Re-Pilot: la prima puntata di Spartacus rivista sei anni dopo
Che effetto va rivedere i vecchi episodi?
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L’altro giorno col Villa ci interrogavamo su una pratica da molti considerata normale: rivedere le serie tv.
Non è una questione nuova, ovviamente, e nemmeno banale: quante volte vi è capitato di rivedere un film (o leggere un libro) che non incontravate da anni solo per scoprire dettagli, sfumature e significati che non ricordavate e/o che non avevate colto all’epoca? Quel doppio senso un po’ spinto compreso solo ora, quel cameo di un attore diventato famoso molto dopo, il semplice fatto di percepire la stessa storia in modo diverso perché TU sei diverso.
Ecco, temo che non abbiamo il tempo per rivedere intere serie tv (o quello o il sito), però il tempo per i pilot si trova.
E allora taaaac, nuova rubrica!
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Oggi parliamo di un caro vecchio amico scomparso troppo presto (e purtroppo non è solo una figura retorica). Su Infinity c’è Spartacus, così ho cominciato da lì.
Non credo sia necessario fare chissà quale riassunto: serie debuttata nel gennaio 2010 su Starz (cazzo, quasi sei anni…), racconta romanzandola a manetta la storia di Spartaco, mitico gladiatore e poi capo di schiavi ribelli.
Ricordo molto bene il senso di perdita alla fine della serie, meno bene le sensazioni iniziali, anche se io arrivai a Spartacus con un po’ di ritardo: a gennaio 2010 Serial Minds non c’era ancora, quindi permettevo a me stesso di essere meno sul pezzo, diciamo così.
Ebbene, se dovessi recensire ora il primo episodio di Spartacus probabilmente non ne rimarrei granché entusiasta. Una cosa in mente ce l’avevo ancora: quella specie di corsa campestre col fondale fintissimo che funge da flashforward quando il protagonista (in quel momento non ancora “Spartacus”) va a far la guerra insieme ai romani. Ecco, quella scena mi pare ridicola ancora oggi, e lì rimane.
La cosa interessante però è uno strano ribaltamento – non so quanto davvero immaginato a tavolino dagli autori – per cui gli elementi su cui punta il pilot non sono quelli che poi faranno la differenza nel sentimento verso la serie.
È un episodio ampiamente basato sul sesso e sulla violenza (avrebbero dovuto chiamarlo “Spartacus – Blood and Tits”) e non c’è nemmeno troppo da ricamarci sopra: Starz puntava al pubblico maschile e ha usato il sangue e il nudo. Pulito, semplice, efficace. Certo, poi le cose possono essere contestualizzate o meno: è così che le maialate di Spartacus si inseriscono bene nell’atmosfera provocatoriamente pagana della serie, esattamente come l’esibizione dei corpi del recente Flesh & Bone ha tutto un suo bel senso nel racconto della vita-al-limite delle ballerine.
Ma evitiamo di farci troppe pippe (MENTALI) su una chiappa in più o in meno.
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Accanto a questo due elementi “di sfondamento”, chiamiamoli così, c’è ovviamente il richiamo fortissimo allo stile di 300 (che invece è del 2006, mannaggia a lui che sembra ieri…), ai suoi ralenty insistiti, alla sua estetica da fumetto per cui nulla è realistico e tutto è esagerato. Per questo anche la famosa campestre sui fondali ridicoli ha comunque la sua coerenza nello stile di Spartacus: magari si poteva solo fare un po’ meglio.
Non mancano nemmeno rimandi espliciti a porzioni assai importanti della narrazione successiva: il desiderio di ritrovare la compagna perduta, l’onore fra compagni d’arme, le gelosie e gli intrighi che percorrono la società romana, in cui qualunque gesto è fatto in funzione della scalata verso la gloria politica e la ricchezza personale. C’è pure l’arena, in cui il nostro protagonista mostra il suo talento gladiatorio attirando ammirazione e odio in egual misura.
