di spongia (uno scudo protettivo) e di tunica.
- SCISSOR
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Questi gladiatori erano usati come supporto nei combattimenti tra Secutores e Retiarii. Di solito erano con due Secutores. La loro caratteristica era una mezzaluna affilatissima sul braccio sinistro, usata per tagliare le reti dei Retiarii, mentre col braccio destro impugnavano un gladio o una sica. L'elmo era simile a quello dei Secutores e come protezione al busto avevano una lorica.
- RETIARII
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Il “Retiarius” apparteneva alla categoria dei gladiatori considerati “leggeri” e di cui sicuramente ne era l’esempio più rappresentativo visto la quasi totale mancanza di protezioni per il corpo. Tale gladiatore infatti non portava nessun tipo di elmo né alcun tipo di protezione per le gambe. Le uniche cose utilizzate per la difesa erano un parabraccio (manica) e una placca metallica (galerus) atti a difendere la parte sinistra del corpo compresa la spalla e la faccia. Tale armamento permetteva però al reziario di essere agile, estremamente libero nei movimenti e di godere tra l’altro di una visuale che gli altri gladiatori, dotati di elmo, non avevano.
Come arma offensiva primaria portava un tridente (tridens o fuscina) ma aveva anche un piccolo pugnale (pugio) che portava inserito nella cintura (balteus) o che teneva nella mano sinistra.
Completava l’armamento una rete (iaculum, di circa tre metri di diametro e con dei pesi all’estremità, con cui il reziario cercava di intrappolare l’avversario complicandogli i movimenti. Molto spesso i reziari vengono rappresentati con delle fasciature (fascia) alle caviglie o anche sotto le ginocchia, in questa zona erano presenti in alternativa delle frange a “denti di lupo” che abbellivano il gladiatore.
Le stesse decorazioni venivano portate anche dai murmillones e dai secutores nella gamba destra (non armata).
- MIRMILLONI
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Il “Mirmillo” apparteneva alla categoria dei gladiatori "Scutati”. Si proteggeva con un grande scudo rettangolare (scutum) che copriva completamente il corpo dalla spalla fin sotto il ginocchio. Per l’attacco impugnava la corta spada romana (gladium). Le protezioni per il corpo erano limitate ad un solo schiniere nella gamba sinistra ma a differenza del trace questo, solitamente, proteggeva soltanto la tibia ed era quindi di dimensioni più piccole (ocrea); anche in questo caso la gamba poteva essere protetta solamente da imbottiture, comunque presenti anche nel primo caso. Sempre protetto era anche il braccio armato: tale protezione (manica), come per tutti gli altri gladiatori, poteva essere di metallo, di cuoio, o semplicemente si utilizzava solo l’imbottitura. Anche in questo caso il parabraccio aveva varie lunghezze. Per la testa, il mirmillone, indossava un elmo (galea) dall’ampia visiera e che proteggeva anche il volto. L’elmo era inoltre sormontato, almeno in origine, da un lophos metallico a forma di pesce, myrmoros (in greco) o murma (pesce di mare), animale che sembra dare il nome a questa categoria che infatti, probabilmente, combatteva ispirandosi a tali animali: il grande scudo poteva fungere da scoglio, grazie al quale ci si poteva sia rifugiare, per evitare gli attacchi nemici, ma anche uscire con rapidi attacchi per poi ripararsi nuovamente dietro di esso.
Di fatto i mirmillones erano anche contrapposti ai reziari, “i pescatori dell’arena”, almeno fino alla comparsa dei Secutores. Spesso nella gamba destra, ossia quella priva di ogni protezione questi gladiatori portavano delle fasciature alla caviglia e/o sotto il ginocchio; queste ultime potevano anche avere delle frange a “denti di lupo” che rendevano più “scenografico” il gladiatore.
- OPLOMACHI
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In origine erano i Sanniti, ma con la riforma di Augusto, il loro nome fu cambiato in Hoplomachi. Apparteneva alla categoria dei gladiatori considerati “Scutati”. Questi gladiatori prendevano il loro nome dall’armatura, Oplòmachos, voce greca che significava combattente con arma pesante. Vestivano alla vita uno stretto balteus variamente colorato frangiato al bordo basso per coprire il sospensorio, portavano sul capo un elmo pesante dagli ampi paragnati e spiovente paranuca con alto pettine sulla calotta. Il braccio destro era coperto da una manica di cuoio rinforzato per parare i colpi degli avversari. Brandivano una lancia (in alcuni casi anche il gladio) e con la mano sinistra impugnavano uno scudo solitamente rotondo. Le protezioni per il corpo erano composte da due schinieri che arrivavano fino al ginocchio (cnemides) e da cosciali fatti da strisce di cuoio o metallo, sovrapposte che proteggevano la parte superiore della gamba fino all’inguine (questa parte del corpo poteva anche essere protetta solamente da imbottiture, in questo caso si utilizzavano anche degli schinieri che sopra il ginocchio avevano un’ulteriore placca metallica).
- ESSEDARII
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
Questi gladiatori prendevano il nome dalla voce essedum, il carro da guerra gallico. Gli Essedarii combattevano da carri trainati da un tiro di cavalli a due e guidati da un auriga. L’abilità del combattimento a piedi si univa in questi all’abilità del combattimento dei carri.
- ANDABATI
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
Questi gladiatori combattevano a cavallo come spiega la parola greca. Gli Andabati cercavano alla cieca di raggiungere l’avversario guidandosi sul rumore della sabbia e sul tintinnio delle armi poiché un elmo a tutta calotta, senza buchi toglieva ad essi la vista. L’introduzione di tale specialità sviliva la qualità del combattimento riducendo il tutto ad una buffonata tra ciechi, anche se gli spettatori ne apprezzavano la goffaggine.
- DIMACHERI
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
Questi gladiatori apparteneva alla categoria dei gladiatori “leggeri" e prendevano il loro nome dalla parola Di-màcheros, cioè chi nell’arena duellava con due corte spade (i macharai, da cui deriva il nome, o due siche). Sul loro vestiario ci sono pareri discordanti e le scarsissime fonti iconografiche non aiutano come in altri casi. Una delle ipotesi è che potevano vestire una semplice tunica senza portare alcun altra protezione (né elmo né armatura) e solo le loro braccia potevano essere coperte da maniche di cuoio rinforzato o ricoperte di cotta di maglia. In altra ipotesi (suffragata questa dal bassorilievo a lato) il gladiatore indossa una tunica (che forse è una lorica hamata), ha un elmo avvolgente e le gambe protette da gambali.
Queste due ipotesi, se analizzate da un punto di vista di logiche di combattimento, lasciano molto perplessi (sono troppo poco protetti: nel primo caso a testa e corpo, nel secondo alle braccia), a meno che questi gladiatori combattessero solo fra di loro (come i Provocatores) dove qualsiasi tipo di protezione non favoriva o sfavoriva l'avversario.
- SECUTOR
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Il “secutor” apparteneva alla categoria dei gladiatori “Scutati” così come i murmillones da cui probabilmente deriva visto che l’armamento utilizzato è pressoché identico. Come l’altro gladiatore infatti anche il secutor si proteggeva con lo scutum e utilizzava per l’attacco il gladius, portava elmo (galea), manica, e l’ocrea alla gamba sinistra.
A differenza del mirmillone però questo gladiatore combatteva solamente contro il reziario e perciò alcune parti del suo armamento difensivo furono “specializzate” per tale scontro così da rendere più difficoltosa la lotta all’avversario.
La prima e più importante di queste differenze stava nel tipo di elmo indossato: questo era completamente liscio e con forme tondeggianti. La soluzione adottata impediva così alla rete (iaculum) di trovare appigli e quindi era più facile che scivolasse via soprattutto se il reziario, una volta lanciata, la strattonava per cercare di far perdere l’equilibrio al secutor.
Altro accorgimento utilizzato era quello di imbracciare uno scudo con forma tondeggiante nella parte superiore, trovata questa che impediva alla rete di incastrarsi negli spigoli che si trovano in uno scutum “normale” di forma rettangolare. L’elmo aveva inoltre solo due piccoli fori per gli occhi, che rendevano quasi impossibile al tridente di colpire il volto.
Alcuni secutores portavano anche delle particolari gorgere per avere una maggiore protezione al collo. Come i reziari e i mirmilloni anche questi gladiatori avevano delle fasciature nella caviglia e/o sotto il ginocchio della gamba non protetta (la destra).