Il tutto con un certo menefreghismo della Storia, che all’epoca sollevò qualche italica polemica (qualcuno se la prese per il fatto che una FICTION americana dipingesse i suoi antenati come sozzi suini dediti unicamente al sesso e al cibo, come se ai suddetti antenati, morti da due millenni, gliene potesse fregare qualcosa).
Quello che invece manca al pilot (e che avrei ritrovato in tutti gli episodi di Spartacus), sono altri elementi che mi sarebbero rimasti assai più impressi: per esempio la quotidianità del Ludos, la scuola per gladiatori. In una sorta di talent show pre-cristiano, il resto della stagione di Spartacus ci avrebbe fatto entrare in dinamiche sorprendentemente meno pompose e più intime, personali, facendoci affezionare a personaggi che, in caso di eliminazione dal talent, non sarebbero finiti a fare le comparsate in discoteca a tremila sesterzi a botta, ma sarebbero semplicemente morti.
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Personaggi che, ecco un nocciolo della questione, in questo episodio non appaiono neanche o si vedono di sfuggita.
La scena migliore in questo senso, quando si parla di “che effetto fa rivedere i pilot”, è quella della presentazione dei futuri gladiatori. Quando Batiatus arriva a far vedere i suoi nuovi campioni li presenta con una certa sufficienza, già tutto livoroso per la migliore scuderia dell’odiato Solonius. Solo che uno dei due gladiatori presentati è Crixus!
Cioè, Crixus è tipo er mejo del Colosseo, il gladiatore più figo di tutti, quello che c’ha i record e le statistiche migliori. È il personaggio su cui, complice anche la malattia e la scomparsa del povero Andy Whitfield, avremmo riversato tutto il nostro amore seriale, anche se di sicuro non era un omino facile con cui trattare.
Ma il bello stava lì: era un eroe tragico, uno che faceva l’antipatico con tutti ma che quando è stato il momento ha dato anima e cuore alla causa dell’amico Spartacus. Era Gattuso dove Spartacus era Pirlo: Pirlo è centomila volte più bravo, ma a Gattuso gli vuoi bene più di tutti.
Cercando Crixus negli angoli dello schermo, del tipo “fatemelo vedere di più ché siamo amici”, ci si rende poi conto di quanta altra gente manca: il Doctore, mitico insegnante dalla frusta sempre pronta, il viscido Ashur, il prode Agron. Tutta gente che sarebbe arrivata dopo, in questa o in altre stagioni.
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Certo è che pure rivedere Spartacus, “quello” Spartacus, fa una certa impressione: l’occhio azzurro e intenso di Andy Whitfield – la cui malattia avrebbe prima causato un rinvio della seconda stagione con l’inserimento della miniserie Gods of the Arena, e poi un definitivo recasting – ci restituisce subito la sensazione che non potevano sceglierlo meglio. Chissà se la serie sarebbe durata di più, se non fosse stata funestata da quel lutto e da un nuovo protagonista, Liam McIntyre, che purtroppo non reggeva il confronto, per quanto non fosse mica un cane (anzi, qualcuno diceva che era perfino più adatto a certe atmosfere “politico-strategiche” delle stagioni successive).
Insomma, al contrario di altri show che sparano tutto subito – soldi, idee, esplosioni – per poi deluderti ogni settimana di più, qui si percorse una strada diversa: un inizio non ancora eccezionale, quasi solo una dichiarazione di stile, seguito però da puntate che ci sarebbero rimasti nel cuore per sempre.
Qui a Serial Minds le dovremmo odiare le serie così, perché sono quelle che ci fanno fare brutta figura nelle recensioni dei pilot. E invece no, dopo quasi sei anni son qui a sospirare guardando fuori dalla finestra, ripensando a quando Spartacus mozzava le teste e seduceva le gnoccolone.
Ahhhh, i ricordi…
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Fonte: SerialMinds