Lo stile di combattimento del secutor doveva essere improntato nel cercare di chiudere la misura all’avversario di modo che quest’ultimo, utilizzando un’arma in asta ed essendo poco protetto, potesse essere poco efficace nel combattimento corpo a corpo. Tra l’altro lo stesso nome di questa tipologia di gladiatore, che significa “colui che insegue”, ci informa sul suo modus pugnandi.
- VENTILATORI
Questi gladiatori prendevano il nome dalla voce latina ventilare, ovvero menare colpi contro avversari inesistenti. Le loro esibizioni con il tempo diventarono solo uno spettacolo da giocolieri e perdevano le caratteristiche dei veri gladiatori.
- SESTERTIARII
Il loro nome derivava della parola sestertium e indicava il loro basso premio d’ingaggio, perché inesperti nell’uso delle armi o spesso perché anziani dal fisico debilitato.
- TERZIARII
Questi gladiatori prendevano nome dal numero tres, perché la legge dell’arena li obbligava a prendere il posto del gladiatore fuori combattimento per proseguire il duello con il vincitore.
Interessante il fatto che essendo unicamente delle “riserve” potevano essere di qualsiasi specialità.
- POSTULATICII
Questi prendevano il nome dalla voce postulare, chiedere, poiché scendevano nell’arena a gran richiesta del pubblico e col permesso dell’imperatore.
- CAREVARII
Questi prendevano il nome dalla voce latina caterva, ovvero confusa massa d’uomini. I catervarii in gruppo scendevano nell’arena e in massa duellavano in mischia e confusione per dar spettacolo di un combattimento tumultuario nel quale non valeva la perizia e poca importanza aveva la fortuna.
- MERIDIANI
Questi prendevano il nome dall’ora nella quale scendevano nell’arena per riempire il vuoto tra un’esibizione e l’altra, durante l’ora del pranzo.
- LAQUEATORES
[Devi essere iscritto e connesso per vedere questa immagine]
Questi prendevano il nome dalla voce latina laqueum, il laccio. Armati di lungo laccio cercavano di bloccare con esso l’avversario armato di lunga lancia, per atterrarlo e finirlo con un colpo di pugnale (sica).
- CATAFRATTI
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Questi prendevano il nome dalla corazzatura, catàphragma, che li copriva dalla testa ai piedi. La particolare corazzatura li poneva nella categoria dei gladiatori pesanti, più indicati alla difesa che all’attacco.
- RUDIARII
Questi prendevano il nome dalla piccola spada di legno, rudis, che veniva loro donata all’atto del congedo dall’anfiteatro per le vittorie. Mandati in congedo questi gladiatori non potevano essere costretti a rientrare nell’arena.
- CUBICULARII
Questi prendevano il nome dalla voce latina ficus, che indicava il tesoro privato degli imperatori. Specialisti nelle diverse categorie formavano la truppa (famiglia) dell’imperatore e godevano di grande fama presso il pubblico.
- CAESARIANI
Questi prendevano il nome dalla voce latina Caesar, passata ad indicare lo stesso imperatore. I caesariani erano i gladiatori della truppa imperiale o i gladiatori che provenivano dalla caserma cesariana di Capua.
- AULICI
Questi prendevano il nome dalla voce latina aula, che per sineddoche indicava la corte imperiale. Essi avevano a che fare con la corte come i gladiatori appartenenti alla truppa dell’imperatore.
- PROVOCATORES
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Questi gladiatori prendevano il nome dal verbo latino provocare, che nel linguaggio militare (sermo castrensis) indicava i legionari armati alla leggera (velites) che aprivano il combattimento, provocando il nemico in battaglia.
Erano quelli che "riscaldavano" il pubblico, erano proposti all'inizio dei combattimenti.
Il loro armamento ricordava proprio i legionari: erano dotati di gladio, grosso scudo trapezioidale curvo, elmo da legionario (con l'aggiunta di protezioni al viso), protezione al braccio armato e schiniere alla sola gamba sinistra.
- PEGMARII
Questi prendevano il nome dalla parola greca pegma, che indicava una qualunque costruzione solida. Nell’anfiteatro essa indicava la torre che gli inservienti (calones) alzavano nell’arena e che sui merli portava scudi e armi. I Pegmarii posti di fronte alla torre e divisi in schiere attaccavano o difendevano al torre simulando realmente la manovra ossidionale che spingeva gli uni ad impadronirsene, gli altri a difenderla da chi voleva conquistarla.
- PAEGNARIA
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Questi prendevano il nome dalla voce greca paignion, gioco e solo a scopo di sollazzo scendevano in campo. Erano gladiatori da burla, avevano piccole spade, piccoli elmi e finivano per fare una triste imitazione dei veri gladiatori che un tempo sulla sabbia dell’arena rischiavano la vita, magari per acquistarsi la libertà.
- NOBILES
Spinti dai potenti di turno e senza alcun onore arrivò anche il tempo in cui, anche i patrizi dovettero scendere in campo a combattere. Questo gesto non faceva che segnare l’inarrestabile declino dei mores maiorum ed il decadimento di una società romana priva di ideali scomparsi persino nei ludi.
- FOEMINAE
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Queste erano donne che abbandonando l’abito delle matrone entravano nelle truppe gladiatorie e scendevano a duellare nell'arena per dimostrare di cosa fossero capaci queste virago anche di fronte i maschi. Le donne-gladiatore segnavano la fine della femminilità ed il declino della famiglia romana unita nel culto dei Lares e dei Penates.
- SAGITTARIUS
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Il Sagittarius (ovvero l'arciere) è rappresentato solamente su di un rilievo a Firenze dove due sagittarii corazzati e provvisti di elmo combattono tra di loro in un'arena.
- PONTARIUS
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Il pontarius era una variante del reziario. Difendeva un piccolo ponte (il pons) avente due rampe d'accesso. Da entrambi i lati un secutor attaccava e cercava di salire su questa piattaforma.
In aggiunta al suo equipaggiamento abituale, ovvero il paraspalla galerus e il parabraccio lorica manica indossata sul braccio sinistro, il pontarius possedeva un grosso quantitativo di proiettili, presumibilmente pietre di media dimensione.
- EQUITES
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Gli equites aprivano con i loro combattimenti i giochi gladiatorii. Erano armati con un elmo provvisto di tesa e visiera, unoscudo piatto e rotondo, una lancia ed una spada corta, il gladius.
A differenza di molti altri gladiatori che portavano un perizoma (il subligaculum), loro indossavano una tunica.
Cominciavano il combattimento a cavallo, quindi smontavano e continuavano la lotta con le spade. Nelle rappresentazioni pittoriche erano raffigurati principalmente nella fase finale della battaglia, overo mentre combattevano con le spde dopo esser scesi da cavallo.
- VELES (o VELITES)
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Il veles era un gladiatore la cui menzione si ritrova solo in Isidoro di Siviglia (560-636), e in alcune iscrizioni riportanti l'abbreviazione VEL. Non si hanno raffigurazioni di questo gladiatore, la sua attestazione è piuttosto rara.
Il nome ha origine da quello dei soldati romani dall'equipaggiamento minimo o assente, i velites al tempo delle guerre puniche, e si suppone che il loro modo di combattere corrisponda a quello di questi soldati.
Era un gladiatore dall'armatura leggera, quindi nel combattimento aveva il vantaggio dell'agilità e della velocità. Combatteva a piedi ed era armato con una lancia, l'hata amentata, e un gladio, mentre non disponeva né di elmo, né di scudo. Questa classe gladiatoria combatteva spesso contro gladiatori della stessa classe o in incontri in cui si batevano gruppi di gladiatori simili, che in questo caso prendevano il nome di catervarii. Si suppone che i velites partecipassero alla prolusio, la fase che precedeva il ludo gladiatorio vero e proprio, con combattimenti incruenti di carattere militare, come quelli dei sagittarii o degli equites.
- VENATOR
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Il venator combatteva contro gli animali selvatici, tuttavia non apparteneva alle vere e proprie classi di gladiatori. Le sue abilità erano molto diverse tra loro: combatteva cinghiali, orsi, leoni, tigri, tori, ecc.
Talvolta cacciava stando su un cammello o su un elefante, usando soprattutto lance e frecce. A piedi usava spade e pugnali, in genere munito di elmo con visiera ma a volto scoperto. A volte portava un'armatura leggera, ma senza scudo, oppure una semplice clamide ma in questo caso portava lo scudo. Poteva indossare inoltre: un solo schiniero, un solo coprispalla, un solo bracciale.
Un aneddoto - In un'occasione l'imperatore Gallieno mandò una ghirlanda-premio a un "Venator" che per dodici volte aveva mancato un toro. Il popolo si stupì che il premio venisse conferito ad un venator così maldestro, ma Gllieno fece spiegare attraverso un suo uomo "E' arduo non riuscire a colpire un toro per tante volte".
- CRUPELLARIUS
Il crupellarius è menzionato da Tacito come un combattente gallico. Una statuetta di bronzo proveniente dalla Francia potrebbe rappresentare uno di questi combattenti pesantemente armati.
Nel 21 d.c., in Gallia, durante la rivolta di Giulio Floro e Giulio Sacroviro (Capo degli Edui) oltre ai normali ombattenti Gallici poveramente armati, vennero impiegati contro le legioni di Giulio Indo dei Guerrieri gladiatori pesantemente corazzati secondo le loro usanze, i Crupellarii.
Di essi Tacito scrive.
"gli schiavi destinati al mestiere di gladiatore, che avevano, secondo la pratica di quella gente, un'armatura completa: li chiamano Crupellarii, poco adatti a menar colpi, ma impenetrabili a quelli degli avversari."
Erano a causa della loro pesantezza poco efficaci a livello offensivo, mentre in formazione di difesa si dimostravano fortezze inespugnabili.
Infatti i Legionari Romani, dopo aver spazzato via i Galli ribelli, e avendo trovato serie difficoltà contro i Crupellarii, riuscirono a prevalere e a far strage di loro utilizzando scuri e picconi come per demolire un muro.
"...ma i soldati, impugnati scuri e picconi, come per sfondare una muraglia, facevano a pezzi armatura e corpi; alcuni con pertiche e forche abbattevano quelle masse inerti che, prostrate a terra, incapaci d'un minimo sforzo per rialzarsi, erano abbandonate lì come morte."
Giulio Floro ormai sconfitto si suicidò per non cadere vivo nelle mani delle legioni di Giulio Indo.
Negli anni seguenti, come consuetudine Romana, "Il Crupellarius" venne inserito negli spettacoli gladiatorii come tutte le figure gurriere sconfitte, che in passato avevano sfidato il potere di Roma.
Tuttavia questa figura per totale mancanza di mosaici o reperti, doveva essere poco conosciuta nell'Impero, unica testimonianza una statuetta rinvenuta a Versigny in Francia.
Fonte: LegioXII - Romano Impero
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
La Via Appia
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La via Appia è una strada romana che collegava Roma a Brundisium, (Brindisi), il più importante porto per la Grecia e l'Oriente nel mondo dell'antica Roma. L'Appia è probabilmente la più famosa strada romana di cui siano rimasti i resti, la sua importanza viene confermata dal soprannome con il quale i Romani la chiamavano: regina viarum.
Storia
I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C., per volere del censore Appio Claudio Cieco (Appius Claudius Caecus, appartenente alla Gens Claudia), che fece ristrutturare ed ampliare una strada preesistente che collegava Roma alle colline di Albano. I lavori di costruzione si protrassero fino al 190 a.C., data in cui la via completò il suo percorso fino al porto di Brindisi.
Nel 71 a.C., 6 000 schiavi si ribellarono sotto la guida del celebre Spartaco (Spartacus). Dopo la cattura e la morte dello schiavo, tutti i ribelli vennero a loro volta catturati e crocifissi lungo la strada fino a Pompei.
La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano, Adriano.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la strada cadde in disuso per molto tempo, fino a quando Papa Pio VI ordinò il suo restauro e la riportò in attività.
Dal porto di Brindisi salpò Federico II in direzione della Terra santa; nel Medioevo, l’Appia divenne con la via Traiana, la via dei crociati.
La strada dimenticata per secoli fu riscoperta durante il periodo rinascimentale.
Ampie parti della strada originale si sono preservate fino ad oggi, ed alcune sono ancora oggi usate per il traffico automobilistico (per esempio vicino a Velletri). Lungo la parte di strada più vicina a Roma si possono ammirare numerose tombe e catacombe romane delle prime comunità cristiane.
Negli anni '50 e '60 sul tratto urbano della Via Appia Antica si realizzano ville esclusive che diventano residenza dell'alta società romana.
Itinerario
Il percorso originale dell'Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l'Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia), il Foro Appio, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno), e Sinuessa (Mondragone).
Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e superando la Stretta di Arpaia raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa ed il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudosidoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo. Questi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale e sono stati ricostruiti insieme a quello sul fiume Isclero con la massima fedeltà: i primi due a tre arcate e l'ultimo a due. Con l'eccezione del ponte di Tufara Valle, tutti gli altri sono stati ricostruiti nel luogo originario.
È dubbio quale percorso seguisse l'Appia da quest'ultimo ponte fino a Benevento, rimane però accertato che essa vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell'odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei interessanti cippi miliari conservati nel Museo del Sannio.
L'Appia raggiungeva poi il mare a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) fino ad un'importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e da qui terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi.
La Via Appia Traiana avrebbe poi subito dopo collegato in maniera più lineare Benevento con Aecae (Troia), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).
Tecniche adottate
La strada fu costruita con perizia e precisione degna dei migliori ingegneri moderni tanto da essere percorribile con ogni tempo e mezzo grazie alla pavimentazione che la ricopriva. Mentre sul semplice sterrato infatti gli agenti atmosferici, primo fra tutti la pioggia, rendevano difficile il cammino dei mezzi di trasporto a ruote, la presenza delle grandi pietre levigate e perfettamente combacianti che costituiscono il fondo della via permetteva la circolazione in qualunque condizione meteorologica. La pavimentazione poggiava a sua volta su di uno strato di pietrisco che colmava una trincea artificiale che assicurava la tenuta del drenaggio.
Si trattava di una tecnica nuova e rivoluzionaria e fu a partire da una tale innovazione che la Repubblica e l'Impero Romano poterono costruire la vastissima rete stradale del mondo romano. Quasi sempre rettilinea, larga circa 4,1 metri (14 piedi romani), misura che permetteva la circolazione nei due sensi, affiancata sui lati da crepidines (marciapiedi) per il percorso pedonale, l’Appia si meritò ben presto l'appellativo di regina delle strade (regina viarum). Sulla Via Appia apparvero per la prima volta le pietre miliari.
Fonte: WIKIPEDIA
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La via Appia è una strada romana che collegava Roma a Brundisium, (Brindisi), il più importante porto per la Grecia e l'Oriente nel mondo dell'antica Roma. L'Appia è probabilmente la più famosa strada romana di cui siano rimasti i resti, la sua importanza viene confermata dal soprannome con il quale i Romani la chiamavano: regina viarum.
Storia
I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C., per volere del censore Appio Claudio Cieco (Appius Claudius Caecus, appartenente alla Gens Claudia), che fece ristrutturare ed ampliare una strada preesistente che collegava Roma alle colline di Albano. I lavori di costruzione si protrassero fino al 190 a.C., data in cui la via completò il suo percorso fino al porto di Brindisi.
Nel 71 a.C., 6 000 schiavi si ribellarono sotto la guida del celebre Spartaco (Spartacus). Dopo la cattura e la morte dello schiavo, tutti i ribelli vennero a loro volta catturati e crocifissi lungo la strada fino a Pompei.
La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano, Adriano.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la strada cadde in disuso per molto tempo, fino a quando Papa Pio VI ordinò il suo restauro e la riportò in attività.
Dal porto di Brindisi salpò Federico II in direzione della Terra santa; nel Medioevo, l’Appia divenne con la via Traiana, la via dei crociati.
La strada dimenticata per secoli fu riscoperta durante il periodo rinascimentale.
Ampie parti della strada originale si sono preservate fino ad oggi, ed alcune sono ancora oggi usate per il traffico automobilistico (per esempio vicino a Velletri). Lungo la parte di strada più vicina a Roma si possono ammirare numerose tombe e catacombe romane delle prime comunità cristiane.
Negli anni '50 e '60 sul tratto urbano della Via Appia Antica si realizzano ville esclusive che diventano residenza dell'alta società romana.
Itinerario
Il percorso originale dell'Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l'Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia), il Foro Appio, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia), Minturnae (Minturno), e Sinuessa (Mondragone).
Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e superando la Stretta di Arpaia raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa ed il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudosidoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo. Questi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale e sono stati ricostruiti insieme a quello sul fiume Isclero con la massima fedeltà: i primi due a tre arcate e l'ultimo a due. Con l'eccezione del ponte di Tufara Valle, tutti gli altri sono stati ricostruiti nel luogo originario.
È dubbio quale percorso seguisse l'Appia da quest'ultimo ponte fino a Benevento, rimane però accertato che essa vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell'odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (Mirabella Eclano), come testimoniano fra l'altro sei interessanti cippi miliari conservati nel Museo del Sannio.
L'Appia raggiungeva poi il mare a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae (Grottaglie) fino ad un'importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e da qui terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi.
La Via Appia Traiana avrebbe poi subito dopo collegato in maniera più lineare Benevento con Aecae (Troia), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).
Tecniche adottate
La strada fu costruita con perizia e precisione degna dei migliori ingegneri moderni tanto da essere percorribile con ogni tempo e mezzo grazie alla pavimentazione che la ricopriva. Mentre sul semplice sterrato infatti gli agenti atmosferici, primo fra tutti la pioggia, rendevano difficile il cammino dei mezzi di trasporto a ruote, la presenza delle grandi pietre levigate e perfettamente combacianti che costituiscono il fondo della via permetteva la circolazione in qualunque condizione meteorologica. La pavimentazione poggiava a sua volta su di uno strato di pietrisco che colmava una trincea artificiale che assicurava la tenuta del drenaggio.
Si trattava di una tecnica nuova e rivoluzionaria e fu a partire da una tale innovazione che la Repubblica e l'Impero Romano poterono costruire la vastissima rete stradale del mondo romano. Quasi sempre rettilinea, larga circa 4,1 metri (14 piedi romani), misura che permetteva la circolazione nei due sensi, affiancata sui lati da crepidines (marciapiedi) per il percorso pedonale, l’Appia si meritò ben presto l'appellativo di regina delle strade (regina viarum). Sulla Via Appia apparvero per la prima volta le pietre miliari.
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Re: Spartacus
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Re: Spartacus
Il giuramento dei Gladiatori (Sacramentum gladiatorium)
I gladiatori erano prigionieri di guerra, o schiavi o criminali condannati a morte, ma potevano essere anche uomini liberi che si sottoponevano all’auctoramentum (una specie di rinuncia volontaria allo status di cittadino). Del loro reclutamento si occupava il lanista, il proprietario di una scuola di addestramento, che era il padrone assoluto dei propri gladiatori: poteva punirli col fuoco, incatenarli, picchiarli o addirittura ucciderli. Questo spesso non accadeva, in quanto per il lanista, i propri gladiatori rappresentavano un vero e proprio business, quindi sarebbe stato controproducente per lui perderli o danneggiarli.
Una volta arruolata, la recluta entrava a far parte della familia gladiatoria, acquartierata in un ludus, caserma dotata di cubicoli per l’alloggio dei gladiatori, di un’ampia palestra per le esercitazioni, di sale comuni e magazzini per il deposito delle armi. Della familia facevano parte i doctores (i maestri d’armi), generalmente vecchi gladiatori ritiratisi dal servizio attivo. La disciplina era dura, con regole ferree, in modo tale da far diventare i gladiatori delle vere e proprie macchine da combattimento.
Tutti i gladiatori pronunciavano un giuramento solenne: il sacramentum gladiatorium. Secondo alcuni storici la formula del giuramento era: “Uri, vinciri, verberari, ferroque necari!” (Sarò bruciato, legato, bastonato e ucciso col ferro).
La frase si trova in Petronio, Satyricon, 117: “Itaque ut duraret inter omnes tutum mendacium, in verba Eumolpi sacramentum iuravimus: uri, vinciri, verberari ferroque necari, et quicquid aliud Eumolpus iussisset. Tanquam legitimi gladiatores domino corpora animasque religiosissime addicimus.” (E, per maggior sicurezza, affinché il segreto venisse rispettato da tutti, facemmo sacro giuramento, ripetendo le parole suggeriteci da Eumolpo, che ci saremmo lasciati ardere, legare, bastonare, uccidere; insomma ci saremmo sottoposti a tutto quanto Eumolpo avesse comandato. Così promettemmo con patto solenne di dedicare corpo e anima al nostro padrone, come gladiatori veri e propri).
Paradossalmente, questo terribile giuramento forniva una sorta di evoluzione e di onore ai gladiatori; come afferma Carlin Barton: "Il gladiatore, attraverso il suo giuramento, trasforma in volontario quello che in origine era un atto involontario, così che, nel momento stesso in cui assume i panni di uno schiavo condannato a morte, egli diviene contemporaneamente un uomo che agisce secondo la propria volontà" (The sorrows of the Ancient Romans: The gladiators and the monsters - Princeton University Press, 1993).
Fonti: Gruppo Storico Romano, e Legio XII.
Spartacus recita il Sacramentum Gladiatorium e riceve il marchio della Casa di Batiato.
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